sabato 31 maggio 2014

pc 31 maggio - Proteste in India contro lo Stato degli stupri - è come a Juarez Messico - Polizia, Esercito, paramilitari fascisti induisti dietro gli stupri - la denuncia di Arundhati Roy: gli stupri sono usati da sempre dallo Stato feudal borghese filo-imperialista indiano contro le donne del popolo che lottano nelle file della guerra popolare

Cinque uomini arrestati in India per le ragazze stuprate e impiccate.

In manette anche due agenti, bufera sulla polizia locale

Grande protesta degli studenti indiani dopo lo stupro e l’uccisione di due ragazze nello stato di Uttar Pradesh

AP
Persone del villaggio di Katra radunate attorno ai corpi delle due ragazzine impiccate. Sono stati gli abitanti a decidere che le vittime rimanessero appese in modo che le televisioni e i fotografi potessero riprenderle.

Sono cinque gli uomini arrestati per aver stuprato ed ucciso due ragazze di 14 e 16 anni in India. Tra i cinque arrestati vi sono anche due poliziotti, ha reso noto un ufficiale della polizia dello stato di Uttar Pradesh.  
«Questi cinque uomini sono i principali sospettati per questo crimine - ha spiegato - altri due sono stati identificati come sospetti e li arresteremo quando avremo ottenuto ulteriori elementi nell’indagine».  
Il padre di una delle vittime ha denunciato, parlando con la stampa, comportamenti discriminatori da parte della polizia locale, che non avrebbe fatto nulla per cercare le ragazze scomparse, perché appartenenti alla casta dei paria, i “dalit”. «Un poliziotto mi disse che avremmo trovato le ragazze impiccate ad un albero da qualche parte, e quando le abbiamo cercate noi, le abbiamo trovate impiccate ad un albero», ha detto.  
Intanto gli episodi di violenze e abusi continuano.
india

Roy: «Io accuso il sistema delle caste. Viviamo in un passato feudale»

Arundhati Roy: donne vittime di una doppia oppressione
«Mi ha colpito che la maggior parte dei grandi media indiani ha evitato di dire che le due ragazze erano dalit. C’è della politica in questo: la volontà di non mettere in questione il e presentare il fatto come un mero atto criminale. Ma quando lo stupro è usato come mezzo di oppressione di una casta sull’altra diventa uno strumento politico» dice . La scrittrice indiana aveva già descritto quasi vent’anni fa nel suo primo e unico romanzo, il bestseller internazionale e Booker Prize "Il dio delle piccole cose", come il sistema delle caste, negato dalla legge e consuetudine nella realtà, condizionasse perfino uno Stato come il Kerala «comunista», con la sua tradizione egualitaria. «Le caste sono come l’apartheid, ma nessuno in , dai progressisti all’estrema destra, lo riconosce — accusa dalla sua casa a New Delhi — Significherebbe criticare l’architrave della nostra società e nessuno è interessato a farlo».
Lo aveva fatto quasi 80 anni fa Ambedkar, il padre della Costituzione indiana. Il suo «Annihilation of Caste», audace denuncia contro l’induismo e il sistema delle caste, è stato recentemente ripubblicato con un saggio-prefazione della Roy, dal titolo The doctor and the saint , giocato sull’opposizione tra lo statista (elogiato) e Gandhi (criticato per il ruolo avuto nella difesa delle caste). «Oggi si fa un gran parlare di violenze sessuali in India, ma in termini generici, e questa isteria mediatica crea una psicosi tra la gente senza arrivare a inquadrare il problema».
Ma le dalit non sono le uniche vittime di stupri. La studentessa violentata su un autobus a Delhi nel 2012, per dire, non era una dalit. E anche le turiste straniere sono a rischio.
«Nell’anno in cui il mondo inorridiva per la brutale aggressione a quella ragazza, 1.500 donne dalit venivano stuprate. E questa è la cifra ufficiale, che si stima corrisponda al 10% dei casi. Ma la maggior parte delle violenze continua a non essere riportata per la vergogna sociale».
Le caste in India esistono da secoli, ma sembra che ultimamente la situazione per le donne sia peggiorata.
«Da noi la maggioranza della popolazione vive in un passato feudale e patriarcale in cui le donne dalit da sempre sono violentate da uomini delle caste superiori che considerano lo stupro un proprio diritto. Le donne degli intoccabili sono da sempre molto toccabili. Ora stiamo assistendo a due fenomeni nuovi. Da un lato le donne, soprattutto le giovani che vivono in città, stanno cambiando molto più velocemente degli uomini: studiano, entrano numerose nei luoghi di lavoro, si emancipano, sono più libere, cambiano il loro modo di vestirsi, i loro sogni, le loro aspettative. Questo sta creando un nuovo tipo di violenza, di punizione. Dall’altro lato, un fenomeno opposto, ma che dà lo stesso risultato: nei villaggi e nelle aree rurali molte donne stanno diventando ancora più povere e indifese».
Lei definisce lo stupro come punizione. In che senso?
«Le donne emancipate sono punite perché sono fuori controllo, le più povere perché non hanno protezione. Poi c’è la violenza contro le donne in aree militarizzate come il Kashmir, Manipur e Chhattisgarh. In questi casi lo stupro diventa un’arma, uno strumento politico».
Il sistema delle caste non si sta indebolendo?
«Assolutamente no, si sta solo modernizzando ma continua a dar forma alla società e alla politica».
L’India sta facendo qualcosa per uscire da questo Medioevo?
«Altro che uscire, ci stiamo entrando fino in fondo. Temo che nei prossimi mesi assisteremo a un aumento delle violenze. Le politiche perseguite dai Gandhi basate su privatizzazioni, confisca di terre, costruzioni di imponenti dighe temo saranno esasperate da Modi. Con che risultati? Un esercito di nuovi poveri per gli spostamenti forzati di intere comunità».
In un saggio del libro «Quando arrivano le cavallette», getta ombra sulla democrazia come formula ideale per uscire da crisi e barbarie.
«Abbiamo bisogno di un progetto a lungo termine. Possono i governi democratici, la cui sopravvivenza dipende da risultati immediati, offrire questo progetto?»
Sta pensando a un’alternativa?
«Sono combattuta tra la speranza e la ragione: mi suggeriscono cose diverse».

Alessandra Muglia (Corriere della Sera)







 

pc 31 maggio - CONFINDUSTRIA E GOVERNO: ELOGIO DELL'IMPRESA, ELOGIO DEL PROFITTO

All'assemblea della Confindustria la sintonia tra il padronato e il governo Renzi, rappresentato dal Min. Guidi, è stata perfetta, solo qualche pressante invito a fare di più da parte di Squinzi; ma per il resto era difficile vedere chi rappresentava i padroni e chi rappresentava il governo. 

Sarà che chi rappresenta il governo è a sua volta una padrona... (con la vecchia querelle dell'incompatibilità berlusconiana divenuta oramai roba da soffitta)...; sarà, soprattutto, che il buon risultato elettorale del partito di governo ha e deve avere, evidentemente, un unico scopo: fare meglio e prima le riforme per il mondo imprenditoriale, riaffermato con un messaggio a Renzi del tipo: abbiamo dato, ora dobbiamo incassare..., ma il clima di armonia all'assemblea faceva sgomberare ogni dubbio sul come verrà utilizzato quel 41% di voti. 

E il governo Renzi è andato a prendersi gli applausi appunto da chi detta obiettivi e tempi: 

contratti, solo quelli convenienti e "attrattivi" per le aziende; tagliare gli ammortizzatori sociali e farli durare poco, perchè le aziende non abbiano più la "zavorra dei lavoratori" tra i piedi; tagliare le tasse alle imprese e invece dare agevolazioni, eliminare leggi e norme che ostacolano le aziende, ecc.

Poche parole sui padroni evasori, ma anzi giustificazione: la colpa è delle "lungaggini burocratiche", insieme ad un esplicito attacco a quella magistratura - con riferimento evidente al caso Ilva/Riva - che ha una "visione pregiudiziale" nei confronti delle imprese (chiama tu "pregiudiziale" morti operaie e inquinamento ambientale per il profitto, miliardi nascosti nei paradisi fiscali...). Mentre sul lavoro, sui licenziamenti, tagli quotidiani di centinaia di posti di lavoro, disoccupazione record, solo un infastidito commento della padrona/ministro Federica Guidi, sui "dibattiti italioti surreali" contro le aziende che licenziano, chiudono, delocalizzano...


Ma la sintonia maggiore è stata sulla ideologia cuore del capitale: l'impresa è tutto! Basta con chi criminalizza il profitto! Solo se vanno bene le imprese, se i padroni fanno profitti possono assumere... (quindi operai, fatevi tagliere i salari, i diritti, fatevi aumentare carichi di lavoro, lavorate di più e ricevete meno... altrimenti non vi lamentate se i padroni tagliano l'occupazione). Se c'è ancora crisi è perchè vi è una "cultura ostile all'impresa" - come se la crisi non fosse provocata proprio dal sistema capitalista; SI alla cultura del merito, del salario legato solo ai risultati aziendali (con richiamo ai sindacati di non starla a menare, e incassando, a parte qualche puntualizzazione, il "siamo pronti al cambiamento" della Camusso); gli imprenditori non "licenziano per capriccio" - Evidente che no, i padroni licenziano per tagliare i costi del lavoro e fare più profitti aumentando sfruttamento e tagliando i diritti. E via di questo passo...


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SQUINZI: propone la propria ricetta per far ripartire il mercato del lavoro: "Bisogna rendere contratti a tempo indeterminato più conveniente e attrattivo per le aziende". Ma serve rivedere anche gli ammortizzatori sociali la cui durata “è stata prolungata oltre ogni ragionevole limite, rallentando i processi di ristrutturazione delle imprese”. Per gli industriali bisogna limitarsi a due strumenti: la cassa integrazione “per rispondere alle crisi in cui si possa prevedere un recupero di attività”, e l’Aspi, l’ex indennità di disoccupazione, erogata dall’Inps.

Ridurre le tasse: sono le troppe imposte che soffocano le imprese. 
Squinzi gela l’ottimismo per una possibile ripresa nel 2014. E lo fa ricordando i dati sul primo trimestre, con il Pil che ha toccato un nuovo minimo. Ma, prosegue il presidente di Confindustria, “non ci rassegniamo ad un Paese stanco e sfiduciato, vittima di mali antichi, astruso e ostile alla cultura dell’impresa, del merito e del rischio.

L’appoggio di Confindustria al governo Renzi, uscito più forte dalle urne - ha proseguito Squinzi - è incondizionato. ma “fate le riforme. Serve la stabilità per fare le riforme, le riforme innescano le crescita, con la crescita viene il lavoro. «La ragionevolezza degli italiani non ha ceduto di fronte a chi predicava il tanto peggio tanto meglio". "Ora non deludeteci”, «serve uno Stato più leggero, più vicino alle imprese». Certo, le imprese vanno messe nella condizione di competere: e Squinzi ha preso una raffica di applausi quando ha elencato le lungaggini della burocrazia, i casi in cui asset industriali strategici vengono gestiti di fatto dalla magistratura, in opposizione con il potere legislativo, ha parlato di una «visione pregiudiziale» nei confronti delle imprese e di un «sabotaggio sistematico della crescita».
Da Squinzi arriva anche un duro attacco agli imprenditori che utilizzano mazzette per aggiudicarsi commesse e lavori. Ma per Squinzi è inutile parlare di nuove leggi o poteri speciali contro la corruzione. Per combatterla – assicura – serve abbattere “il muro della complicazione”, allargare gli spazi di mercato ridurre tempi e arbitrio della burocrazia.
Il numero uno di Confindustria lancia un appello anche ai sindacati: “Il tempo delle eterne liturgie è trascorso”. Per questo “dal sindacato mi aspetto uno sforzo di innovazione“. E invita gli industriali a “favorire la contrattazione aziendale virtuosa, che lega i salari ai risultati aziendali“.


La CAMUSSO/CGIL non si tira indietro. No secco della Cgil alle proposte avanzate dalla Confindustria su contratti e riforma del mercato del lavoro. (MA...) Il segretario generale si dice invece disponibile a un cambio di marcia nei rapporti tra parti sociali: “Siamo prontissimi al cambiamento, sollecitiamo le imprese ad una nuova stagione di partecipazione, di possibilità di discutere di investimenti e trasformazioni”. Camusso replica anche al ministro Guidi: “Non mi pare proprio che nel nostro paese ci sia una cultura anti-impresa”.

FEDERICA GUIDI, ministro dello Sviluppo economico, ex presidente dei giovani industriali. ”Nelle prossime settimane vareremo un piano straordinario per il made in Italy”, annuncia il titolare dello Sviluppo. Poi aggiunge: “Dobbiamo dire basta alla dilagante cultura anti-imprenditoriale. Basta alla criminalizzazione del profitto”.

Due sono le linee di attività che il Governo proporrà «affinché in Italia sia ancora possibile fare impresa»: provvedimenti mirati allo stimolo della domanda di investimenti e stimoli più generali ai consumi e agli investimenti attraverso la riduzione delle tasse su imprese e famiglie. Riguardo allo stimolo della domanda di investimenti, «stiamo definendo - ha detto Guidi - una significativa agevolazione fiscale sugli investimenti incrementali in beni strumentali e asset intangibili». 
Il governo è pronto inoltre a mettere in campo «interventi mirati per l'industria e la competitività delle Pmi che verranno presentati nelle prossime settimane in Consiglio dei ministri e comunque non più tardi del 20 giugno». Sarà, ha spiegato il ministro «un pacchetto articolato che includerà misure a sostegno del rafforzamento patrimoniale delle imprese», favorendone «la quotazione in Borsa». Sarà presentato poi, sempre entro il 20 giugno, anche «il piano di riduzione della bolletta energetica», che dovrebbe ridurre del 10% il costo che sostengono le imprese.
Sul lavoro, sferzante il ministro sulle questioni del mercato del lavoro. «Trovo alcuni dibattiti italioti davvero surreali. Nessun imprenditore licenzierà mai un dipendente per capriccio», ha aggiunto Guidi, infiammando la platea di Confindustria che le ha tributa un lungo applauso.
«I mercati hanno ripreso ad avere fiducia nell'Italia. È arrivata l'ora anche per noi di condividere questo atteggiamento»: è l'invito rivolto agli industriali dal Ministro dello Sviluppo. «I capitali stranieri stanno prepotentemente tornando a investire - ha segnalato Guidi - come dimostrano il successo delle quotazioni di aziende collegate al Made in Italy e le molteplici acquisizioni negli stessi settori compiute da imprese internazionali».
Guidi ha ricordato che «la forza del nostro Paese non sta solo nei ristoranti e negli alberghi pieni, ma sta soprattutto nelle fabbriche che esportano, che investono, che innovano, che assumono» (che licenziano, che aumentano lo sfruttamento degli operai, che cancellano i diritti - ndr). Di qui l'invito alle imprese ad accelerare sull'innovazione. «Dobbiamo spingere le nostre imprese a fare il salto di qualità: a internazionalizzarsi, a fare ricerca, a innovare prodotti e processi produttivi».
Stop a criminalizzazione profitto: «Dobbiamo dire basta alla dilagante cultura anti-imprenditoriale. Basta alla criminalizzazione del profitto», ha aggiunto Guidi, che all'assemblea di Confindustria ha parlato di «una semplice verità: solo un imprenditore che fa profitti può investire, crescere e dare occupazione».

pc 31 maggio - Turchia nell'anniversario di Gezi Park - riprende la rivolta contro il regime fascista-islamista di Erdogan - la polizia torna a reprimere giovani, proletari e masse popolari

La polizia usa lacrimogeni e cannoni ad acqua.
 L’avvertimento di Erdogan: “Arresteremo chi manifesta”.


Erdogan ha deciso di blindare per impedire ogni manifestazione in occasione del primo anniversario della rivolta di Gezi Park. Coloro che intendono manifestare «saranno arrestati», è il durissimo monito arriva dal premier turco a poche ore dalla manifestazione.   Alcune centinaia di manifestanti sono circondati da un imponente dispositivo di polizia su Viale Istiklal, la celebre via della movida di Istanbul accanto a Piazza Taksim, sulla quale plana una nuvola bianca grigiastra. 

pc 31 maggio - Per una valutazione classista e comunista del voto alle europee - contro euroconfusi e europportunisti, ripartire da due editoriali di proletari comunisti

Il nuovo governo del giovane Renzi nasce nel solco di Berlusconi, Monti, Letta, al servizio dei padroni, della grande finanza, nell'Europa del capitale, per proseguire e intensificare nella crisi – e con la collaborazione di tutti i partiti parlamentari, con diversi ruoli, e dei sindacati confederali, anch'essi con diversi ruoli - l'attacco ai diritti, alle condizioni di lavoro e di vita dei proletari e delle masse popolari, e per realizzare, attraverso progressivi “colpi di mano”, un'ulteriore riforma reazionaria dello Stato, del Parlamento, fuori dall'attuale Costituzione, nel percorso di un regime moderno fascista; anche questo con la collaborazione di tutti i partiti parlamentari e la spinta
dei poteri forti nazionali e internazionali del capitale.

Come è nato questo governo. Coniugando diversi aspetti: un colpo di Palazzo nel PD, partito con le primarie e concluso con una manovra di stampo democristiano; un'ancora di salvataggio offerta a Berlusconi per ridare al suo governo una base parlamentare da “larghe intese” e che Berlusconi ha prontamente raccolto come opportunità per ritornare a galla e riaffermarsi; un passaggio dettato dalla borghesia imperialista italiana o almeno dalla sua frazione industriale per rendere l'azione del governo più corrispondente alle sue esigenze.
Da questo nasce il successo dell'operazione “matteorenzi”, molto più che dall'operazione immagine che pure ha contato, conta e conterà.
Nel giudicare i governi, infatti, bisogna guardare tutti gli aspetti, gli interessi che stanno dietro, le forme che assumono e, infine, cosa non secondaria, come vengono fatti passare per ottenere il consenso delle masse.
Non è che Letta non stesse facendo bene il suo lavoro, sostenuto dall'establishment del PD, bene accetto all'Europa e agli Usa, voluto fortemente da Napolitano dopo l'impasse post elettorale, capace di ottenere la maggioranza parlamentare nella difficile congiuntura della decadenza di Berlusconi; operoso, preparato e attivo nelle diverse materie di cui si è occupato. Ma ciononostante non adatto a svolgere il ruolo, essendo troppo legato all'entourage dei Palazzi, con un'immagine grigia, questa sì puramente democristiana, troppo attento agli equilibri parlamentari e con ministri via via screditati o autoscreditati.
Serviva quindi un cambio di cavallo e un cambio di passo che fronteggiasse i lati deboli del governo Letta, che rispondesse meglio ai padroni e che avesse un'immagine da spendere nel marketing del “consenso popolare”, rispetto al crack berlusconiano e a l'exploit di Beppe Grillo.
Non c'era molta alternativa al giovane avventuriero, partorito dall'odierna cloaca del PD, Matteo Renzi.
Ma Renzi non avrebbe vinto la sua partita senza il socio occulto, poi divenuto non tanto occulto, Berlusconi, che aveva bisogno di un punto di appoggio, intanto per uscire dal buco nero in cui era caduto, per poi pensare ad una sorta di oscena resurrezione. Berlusconi ha trovato più in Renzi che in Alfano il suo “delfino”, una specie di scimmietta delle sue performance, e ne ha sostenuto l'ascesa sui mass media e perfino nelle primarie - è spudoratamente vero che in diverse città gente di centro destra ha votato in esse per gonfiare il risultato peraltro scontato che ha portato al successo di Renzi. Ma il sostegno di Berlusconi non è soltanto un'ancora di salvataggio e una manovra politica, è l'ennesima dimostrazione della convergenza di valori e scopi che unisce i partiti parlamentari e i suoi uomini, quello che noi chiamiamo moderno fascismo in formazione; non tanto e non solo come fenomeno politico ma come fenomeno globale a 360°, che tanti osservatori intelligenti – certo più intelligenti di tanti che nel campo della sinistra, anche di orientamento comunista, esistono – hanno vivisezionato per comporre il mosaico o meglio il puzzle con cui il moderno fascismo si impone e purtroppo continuerà ad imporsi.
Certo Renzi “berlusconi giovane” è un po' esagerato. Berlusconi è un protagonista effettivo, una frazione impersonata del capitale, non nata direttamente dal mondo industriale, di ideologia ben definita. Renzi non può essere questo ma semplicemente una figura animata dello stesso processo.

Ma Renzi non ci sarebbe stato se i padroni, quelli veri, non l'avessero preteso. Il 'padrone dei padroni', il portavoce Squinzi, a un certo punto si è messo a urlarlo quasi; tutto ciò che gli andava benino il giorno prima con Letta all'improvviso non gli stava più bene e Letta è sembrato improvvisamente figlio di nessuno, nessuno più lo difendeva, ad eccezione quasi solo degli alfaniani. I padroni volevano uno giovane e veloce, uno che sembrasse intelligente ma fosse esclusivamente e innanzitutto un loro “puledro da corsa coi paraocchi”.
Questo ultimo aspetto è il più importante nella fase della nascita del governo Renzi. E deve interessare e preoccupare la classe operaia, i proletari e le masse popolari.
I padroni si sono preoccupati della continuità del discredito del potere politico che li rappresenta e della necessità di “fare cassa” e di avere un servizio efficiente per mantenere i profitti, che per buona parte di loro sono continuati nella crisi; si sono preoccupati di stare in Europa e non solo sotto processo, ma ancor più di stare nel mondo dove la contesa è forte e, nonostante tutto, una certa ripresa c'è. E, quindi, avere un fronte interno efficiente e “veloce” è importante.
Sono gli industriali i veri azionisti di maggioranza del nuovo governo, quelli della grande industria ma anche della media e piccola industria, dell'industria privata come dell'industria “pubblica”, dell'industria operante sul mercato mondiale ma anche piccola industria “schiacciata, come dicono loro, da tasse e sindacati”. Un governo chiamato quindi a fare fatti concreti, immediati, liberato in una certa misura da mediazioni parlamentari – ma questo non è così facile attualmente – e da mediazioni sindacali – e questo invece sembra un'autostrada, vista la tragicommedia che arriva a Camusso-Landini.
Non si possono capire i provvedimenti e l'azione del governo se non si coglie qual'è l'azionista di maggioranza effettivo di questo governo, fuori dai Palazzi della politica e in una certa misura fuori dall'entourage tecnocratico che imbriglia e che ormai ha già rotto i c...

Chiariti gli interessi di fondo, occorre però dire che Renzi ci ha messo del suo, la scena aveva bisogno di un simile attore, c'era da riprendere il controllo del mass media dopo l'esaurimento della sbornia berlusconiana, c'era da contendere, col sorriso ma a muso d'uro, l'antipolitica dilagante impersonata nel teatro della politica dal Grillo parlante.
Renzi ha messo in campo subito un gruppo di ministri e in particolare di ministre, che sembrano dei replicanti delle operazioni “Forza Italia” di Berlusconi e nello stesso tempo una variante più studiosa e costruita da “laboratori” più solidi dei grillini della rete.
E questo è farina del suo sacco, è polizza di assicurazione di una certa durata e di una certa tenuta.
Gli interessi forti degli industriali e la compagine renziana non sono quindi da sottovalutare e domandano ai proletari e alle masse popolari, alle loro organizzazioni politiche e sociali che ne esprimono interessi e capacità di lotta, un adeguamento di analisi e linea di condotta per fronteggiare questo nuovo governo.

Partiamo però da alcuni punti fermi. Il tentativo di Renzi non ha futuro. Non basta né può bastare al capitale un “renziveloce” per dare una svolta nell'economia e nello Stato che permetta ai padroni italiani di conquistare nuove posizioni nella contesa mondiale. Così come la compagine renziana è sempre dentro una gabbia politica di rinnovamento della casta in seno alla casta e di ministri copia o fotocopia non certo in grado di sostituire gli originali, Berlusconi-Grillo, che affondano le loro radici nella ben più torbida società e situazione nazionale e internazionale.

Ma quello che avviene nell'altra “collina” è solo parte del problema, il problema che abbiamo noi proletari comunisti è nella nostra “collina”.
Il movimento sindacale, a guida maggioritaria confederale, continua il suo processo di liquefazione nella difesa degli interessi dei lavoratori e delle masse popolari; l'inamovibile casta sindacale cambia governi come cambia d'abito e nella Cgil si celebra la parodia della lotta di linea, dalle finte espulsione alle reali convergenze Camusso-Landini, alle cose un po' più serie come la cacciata di Cremaschi e le uova al congresso di Bergamo. Nella Cgil si passa dalla propria delegittimazione per le scelte politico-sindacali di collusione, convergenza, collaborazione con padroni, governi, Stato, all'autodelegittimazione. Questo lascia comunque un vuoto di rappresentanza e di capacità di lotta generale che non è riempito, e in una certa misura non può essere riempito, dai sindacati di base.
La crisi, le convulsioni della borghesia e dei suoi governi non possono essere adeguatamente sfruttate dai proletari per difendersi realmente nella crisi, per costruire la propria capacità di attacco, per cambiare i rapporti di forza.
La politica borghese si riempie di personaggi vuoti che trasformano i problemi reali del paese in slogan, nomi, spot, ma essa fronteggia un vuoto del movimento reale della classe operaia e delle masse popolari. Le lotte degli operai e dei lavoratori sono piccole e inadeguate; le lotte dei movimenti sono più significative ma anch'esse sulle spalle fragili degli attuali leader di essi.
Nei prossimi mesi a questo si aggiunge il fumo delle elezioni europee, che segnano un ulteriore degrado della politica anche perchè parte di chi lotta o vuole fare le lotte viene attratto dalla battaglia elettorale, perfino in elezioni che non contano nulla. Le elezioni europee sono poco più che un sondaggio politico, ma l'attrazione che esercitano verso le avanguardie e settori del movimento di opposizione politico e sociale influisce negativamente nello sviluppo di lotte effettive politiche e sociali.

Al fumo delle elezioni e delle promesse di Renzi corrisponde l'arrosto di provvedimenti effettivamente pesanti, come il Jobs act con la precarizzazione selvaggia e a vita, con la porta chiusa a milioni di precari e disoccupati, mentre si cerca di comprare ad 80 euro al mese l'alleanza neocorporativa degli operai e dei lavoratori stabili; l'arrosto della ulteriore trasformazione del parlamento in una serra di nominati, delle elezioni stesse in plebisciti con premi di maggioranza che cancellino ogni simulacro di democrazia e di opposizione e trasformino sempre più la Costituzione antifascista, nata dalla Resistenza, in una cornice di un quadro moderno fascista.
Le stesse elezioni europee, al fumo dell'Europa da cambiare fanno emergere l'arrosto del vero cambiamento in atto, quello dell'ascesa della nuova destra fascista e nazista che attraverso le elezioni e con la complicità di Stato, padroni, governi, trova una legittimità e una credibilità politica che si sposa non solo con gli effetti della crisi nei paesi europei ma anche con la contesa interimperialista foriera di guerra che colpisce oggi l'Ucraina ma è pronta a contagiare tutto l'Est Europa.
Il governo Renzi anche su questo si presenta come un governo spugna che assorbe il vento di estrema destra e i venti di guerra per legittimarsi come governo adeguato.

Un governo, quindi, moderno fascista, della precarizzazione e della disoccupazione, e necessariamente della repressione, perchè per quanto debole sia ancora il movimento proletario e di massa, esso comunque lotta e combatte e focolai di ribellione, di rivolta esistono e sono ancor più necessari e inevitabili.
Analizzare il nemico anche nei suoi aspetti più truci e consistenti non serve per farne un'apologia della sua forza né per far diventare il nano Renzi un gigante, ma per capire esattamente su cosa e come lottare.
Se è giusto analizzare gli elementi forti del governo Renzi per combatterli, occorre innanzitutto dire che è una forma di combattimento quella di demitizzarlo, di dire che Renzi è effettivamente un buffone, un buffone “di corte”, cioè della corte dei padroni, che i suoi ministri e in particolare le sue ministre sono delle “mezze calzette”, facenti parte di quella cerchia di persone che non ha mai lavorato, figlie di “gente bene” che trovano nella politica il “bel mestiere” e che sono espressione non certo di giovinezza ma di corruzione ideologica banale; ministri e ministre che nel loro apparire come zelanti esecutori fanno sicuramente più danno dei precedenti ministri e ministre; una compagine non qualificata né legittimata a stare lì, un'oscena ingiustizia verso tanti giovani, ragazzi, ragazze costretti invece a consumare la loro vita in call center lager o ad elemosinare in tutti i modi lavori precari e dequalificati.
Questo governo dimostra come la borghesia è sempre più incapace in realtà di dare una faccia rispettabile al suo potere e che proprio facendo ministri e ministre certe persone dimostra tutto il suo profondo disprezzo verso le masse. Un governo di una classe dominante che butta nel cesso la democrazia anche quella parlamentare, le elezioni come fatto democratico, della cui santificazione si era beata la borghesia per nascondere sotto il manto del sistema parlamentare la dittatura di classe.
Un governo quindi illegittimo che non ha ragione di essere rispettato e riconosciuto, i cui provvedimenti dal fiscal drag, al jobs act, ecc. o le sue soluzioni per la scuola, la casa, la burocrazia, non solo sono dannosi alle masse ma sono aria fritta. Un governo che non si occupa delle domande espresse dalle lotte sociali perchè verso di esse ha una sola risposta la repressione, usando il monopolio della forza di polizia, apparati militari, dediti all'arbitrio garantito dall'impunità . Un governo che all'insegna della 'velocità' dà segnali pericolosi, perchè lascia mano libera agli apparati di Stato dell'ordine pubblico e si occupa poco e male di problemi internazionali perchè per essi delega gli imperialismi più forti, principalmente USA, al cui carro opera con soldati per far la guerra o per cosiddette “missioni di pace” o anti pirateria, riducendoli perfino a mercenari di cause perse e luridi assassini, come i marò.

A questo governo, ai suoi provvedimenti, alle sue dannose e false ricette dobbiamo opporre da subito - senza farsi prendere, come purtroppo avviene anche tra le masse, dallo sguardo e dall'attesa ebete - l'opposizione rigida al Jobs act, la denuncia della falsa restituzione delle 80 euro, data se maiin cambio della rapina che continua in materia di tasse, tariffe e balzelli vari; dobbiamo dare nuovo fuoco alle lotte in corso, da Termini Imerese all'Ilva, all'Electrolux, dal Gruppo Fiat - con Marchionne grande sponsor di Renzi che se ne va lasciando sul terreno fabbriche e operai - alla nuova rivolta necessaria dei disoccupati, dei precari che ha già i suoi focolai accesi, a Taranto, a Palermo, a Napoli, ecc., dalla lotta contro il nuovo schiavismo nella logistica, al movimento No Tav, No Muos contro le devastazioni ambientali e territoriali che diventano sempre più stragi in intere zone nel nostro paese...
Affermare con forza che la lotta e non il voto ci serve per combattere l'Europa della Troika, i suoi governi e i fascisti e neonazisti che quest'Europa cova e alimenta. Dobbiamo dare continuità e contribuire a unire il movimento di lotta contro la repressione, rispondere colpo su colpo, elevando strumenti e forme di combattimento per fermare la violenza poliziesca, i processi persecutori, il carcere che questo Stato, qualunque sia il suo governo, riserva a chi si ribella e oppone. Dire un chiaro NO e lottare contro ogni partecipazione italiana ai focolai di guerra imperialista, agli F35 come agli Eurofigter, al Muos e ai nuovi armamenti.

PCm – Italia
marzo 2014


Le elezioni europee giungono in una fase in cui i governi e gli Stati imperialisti europei, in unità e contesa imperialista tra di loro, scaricano la crisi sui proletari e sulle masse popolari del nostro continente per affrontare la battaglia e la contesa nel mondo con le altre potenze imperialiste, in questa situazione i paesi imperialisti da un lato si sono dotati di strumenti rappresentati dal concetto di Troika, per decidere politiche comuni, ma dall'altro queste politiche comuni si risolvono nello scaricare la crisi dai paesi più forti ai paesi più deboli della UE.
I paesi più forti nel quadro dell'Europa imperialista, Germania e Francia, puntano però non solo a scaricare e difendersi ma anche a cogliere le opportunità della crisi per espandere la propria presenza imperialista dentro i paesi europei e fuori dell'Europa per i mercati, il controllo delle fonti energetiche.
Questa politica espansionista accende nuove tensioni internazionali in diversi scacchieri del mondo e alimenta corsa agli armamenti, presenza militare, interventi imperialisti diretti, a volte in connubio con l'imperialismo americano, a volte in contesa con esso.
Nel tradurre queste politiche antioperaie e antiproletarie all'interno e all'esterno servono a borghesie, governi e Stati realizzare un fronte interno compatto, dei veri e propri regimi con equivalenti Stati di polizia per imporre con la forza preventiva e diretta piani e decisioni che fronteggiano, come è naturale che sia, lotte, proteste e, in alcuni paesi e in alcune occasioni, rivolte proletarie, giovanili e popolari.
Nel tradurre queste ulteriori trasformazioni reazionarie dello Stato in ciascun paese si alimenta un moderno fascismo adatto alla storia e alle condizioni di ciascuno dei paesi. Non centra che il governo sia di centrodestra o di centrosinistra, socialdemocratico o liberal popolare, la forma Stato che realizzano assume sempre più i caratteri di una moderna dittatura. In questa tendenza generale si rafforzano le tendenze apertamente neofasciste e naziste che da un lato sono organiche alla direzione di marcia di una Europa-nazione come blocco imperialista autonomo, dall'altra cavalcono i sentimenti e il disagio popolare antieuropeo e anti euro, per costruire una propria forza elettorale, politico e “militare”. A questo va aggiunto che la politica imperialista europea dentro l'azione globale dell'imperialismo produce miseria, sfruttamento, fame e guerre nelle masse dei paesi oppressi che alimentano le ondate di immigrati che arrivano in Europa principalmente attraverso i paesi mediterranei più esposti.
I governi e gli Stati imperialisti da un lato accolgono ampi settori di queste masse per trasformarle in moderni schiavi, dall'altro approvano leggi razziste e antimmigrati che ne provoca miseria e morte nel mar mediterraneo.
Le forze apertamente fasciste e naziste scatenano in questo contesto razzismo e violenza che intercettano gli umori più beceri anche in settori popolari.

Le elezioni europee in questo contesto sono la pura esplosione del peggio di Stati, governi e forze parlamentari e forze apertamente reazionarie. Il parlamento europeo non conta nulla, è un covo di politicanti corrotti e arricchiti, per dare un simulacro di democrazia alla dittatura delle borghesie dei paesi europei e dentro l'Europa del peso di quelle più forti su quelle più deboli.
C'è un solo modo di opporsi a questi governi ed esso non passa in nessuna maniera dalla partecipazione al voto in queste elezioni. Chi a sinistra partecipa al voto, lo fa per entrare nel Tavolo truccato di una democrazia che traveste la dittatura, e nonostante quello che afferma in programmi e comizi e elettorali, non rappresenta gli interessi proletari e popolari e contribuisce solo alla politica imperialista e alla rappresentazione di essa.
I comunisti, i rivoluzionari, gli antimperialisti, gli organismi proletari e di massa in lotta, il movimento studentesco, gli antifascisti e gli antirazzisti in Europa possono essere uniti solo dal boicottaggio attivo delle elezioni, che non è né anarchismo né astensionismo di principio, ma costruzione coerente del fronte che nelle lotte presenti lavora per il futuro, la lotta per il potere proletario in ogni paese imperialista europeo, per il socialismo.

Non contribuiscono né a questa lotta né a questa prospettiva quelle forze che si dicono comuniste, che concentrano la campagna nel “NO euro” e “fuori dall'Europa”, civettando, che lo vogliono o no, col populismo reazionario dell'estrema destra. Non è “l'euro” che riduce in miseria le masse proletarie europee ma il capitalismo che utilizza gli strumenti monetari necessari ai suoi profitti; non è un supergoverno chiamato Troika il nemico principale ma la borghesia imperialista del proprio paese che è parte integrante dell'unità e della contesa dell'Europa imperialista.
Non esiste una tappa intermedia della lotta per il socialismo che passi per 'l'uscita dall'euro e dall'Europa', dipingendo i governi imperialisti più deboli come succubi della Troika a guida tedesca. Questa linea è opportunista di destra nel movimento proletario e comunista e non basta che sia portata avanti anche da alcune forze politiche e sindacali che quotidianamente lottano contro la politica imperialista europea, né basta che alcune di queste nelle elezioni di maggio si dichiarino anche contro il voto, per cambiare la natura della loro politica.

maggio 2014

I due numeri di proletari comunisti sono richiedibili e scaricabili
info pcro.red@gmail.com

pc 31 maggio - Ucraina - Bombardamenti e massacri del governo nazi/imperialista di KIEV appoggiati da USA-UE-Italia

Sono ripresi nella notte i bombardamenti dell'artiglieria ucraina sulla martoriata città di Sloviansk, una delle roccaforti ribelli nella regione di Donetsk. «Il bombardamento ha causato vittime tra i civili», scrive Ria Novosti. «È una vendetta per l'abbattimento dell'elicottero» ucraino, accusano i ribelli.
«Il bombardamento è durato diverse ore, in questo momento tutto sembra calmo», riferisce una portavoce dei ribelli nella città. «In genere bombardano di notte e all'alba, temiamo nuovi colpi», aggiunge un portavoce. Ieri un colpo di artiglieria è piovuto sull'ospedale pediatrico della città.
Secondo l'agenzia Itar-Tass sono rimasti feriti sette bambini. I ribelli sostengono invece che i piccoli pazienti sono stati fatti evacuare in un rifugio antiaereo, e sono rimasti tutti illesi.
Un gruppo di 175 bambini provenienti dalle zone di conflitto dell'est Ucraina in rivolta contro Kiev sono intanto arrivati a Camp Artek, in Crimea. Camp Artek è la struttura di Yalta dove morì 50 anni fa Palmiro Togliatti, da sempre struttura di accoglienza delle colonie estive per adolescenti e bambini
Ieri sera, invece, c'è stata una dura battaglia tra Guardie di Frontiera ucraine e milizie ribelli al posto di confine di Dyakovo, valico di confine tra Ucraina e Russia, nella regione di Lugansk. L'aviazione dei golpisti di Kiev è entrata in azione, ma non è riuscita a individurae i ribelli. Le posizioni delle Guardie di Frontiera di Kiev sarebbero state attaccate da decine di uomini pesantemente armati.
In un villaggio poco a nord di Donetsk, alcuni contadini hanno trovato una fossa comune in un bosco, con 10-15 cadaveri in stato di decomposizione. Secondo alcuni si tratterebbe dei corpi di militanti del Donbass, molti di nemmeno vent'anni, che si erano rifiutati di combattere al fianco di Kiev. Secondo altri, di vittime non accertate dei violenti scontri tra nazionalisti e ribelli per il controllo di un checkpoint il 23 maggio.
Negli ultimi 5 giorni - sommando i bollettini delle due parti - il conflitto avrebbe fatto ormai quasi 200 morti. Il vasto fronte degli scontri muta di ora in ora, e avventurarsi nel villaggio per verificare la notizia è sconsigliato. Ai giornalisti ma anche agli osservatori Osce, per i quali le difficoltà aumentano di giorno in giorno.
da Contropiano

pc 31 maggio - TRENTO - Contestiamo Marchionnne - 1 giugno. Una manifestazione giusta e necessaria

Trento.Contestiamo Marchionne
da contropiano
Domenica 1° giugno 2014 Sergio Marchionne, Amministratore Delegato del gruppo FIAT da un decennio, sarà al festival dell’economia di Trento.
Il “macellaio” dei diritti e della vita dei lavoratori verrà a spiegare i suoi metodi di sfruttamento della forza lavoro, a bassissimo costo. Spiegherà come si debba lavorare efficacemente insieme ai sindacati confederali, come perseguitano nelle fabbriche le organizzazioni di difesa dei lavoratori e come si chiudano nei reparti confino i loro combattivi rappresentanti, come si licenziano gli operai e come questi non vadano reintegrati al lavoro anche in presenza di decisioni della magistratura a loro favorevoli. Sistemi che questa “sanguisuga” illustrerà alla rassegna, davanti ad una platea di “rampolli” della locale imprenditoria, di politici locali arricchitisi con i vitalizi, di giovani studenti ignari del diritto sindacale. Basterebbe espellerlo ricordando la denuncia presentata nel 2006 dal sindacato svizzero nei suoi confronti, per aver illegalmente assunto nella sua residenza elvetica alcuni giardinieri italiani, pagandoli un terzo del salario minimo di legge.
L’aguzzino italo-canadese, presentato come il salvatore della FIAT, è in realtà un super pagato manager, ben rappresentativo di un industria parassitaria foraggiata ed ingrassata nel corso degli anni dai contributi e dai finanziamenti pubblici, noto per aver lavorato ad affossare il conflitto sociale a scapito della forza lavoro, comprimendone i diritti insieme ai sindacati confederali per dividerne le lotte e sfruttarla senza ricevere opposizione. Va ricordato come questo “illustre” finanziere abbia presentato, alla guida della FIAT, almeno 8 piani industriali rivelatisi poi tutti fasulli. Il più famoso, “FABBRICA ITALIA” del 2010, aveva previsto una vendita di 2,15 milioni di auto FIAT per quest’anno, ma è miseramente fallito con le vendite che non hanno superato lo 0,93! False promesse di un prestigiatore, che in pochi anni ha chiuso stabilimenti, licenziato e cassintegrato migliaia di operai, cancellato ogni diritto, perfino determinando ripetuti crolli di borsa e di vendite. E’ un cialtrone spacciato per grande manager da giornalai di regime, dai sindacati prezzolati e dai politici vi(tali)ziati, che guadagna quasi 6 milioni di euro l’anno per “sparare” sciocchezze nei salotti televisivi, spostando la sede fiscale del gruppo torinese all’estero, di fatto trasferendo al governo inglese le tasse e delegando quello italiano a pagare cassa integrazione, contratti di solidarietà, indennità di mobilità.
Né a Trento, né altrove dobbiamo dare cittadinanza e diritto di parola a questo “signore” che, dopo aver cancellato diritti, salario e dignità dei lavoratori, ha svenduto la FIAT all’estero, importando precarietà e miseria.
CACCIAMOLO!!!
Ore 9,30 - Assemblea pubblica con i lavoratori dell’Alfa di Arese alla facoltà di sociologia
Ore 11,00 - Corteo di protesta dalla facoltà di  sociologia al teatro sociale

Unione Sindacale di Base

pc 31 maggio - Contro la guerra del governo RENZI-LUPI ai senza casa - assemblea pubblica a Roma il 4 giugno


acLe settimane di mobilitazione che si sono appena concluse contro il decreto Lupi e il jobs act hanno visto i movimenti partecipi di una contestazione incondizionata al governo Renzi. Un governo che appena si è insediato ha prodotto decreti e provvedimenti, passati a colpi di fiducia, che si riversano su tutti coloro che sono già impoveriti dai precedenti governi dell'austerity. Il piano casa, il jobs act non fanno altro che distribuire ulteriore precarietà nel paese e che nel territorio romano si riversa ulteriormente attraverso il decreto Salva Roma....

In questo ultimo anno e mezzo i movimenti di lotta per la casa hanno sferrato un colpo molto duro alla dirigenza di questa città attaccando direttamente la rendita attraverso la riappropriazione diretta e pretendendo l'uso degli immobili invenduti tanto quanto del patrimonio pubblico non utilizzato. Questo ha provocato una riorganizzazione chiara della controparte che attraverso l'art.5 del decreto Lupi che titola “Lotta agli abusivi” sta già applicando sgomberi e il taglio delle utenze alle occupazioni negando di fatto, i principali diritti civili come il diritto alla sanità e alla scuola che passano attraverso la residenza. Un articolo presentato alla camera e al senato come necessario per poter combattere il sistema degli abusivi che arrivano prima degli aventi diritto! Una bufala che chiaramente vuole mettere i poveri contro i poveri.
L'alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati [UNHCR], pochi giorni fa ha espresso la sua “preoccupazione per gli effetti che la recente approvazione del decreto legge cosiddetto “Piano Casa” potrebbe provocare sulla vita di migliaia di rifugiati presenti in Italia. La legge vieta infatti che chi occupi illegalmente un edificio possa avere accesso alla registrazione della residenza.” Aggiungendo inoltre, che questo comporterebbe “il rischio di non poter più accedere all’assistenza sanitaria, al lavoro, nonchè all’istruzione per migliaia di bambini”. ....L'arresto di Paolo dei blocchi precari metropolitani e di Luca del Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa, vorrebbe avere la pretesa di fermare le lotte che rispondono a tutto questo. E come abbiamo già ribadito: Luca e Paolo sono volti pubblici, la rabbia e la voce di tutti e tutte. Se questo non fosse abbastanza chiaro, quello che si sta mettendo in discussione è l'agibilità politica nel territorio urbano e l'attacco che viene fatto ai movimenti di lotta per la casa è un attacco generale e generalizzato. Il potenziale di una lotta che organizza la riappropriazione dal basso di un bisogno essenziale deve essere fermato prima che possa espandersi ad altri settori della società.Un flusso che già si è espanso e che ha visto nell'ultimo anno il moltiplicarsi di studentati in tutta Italia e anche nella città di Roma. Gli studenti scelgono di riappropriarsi del proprio presente prima di tutto, attraverso la liberazione di spazi all'interno delle università ultimo luogo rimasto ad avere un potenziale aggregativo e sociale importante ribellandosi ai meccanismi di disciplinamento come il merito e all'accesso sempre più esclusivo al diritto allo studio. Ma non solo, connettendosi con il resto della città e con un'intera generazione di precari si riappropriano delle case rispondendo nell'immediato al ricatto degli affitti, dei lavori malpagati per conquistare il reddito e la dignità che gli spetta.
Per questo motivo invitiamo tutti e tutte a partecipare ad un'assemblea pubblica che lanci un percorso cittadino propositivo verso la città; che sappia discutere per tornare nelle piazze e nei quartieri; che sappia ristabilire un ordine del discorso che non veda i poveri contro i poveri;che ristabilisca la possibilità di rispondere alla guerra che ci stanno dichiarando; che sappia mettere in discussione chi e come vengono utilizzate le risorse nel paese; che nel breve periodo possa costruire una campagna che ci porti al vertice sull'occupazione giovanile dell'11 luglio a Torino.

I movimenti per il diritto all'abitare e contro la precarietà e l'austerity invitano tutti ad un'assemblea cittadina il 4 Giugno alle ore 18 al Porto Fluviale Occupato.

pc 31 maggio - NOTAV l'ossessione senile fascista di Caselli è coerente con l'ossessione ''giovanile' 'antiterrorista'!


caselliDalle parole che l’ex procuratore Giancarlo Caselli scrive sul Fatto Quotidiano di ieri capiamo molte cose. La fine carriera del magistrato  si presenta triste, piena di livore e ossessionata da due cose fondamentalmente: la sua persona e il movimento notav.
Pubblichiamo qui sotto l’articolo dal titolo “Il solito silenzio della zona grigia” dove il pensionato Caselli si lancia nella solita invettiva contro i notav, contro chi li sostiene, contro chi non sostiene lui e il suo santino e il suo amato partito.
Fa anche di più oltre ai soliti paragoni con la lotta armata se la prende anche con il web, con l’informazione dal basso, che evidentemente non lo soddisfa perchè non lo idolatra arrivando a paragonare la rete ai muri dei bagni dicendo “oscenità pubblicate su vari siti web che legittimano la tesi secondo cui questo moderno veicolo di “comunicazione” equivale oggi – in alcuni momenti – alle pareti delle latrine di ieri. ”
Chiude il pezzo con la solita retorica e la solita vanità citando Napolitano che giorni addietro non ha lesinato paragoni tra terrorismo e movimento notav “Per fortuna non ha taciuto il Presidente Napolitano, che il 23 maggio scorso, parlando a una platea di giovani, ha ricordato che il terrorismo è finito, ma bisogna comunque stare attenti a “episodi sinistri”. E li ha esemplificati parlando proprio delle pesanti minacce che il sottoscritto subisce a opera di esponenti No-Tav.”
Ci troviamo di fronte ad un pensionato ossessionato che non ha meglio da fare che guardarsi allo specchio e convivere con i suoi fantasmi e con i suoi incubi, dei quali vive e campa da tempo. Il nostro movimento è fatto da pensionati e pensionate che ancora oggi si battono per la libertà e per quella democrazia che Caselli cita ogni secondo, solo che dai pensionati valsusini avrebbe da imparare molto, potrebbero insegnargli i veri significati di termini usati come rituale, ma non trverebbe nessuno specchio in cui guardarsi perchè se veramente apprendesse qualcosa dalla saggezza dei nostri nonni, poi forse in quello specchio non si guarderebbe più.
ps: a proposito di zone grigie invitiamo a leggere l’inchiesta  La notte del procuratore Piccola controbiografia di Giancarlo Caselli

pc 31 maggio - Così i burocrati hanno fatto scappare gli investitori Disney... Gli operai di Termini sull'ottovolante?

da http://lafiatditermininondevechiudere.blogspot.it/

Questa notizia che è saltata fuori, sembra ad opera dei grillini, proprio il giorno prima delle elezioni, voleva essere un altro spot elettorale gratis.
Tentativo non riuscito, anche se non è certo con le “favole” della Disney che si può risolvere il problema degli operai della Fiat di Termini Imerese, ma questo episodio, insieme a quello già che abbiamo messo in evidenza con un’altra piccola-media azienda, ha comunque confermato quello che già abbiamo detto in più occasioni, e cioè che alla Regione Sicilia, nessuno è davvero interessato a fare sul serio per dare una soluzione al problema dei tanti cassintegrati e disoccupati…
Come Patrizia Monterosso, segretario generale della Regione, quella che “ha fatto scappare la Disney”, e che probabilmente era impegnata in altre attività dato che è stata condannata dalla Corte dei Conti a risarcire 1,3 milioni di euro per finanziamenti non dovuti agli enti di formazione.

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Così i burocrati hanno fatto scappare gli investitori Disney

26 maggio 2014

"È stato l'atteggiamento indifferente e superficiale della Regione a fare scappare la Walt Disney dalla Sicilia". Nell'intricato giallo sulla costruzione a Termini Imerese di un parco divertimenti targato Disney, entra in gioco uno degli attori principali della trattativa, il coordinatore delle attività di internazionalizzazione del Comune di Palermo, Massimo Cataldo, che l'anno scorso riuscì a portare i manager dell'azienda americana a Palermo per discutere della costruzione di un parco dedicato ai super-eroi della Marvel che avrebbe creato, almeno stando alle intenzioni degli investitori, tremila nuovi posti di lavoro.

Un affare che, come sostiene Cataldo, sarebbe sfumato proprio a causa della gestione superficiale dei burocrati siciliani e in particolare del segretario generale della Regione Patrizia Monterosso, che durante l'incontro con i rappresentanti della società statunitense nel marzo del 2013 avrebbe addirittura abbandonato il tavolo delle trattative, vanificando così qualsiasi margine di dialogo. "E' necessario  -  precisa Cataldo  -  intervenire direttamente sulla questione, per fornire informazioni esatte su come si siano svolti gli eventi. Sono un imprenditore e nell'ambito delle mie attività professionali sono venuto a conoscenza dell'intenzione della Walt Disney Company, a seguito dell'acquisizione dei diritti della Marvel, di investire in Europa. Ho intravisto l'opportunità di veicolare questo straordinario progetto in Sicilia, in particolare nel territorio di Termini, dotato delle principali infrastrutture collegate con Palermo e Catania e su cui gravitano i fondi stanziati per riqualificare l'area ex Fiat. Così ho parlato con Jay Visconti, vice presidente della Disney media, sottoponendo la mia idea e spiegando le varie opportunità".

I manager della multinazionale manifestano un interesse preliminare, ma chiedono di incontrare le istituzioni siciliane. Ed è così che, dopo ripetuti rinvii, Palazzo d'Orleans fissa per l'1 marzo il vertice con i dirigenti Disney. Ma il giorno dell'incontro le cose non andarono come i rappresentanti della multinazionale e lo stesso Cataldo speravano. "Dopo le presentazioni  -  racconta Massimo Cataldo  -  la Monterosso ha chiesto a Visconti quali fossero i progetti della Disney da offrire alla Sicilia, dimostrando di aver un po' frainteso il senso di quell'incontro, perché, a mio modo di vedere, doveva essere la Regione a mettersi a disposizione per fornire tutte le informazioni e non viceversa. Nel resto del mondo, quando si prospetta un progetto dai rilevanti profili economici, le autorità e gli uffici governativi competenti si rendono parti attive cercando di invogliare in ogni modo l'investitore".

Ma il peggio doveva ancora arrivare. "Dopo qualche minuto dall'inizio della riunione  -  dichiara il responsabile per l'internazionalizzazione del Comune  -  la Monterosso è stata chiamata in un'altra stanza, lasciando il tavolo con i prestigiosi ospiti e privando così della necessaria autorevolezza istituzionale l'incontro. Dopo oltre un'ora di attesa, nella quale i presenti hanno cercato di gestire la situazione come meglio potevano, poiché il segretario generale Monterosso non era più tornata, i rappresentanti della Disney hanno deciso di andare via. Jay Visconti mi ha ovviamente manifestato il suo disappunto per tale accoglienza, comunicandomi che, sulla base di queste premesse, avrebbe sospeso l'idea progettuale". Ieri non siamo riusciti a contattare la Monterosso per avere una sua versione dei fatti.


Ma non tutto potrebbe essere perduto e ci potrebbe essere ancora la possibilità di costruire il parco Disney in Sicilia. "Sto cercando di riprendere le trattative con la Disney  -  dichiara Massimo Cataldo  -  resto in attesa di ricevere quella telefonata mai ricevuta da Palazzo d'Orleans, per tentare di riattivare un'iniziativa potenzialmente ancora possibile".

La repubblica

pc 31 maggio - Strage di Viareggio, protesta per la nomina di Elia: “Un altro imputato a capo di Fs”

(da il fattoquotidiano.it)

I parenti delle 32 vittime hanno fermato per pochi minuti il binario 4 della stazione ferroviaria, lo stesso dove il 29 giugno 2009 deragliò il treno carico di Gpl. "Dopo Moretti, anche l'ad di Rfi è stato premiato con un incarico più prestigioso"
di Ilaria Lonigro

Gli imputati si passano il testimone. Promosso Mauro Moretti a capo di Finmeccanica, prende il suo posto come amministratore delegato di Ferrovie dello Stato un altro imputato nella strage di Viareggio, Michele Mario Elia, già ad di Rfi – Rete ferroviaria italiana. Immediata la rivolta dei familiari delle 32 vittime del disastro del 29 giugno 2009, il cui processo è entrato nel vivo in questi giorni con le testimonianze dei sopravvissuti e la deposizione del superteste, l’ispettore Polfer Angelo Laurino.
Ieri (giovedì 29 maggio) intorno alle 23, appresa la notizia mentre erano in riunione, i familiari si sono dati appuntamento alla stazione di Viareggio per una protesta spontanea. Guidate dalla presidente dell’associazione “Il mondo che vorrei”, Daniela Rombi, che nella strage ha perso la figlia Emanuela di 21 anni, una trentina di persone hanno manifestato pacificamente la loro rabbia, esponendo striscioni per chiedere più sicurezza nelle ferrovie. Mentre un treno sopraggiungeva, hanno occupato il binario 4, quello su cui cinque anni fa deragliò il treno merci con 14 cisterne cariche di Gpl. Il macchinista, che andava a velocità ridotta, ha fermato la corsa e suonato la sirena in segno di solidarietà.
“Oggi, 29 maggio, ad un mese dai 5 anni della strage di Viareggio, questo nostro governo, anzi questo governo, nostro no di sicuro, ha avuto il coraggio di nominare come amministratore delegato Michele Elia imputato per la strage di Viareggio, perché è stato bravo a far morire 32 persone. E in più ha premiato Moretti, mandandolo a Finmeccanica. Questo governo non ha onestà, non ha dignità. E’ inammissibile, inaccettabile, noi non possiamo subire anche questo” dichiara Daniela Rombi dai binari.
A tenerle il megafono c’è Marco Piagentini, l’uomo che nelle fiamme ha perso la moglie, Stefania Maccioni, 39 anni, e due dei suoi tre figli: Lorenzo, 2 anni, e Luca, quattro e mezzo. L’occupazione dei binari è durata pochi minuti. Prima di lasciarli, Daniela Rombi ha chiesto scusa ripetutamente ai passeggeri del treno e ha invitato il macchinista a suonare la sirena. “Voi ferrovieri siete i nostri compagni, i nostri amici” ha aggiunto.
Elia, 67 anni, è un ingegnere elettronico ed è in Ferrovie dal 1975. La sua priorità, ora che l’assemblea degli azionisti l’ha eletto al vertice della holding, è di continuare il lavoro intrapreso dal suo predecessore. “Andare avanti con il piano industriale che è stato presentato, questo per noi è un must” ha dichiarato.

venerdì 30 maggio 2014

pc 30 maggio - manifesto nazionale a cura di 'proletari comunisti - PCm Italia


pc 30 maggio - libertà per Saibaba leader del Fronte Democratico Rivoluzionario India


pc 30 maggio - Pillole comuniste

I governi della borghesia hanno sempre una struttura composita ma occorre individuare qual'è la frazione dominante per analizzarne le contraddizioni interne.
Le contraddizioni interne interagiscono con lo scontro esterno governo masse ed esse provocano
crisi-caduta

da Pillole comuniste - 1 -
14.8.2013

pc 30 maggio - ILVA: SOLUZIONI PER I PADRONI, MA PER GLI OPERAI LA SITUAZIONE COMUNQUE VA IN PEGGIO

Mondo padronale, Federacciai, il governo Renzi, i sindacati confederali, sono tutti in fibrillazione per trovare la soluzione alla crisi dell'Ilva. Qualcuno - il Sindaco in testa - spaccia l'intervento "veloce" di Renzi come un fatto nuovo e positivo. 
In realtà questo interesse è determinato unicamente dal salvaguardare i profitti del mondo imprenditoriale che verrebbero fortemente intaccati da un esito negativo sul futuro di uno stabilimento siderurgico tra i più grandi nel mondo. 
La soluzione in campo è l'ingresso, insieme ai Riva che restano, di una cordata, in cui il ruolo centrale è "dell'indiana ArcelorMittal, mentre Marcegaglia e Arvedi (che per dimensione e capacità finanziaria non possono certo ambire ad un ruolo di peso nel ridisegno dell'assetto proprietario di Taranto) si ritaglieranno un ruolo da pivot, con l'obiettivo di garantire l'italianità dell'operazione". 

Si tratterebbe di operazioni che nulla hanno a che fare con la difesa dei posti di lavoro degli operai dell'Ilva e dell'appalto, e tantomeno con la difesa della salute e sicurezza in fabbrica e dell'ambiente sul territorio.
Si tratta infatti di imprese che, come si legge anche nell'articolo riportato da Sole 24 Ore, già hanno proceduto a tagli di loro aziende o a forti ridimensionamenti di posti di lavoro nelle loro fabbriche; si tratta di multinazionali che sono diventate tali, vedi ArcelorMittal, supersfruttando nei loro paesi i lavoratori, in condizioni di "schiavitù, in condizioni di sotto salari, per non parlare della salute, sicurezza, ambiente, in cui il problema semplicemente "non esiste".
Rispetto a questo, quindi, non c'è alcuna differenza, se non ancora in peggio, con la politica dei Riva.
L'unico interesse che muove questi possibili nuovi padroni è di mettere le mani su un importante realtà siderurgica, togliendo anche di mezzo un concorrente a livello mondiale. 

In questa situazione gli interessi di lavoro, di salute degli operai, come la salute e la vita della popolazione di Taranto semplicemente non sono in "agenda".

Per gli operai la più grave sciagura e stupidaggine sarebbe di farsi "partigiani" di questa o quella soluzione, o di stare a guardare e aspettare. E la loro "entrata in campo" è solo con la lotta indipendente, di classe. 

(da Sole 24 Ore) "L'interesse di ArcelorMittal per Ilva si è palesato all'inizio dell'anno, dopo una serie di contatti con la famiglia Riva registrati già nel 2013, prima dell'avvio dell'era Bondi. Il gruppo  franco-lussemburghese-indiano, che si è confermato anche nel 2013 al vertice del ranking mondiale dei produttori (con 96,1 milioni di tonnellate) è tra i pochi al mondo in grado di sostenere il peso di un'operazione-monstre come quella che si propspetta. Nonostante la palese situazione di overcapacity del settore in Europa – sovracapacità che riguarda anche ArcelorMittal, che ha chiuso l'altoforno di Florange, in Francia e intende chiudere quello di Liegi in Belgio – il colosso franco-lussemburghese-indiano potrebbe con questa mossa razionalizzare il proprio parco produttivo europeo, sfruttando in parallelo le potenzialità logistiche di Ilva. Secondo alcune fonti industriali ArcelorMittal potrebbe essere invece interessata soprattutto a «togliere di mezzo» un concorrente, ridimensionandone l'attività e puntando su alcuni asset d'eccellenza specifici, come per esempio gli impianti di Novi Ligure relativi alla produzione di laminati zincati per il settore automotive. Si tratta di asset per i quali negli ultimi anni sono state investite risorse cospicue, un segmento che oggi ArcelorMittal non presidia. A prescindere dalle scelte strategiche del colosso euro-asiatico, è indubbio che il mercato interno dei piani viaggi oggi molto al di sotto della capacità produttiva dei principali produttori nazionali (vale a dire Ilva e Arvedi). Proprio per questo un eventuale coinvolgimento di Arvedi (il presidente Giovanni Arvedi ha confermato nei giorni scorsi al Sole 24 ore di avere «dato al Governo la disponibilità per una soluzione» della vicenda Ilva) confermerebbe, secondo alcuni addetti ai lavori, la volontà di «pilotare» una razionalizzazione del mercato dei piani. Al tavolo Ilva, come detto, c'è anche Marcegaglia, che già ad aprile aveva rotto gli indugi dichiarando pubblicamente al Sole 24 Ore la propria disponibilità «a fare la propria parte». Un interesse dettato anche dalla necessità di «presidiare» uno dei maggiori fornitori (Ilva vende ai mantovani 1,5 milioni di tonnellate su un fabbisogno di 4,5) del gruppo, evitando che finisca in mani sbagliate o che, peggio, smarrisca il suo ruolo di «capofila» che ancora recita in gran parte della filiera italiana dell'acciaio"

pc 30 maggio - INDIA, STUPRATE E IMPICCATE. TRA GLI UOMINI 2 POLIZIOTTI

Che la violenza rivoluzionaria della guerra popolare maoista faccia giustizia!!

India: branco stupra due ragazzine e le impicca. Tra i sette uomini, due sono poliziotti

India: branco stupra due ragazzine e le impicca. Tra i sette uomini, due sono poliziotti

Le cugine di 14 e 15 anni erano scomparse da casa martedì sera a Katra Shahadatganj, un villaggio rurale dell'Uttar Pradesh. La mattina successiva i corpi sono stati trovati appesi a un albero di mango. Gli abitanti sono scesi in strada contro l'inazione delle forze dell'ordine. Secondo i dati, nel Paese di 1,2 miliardi di abitanti avviene uno stupro ogni 22 minuti, ma si tratta di dati inferiori alla realtà.

NEW DELHI - Le hanno stuprate, picchiate, strangolate e alla fine uccise, appendendole ad un albero. Dall'autopsia effettuata sui corpi delle cugine di 14 e 15, è emerso che al momento dell'impiccagione erano ancora vive.
Erano scomparse da casa martedì sera a Katra Shahadatganj, un villaggio rurale dell'Uttar Pradesh. Sono state attaccate in un campo. C'erano andate come tutte le mattine, perché la loro casa è senza bagno. Sette uomini le hanno raggiunte lì, vicino al villaggio nel nord dell'India. Del gruppo facevano parte anche due poliziotti.

La famiglia aveva denunciato la scomparsa delle ragazze poche ore dopo la loro uscita da casa ma la polizia non è intervenuta, non ha neanche registrato la denuncia.

La protesta del villaggio è cominciata subito. E' stata silenziosa. Le immagini delle tv indiane hanno mostrato gli abitanti seduti sotto l'albero dal quale pendevano i corpi delle ragazze mossi dal vento. Sono rimasti così fino all'annuncio degli arresti. La gente accusa la polizia di essersi mossa con troppo ritardo e ha bloccato la strada principale, che passa vicino ai campi. Il capo della polizia locale e due agenti sono stati sospesi dal servizio.



L'emergenza in India è alta ed è scoppiata quando nel dicembre 2012, una studentessa di 23 anni fu violentata da sei uomini a New Delhi mentre tornava a casa in autobus. La giovane morì dopo 10 giorni per le ferite infertele dal branco. A febbraio scorso è stata aggredita una bimba di 9 anni che giocava nel cortile di casa e a gennaio una dodicenne era stata stuprata e bruciata viva mentre una turista danese violentata e picchiata. L'India ha reso più rigide le sue leggi contro lo stupro lo scorso anno, dopo le proteste scoppiate in tutto il Paese per il crimine in crescita, che la cultura conservatrice e l'atteggiamento passivo delle autorità e della polizia non contribuiscono a contrastare. 

pc 30 maggio - Il rinnovamento della Chiesa di Papa Francesco che non rinnova, anzi...

Tolleranza zero per la pedofilia!... Un sacerdote che fa questo tradisce il corpo del Signore, come nelle messe nere...", è questa una delle recenti affermazioni del Papa Francesco ai giornalisti, durante il viaggio di ritorno dalla Terra Santa, in cui è entrato nel merito di diversi temi “scottanti” per la Chiesa cattolica, assicurando che “sugli abusi dei sacerdoti non ci saranno privilegi...”, e proprio la prossima settimana tra il 6 e il 7 giugno alla presenza di otto vittime di violenza di sacerdoti pedofili, provenienti dalla Germania, Inghilterra, Irlanda, una messa riparatrice sarà celebrata dall'attuale Papa, criticato per non aver espresso loro solidarietà personale - il telefono papale in questo caso non ha squillato!

Le telefonate di Papa Francesco che possono arrivare ogni giorno di cui si è parlato a destra e a manca come una delle “new entry” della Chiesa cattolica attraverso il “nuovo” Papa che chiama direttamente le persone comuni, quelle della grigia normalità quotidiana, rientrano chiaramente nella strategia propagandista di una Chiesa che vuole e deve rimettere in sesto la strada di un apparato cattolico istituzionale segnato oggi da una significativa crisi in termini di immagine, credibilità, incisione tra le masse popolari dei messaggi come “amore”, “misericordia” “umiltà”, “povertà”..., sempre più offuscati e ribaltati da una realtà fatta invece di scandali, opulenze (non ultimo quello del superattico del Cardinale Bertone), violenze, abusi... dai vertici più alti alla base; il ritorno anche insistente del Papa su temi come “l'evangelizzazione degli albori del cristianesimo”, i richiami del Pontefice a ritornare “alla povertà, all’essenziale“ sono una delle forme con cui si vuole allontanare l'immaginario di massa da quella che è invece la realtà di una Chiesa inserita pienamente in un sistema sociale, quale quello capitalista e imperialista, sempre più barbaro e marcio che si riflette concretamente anche in essa.

Le “telefonate papali” infatti non sono per tutti perché su certi eventi invece è bene mantenere il silenzio, non fare pubblicità e propaganda, vedi per esempio i fatti relativi al sacerdote don Pietro Tosi, morto quest'anno a 87 anni, che nel 1980 stuprò una ragazzina di appena 14 anni mettendola incinta ma la Curia lo ha sempre difeso, nonostante non avesse voluto riconoscere il figlio nato dalla violenza. Oggi la Chiesa lo ha affidato al "giudizio imperscrutabile del Signore" mentre la donna, allora giovanissima, non ha mai ricevuto alcuna vera giustizia così come tante altre vittime di abusi e violenze da parte di preti pedofili, né la sua famiglia ha mai ricevuto telefonate dal Papa.

In tal senso le recenti parole tuonanti di Papa Francesco contro la pedofilia dei sacerdoti suonano come un “nuovo” ipocrita e opportunistico correre ai ripari della Chiesa, post era Ratzinger, per cercare di ripulire, di “rinnovare” agli occhi delle masse l'immagine della Chiesa che con la sua azione attiva costituisce uno degli aspetti sovrastrutturali di questo sistema sociale che nella sua sostanza, profondità, struttura deve restare stabile e perpetuarsi mantenendo ben saldi alcuni punti cardine di esso, tra questi la condizione di subordinazione, oppressione della maggioranza delle donne.
Su questo tema il messaggio e l'azione di Papa Francesco sono chiarissimi e non c'è alcun bisogno di utilizzare “nuovi” mezzi per propagandarli.

Se dinnanzi alla violenza sessuale commessa da un sacerdote il Papa grida al “tradimento del corpo del Signore, come nelle messe nere...” (peccato che fino ad oggi però, secondo le misure canoniche previste, nella maggior parte dei casi i sacerdoti dichiarati colpevoli di stupro, abuso sessuale, sollecitati al pentimento, vengono soltanto allontanati dal luogo in cui esercitavano il ministero e non invece condannati/cacciati), dinnanzi invece alla questione dell'aborto, alla scelta delle donne di decidere liberamente in tema di maternità, Papa Francesco non esita neanche per un attimo, alla faccia della misericordia evangelica!, a gridare al “delitto abominevole”, anche in caso di donne stuprate.
Il “rinnovamento” di Bergoglio della Chiesa si annulla di colpo sulla questione donne/aborto considerato talmente grave per cui alle donne assassine non può che essere inflitta la scomunica a vita. Le donne, la maggioranza di esse, sono quelle il cui ruolo di riproduzione e di cura funzionale al mantenimento e perpetuarsi di questa società capitalista non può e non deve essere messo in discussione dalla scelta delle donne stesse di sottrarsi ad esso, e per la Chiesa non ci sono ragioni economiche, sociali, ideologiche che tengano! Non conta granchè se poi il bambino messo al mondo potrà essere violentato da un bastardo prete pedofilo che lo assassinerà spietatamente nell'anima, ma non solo!, o sarà ucciso da una società “in crisi irreversibile” come dice lo stesso Bergoglio, che per la maggioranza di questi figli messi al mondo riserva solo sfruttamento, oppressione, miseria, guerre...

La Chiesa è sempre pronta a ricorrere agli ennesimi “nuovi”proclami riparatori di turno (vedi il vergonoso caso dei preti pedofili) ma il sistema sociale in cui essa deve continuare ad essere poderoso apparato di potere, non si deve mettere in discussione e su questo l'azione dell'istituzione ecclesiale è molto attiva al fine di frenare il pericolo che nello specifico le donne possono costituire e incarnare se si ribellano all'ordine sociale esistente e ai ruoli che esso impone loro, per questo sulla questione aborto cadono tutti i veli e le parole sono più che dirette!

E ai messaggi ideologici seguono poi sempre le azioni concrete: con un'audizione pubblica del 10 aprile scorso, per esempio, sono state presentate a Bruxelles le firme raccolte nei 28 paesi membri per la campagna “Uno di noi” lanciata dai movimenti antiabortisti naturalmente sostenuti dalla Chiesa cattolica che chiede all'Unione europea “... di porre fine al sostegno politico ed economico di attività che potrebbero comportare la distruzione di embrioni umani, inclusa la ricerca sulle cellule staminali embrionali e i servizi di aborto sicuro erogati da organizzazioni non governative nei Paesi in via di sviluppo. Il punto centrale della petizione è la richiesta di riconoscimento giuridico dell'embrione umano, che comporterebbe il diritto «alla vita e dell'integrità» sin dal momento del concepimento”(tratto da http://temi.repubblica.it/). Movimenti antiabortisti che al “nuovo” parlamento europeo chiedono ora di dare una risposta a questa ignobile petizione e visti gli ultimi risultati elettorali che spostano il parlamento ulteriormente a destra con la discesa in campo di partiti fascisti e apertamente nazisti, troveranno in essi una attiva sponda sessista e maschilista.
Il Papa Bergoglio, il giorno dopo la consegna delle firme a Bruxelles, ha ricevuto i rappresentanti dei movimenti antiabortisti elogiandoli per il loro lavoro e ha detto: “Mi sento chiamato a farmi carico di tutto il male di alcuni sacerdoti, abbastanza in numero ma non in proporzione alla totalità, e a chiedere perdono per il danno che hanno compiuto, per gli abusi sessuali sui bambini...” ma “... L'aborto e l'infanticidio sono delitti abominevoli

La Chiesa quindi, anche quella del “rinnovamento” di Papa Francesco, continua ad attaccare ideologicamente e concretamente la maggioranza delle donne. Le donne in questo senso non si possono illudere nemmeno per un minuto ma devono prendere coscienza della necessità di ribellarsi ad ogni attacco alla condizione di vita, la cui libertà di scelta sulla maternità, il diritto ad abortire, conquistato con la lotta, rappresenta il cuore della loro autodeterminazione, le donne devono essere parte determinante nella lotta concreta e quotidiana in funzione del vero e unico rinnovamento necessario e possibile, il rinnovamento sociale attraverso la via della rivoluzione proletaria che abbatta questa società capitalista reazionaria, maschilista, moderno fascista di cui la Chiesa è parte integrante.