sabato 31 maggio 2014

pc 31 maggio - Per una valutazione classista e comunista del voto alle europee - contro euroconfusi e europportunisti, ripartire da due editoriali di proletari comunisti

Il nuovo governo del giovane Renzi nasce nel solco di Berlusconi, Monti, Letta, al servizio dei padroni, della grande finanza, nell'Europa del capitale, per proseguire e intensificare nella crisi – e con la collaborazione di tutti i partiti parlamentari, con diversi ruoli, e dei sindacati confederali, anch'essi con diversi ruoli - l'attacco ai diritti, alle condizioni di lavoro e di vita dei proletari e delle masse popolari, e per realizzare, attraverso progressivi “colpi di mano”, un'ulteriore riforma reazionaria dello Stato, del Parlamento, fuori dall'attuale Costituzione, nel percorso di un regime moderno fascista; anche questo con la collaborazione di tutti i partiti parlamentari e la spinta
dei poteri forti nazionali e internazionali del capitale.

Come è nato questo governo. Coniugando diversi aspetti: un colpo di Palazzo nel PD, partito con le primarie e concluso con una manovra di stampo democristiano; un'ancora di salvataggio offerta a Berlusconi per ridare al suo governo una base parlamentare da “larghe intese” e che Berlusconi ha prontamente raccolto come opportunità per ritornare a galla e riaffermarsi; un passaggio dettato dalla borghesia imperialista italiana o almeno dalla sua frazione industriale per rendere l'azione del governo più corrispondente alle sue esigenze.
Da questo nasce il successo dell'operazione “matteorenzi”, molto più che dall'operazione immagine che pure ha contato, conta e conterà.
Nel giudicare i governi, infatti, bisogna guardare tutti gli aspetti, gli interessi che stanno dietro, le forme che assumono e, infine, cosa non secondaria, come vengono fatti passare per ottenere il consenso delle masse.
Non è che Letta non stesse facendo bene il suo lavoro, sostenuto dall'establishment del PD, bene accetto all'Europa e agli Usa, voluto fortemente da Napolitano dopo l'impasse post elettorale, capace di ottenere la maggioranza parlamentare nella difficile congiuntura della decadenza di Berlusconi; operoso, preparato e attivo nelle diverse materie di cui si è occupato. Ma ciononostante non adatto a svolgere il ruolo, essendo troppo legato all'entourage dei Palazzi, con un'immagine grigia, questa sì puramente democristiana, troppo attento agli equilibri parlamentari e con ministri via via screditati o autoscreditati.
Serviva quindi un cambio di cavallo e un cambio di passo che fronteggiasse i lati deboli del governo Letta, che rispondesse meglio ai padroni e che avesse un'immagine da spendere nel marketing del “consenso popolare”, rispetto al crack berlusconiano e a l'exploit di Beppe Grillo.
Non c'era molta alternativa al giovane avventuriero, partorito dall'odierna cloaca del PD, Matteo Renzi.
Ma Renzi non avrebbe vinto la sua partita senza il socio occulto, poi divenuto non tanto occulto, Berlusconi, che aveva bisogno di un punto di appoggio, intanto per uscire dal buco nero in cui era caduto, per poi pensare ad una sorta di oscena resurrezione. Berlusconi ha trovato più in Renzi che in Alfano il suo “delfino”, una specie di scimmietta delle sue performance, e ne ha sostenuto l'ascesa sui mass media e perfino nelle primarie - è spudoratamente vero che in diverse città gente di centro destra ha votato in esse per gonfiare il risultato peraltro scontato che ha portato al successo di Renzi. Ma il sostegno di Berlusconi non è soltanto un'ancora di salvataggio e una manovra politica, è l'ennesima dimostrazione della convergenza di valori e scopi che unisce i partiti parlamentari e i suoi uomini, quello che noi chiamiamo moderno fascismo in formazione; non tanto e non solo come fenomeno politico ma come fenomeno globale a 360°, che tanti osservatori intelligenti – certo più intelligenti di tanti che nel campo della sinistra, anche di orientamento comunista, esistono – hanno vivisezionato per comporre il mosaico o meglio il puzzle con cui il moderno fascismo si impone e purtroppo continuerà ad imporsi.
Certo Renzi “berlusconi giovane” è un po' esagerato. Berlusconi è un protagonista effettivo, una frazione impersonata del capitale, non nata direttamente dal mondo industriale, di ideologia ben definita. Renzi non può essere questo ma semplicemente una figura animata dello stesso processo.

Ma Renzi non ci sarebbe stato se i padroni, quelli veri, non l'avessero preteso. Il 'padrone dei padroni', il portavoce Squinzi, a un certo punto si è messo a urlarlo quasi; tutto ciò che gli andava benino il giorno prima con Letta all'improvviso non gli stava più bene e Letta è sembrato improvvisamente figlio di nessuno, nessuno più lo difendeva, ad eccezione quasi solo degli alfaniani. I padroni volevano uno giovane e veloce, uno che sembrasse intelligente ma fosse esclusivamente e innanzitutto un loro “puledro da corsa coi paraocchi”.
Questo ultimo aspetto è il più importante nella fase della nascita del governo Renzi. E deve interessare e preoccupare la classe operaia, i proletari e le masse popolari.
I padroni si sono preoccupati della continuità del discredito del potere politico che li rappresenta e della necessità di “fare cassa” e di avere un servizio efficiente per mantenere i profitti, che per buona parte di loro sono continuati nella crisi; si sono preoccupati di stare in Europa e non solo sotto processo, ma ancor più di stare nel mondo dove la contesa è forte e, nonostante tutto, una certa ripresa c'è. E, quindi, avere un fronte interno efficiente e “veloce” è importante.
Sono gli industriali i veri azionisti di maggioranza del nuovo governo, quelli della grande industria ma anche della media e piccola industria, dell'industria privata come dell'industria “pubblica”, dell'industria operante sul mercato mondiale ma anche piccola industria “schiacciata, come dicono loro, da tasse e sindacati”. Un governo chiamato quindi a fare fatti concreti, immediati, liberato in una certa misura da mediazioni parlamentari – ma questo non è così facile attualmente – e da mediazioni sindacali – e questo invece sembra un'autostrada, vista la tragicommedia che arriva a Camusso-Landini.
Non si possono capire i provvedimenti e l'azione del governo se non si coglie qual'è l'azionista di maggioranza effettivo di questo governo, fuori dai Palazzi della politica e in una certa misura fuori dall'entourage tecnocratico che imbriglia e che ormai ha già rotto i c...

Chiariti gli interessi di fondo, occorre però dire che Renzi ci ha messo del suo, la scena aveva bisogno di un simile attore, c'era da riprendere il controllo del mass media dopo l'esaurimento della sbornia berlusconiana, c'era da contendere, col sorriso ma a muso d'uro, l'antipolitica dilagante impersonata nel teatro della politica dal Grillo parlante.
Renzi ha messo in campo subito un gruppo di ministri e in particolare di ministre, che sembrano dei replicanti delle operazioni “Forza Italia” di Berlusconi e nello stesso tempo una variante più studiosa e costruita da “laboratori” più solidi dei grillini della rete.
E questo è farina del suo sacco, è polizza di assicurazione di una certa durata e di una certa tenuta.
Gli interessi forti degli industriali e la compagine renziana non sono quindi da sottovalutare e domandano ai proletari e alle masse popolari, alle loro organizzazioni politiche e sociali che ne esprimono interessi e capacità di lotta, un adeguamento di analisi e linea di condotta per fronteggiare questo nuovo governo.

Partiamo però da alcuni punti fermi. Il tentativo di Renzi non ha futuro. Non basta né può bastare al capitale un “renziveloce” per dare una svolta nell'economia e nello Stato che permetta ai padroni italiani di conquistare nuove posizioni nella contesa mondiale. Così come la compagine renziana è sempre dentro una gabbia politica di rinnovamento della casta in seno alla casta e di ministri copia o fotocopia non certo in grado di sostituire gli originali, Berlusconi-Grillo, che affondano le loro radici nella ben più torbida società e situazione nazionale e internazionale.

Ma quello che avviene nell'altra “collina” è solo parte del problema, il problema che abbiamo noi proletari comunisti è nella nostra “collina”.
Il movimento sindacale, a guida maggioritaria confederale, continua il suo processo di liquefazione nella difesa degli interessi dei lavoratori e delle masse popolari; l'inamovibile casta sindacale cambia governi come cambia d'abito e nella Cgil si celebra la parodia della lotta di linea, dalle finte espulsione alle reali convergenze Camusso-Landini, alle cose un po' più serie come la cacciata di Cremaschi e le uova al congresso di Bergamo. Nella Cgil si passa dalla propria delegittimazione per le scelte politico-sindacali di collusione, convergenza, collaborazione con padroni, governi, Stato, all'autodelegittimazione. Questo lascia comunque un vuoto di rappresentanza e di capacità di lotta generale che non è riempito, e in una certa misura non può essere riempito, dai sindacati di base.
La crisi, le convulsioni della borghesia e dei suoi governi non possono essere adeguatamente sfruttate dai proletari per difendersi realmente nella crisi, per costruire la propria capacità di attacco, per cambiare i rapporti di forza.
La politica borghese si riempie di personaggi vuoti che trasformano i problemi reali del paese in slogan, nomi, spot, ma essa fronteggia un vuoto del movimento reale della classe operaia e delle masse popolari. Le lotte degli operai e dei lavoratori sono piccole e inadeguate; le lotte dei movimenti sono più significative ma anch'esse sulle spalle fragili degli attuali leader di essi.
Nei prossimi mesi a questo si aggiunge il fumo delle elezioni europee, che segnano un ulteriore degrado della politica anche perchè parte di chi lotta o vuole fare le lotte viene attratto dalla battaglia elettorale, perfino in elezioni che non contano nulla. Le elezioni europee sono poco più che un sondaggio politico, ma l'attrazione che esercitano verso le avanguardie e settori del movimento di opposizione politico e sociale influisce negativamente nello sviluppo di lotte effettive politiche e sociali.

Al fumo delle elezioni e delle promesse di Renzi corrisponde l'arrosto di provvedimenti effettivamente pesanti, come il Jobs act con la precarizzazione selvaggia e a vita, con la porta chiusa a milioni di precari e disoccupati, mentre si cerca di comprare ad 80 euro al mese l'alleanza neocorporativa degli operai e dei lavoratori stabili; l'arrosto della ulteriore trasformazione del parlamento in una serra di nominati, delle elezioni stesse in plebisciti con premi di maggioranza che cancellino ogni simulacro di democrazia e di opposizione e trasformino sempre più la Costituzione antifascista, nata dalla Resistenza, in una cornice di un quadro moderno fascista.
Le stesse elezioni europee, al fumo dell'Europa da cambiare fanno emergere l'arrosto del vero cambiamento in atto, quello dell'ascesa della nuova destra fascista e nazista che attraverso le elezioni e con la complicità di Stato, padroni, governi, trova una legittimità e una credibilità politica che si sposa non solo con gli effetti della crisi nei paesi europei ma anche con la contesa interimperialista foriera di guerra che colpisce oggi l'Ucraina ma è pronta a contagiare tutto l'Est Europa.
Il governo Renzi anche su questo si presenta come un governo spugna che assorbe il vento di estrema destra e i venti di guerra per legittimarsi come governo adeguato.

Un governo, quindi, moderno fascista, della precarizzazione e della disoccupazione, e necessariamente della repressione, perchè per quanto debole sia ancora il movimento proletario e di massa, esso comunque lotta e combatte e focolai di ribellione, di rivolta esistono e sono ancor più necessari e inevitabili.
Analizzare il nemico anche nei suoi aspetti più truci e consistenti non serve per farne un'apologia della sua forza né per far diventare il nano Renzi un gigante, ma per capire esattamente su cosa e come lottare.
Se è giusto analizzare gli elementi forti del governo Renzi per combatterli, occorre innanzitutto dire che è una forma di combattimento quella di demitizzarlo, di dire che Renzi è effettivamente un buffone, un buffone “di corte”, cioè della corte dei padroni, che i suoi ministri e in particolare le sue ministre sono delle “mezze calzette”, facenti parte di quella cerchia di persone che non ha mai lavorato, figlie di “gente bene” che trovano nella politica il “bel mestiere” e che sono espressione non certo di giovinezza ma di corruzione ideologica banale; ministri e ministre che nel loro apparire come zelanti esecutori fanno sicuramente più danno dei precedenti ministri e ministre; una compagine non qualificata né legittimata a stare lì, un'oscena ingiustizia verso tanti giovani, ragazzi, ragazze costretti invece a consumare la loro vita in call center lager o ad elemosinare in tutti i modi lavori precari e dequalificati.
Questo governo dimostra come la borghesia è sempre più incapace in realtà di dare una faccia rispettabile al suo potere e che proprio facendo ministri e ministre certe persone dimostra tutto il suo profondo disprezzo verso le masse. Un governo di una classe dominante che butta nel cesso la democrazia anche quella parlamentare, le elezioni come fatto democratico, della cui santificazione si era beata la borghesia per nascondere sotto il manto del sistema parlamentare la dittatura di classe.
Un governo quindi illegittimo che non ha ragione di essere rispettato e riconosciuto, i cui provvedimenti dal fiscal drag, al jobs act, ecc. o le sue soluzioni per la scuola, la casa, la burocrazia, non solo sono dannosi alle masse ma sono aria fritta. Un governo che non si occupa delle domande espresse dalle lotte sociali perchè verso di esse ha una sola risposta la repressione, usando il monopolio della forza di polizia, apparati militari, dediti all'arbitrio garantito dall'impunità . Un governo che all'insegna della 'velocità' dà segnali pericolosi, perchè lascia mano libera agli apparati di Stato dell'ordine pubblico e si occupa poco e male di problemi internazionali perchè per essi delega gli imperialismi più forti, principalmente USA, al cui carro opera con soldati per far la guerra o per cosiddette “missioni di pace” o anti pirateria, riducendoli perfino a mercenari di cause perse e luridi assassini, come i marò.

A questo governo, ai suoi provvedimenti, alle sue dannose e false ricette dobbiamo opporre da subito - senza farsi prendere, come purtroppo avviene anche tra le masse, dallo sguardo e dall'attesa ebete - l'opposizione rigida al Jobs act, la denuncia della falsa restituzione delle 80 euro, data se maiin cambio della rapina che continua in materia di tasse, tariffe e balzelli vari; dobbiamo dare nuovo fuoco alle lotte in corso, da Termini Imerese all'Ilva, all'Electrolux, dal Gruppo Fiat - con Marchionne grande sponsor di Renzi che se ne va lasciando sul terreno fabbriche e operai - alla nuova rivolta necessaria dei disoccupati, dei precari che ha già i suoi focolai accesi, a Taranto, a Palermo, a Napoli, ecc., dalla lotta contro il nuovo schiavismo nella logistica, al movimento No Tav, No Muos contro le devastazioni ambientali e territoriali che diventano sempre più stragi in intere zone nel nostro paese...
Affermare con forza che la lotta e non il voto ci serve per combattere l'Europa della Troika, i suoi governi e i fascisti e neonazisti che quest'Europa cova e alimenta. Dobbiamo dare continuità e contribuire a unire il movimento di lotta contro la repressione, rispondere colpo su colpo, elevando strumenti e forme di combattimento per fermare la violenza poliziesca, i processi persecutori, il carcere che questo Stato, qualunque sia il suo governo, riserva a chi si ribella e oppone. Dire un chiaro NO e lottare contro ogni partecipazione italiana ai focolai di guerra imperialista, agli F35 come agli Eurofigter, al Muos e ai nuovi armamenti.

PCm – Italia
marzo 2014


Le elezioni europee giungono in una fase in cui i governi e gli Stati imperialisti europei, in unità e contesa imperialista tra di loro, scaricano la crisi sui proletari e sulle masse popolari del nostro continente per affrontare la battaglia e la contesa nel mondo con le altre potenze imperialiste, in questa situazione i paesi imperialisti da un lato si sono dotati di strumenti rappresentati dal concetto di Troika, per decidere politiche comuni, ma dall'altro queste politiche comuni si risolvono nello scaricare la crisi dai paesi più forti ai paesi più deboli della UE.
I paesi più forti nel quadro dell'Europa imperialista, Germania e Francia, puntano però non solo a scaricare e difendersi ma anche a cogliere le opportunità della crisi per espandere la propria presenza imperialista dentro i paesi europei e fuori dell'Europa per i mercati, il controllo delle fonti energetiche.
Questa politica espansionista accende nuove tensioni internazionali in diversi scacchieri del mondo e alimenta corsa agli armamenti, presenza militare, interventi imperialisti diretti, a volte in connubio con l'imperialismo americano, a volte in contesa con esso.
Nel tradurre queste politiche antioperaie e antiproletarie all'interno e all'esterno servono a borghesie, governi e Stati realizzare un fronte interno compatto, dei veri e propri regimi con equivalenti Stati di polizia per imporre con la forza preventiva e diretta piani e decisioni che fronteggiano, come è naturale che sia, lotte, proteste e, in alcuni paesi e in alcune occasioni, rivolte proletarie, giovanili e popolari.
Nel tradurre queste ulteriori trasformazioni reazionarie dello Stato in ciascun paese si alimenta un moderno fascismo adatto alla storia e alle condizioni di ciascuno dei paesi. Non centra che il governo sia di centrodestra o di centrosinistra, socialdemocratico o liberal popolare, la forma Stato che realizzano assume sempre più i caratteri di una moderna dittatura. In questa tendenza generale si rafforzano le tendenze apertamente neofasciste e naziste che da un lato sono organiche alla direzione di marcia di una Europa-nazione come blocco imperialista autonomo, dall'altra cavalcono i sentimenti e il disagio popolare antieuropeo e anti euro, per costruire una propria forza elettorale, politico e “militare”. A questo va aggiunto che la politica imperialista europea dentro l'azione globale dell'imperialismo produce miseria, sfruttamento, fame e guerre nelle masse dei paesi oppressi che alimentano le ondate di immigrati che arrivano in Europa principalmente attraverso i paesi mediterranei più esposti.
I governi e gli Stati imperialisti da un lato accolgono ampi settori di queste masse per trasformarle in moderni schiavi, dall'altro approvano leggi razziste e antimmigrati che ne provoca miseria e morte nel mar mediterraneo.
Le forze apertamente fasciste e naziste scatenano in questo contesto razzismo e violenza che intercettano gli umori più beceri anche in settori popolari.

Le elezioni europee in questo contesto sono la pura esplosione del peggio di Stati, governi e forze parlamentari e forze apertamente reazionarie. Il parlamento europeo non conta nulla, è un covo di politicanti corrotti e arricchiti, per dare un simulacro di democrazia alla dittatura delle borghesie dei paesi europei e dentro l'Europa del peso di quelle più forti su quelle più deboli.
C'è un solo modo di opporsi a questi governi ed esso non passa in nessuna maniera dalla partecipazione al voto in queste elezioni. Chi a sinistra partecipa al voto, lo fa per entrare nel Tavolo truccato di una democrazia che traveste la dittatura, e nonostante quello che afferma in programmi e comizi e elettorali, non rappresenta gli interessi proletari e popolari e contribuisce solo alla politica imperialista e alla rappresentazione di essa.
I comunisti, i rivoluzionari, gli antimperialisti, gli organismi proletari e di massa in lotta, il movimento studentesco, gli antifascisti e gli antirazzisti in Europa possono essere uniti solo dal boicottaggio attivo delle elezioni, che non è né anarchismo né astensionismo di principio, ma costruzione coerente del fronte che nelle lotte presenti lavora per il futuro, la lotta per il potere proletario in ogni paese imperialista europeo, per il socialismo.

Non contribuiscono né a questa lotta né a questa prospettiva quelle forze che si dicono comuniste, che concentrano la campagna nel “NO euro” e “fuori dall'Europa”, civettando, che lo vogliono o no, col populismo reazionario dell'estrema destra. Non è “l'euro” che riduce in miseria le masse proletarie europee ma il capitalismo che utilizza gli strumenti monetari necessari ai suoi profitti; non è un supergoverno chiamato Troika il nemico principale ma la borghesia imperialista del proprio paese che è parte integrante dell'unità e della contesa dell'Europa imperialista.
Non esiste una tappa intermedia della lotta per il socialismo che passi per 'l'uscita dall'euro e dall'Europa', dipingendo i governi imperialisti più deboli come succubi della Troika a guida tedesca. Questa linea è opportunista di destra nel movimento proletario e comunista e non basta che sia portata avanti anche da alcune forze politiche e sindacali che quotidianamente lottano contro la politica imperialista europea, né basta che alcune di queste nelle elezioni di maggio si dichiarino anche contro il voto, per cambiare la natura della loro politica.

maggio 2014

I due numeri di proletari comunisti sono richiedibili e scaricabili
info pcro.red@gmail.com

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