Invito ad assemblea in videoconferenza per Giovedì 2 Aprile h 17:00
Cari compagni,
ci
eravamo lasciati all'indomani dell'assemblea dello scorso 8 febbraio a
Roma con l'impegno di proseguire un percorso comune sui temi della
repressione e del rilancio nel nostro paese di un'opposizione di classe.
In
questo momento ci appare anche superfluo dover evidenziare come da un
mese a questa parte il quadro sociale e politico sia stato letteralmente
stravolto sconquassato dall'emergenza-Coronavirus esplosa a livello
mondiale e con particolare virulenza sul territorio italiano.
In
queste settimane, in un contesto reso difficilissimo dalla quarantena
generale imposta dalle autorità, il SI Cobas sta conducendo una
battaglia senza esclusione di colpi per smascherare l'infame ipocrisia
degli appelli governativi a “restare tutti a casa” nel mentre per quasi
un mese si è imposto a milioni di lavoratori di continuare a lavorare
privi di tutele (e nella maggioranza dei casi lo si sta facendo
tuttora), quindi a contagiarsi a vicenda, a contagiare il resto della
popolazione e, talvolta, a morire di CoVid-19. Una battaglia che stiamo
conducendo assumendo come prioritario il principio
della tutela, senza se e senza ma, della vita e della salute dei lavoratori, sviluppando l’iniziativa politica per mantenere la forza attiva degli operai, quindi pretendendo la chiusura immediata di tutte le attività (produttive e non, fatta eccezione per i servizi essenziali) con la garanzia della copertura salariale al 100%, e rivendicando per chi non può restare a casa il massimo di tutela in termini di sicurezza e prevenzione dai contagi e soprattutto che i padroni anticipino la FIS o la cassa integrazione perché sappiamo per esperienza che possono passare dei mesi prima che la paghino, venendo così a mancare il sostentamento nei periodi di quarantena.
della tutela, senza se e senza ma, della vita e della salute dei lavoratori, sviluppando l’iniziativa politica per mantenere la forza attiva degli operai, quindi pretendendo la chiusura immediata di tutte le attività (produttive e non, fatta eccezione per i servizi essenziali) con la garanzia della copertura salariale al 100%, e rivendicando per chi non può restare a casa il massimo di tutela in termini di sicurezza e prevenzione dai contagi e soprattutto che i padroni anticipino la FIS o la cassa integrazione perché sappiamo per esperienza che possono passare dei mesi prima che la paghino, venendo così a mancare il sostentamento nei periodi di quarantena.
Di
fronte a questa emergenza, straordinaria sotto tutti i punti di vista,
abbiamo ritenuto di dover riadattare anche le forme di lotta. A seguito
di un ampio confronto e di un attenta valutazione dell'evoluzione degli
eventi, abbiamo infine valutato che lo strumento di lotta più efficace
non fosse lo sciopero classicamente inteso, bensì un astensione
generalizzata quale forma immediata e urgente di autotutela per tutti i
lavoratori: ciò alla luce del fatto che di fronte a una pandemia che
mette a repentaglio la vita stessa dei lavoratori non vi sia nulla da
contrattare se non nei servizi essenziali.
Questa
forma immediata di autotutela è la stessa che è stata adottata in
migliaia e migliaia di luoghi di lavoro, sia in Italia (il più delle
volte in maniera spontanea) che nel resto del mondo (valga su tutti
l'esempio degli operai degli stabilimenti FCA, GM e Ford negli Stati
Uniti).
Nel mentre i
vertici di Cgil-Cisl-Uil davano vita a un estenuante e ridicolo balletto
di annunci e controannunci, firme di Protocolli-truffa e annunci di
scioperi generali smentiti poche ore dopo, i provvedimenti governativi
della scorsa settimana sulla chiusura di alcune attività, per quanto
ancora estremamente parziali e contraddittori, sono stati il frutto di
un processo spontaneo di difesa che è andato moltiplicandosi di ora in
ora nei luoghi di lavoro, fuori e contro le logiche di asservimento dei
confederali ai diktat di Confindustria e Confetra.
Ma
il dato più eclatante e davvero epocale di questa emergenza sta
nell'aver svelato agli occhi di milioni di proletari il carattere
strutturalmente capitalistico di questa crisi, sia sotto il profilo
sanitario sia per quanto attiene alle cause reali e alle conseguenze di
breve-medio periodo della crisi economica che è alle porte sempre più
virulenta.
Sul piano sanitario, il collasso dei reparti ospedalieri nel nord Italia e la spirale di malati deceduti senza poter ricevere cura e’ l'immagine più nitida e al contempo drammatica di un sistema che per decenni ha attuato politiche di demolizione programmata della spesa sociale in nome del contenimento dei “costi”, dei profitti della sanità privata e di una corsa sfrenata agli armamenti (come abbiamo denunciato in un nostro manifesto: “un caccia F35 costa quanto 7113 ventilatori polmonari”...).
Ma
la crisi rovinosa prodotta dal CoVid-19 non è da ascrivere solo al
tracollo dei sistemi sanitari pubblici. Lo stesso coronavirus è
tutt'altro che una “maledizione caduta dal cielo”come vorrebbe farci
credere la narrativa “mainstream”, ne tantomeno, come sostiene tutto il
filone “complottista”, è il risultato di chissà quale esperimento di
laboratorio organizzato da quello o quell’altro paese imperialista: al
contrario, la stessa causa scatenante dell epidemia è connessa a doppio
filo col sistema di sfruttamento capitalistico della natura; come
evidenziato da compagni e ricercatori indipendenti cinesi, il
diffondersi del virus è il prodotto dei processi di depredazione e di
deforestazione senza freni delle risorse naturali operati dal capitale,
in questo caso quello cinese.
Le conseguenze,
ovvero i costi di questa crisi senza precedenti, saranno manco a dirlo
ancora una volta addossati sulle spalle dei lavoratori e dei proletari.
Le elargizioni di denaro a pioggia che tutti i governi, con il nostro in
prima fila, e la stessa UE stanno mettendo a punto, non devono in alcun
modo illuderci, così come non bisogna lasciarsi abbindolare dalla
repentina inversione di marcia operata dalla quasi totalità delle
istituzioni nazionali e sovranazionali nella direzione di un ritorno di
fiamma verso il “deficit spending”, e ciò per due motivi: 1) le massicce
iniezioni di denaro pubblico, già in queste ore, sono orientate in
larga parte a sostenere i bilanci delle imprese e del capitale bancario
al fine di evitare (o meglio, a ritardare) gli effetti di una crisi che è
e sarà sempre più sistemica; d'altro canto, i provvedimenti
(decisamente meno massicci) a sostegno dei salari e dei redditi servono
invece, per stessa ammissione dei governanti, a prevenire e limitare
possibili ondate di proteste popolari; 2) la spesa in deficit, da
sempre, è una misura-tampone che una volta terminata l'emergenza si
ripercuote in termini esponenzialmente negativi sulle condizioni di vita
dei proletari: un credito (minimo) erogato oggi ai proletari, ma che
domani, in nome delle “politiche di rientro del debito”, governi,
padroni e banche vorranno vedere saldati con tassi d'interesse usurai...
Questo
nuovo e complicato quadro ci impone la necessità di “uscire allo
scoperto” in tempi stretti e nella maniera più chiara possibile.
La
crisi rovinosa che sta attraversando, e con ogni probabilità tenderà ad
attraversare per anni, ogni aspetto del dominio capitalistico, e con
essa il processo di impoverimento cui vasti strati della classe
lavoratrice e le masse povere andranno incontro a breve, è foriera di
possibili grandi esplosioni di lotta e di protesta : ciò rappresenta per
le forze di classe e anticapitaliste una potenziale opportunità di
ricevere attenzione da settori ben più larghi di quelli che sinora ci
hanno prestato ascolto, ma anche il rischio che il malcontento possa
sfociare ancor più di prima verso i lidi del nazionalismo e della
reazione.
Se da un lato è evidente come le misure
repressive “a senso unico” verso chi viola la quantena prefigurano una
nuova escalation repressiva anche quando l'emergenza sarà terminata, è
altrettanto vero che in molte aree metropolitane, in primo luogo nel
meridione della disoccupazione e del lavoro nero, gli effetti devastanti
di questa crisi stanno già in queste ore producendo forme spontanee di
malcontento e di protesta con cui molte soggettività che hanno preso
parte all'assemblea dell'8 febbraio, unite nella rete “Vogliamo Tutto”,
si stanno già dialettizzando.
Per
tutti questi motivi vi proponiamo un incontro in videoconferenza per
giovedì 2 aprile alle ore 17, in cui socializzare i rispettivi percorsi
ed individuare insieme un programma di azione di classe immediato.
Come SI Cobas proponiamo di avviare una campagna comune a partire dalle seguenti rivendicazioni:
I costi della pandemia li paghino i padroni: patrimoniale del 10% sul 10% più ricco della popolazione
Diritto a stare a casa a salario pieno fino al termine della pandemia per tutti i lavoratori non operanti nei servizi essenziali
Prevenzione
straordinaria con garanzia del tampone per tutti i proletari, a partire
da quelli obbligati a lavorare in queste settimane
Taglio drastico delle spese militari da destinare alla spesa sociale e sanitaria
Assunzioni stabili e non precarie del personale sanitario ed infermieristico
Salario di quarantena per tutti i disoccupati, i precari e i lavoratori al nero
blocco immediato di fitti, mutui e tariffe per chi perde il lavoro
Invitiamo
tutte le realtà destinatarie di questo appello, e a chiunque volesse
aggiungersi, a comunicarci la loro disponibilità su questa email. Entro
mercoledì pomeriggio verrà comunicata a tutti i partecipanti
l'applicazione da utilizzare e le modalità di accesso alla
videoconferenza.
Esecutivo nazionale SI Cobas
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