Alessandra Algostino (Su Il manifesto del 18/1/25)
Le immagini e la retorica delle forze di polizia vittime della supposta violenza dei manifestanti, oltre a stridere con il contenuto degli stessi video, sono emblema di una concezione autoritaria dello stato e strumento della sua legittimazione culturale. Raccontano di una distorsione della verità, di una narrazione che, grazie ad una informazione troppo spesso supina, è ripetuta con insistenza, sino a tramutarsi in univoca realtà, modellando così «l’opinione e quindi la volontà politica nazionale» (Gramsci).
Un suggerimento per giornalisti mainstream, ma anche per pubblici ministeri e giudici: assistere a qualche manifestazione, possibilmente non dietro il cordone della polizia.
Evocare a gran voce scudi penali e privilegi per le forze dell’ordine, arricchendo il corredo già pronto nel disegno di legge sicurezza (aggravanti, tutele rafforzate, pagamento di spese legali, licenze d’armi), supporta l’idea di uno stato fondato sull’autorità e sull’obbedienza.
Autorità e obbedienza appartengono ad orizzonti estranei alla democrazia, che si fonda, imprescindibilmente, sulla partecipazione e sull’uguaglianza, sulla «pari dignità sociale» (articolo tre della Costituzione), sul pluralismo e sul conflitto.
Nella democrazia disegnata dalla Costituzione – dovrebbe essere ovvio – al centro è la persona, la garanzia della sua dignità, non lo Stato e le sue istituzioni; la seconda parte della Costituzione (l’organizzazione dello Stato) è strumentale rispetto alla prima (principi, diritti e doveri della persona).
Sostituire il principio di autorità alla partecipazione, la ragion di stato al pluralismo e al conflitto, la primazia delle istituzioni alla centralità della persona, non è certo poco in termini di sovversione dei paradigmi democratici, ma non nemmeno è tutto.
La volontà di istituire privilegi per le forze di polizia, di dotarle di immunità, scardina anche il principio di uguaglianza e il concetto di limite. Ci sono cittadini “più cittadini” di altri, funzionari pubblici più rilevanti di altri, a dimostrazione che lo Stato non intende identificarsi con i cittadini e nemmeno con la garanzia del diritto all’istruzione o del diritto alla salute, ma con l’ordine pubblico; fine non è la sicurezza dei diritti e la sicurezza sociale, ma una coesione sociale intesa come sterilizzazione della società, a beneficio di alcuni.L’uguaglianza come connotato del diritto proprio di una democrazia cede il passo a diritti speciali: il