Da qualche ora è in atto la tregua sancita dall'accordo in Palestina.
Questa è una buona notizia e giustifica ampiamente le
giornate di esultanza che le masse palestinesi hanno realizzato nelle piazze
della Striscia di Gaza all'annuncio di questo accordo. Le masse palestinesi
vogliono che finiscano i bombardamenti, che finisca il quotidiano stillicidio
di morti e distruzione che l'esercito genocida dello Stato di Israele, armato
dall'imperialismo, ha realizzato da circa un anno e mezzo.
Il popolo e solo il popolo è la forza motrice della storia.
Noi gioiamo insieme alle masse, così come salutiamo le
valutazioni positive che vengono dalle organizzazioni della resistenza
palestinese. La resistenza palestinese è l'unico depositario delle decisioni nel
corso di questa guerra, le masse palestinesi e la resistenza palestinese hanno
realizzato con il loro straordinario, indomabile, sacrificio e resistenza a un
anno e mezzo del genocidio i cui particolari non stiamo qui a riprendere perché
sono stati sotto gli occhi di tutti e sotto l'occhio del mondo.
L'accordo, dal punto di vista della resistenza, contiene dei
punti ritenuti positivi:
lo scambio dei
prigionieri. La liberazione dei prigionieri palestinesi è un risultato
assolutamente importante.
Il ritiro delle forze
israeliane. Scrive il comunicato, espressione delle forze in Italia che
sostengono la resistenza: “l'esercito israeliano si ritirerà nel corso delle fasi
di cessate il fuoco dalla Striscia di Gaza. Il ritiro comprenderà anche l'asse Netzarim
che divide in due la Striscia e l'asse Philadelphia che separa Gaza
dall'Egitto. E’ riconosciuto nell'accordo
il ritorno dei profughi al Nord, il piano di pulizia etnica per svuotare il
nord di Gaza è così respinto. Secondo l'accordo, gli sfollati del nord di Gaza
che sono stati spinti verso il sud potranno fare ritorno senza limitazione. Infine,
è previsto l'ingresso degli aiuti
umanitari che sono stati finora usati come strumento di pressione contro i
palestinesi, specialmente al Nord della Striscia di Gaza. L'ingresso degli
aiuti riprenderà a ritmi concordati e arriveranno anche a nord di Gaza.
Questi sarebbero risultati certi di una tregua che
giustificherebbero la posizione attuale della resistenza di adesione all'accordo
e il sostegno che viene alla resistenza dalla solidarietà internazionale che si
è espressa in forma estesa e grande sul piano mondiale.
Il piano genocida dello Stato di Israele ha creato
condizioni tali che la resistenza ha accettato per fermarlo con questo accordo.
Ogni altra soluzione avrebbe permesso allo Stato sionista di Israele di
continuare ininterrottamente i bombardamenti e nello stesso tempo di rendere
ancora più difficile le incredibili condizioni di sopravvivenza delle masse in tutta
la Striscia di Gaza, per di più in un contesto generale che evidentemente non è
favorevole alla resistenza palestinese e alla lotta del popolo palestinese.
In Cisgiordania l’autorità
collaborazionista ha aperto il fuoco e ha sviluppato la repressione verso
la brigata Jenin per imporre nella Striscia di Gaza il dominio assoluto di
questa forza collaborazionista, nel mentre i coloni, sostenuti dall'esercito
israeliano, hanno continuato la loro azione di aggressione e di occupazione di
parte del territorio della Cisgiordania. Quindi la resistenza e le masse
palestinesi si sono trovate sostanzialmente tra due fuochi, il fuoco del
dell'esercito sionista sostenuto dall'imperialismo e l'aggressione interna in
Cisgiordania di un'Autorità palestinese che ha sposato le ragioni
dell'occupante e risponde ai diktat dell'imperialismo. Anzi, per essa viene
prevista, nelle dichiarazioni, nei piani del sionismo e dell'imperialismo, una
installazione come governo fantoccio non solo in Cisgiordania ma nella Striscia
di Gaza. Questa è una condizione sfavorevole alla resistenza del popolo
palestinese.
E’ andato avanti il
piano israeliano di soffocare, almeno temporaneamente, le forme di solidarietà
e le forze della solidarietà col popolo palestinese. Questo in Libano con
l'attacco a Hezbollah e l'occupazione di una parte del territorio libanese, come
in Siria dove, approfittando del crollo del regime antipopolare di Assad, lo
Stato di Israele ha bombardato il territorio siriano, le sue postazioni
militari, ha occupato le alture del Golan e ha esteso questa occupazione con la
chiara intenzione di conservare il controllo in Libano di parti del territorio
e di avere sia in Siria che in Libano governi favorevoli alla repressione delle
forze solidali al popolo palestinese.
Una condizione quindi di oggettivo accerchiamento della resistenza e di possibilità che il
regime sionista producesse un'ulteriore sforzo nella pulizia etnica e nel
genocidio.
Né la resistenza ha
potuto contare sull'aiuto degli Stati arabi reazionari. Lo stesso Iran che
si è sprecato in dichiarazioni di solidarietà al popolo palestinese e alle
forze che hanno combattuto a suo fianco, dagli Hezbollah agli houthi, è restato
sostanzialmente immobile di fronte agli attacchi ricevuti sul suo territorio da
parte dello Stato sionista d'Israele.
Per non dire il ruolo che hanno svolto il regime giordano,
il regime egiziano e i regimi delle monarchie petrolifere arabe.
Quindi la resistenza non ha avuto il sostegno dei paesi
arabi nonostante lo Stato di Israele abbia apertamente attaccato i regimi arabi
e abbia fatto capire che il suo disegno è quello di essere potenza predominante
a livello regionale.
Infine il cambio di
Presidenza negli Stati Uniti ha reso credibile la minaccia imperialista di
un passo ulteriore nel piano genocida. Trump ha apertamente dichiarato di avere
tutte le intenzioni di lasciare mani libere allo Stato sionista di Israele,
intensificando il suo sostegno economico, militare, politico e diplomatico con Israele
perché possa condurre fino in fondo la sua guerra contro Hamas, contro la
resistenza, contro il popolo palestinese e che venga ristabilita l'alleanza di
ferro sotto l'egida dell'imperialismo tra lo Stato d'Israele e regimi arabi.
Trump, ancora prima del suo insediamento, ha dichiarato che
se il 20 gennaio non ci fosse stato un accordo a difesa degli interessi
generali dell'imperialismo USA e della copertura totale del regime sionista
governato da Netanyahu, avrebbe scatenato l'inferno. Nello stesso tempo Trump,
proprio nelle ore che precedono il suo insediamento, fa sentire chiara la sua
voce attraverso ministri e parti della sua amministrazione che dichiarano
apertamente che la Presidenza Trump dell'imperialismo
americano sarà la più vicina che ci sia mai stata alla storia al regime
sionista israeliano.
Sono state queste le
condizioni che hanno reso possibile il sì del governo Netanyahu all’accordo.
Sono state queste le assicurazioni che sono state date al regime di Netanyahu
che l'hanno spinto a firmare l'accordo e a sopportare la dissidenza interna al
governo, testimoniata dalle dimissioni, poche ore fa, dei ministri dell'estrema
destra, tranne il ministro delle Finanze che indebolisce solo parzialmente il
regime di Netanyahu, visto che ottiene subito il consenso all'accordo della
cosiddetta opposizione interna allo Stato d’Israele.
Quindi, nel valorizzare i risultati che la resistenza
palestinese e il popolo con i suoi festeggiamenti fa in queste ore dell'accordo
è assolutamente necessario guardare al quadro complessivo che ci fa dire, come
proletari comunisti, che è presto per
festeggiare come una grande vittoria questo accordo e quando si dice che è
presto per festeggiare con una grande vittoria, in nessuna maniera si vuole sottovalutare il peso e l'importanza che la
resistenza ha conseguito in questo drammatico anno e mezzo in cui non solo è
riuscita a evitare la sua distruzione pianificata da regime sionista sostenuta
dall'imperialismo, non solo, è riuscita a far sì che numerose perdite siano
state inflitte alle forze armate genocide del sionismo, è che non si sia
indebolito il rapporto, soprattutto a Gaza, tra masse popolari e resistenza.
Non va utilizzata l'argomentazione
che la resistenza del popolo e delle masse popolari è invincibile per sottovalutare
lo stato reale delle cose in questo momento drammatico e cruciale della lotta
del popolo palestinese.
La resistenza è
invincibile se il popolo è unito. La resistenza è invincibile se ha nel suo DNA
un progetto e un piano, una guerra di popolo di lunga durata guidata dalle forze
proletarie progressiste in grado di sconfiggere, come la storia ha sempre dimostrato,
il regime sionista sostenuto dall'imperialismo. Altrimenti, dietro la tregua e
dietro l’elogio della resistenza e del popolo, si cela non l'avanzamento, ma lo
status quo.
Lo status quo rende fragile la tregua e l'accordo. Tutti
sanno che la tregua è fragile, come pure l'accordo, tutti sanno che il regime
sionista è pronto a utilizzare qualsiasi pretesto per continuare
sistematicamente l'attacco alle forze della resistenza con il piano di
estensione dell'occupazione e del genocidio.
Quindi in questo contesto è necessario non fermarsi, ma avanzare. In questo contesto è
necessario riorganizzare la resistenza
delle masse, è necessario ricostruire
e far avanzare l'unità del popolo palestinese perché agisca come blocco
unico contro il regime sionista. È molto positivo che i tanti martiri della
resistenza palestinese, uccisi dalla mano criminale dello Stato d'Israele,
abbiano trovato nel contesto di una manifestazione aperta della barbarie del
genocidio sionista la possibilità di rinnovare le proprie forze, perché è
chiaro che nuove leve, come viene dichiarato, hanno alimentano la resistenza e
il piano genocida non ferma, ma alimenta la ribellione e la volontà delle masse
palestinesi di resistere e contrattaccare e costruire le condizioni, interne e
internazionali, perché la vittoria sia possibile.
Per questo il nostro punto di vista è che bisogna ora più
che mai intensificare la solidarietà
internazionale e internazionalista intorno alla resistenza palestinese, ora
più che mai essere vicini alla parola d'ordine di fondo della resistenza
palestinese che dice che la Palestina
deve essere liberata “dal fiume al mare”, ora più che mai continuare la lotta all'interno dei nostri
paesi per mettere fine al sostegno incondizionato, politico, militare ed
economico, che tutte le forze dell'imperialismo, a partire dall'imperialismo
americano, intendono fare per chiudere per sempre la partita della resistenza
palestinese, per chiudere per sempre il futuro della Palestina e ripristinare a
livelli più alti il tallone di ferro del dominio dello Stato sionista come
gendarme mondiale in tutta l'area contro le nazioni e i popoli oppressi
dell'area, contro la resistenza di tutti i popoli e la lotta di liberazione
nazionale e sociale di essi.
Quindi nell’unirci alla resistenza e al popolo palestinese, tocca a noi fare la nostra parte e la
nostra parte è di valutare esattamente lo stato delle cose dentro cui si muove
il rafforzamento della nostra azione tattica e strategica, a fianco del popolo
palestinese e della resistenza fino alla vittoria.
Tutti noi consideriamo come fondamentale la lotta di
liberazione del popolo palestinese e pensiamo che essa sia ritenuta tale da
tutti i proletari e dai popoli oppressi di tutto il mondo che stanno
manifestando la loro solidarietà. Il migliore aiuto alla resistenza
palestinese, alla lotta di liberazione, è rendere sempre più forte la lotta
all'interno dei paesi imperialisti e all'interno di tutti gli Stati, le nazioni
oppresse, della via della liberazione internazionale dall'imperialismo, via che
storicamente non può che essere la
guerra di popolo in ogni paese oppresso dall'imperialismo e nelle
condizioni adatte a ciascun paese, la
guerra rivoluzionaria che rappresenta il necessario strumento di unità
all'interno dei paesi imperialisti.