sabato 9 agosto 2014

pc 9 agosto - NOMUOS: ANCHE QUEST'ANNO TUTTI NELLA BASE AMERICANA!!! LA REPRESSIONE NON FERMA LA RIBELLIONE!

No Muos, disordini nel corteo
Manifestanti nella base Nato

Sabato 09 Agosto 2014 

I manifestanti, dopo aver bruciato i provvedimenti col divieto di dimora, hanno fatto ingresso nella base militare per liberare simbolicamente gli attivisti che ieri erano saliti sopra le antenne.

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I manifestanti a Niscemi





NISCEMI (CALTANISSETTA) - Duemila persone, sindaci e amministratori di una decina di comuni stanno sfilando 
in corteo, lungo i sentieri di contrada Ulmo, a Niscemi, per raggiungere i cancelli della base americana di trasmissione dove protestare contro il Muos, il sistema satellitare di telecomunicazioni ad altissima frequenza, per chiederne la chiusura. In tre delle 46 antenne del presidio statunitense ci sono ancora, arrampicati ai tralicci, i sette attivisti "No Muos" che dalla mezzanotte di giorno 6 manifestano il loro dissenso alla presenza degli americani a Niscemi. Massiccio lo schieramento di forze dell'ordine con un elicottero della polizia che sorvola la zona dall'inizio della manifestazione. Lungo il corteo di oggi, tra bandiere e cartelli, numerosi gli striscioni di solidarietà con il popolo palestinese. In uno si legge : da Niscemi a Gaza, Resistenza (Al Murawam). Tra i primi gruppi a sfilare anche quello delle Mamme No Muos. Poi, in testa al corteo, in un secchio, sono stati bruciati i provvedimenti della magistratura di divieto di dimora emessi nei confronti di 29 attivisti No Muos che nelle precedenti manifestazioni si erano resi responsabili di atti di violenza, di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. "Questi divieti di dimora e in generale tutti questi provvedimenti repressivi - affermano - altro non sono che divieti di vivere e difendere la nostra terra esposta a enormi e gravi rischi ai danni dell'ambiente e della salute". "Il movimento ha dimostrato ancora una volta che non teme - sostengono - la repressione e che lotterà sempre e in maniera compatta con la stessa caparbietà per il diritto all' autodeterminazione della popolazione autoctona e a vivere una vita dignitosa nella propria terra senza il pericolo di incorrere a danni irreparabili per la salute".
http://livesicilia.it/2014/08/09/no-muos-parte-la-manifestazione-un-migliaio-verso-la-base-nato_526744/

pc 9 agosto - ricordare Bologna 9 agosto 1944, una Ardita-Gloriosa, dimenticata, pagina della Resistenza Partigiana



9 agosto 1944 la 7.a Gap assalta il carcere di Bologna e libera 400 prigionieri. L’azione ebbe un notevole impatto e perfino la stampa clandestina ne diede notiza, Il Combattente dedico all’operazione un articolo.
Il ricordo della brillante azione partigiana nei ricordi dei protagonisti.
Aldo Cucchi “Jacopo” Comandante della 7.a GAP 
Il 4 o il 5 agosto del 1944 presi contatto con un agente di custodia delle carceri il quale mi dette tutte le in formazioni necessarie per concretare il piano di azione: il 9 successivo, verso le nove e tre quarti di sera arrivammo a San Giovanni in Monte in dodici uomini su due macchine. Quattro, e cioè Paolo, Italiano, Tempesta e Terremoto, facevano la parte di partigiani catturati in un rastrellamento; Bill, Napoli e William erano vestiti da tedeschi; io, Ezio, Romagna, Massimo e Walter portavamo invece la divisa delle brigate nere Massimo figurava come il sottotenente comandante la squadra. Fuori del portone erano di guardia due agenti di polizia ausiliaria, ai quali, valendoci anche del fatto che Bill e Napoli parlavano benissimo il tedesco, dichiarammo di aver preso quattro partigiani e di voler consegnarli alle carceri. Gli agenti suonarono con il segnale convenuto e subito ci fu aperta la porta interna. Io, Romagna, William e Massimo rimanemmo fuori. Immediatamente appena entrati, i quattro che fungevano da partigiani immobilizzarono gli impiegati dell’ufficio personale, dove era stato segnalato il telefono, e tennero sotto la minaccia delle pistole tre o quattro agenti di custodia e un detenuto addetto a scrivano, tagliando poi i fili del telefono. Gli altri, impadronitisi delle chiavi, cominciarono ad aprire le sezioni e le celle, aiutati anche dai quattro che nel frattempo avevano rinchiuso in cella gli agenti per primi fermati. Noi intanto, trascorso circa un quarto d’ora, ritenemmo che fosse arrivato il momento di procedere al disarmo delle due guardie esterne. Difatti intimammo loro il “mani in alto”, ma, data l’oscurità, non vedemmo che uno di essi, oltre il mitra, aveva la rivoltella, ed egli senza neppure toglierla dalla cinta, sparò un colpo che ferì Williarn gravemente a una gamba; William reagì subito con una raffica di mitra, e afferrò la mano della guardia perchè non potesse tirare di nuovo, ma cadde insieme ad essa. Dopo di ciò, entrammo col superstite nell’atrio delle carceri, e udimmo quasi subito una voce che di fuori chiedeva: “che cosa succede qui?”. Era il capoposto delle carceri, che accorreva avendo inteso la sparatoria. Massimo uscì a chiamarlo, ed egli venne senza sospetto, poichè, come ho detto, Massimo portava la divisa di sottotenente delle bb. nn. Fu subito immobilizzato e messo a tener compagnia all’altro. Avevamo appena finito, che la porta si aprì ed uscirono i nostri compagni coi politici liberati e tutti gli altri detenuti comuni, fra i quali alcuni volevano malmenare gli agenti, cosa a cui ci opponemmo. Essi allora si squagliarono in tutte le direzioni. La liberazione dei comuni fu decisa a scopo di creare confusione in città, ostacolare le ricerche della polizia, e dare modo così ai compagni di raggiungere le montagne. Nell’interno del carcere, vi era il caos. Molti agenti erano rinchiusi nelle celle, altri, completamente inebetiti dalla paura, erano incapaci di qualsiasi reazione. Rimase a loro guardia soltanto Terremoto mentre, partite le due macchine con a bordo quanti più fu possibile, io, Walter e Romagna rimanemmo alla porta, per circa mezz’ora, allo scopo di far perdere tempo se vi fosse stato un tentativo di inseguimento. A questo proposito, da informazioni che avemmo più tardi, fu stabilito che nel reparto delle donne vi era, un telefono che non ci era stato segnalato: di lì qualcuno telefonò a Tartarotti, il quale però non venne in soccorso, adducendo la scusa della mancanza di benzina. E così pure il direttore del carcere, che abita di fronte, preferì non intervenire. Mezz’ora dopo di noi anche Terremoto abbandonò il carcere. L’azione era pienamente riuscita, e senza nostre perdite, all’infuori della grave ferita di William che ancora oggi ne porta le conseguenze. Nel rapporto fatto dal direttore delle carceri, fu detto che cinquanta partigiani erano penetrati nelle carceri sparando all’impazzata, e cento avevano circondato l’edificio, con carri armati, automezzi e autoblinde. Invece eravamo in dodici, di cui soltanto sei armati di mitra e gli altri di pistola. L’azione ebbe un grande rilievo, anche per le conseguenze demoralizzanti fra le file dei tedeschi e delle brigate nere e per il recupero di tanti combattenti per le formazioni partigiane.
Vincenzo Sorbi partigiano nella 7.a Brigata GAP
Eravamo in una base di via Calvart, nella Bolognina. Alle 21,45 del 9 agosto salimmo, travestiti, in due macchine e partimmo in direzione del carcere. Alle 22 in punto eravamo davanti al portone e qui cominciò la messinscena. I quattro partigiani cominciarono ad essere insultati, volavano frasi di minaccia, poi furono fatti scendere con le mani in alto, una posizione non facile da mantenere perché sotto erano imbottiti di armi. Cominciò la discussione con la squadra fascista di guardia. I nostri dissero che dovevano mettere dentro quattro ribelli. Non vi furono obiezioni e il portone fu aperto. Rispettando il piano di attacco, alcuni di noi entrarono nel carcere, mentre altri, secondo gli accordi, rimasero all’esterno. Io ero fra quelli che entrarono. Invademmo i vari uffici intimando la resa alle guardie, troncammo i collegamenti telefonici, ci impadronimmo delle chiavi, ci avviammo verso le celle dei nostri compagni detenuti, e per creare confusione, era stato deciso di mettere in libertà tutti i carcerati. Raggiungemmo quelli della Terza Sezione, che erano i politici da liberare, e aprimmo le celle. In questo momento indicibilmente strano, quasi un incubo, dall’esterno, giunsero prima colpi isolati, poi improvvisa una raffica di mitra prolungata. È difficile descrivere che cosa accadde in quei minuti che parvero eterni: i carcerati, disorientati e affannati, tentarono di riguadagnare le loro celle. Da parte nostra lo stupore si univa alla repentina decisione di approntare la più valida difesa ed offesa contro l’ipotetico avversario. L’incertezza fortunatamente non durò a lungo. Qualcuno di noi si avvicinò allo spioncino del cancello d’entrata ed ebbe dai compagni all’esterno la spiegazione dell’accaduto: una delle guardie fasciste del carcere, all’intimazione di resa, si era ribellata, aveva sparato a William, colpendolo a una gamba e con lui aveva iniziato una collutazione, a cui Romagnino aveva posto termine con una raffica di mitra che saldava il conto al fascista. Non si poteva fare altrimenti. L’accaduto ci impose di sollecitare la conclusione dell’azione. I nostri compagni detenuti vennero liberati, caricati sulle macchine e trasportati in base. Aldo, Romagnino ed io rimanemmo ancora a guardia dei fascisti impietriti e a copertura della ritirata. Quando lo ritenemmo opportuno, confusi nella marea degli ex: detenuti comuni, che si disperdevano per le vie cittadine, raggiungemmo la base di via San Felice 119. Ultimo ad abbandonare il carcere fu Terremoto che volle accertarsi che nessuno fosse rimasto all’interno. L’azione ebbe termine alle 22,15 e, a parte l’incidente non previsto all’esterno del carcere, si svolse secondo i piani. Si seppe in seguito che uno dei contatti telefonici, quello del reparto femminile, non era stato interrotto e per quella via Tartarotti era stato informato dell’attacco partigiano. Gli fu detto che i partigiani erano una cinquantina e Tartarotti si tirò indietro adducendo a pretesto che in quel momento i suoi automezzi erano privi di carburante! Che il motivo fosse invece la paura è dimostrato dal fatto che la questura distava non più di cinquecento metri dal carcere. A nostro favore giocarono, oltre a questo fatto, anche molti disguidi ed incertezze che suscitarono poi in campo fascista un gran pandemonio e un discarico di responsabilità: GNR attaccò il questore, il questore attaccò le brigate nere e anche i tedeschi ne furono coinvolti e alla fine la colpa di tutto fu data alla direzione del carcere.
Sonilio Parisini partigiano nella 7.a Brigata GAP
… considerai impossibile questo tentativo perché davanti al carcere c’era, oltre la solita guardia, una pattuglia permanente di repubblichini. Concordai che se eventualmente fossero stati in grado di fare un colpo sul carcere, in considerazione della organizzazione interna del carcere, per rendere più facile e veloce l’operazione, il segnale doveva essere quello di farci pervenire un chilo di pomodori, il che era facile dando la mancia alle guardie. Invece, alle ore 22 del 9 agosto, venne la liberazione dal carcere, ma il segnale non fu di proposito (così mi è stato detto) mai inviato per ragioni di segretezza. La sorpresa per noi creò una certa confusione e perdita di tempo. Vedere entrare in cella una pattuglia di giovani vestiti con divisa fascista, in qualsiasi ora del giorno e della notte, a prelevare dei prigionieri, era una cosa di quasi tutti i giorni. Quella sera i due partigiani che entrarono in cella, armati e vestiti da fascisti, si qualificarono naturalmente come partigiani. Data l’oscurità della cella non potemmo però riconoscerli ed era comprensibile che noi dubitassimo che, come in altre occasioni, si trattasse di un prelevamento. Perciò all’inizio facemmo resistenza, anche se sapevamo che questa contava ben poco trattandosi di ritardare l’uscita soltanto di pochi minuti. In questo caso la resistenza fu più lunga e cessò soltanto quando il partigiano Roveno Marchesini (Ezio) comparve sulla porta della cella vestito da brigatista nero ed a viso scoperto, cosicché lo conoscemmo immediatamente. Seminudi, con la mano destra che impugnava la rivoltella che ci avevano dato e nell’altra mano il fagotto dei vestiti, scendemmo di corsa le scale e raggiungemmo, Nannetti, io e altri tre partigiani, il primo cancello interno. Non avendo le chiavi salimmo le scale, diretti nella cella ove erano state rinchiuse le guardie. Ordinammo ad una di queste di venire con noi con le chiavi per aprire il cancello. Arrivati all’ultima porta d’uscita, dato il segnale a William, che con altri due partigiani era rimasto all’esterno del carcere a chiacchierare con la pattuglia delle brigate nere, sentimmo i colpi della rivoltella che feriva William e quelli del mitra che atterrava il fascista feritore che non intendeva arrendersi. Usciti, salimmo in macchina: Nannetti, Calari, io ed un altro partigiano che non conoscevo e fummo portati in una base della Bolognina. Al nostro arrivo la gioia dei gappisti fu grandissima, mentre la nostra non lo fu nella stessa proporzione, non avendo partecipato a questo grande colpo che ci restituiva la libertà e ci consentiva di riprendere la lotta.

pc 9 agosto - E' proprio vero - l'assassino torna sempre sul luogo del delitto- e così la belva imperialista USA torna in Irak...

e lo fà alla vigilia del suo primo genocidio di massa, il 9 agosto 1944, quando a distanza di 3 giorni da Hiroshima semina morte e distruzione a Nagasaki


Iraq, bombe Usa: ‘Eliminati i terroristi’. Biden: ‘L’Isis minaccia per gli iracheni’
Il Pentagono ha confermato che gli Usa hanno condotto due nuovi attacchi aerei in Iraq contro obiettivi dello Stato islamico (Isis), sostenendo che sono stati "eliminati dei jihadisti". La Casa Bianca nega di voler inviare truppe di terra. Obama: "Bisogna prevenire un genocidio"



L’America è tornata a bombardare l’Iraq. È la seconda notte che gli aerei statunitensi sorvolano il territorio dell’Isis, l’autoproclamato califfato islamico che dal nord dell’Iraq sconfina in Siria. “Uccisi dei terroristi“, ha dichiarato il Pentagono, dopo aver confermato che gli Usa hanno fatto due nuovi attacchi aerei contro obiettivi mirati. Sono almeno tre i raid americani confermati dal Pentagono. Il primo nella mattinata di venerdì, quando alle 6.45 del mattino, ora di Washington, due aerei caccia FA 18 hanno sganciato bombe da 500 pound l’una (226 chilogrammi) contro l’artiglieria e un camion dello Stato islamico, vicino Arbil. Ma nella serata di venerdì arriva la conferma di altri due bombardamenti. Il primo raid è stato condotto poco dopo le 10 (le 16 in Italia) da un drone contro una postazione di artiglieria da dove i jiahisti sparano contro le forze curde; il secondo è avvenuto circa un’ora dopo quando due caccia hanno colpito un convoglio di sette auto e un mortaio vicino a Erbil. In entrambi i raid sono state sganciate 8 bombe. Continua il lancio aereo anche di aiuti umanitari per i migliaia di profughi intrappolati nella montagne del Sinjar, le ultime attaccate dal Califfo.
Continua quindi l’operazione autorizzata dal presidente Barack Obama contro le roccaforti dello Stato islamico, l’esercito jihadista che messo in fuga oltre migliaia di civili - tra i quali molti cristiani – e minaccia la regione autonoma del Kurdistan, dove hanno cercato rifugio i civili delle minoranze religiose perseguitate dal Califfo. Il presidente americano Obama insiste però sul fatto che non invierà truppe di terra in Iraq e che la strategia militare punta a contenere, non a distruggere il gruppo dello Stato islamico che ora controlla il nord del Paese.”L’Isis rappresenta una minaccia per tutti gli iracheni”, lo ha detto il vice presidente americano, Joe Biden, durante un colloquio telefonico con il neo eletto presidente dell’Iraq, il curdo Fouad Masum. Biden ha ribadito l’impegno del presidente americano di assistere e proteggere i civili iracheni intrappolati sul monte Sinjar, e l’importanza di formare un nuovo governo.


pc 9 agosto - Solidarietà col popolo di Gaza anche in salsa "flash-mob"

Roma. Flash-mob per Gaza alla Stazione Termini
Sabato, 09 Agosto 2014 08:46
Patrizia Cortellessa 

Flash mob stazione termini, ieri 8 agosto 2014. Cartelli, bandiere e palloncini con i colori della bandiera palestinese. Allo scoppio di alcuni dei palloncini i manifestanti - che indossavano magliette strappate e sporche di sangue, si sono sdraiati per terra. Poi si sono rialzati e hanno girato per la stazione gridando slogan:. Dentro la stazione in molti  hanno applaudito. c'era chi fotografava (a parte noi fotografi) e chi gridava gli slogan insieme ai manifestanti: Free palestine. Stop bombing Gaza, Free Palestine.


pc 9 agosto - la riforma reazionaria del Senato Renzi-Berlusconi passa al Senato in un clima di moderno fascismo in doppio petto

da un editoriale del blog del 3 agosto scorso

Renzi e la sua compagine reazionaria ...con uno stile autoritario, da fascistello in doppio petto, sostenuto a piene mani da Napolitano, specialista in copertura di governi, provvedimenti che violano la Costituzione; in un Senato guidato da un ex magistrato rintronato, come Grasso, con l'appoggio di un trepidante Berlusconi che alla riuscita di Renzi ha affidato perfino le sorti del suo cane Dudù, si è consumata al Senato una farsa tragica che ha finito per scandalizzare costituzionalisti da sempre trincerati in una dignitosa difesa della Costituzione che fu...
.
L'abolizione del Senato è una sorta di anticipo dell'abolizione del parlamento, dato che è a un processo veloce di approvazione dei decreti/diktat governativi che si punta, che unisca in un parlamento eletto
ma da tempo depotenziato o auto depotenziato, una Camera dei deputati eletta con un sistema elettorale ultra maggioritario, inesistente in quasi tutti i parlamenti dei paesi occidentali, un Senato di 'nominati', di presidenti di Regione, sindaci e non ben specificati 'notabili' che farebbe unicamente da
gran cassa a decisioni già prese.

La partita in gioco, quindi, non è tanto i costi della politica, per cui ci sarebbero risparmi risibili e peraltro grotteschi - se è per questo, tutti i soldi per mantenere questa camera del Senato di nominati sono assolutamente ingiustificati...
Nel merito, noi siamo assolutamente contrari ad ogni riforma costituzionale he sia in aperta violazione della Costituzione nata dalla Resistenza antifascista e che ha come unico scopo di togliere potere al parlamento per rafforzare i poteri dei governi, che sono classici meccanismi da dittatura aperta; la fine nota di tutto questo percorso è il presidenzialismo, "l'uomo solo al comando" di cui da anni si discute e che intanto si pratica.
Da Berlusconi a Renzi siamo in un processo lineare che nessun parlamento o forza parlamentare è riuscito di fatto a contrastare.

Ora tutto si fa più aperto e anche squallido. Un governo di mezze calzette di Renzi, una sorta di "segreteria allargata" dell'ufficio di presidenza più dei poltronisti ad oltranza (Alfano, Lupi, ecc.) ex berlusconiani che sanno bene che difficilmente nella forma attuale, Ncd, saranno mai più eletti in parlamento, più una sorta di tecnici prestati alla politica come se fossero emanazione di sua santità il capitale, da Padoan a Cottarelli, ricatta quotidianamente le forze interne ed esterne alla maggioranza, dai malcapitati oppositori interni del PD già pronti a fare la fine dell'Unità, ad agitati parlamentari grillini che un giorno giocano a streaming con
Renzi, un altro giorno sono coperti dal faccione di Grillo e dell'oscuro avventuriero Casaleggio & figlio, un altro giorno strillano in parlamento come cicale....

Tutti sappiamo che la questione è seria e importante, che ci vorrebbe un movimento di massa che gridi al colpo di Stato, ma in questo parlamento e in questo paese la situazione è grave ma non seria.
Questa battaglia si svolge in un parlamento mai così lontano dai proletari e dalle masse, sembrano due mondi a parte. E questo sarebbe un bene se fossero due mondi in lotta, ma così ancora non è.

Proletari comunisti, il nostro partito ha da tempo una sola proposta, organizzare il secondo mondo a partire dagli sfruttati e dagli oppressi, perchè assalti il primo mondo visto come un tutt'uno.
Siamo di fronte a qualcosa che è ben oltre la politica e l'antipolitica, così come vengono banalmente intese. Per noi l'antipolitica è il governo e ciò che avviene in parlamento, l'antipolitica è Renzi, Berlusconi, Grillo,
ecc.
Mentre la politica non può partire che dalle classi e dalle masse che ne sono escluse, la politica proletaria e popolare che domanda: un partito che le rappresenti e ne organizzi le lotte e le aspirazioni; un fronte unito che
è molto più che un coordinamento di lotta perchè ha il fine comune di cambiare e rovesciare lo stato di cose esistente, un fronte unito a cui tuttora manca il suo reparto d'avanguardia più importante, la classe
operaia; e una forza combattente, dato che il primo mondo ben sapendo di essere sempre più inviso alle masse rafforza polizia, leggi repressive che oggi usa contro No Tav, senza casa, ma che arma per usare contro tutto ciò che si muove e si ribella.
Il partito proletario, il fronte unito proletario e popolare, senza gli strumenti della forza non hanno niente se l'obiettivo è quello giusto: rovesciare lo stato di cose esistente, rovesciare Stato, governi dei padroni per un'alternativa sociale e politica fondata su un altro potere, quello dell'effettiva maggioranza proletaria e popolare.

proletari comunisti-PCm Italia
3 agosto 2014

venerdì 8 agosto 2014

pc 8 agosto - AL FIANCO DELLE DONNE PALESTINESI - SIT IN IN PREFETTURA A PALERMO

Forte si è fatta sentire la voce delle donne ieri pomeriggio al sit-in che si è svolto a Palermo alla Prefettura.
Forte la voce e più che giusta la rabbia contro lo  sterminio di massa messo in atto dallo Stato nazista di Israele contro il popolo palestinese, di cui circa l'80% di vittime sono donne e bambini.
Le donne, lavoratrici, precarie... hanno presidiato la prefettura leggendo più volte l'appello a sostegno delle donne palestinesi, che in questi giorni anche in altre città viene diffuso e sta ricevendo numerose sottoscrizioni, e diffondendolo  alle donne per strada che in generale lo hanno condiviso e attaccando locandine nei dintorni.
Un momento del sit-in è stato caratterizzato dalle donne  che con lo striscione hanno attraversato la strada e posizionandosi davanti i cancelli della prefettura si sono rivolte con il megafono alla Prefetta di Palermo chiedendo un incontro. 



Una delegazione di donne  è stata quindi ricevuta a breve dalla Dott.ssa Baratta, funzionario della prefettura, che ha fatto le veci della Prefetta che ha fatto sapere di essere "impegnata", a cui le donne hanno consegnato un documento contenente l'appello e una richiesta ben precisa da trasmettere al governo Renzi/Mogherini " ... e pretendiamo che il governo prenda una netta posizione contro lo sterminio di massa del popolo palestinese, delle donne, dei bambini, degli anziani... interrompendo immediatamente tutti i rapporti commerciali ed economici, politici, militari e culturali con lo Stato di Israele"



Visto il silenzio dei mass media locali sull'iniziativa di ieri vogliamo ringraziare la giornalista Gilda Sciortino, l'unica che ha squarciato questo silenzio criminale con un articolo pubblicato il giorno del sit-in che riportiamo di seguito http://ilquotidianodipalermo.wordpress.com/2014/08/07/sit-in-in-prefettura-per-le-donne-e-i-bambini-palestinesi/



Al sit-in hanno partecipato anche lavoratori dello Slai Cobas s.c. e compagni del circolo di Proletari comunisti che hanno sostenuto attivamente la protesta delle donne.

Le compagne del Mfpr Palermo

pc 8 agosto - Il popolo palestinese per vincere non ha altra strada che la guerra popolare!


pc 8 agosto - Renzi in Egitto ha indossato l'elmetto da guerra

Italia ed Egitto progettano intervento militare in Libia?
Giovedì, 07 Agosto 2014 14:30
Alessandro Avvisato

Italia ed Egitto mostrano le loro attenzioni sulla destabilizzata situazione in Libia. Secondo l’agenzia Nena News durante i recenti colloqui al Cairo tra Renzi e il generale Al Sisi,  incentrati sulle questioni mediterranee e, quindi, in maniera quasi esclusiva su Gaza e Libia, il premier italiano e il Generale Abdel Fattah al-Sisi “hanno concordato sull'importanza di  una risoluzione della questione libica per entrambi i Paesi”.  Sulla Libia "non possiamo perdere ulteriore tempo, gli scontri armati devono cessare" ha detto il presidente egiziano Al Sisi. "La  Comunità internazionale e l'Unione Europea - ha aggiunto - hanno la responsabilità morale e umanitaria per porre fine a questa situazione, anche su questo punto c'è stato accordo tra noi e il premier Renzi". 
Ma Renzi ha aggiunto qualcosa di più affermando che l'Italia porterà la propria proposta di intervento durante il vertice NATO previsto dal 4 e 5 settembre in Galles. Il viceministro degli Esteri, Lapo Pistelli, ha avvertito che “non ci si può permettere di avere una seconda Somalia alle porte di casa”,
Oggi in una intervista al Corriere della Sera del deputato Latorre (Pd), Presidente della Commissione Difesa della Camera , si allude piuttosto esplicitamente ad un nuovo "Intervento militare ONU" a guida italiana per proteggere pozzi, porti e disarmare le milizie. La Torre nell’intervista ha chiesto un pronunciamento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite già ad agosto, ma soprattutto ad una decisione per un intervento della NATO nel vertice dei primi di settembre a Cardiff.
Dal canto suo l’Egitto ha rafforzato la presenza militare lungo il confine con la Libia al fine di evitare infiltrazioni jihadiste, come nel caso dell’attacco islamista avvenuto a metà  luglio a Farafra dove sono morte 22 guardie di frontiera egiziane. Nei giorni scorsi L’Egitto, per voce del ministro degli esteri Sameh Shoukry, aveva affermato che l’Egitto «sostiene l'unità della Libia» e che il governo egiziano «è contrario ad ogni ingerenza negli affari interni del paese e condanna chi all'interno della Libia o all'esterno abbia inserito l'Egitto negli sviluppi in corso» perché «Il Cairo considera la questione come puramente libica». Nonostante la nota ministeriale- secondo una nota dell’Ispi (Istituto di Studi Politica Internazionale), le voci di un possibile intervento del Cairo nelle questioni libiche si ripetono da giorni tanto che Amr Moussa, ex segretario della Lega araba, ha riferito all'agenzia stampa Mena che Il Cairo potrebbe essere costretto ad esercitare il proprio «diritto all'autodifesa» in Libia se dovessero continuare a sorgere tanti emirati islamici o "mini-stati" sul modello di quello proclamato a Bengasi lo scorso 1° agosto in quanto rappresenterebbero una «minaccia diretta» per la sicurezza nazionale egiziana.

pc 8 agosto - RAI sponsor dell'industria israeliana. Iniziativa/denuncia di Stop Sodastream Italia

No alla pubblicità di Sodastream sulla RAI.
Il servizio pubblico non promuova chi viola i diritti dei palestinesi
Lettera aperta a Luigi Gubitosi, Direttore Generale della Rai, e Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato di Rai Pubblicità
(7 Agosto 2014)
Petizione: http://chn.ge/1ntKi8H


Apprendiamo con stupore e profondo disappunto le notizie che vogliono i vostri palinsesti complici dell'illegale occupazione israeliana dei Territori Palestinesi. 
Secondo quanto riportato, i prodotti SodaStream, commercializzati in Italia da SodaStream Italia, saranno oggetto, a partire dal 10 agosto, di importanti telepromozioni da 90" all'interno del programma "Reazione a Catena" e di spot tv da 20" nelle fasce precedenti e successivi ai principali programmi sui canali Rai1, Rai2, Rai3, Rai4, RaiNews24 e Rai Premium.
SodaStream è un'azienda che opera in palese violazione dei diritti umani e del diritto internazionale, e che trae profitto dal regime coloniale israeliano di apartheid e di occupazione a discapito del popolo palestinese.

Il principale sito produttivo della Sodastream si trova a Ma'ale Adumim, una tra le più grandi colonie israeliane costruite illegalmente nei Territori palestinesi occupati. In questo contesto, SodaStream beneficia di terra e risorse idriche confiscate ai proprietari palestinesi, di forza lavoro palestinese sfruttata, di sgravi fiscali e di norme sul lavoro e sulla protezione dell'ambiente che non vengono applicate.
Inoltre, Sodastream, attraverso le imposte comunali, sostiene le finanze della colonia di Ma'ale Adumim, che è anche responsabile della gestione della discarica di Abu Dis, anch'essa costruita illegalmente sui terreni confiscati ai palestinesi, dove ogni giorno vengono scaricate più di 1.100 tonnellate di rifiuti provenienti da Gerusalemme e da altri insediamenti israeliani in territorio occupato.
In Italia, sia
Legambiente che il WWF, che sono state coinvolte in iniziative di promozione della Sodastream, una volta venuti a conoscenza della complicità dell'azienda riguardo alle violazioni dei diritti umani, hanno interrotto i rapporti con l'azienda, così come anche il Comune di Trieste.
Inoltre,
Oxfam Italia ha sospeso la propria collaborazione con Paola Maugeri a causa del suo ruolo di testimonial per Sodastream.

È del tutto inaccettabile che la RAI, azienda finanziata in parte con fondi pubblici, venda spazi pubblicitari e dia risalto ad una compagnia che trae profitto dall'occupazione militare e dalla sofferenza del popolo palestinese.
In proposito, recentemente l'Unione Europea ha diramato raccomandazioni che intendono sensibilizzare i cittadini e gli ambienti economici europei sui rischi associati alla conduzione di attività economiche e finanziarie negli insediamenti. Transazioni finanziarie, investimenti, acquisti, appalti e altre attività economiche (ivi compresi i servizi turistici) in insediamenti israeliani o che beneficiano insediamenti israeliani, comportano rischi di ordine legale ed economico derivanti proprio dal fatto che gli insediamenti israeliani, sempre secondo il diritto internazionale, sono costruiti su un territorio occupato e non sono riconosciuti quale parte legittima del territorio di Israele.
Pubblicizzando i prodotti SodaStream, non solo sarete sostenitori delle gravi violazioni del diritto internazionale che Israele commette quotidianamente, ma starete anche traendo indirettamente profitto da un regime coloniale che, praticando l'apartheid, nega i fondamentali diritti umani ad un intero popolo.

Ancora di più calcolando quanto viene detto nel Vs.
Codice Etico, paragrafo 3.7, Rapporti con i Terzi – Pubblicità:
"In particolare, la pubblicità deve essere leale, onesta, veritiera e corretta, riconoscibile come tale e non ingannevole, non deve contenere elementi suscettibili di offendere le convinzioni morali, civili, religiose e politiche del pubblico ovvero il sentimento di appartenenza a gruppi etnici, razze, nazionalità, categorie sociali o professionali, evitando ogni discriminazione tra i sessi e nel rispetto della dignità della persona umana […]"

Alla luce di quanto documentato in questa lettera, e anche del massacro che sta avvenendo in questi giorni nella Striscia di Gaza ad opera di Israele, dove più di 1800 persone hanno perso la vita, vi invitiamo a riconsiderare la vostre politiche di promozione pubblicitaria e di evitare di dare risalto ad una azienda che, dietro alla maschera del "Greenwashing", nasconde una verità composta da soprusi, discriminazioni e negazione dei diritti fondamentali.
Vi chiediamo di terminare immediatamente tutti i rapporti commerciali con Sodastream e di evitare qualsiasi attività promozionale dei suoi prodotti.
Stop Sodastream Italia

pc 8 agosto - Protesta NoMuos: sette attivisti sulle antenne prima della manifestazione del 9 agosto





I manifestanti sono riusciti a penetrare nella base della US Navy di contrada Ulmo, a Niscemi, e ad arrampicarsi su alcune delle 46 antenne Nrtf di telecomunicazione.

NISCEMI (CALTANISSETTA) - Sette attivisti "No Muos", eludendo la stretta sorveglianza dei militari americani e delle forze dell'ordine, sono riusciti a penetrare nella base della US Navy di contrada Ulmo, a Niscemi, e ad arrampicarsi su alcune delle 46 antenne Nrtf di telecomunicazione.
Il gruppo di dimostranti pare sia composto da quattro uomini e tre donne. Con il loro gesto hanno voluto anticipare di 24 ore la manifestazione nazionale di protesta organizzata per domani, sabato 9 agosto, con corteo che raggiungerà la base militare. In segno di solidarietà con i palestinesi della striscia di Gaza, i sette attivisti saliti sulle antenne si sono dipinti il volto e il corpo di rosso, per ribadire con forza che "fermare la guerra è possibile". I "No Muos" chiedono lo smantellamento della base militare e la sua trasformazione in centro internazionale per l'accoglienza, la solidarietà e la pace.
I sette attivisti, in una lettera resa nota da Salvatore Giordano del coordinamento regionale dei Comitati No Muos, affermano: "Noi oggi decidiamo di restare a oltranza, su queste antenne diaboliche e maligne, perché vogliamo liberare il pianeta, la Sicilia, la sughereta da un pezzo importante dell'incubo-guerra. Amiamo la libertà, ma siamo disposti ad affrontare l'orrore del carcere pur di ottenere una vera liberazione dalla logica e dalla logistica della guerra. Soprattutto questa volta siamo determinati a ottenere tutto".

I No Muos chiedono "lo smantellamento della base e la sua riconversione in centro internazionale per l'accoglienza, la solidarietà e la pace. Il trasferimento del denaro per gli F-35 per progetti sociali ed ecologici elaborati dal basso. La fine della collaborazione militare e commerciale con Israele, da poco condannato per violazione dei diritti umani, fino a quando si arrivi a una soluzione giusta e condivisa tra Israele e Palestina. Il blocco delle vendite di aerei e armi da combattimento da parte delle nostre fabbriche a tutti i paesi violatori di diritti umani. La conversione del denaro e degli sforzi militari e polizieschi (Marenostrum, Cie, Cara) usati solo per rinchiudere migranti e deportarli, creando e rendendo operativo da subito un piano di accoglienza solidale e diffuso che preveda il salvacondotto consolare europeo per i migranti che scappano da guerre e dittature, dando l'esempio agli altri paesi".

pc 8 agosto - Per non dimenticare Marcinelle 8 agosto 1956-8 agosto 2014. PERCHE' LOTTARE PER LA SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO NON E' SOLTANTO UNA BATTAGLIA DI CIVILTA', MA E' PARTE DELLA GUERRA DI CLASSE


8 AGOSTO 1956 - 8 AGOSTO 2014, 58 ANNI FA, LA STRAGE DI MINATORI E SUL LAVORO DI MARCINELLE ...PER NON DIMENTICARE "La Catastròfa", per continuare la lotta per la SALUTE E LA SICUREZZA SUL LAVORO E SUI TERRITORI

8 AGOSTO 1956: STRAGE DI MINATORI A MARCINELLE (BELGIO)
PER NON DIMENTICARE…”la CATASTROFA”
dal comitato 5 aprile roma aderente alla rete nazionale per la sicurezza e salute in fabbrica e sui posti di lavoro.

8 AGOSTO 1956 - 8 AGOSTO 2014,  sono passati 58 anni, dalla strage su lavoro nella miniera di MARCINELLE in Belgio. Ci furono 262 morti, di cui 136 di emigrati italiani, nel linguaggio locale, a metà tra francese e dialetto, fu detta "La catastròfa".
La storia: Un incendio scoppiato a quota 975 della miniera, nel distretto carbonifero di Charleroi, 262 morti a causa di un incidente banale, UCCISI SUL LAVORO soprattutto dalla "premeditata" imprevidenza, dalla mancanza di elementari misure di protezione, dalla disorganizzazione. Si è trattato della prima “strage sul lavoro” dell'immigrazione italiana all'estero, in base ad accordi tra i Governi belga e italiano, lo scambio di forza lavoro e braccia in cambio di quote di carbone per la "ripresa economica" dell’Italia, distrutta dalla guerra e dal regime fascista.
Per molti anni, nessuna carica istituzionale, a partire dal  Presidente della Repubblica Italiana, nessun esponente di Governi si è recato sul luogo della strage di Marcinelle, nessuno si impegnò a sostenere i familiari delle vittime, nessun intervento istituzionale  durante l'inchiesta successiva al disastro sul lavoro, con una giustizia inerte di fronte a questo "massacro annunciato".
Già il solo fatto di rievocare la strage di Marcinelle, non dovrebbe lasciare silenziosi o insensibili coloro che oggi, in Italia come nella "civile" Unione Europea con tante direttive sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, parla di "flussi programmati" e di "integrazione", o di "invasione", quando si riferisce al fenomeno dell'immigrazione. Come non si può dimenticare questa strage sul lavoro, non si può cancellare quello che subirono i nostri antenati, bisnonni, le condizioni di emigrati e immigrati nei Paesi "ricchi" per uscire dalla quotidiana  miseria, alla ricerca della “fortuna”, di un destino e di un futuro migliore, spesso pagato a caro prezzo di vite umane, come a Marcinelle, o più semplicemente con anni di disprezzo, mancanza di rispetto per la dignità di emigrati, di sfruttamento e di intolleranza, se non di discriminazione razzista vera e propria.
In Italia, nonostante la crisi permanente, la recessione economica, con un uso anche spropositato di cassaintegrazione, mobilità, licenziamenti collettivi, precariato e tanto lavoro sommerso e "al nero", che quantifica in diminuzione la forza lavoro codificata e quindi riduce sensibilmente, con un gioco di prestigio anche il numero ACCERTATO DI MORTI SUL LAVORO e DA LAVORO, rispetto solo a qualche anno fa, l'Italia rimane pur sempre un PAESE DOVE LA SALUTE E' CONSIDERATA COME UNA MERCE E LA SICUREZZA, NON SOLO SUI LUOGHI DI LAVORO MA SUI TERRITORI, E' VISTA DA PADRONI E GOVERNANTI COME "UN COSTO" DA RIDURRE PER MANTENERE, IN REGIME DI "CRISI PERMANENTE", UN MARGINE PUR MINIMO DI PROFITTO E UNA BUONA OCCASIONE PER LUCROSE SPECULAZIONI FINANZIARIE...
Noi non dimentichiamo, non scordiamo Marcinelle e la Lezione che ci ha lasciato, come non scordiamo la Thyssenkrupp, l'Umbria Olii, Molfetta, Trani, Ravenna, Genova, L'Ilva di Taranto, Marghera, Monfalcone, Palermo...Viareggio, Roma e tante altre.
NOI NON DIMENTICHIAMO, PERCHE' CHI NON HA MEMORIA NON HA UN FUTURO E NONOSTANTE TUTTO SIAMO ANCORA DISPOSTI A LOTTARE COLLETTIVAMENTE E AD ESSERE SOLIDALI ...PER UN ALTRO FUTURO...POUR UN AUTRE FUTUR


....a tutti i proletari che quotidianamente vengono uccisi sui posti di lavoro in nome del profitto dedichiamo questa poesia di Ignazio Buttitta in ricordo dei morti di Marcinelle, ma che dedichiamo a tutti i proletari di tutti i Paesi perchè come classe non abbiamo nazionalità da difendere ma un mondo da conquistare
LU TRENU DI LU SULI - 1999   
Ignazio Buttitta - 1999 - Tratto da: "La mia vita vorrei scriverla cantando"
                                                                Traduzione in italiano
1.Turi Scordu, surfararu,
abitanti a Mazzarinu;
cu lu Trenu di lu suli
s'avvintura a lu distinu.

2. Chi faceva a Mazzarinu
si travagghiu nun ci nn'era?
fici sciopiru na vota
e lu misiru ngalera.

3. Una tana la sò casa,
quattru ossa la muggheri;
e la fami lu circava
cu li carti di l'usceri.

4. Setti figghi e la muggheri,
ottu vucchi ed ottu panzi,
e lu cori un camiuni
carricatu di dugghianzi.

5. Nni lu Belgiu, nveci,
ora travagghiava jornu e notti;
a la mogghi ci scriveva:
nun manciati favi cotti.

6. Cu li sordi chi ricivi
compra roba e li linzola,
e li scarpi pi li figghi
pi putiri jri a scola.

7. Li mineri di lu Belgiu,
li mineri di carbuni:
sunnu niri niri niri
comu sangu di draguni.

8. Turi Scordu, un pezzu d'omu,
a la sira dormi sulu;
ntra lu lettu a pedi fora
smaniava comu un mulu.

9. Cu li fimmini ntintava;
ma essennu analfabeta,
nun aveva pi ncantarli
li paroli di pueta.

10. E faceva pinitenza
Turi Scordu nni lu Belgiu:
senza tònaca e né mitra
ci pareva un sacrilegiu.

11. Certi voti lu pinseri
lu purtava ntra la tana,
e lu cori ci sunava
a martoriu la campana.

12. Ca si c'era la minestra
di patati e di fasoli,
nni dda tana c'era festa
pi la mogghi e li figghioli.
13. Comu arvulu scippatu
senza radichi e né fogghi,
si sinteva Turi Scordu
quannu penza figghi e mogghi.

14. Doppu un annu di patiri
finalmenti si dicisi:
«Mogghi mia, pigghia la roba,
venitinni a stu paisi».

15. E parteru matri e figghi,
salutaru Mazzarinu;
li parenti pi d'appressu
ci facevanu fistinu.

16. Na valiggia di cartuni
cu la corda pi traversu;
nni lu pettu lu nutricu
chi sucava a tempu persu.

17. Pi davanti la cuvata
di li zingari camina:
trusci e sacchi nni li manu,
muntarozzi fini la schina.

18. La cuvata cu la ciocca
quannu fu supra lu trenu,
nun sapeva s'era ncelu...
si tuccavà lu tirrenu.

19. Lu paisi di luntanu
ora acchiana e ora scinni;
e lu trenu ca vulava
senza ali e senza pinni.

20. Ogni tantu si firmava
pi nfurnari passaggeri:
emigranti surfarara,
figghi, patri e li muggheri.

21. Patri e matri si prisentanu,
li fa amici la svintura:
l'emigranti na famigghia
fannu dintra la vittura.

22. «Lu me nomu? Rosa Scordu».
«Lu paisi? Mazzarinu».
«Unni jiti ?». «Unni jiamu?
Unni voli lu distinu!».

23. Quantu cosi si cuntaru!
ca li poviri, si sapi,
hannu guai a miliuna:
muzzicati di li lapi!

24. Quannu vinni la nuttata
doppu Villa San Giuvanni
una radiu tascabili
addiverti nichi e granni.

25. Tutti sentinu la radiu,
l'havi nmanu n'emigranti;
li carusi un hannu sonnu,
fannu l'occhi granni tanti.

26. Rosa Scordu ascuta e penza,
cu lu sapi chi va a trova...
n'àtra genti e nazioni,
una storia tutta nova.

27. E si strinci pi difisa
lu nutricu nsunnacchiatu
mentri l'occhi teni ncoddu
di li figghi a lu sò latu.

28. E la radiu tascabili
sona musica di ballu;
un discursu di ministru;
un minutu d'intervallu.

29. Poi detti li nutizii,
era quasi menzannotti:
sunnu l'ultimi nutizii
li nutizii di la notti.

La radio trasmette:
«Ultime notizie della notte.
Una grave sciagura si è verificata
in Belgio nel distretto min:erario
di Charleroi.
Per cause non ancora note
una esplosione ha sconvolto
uno dei livelli della
miniera di Marcinelle.
Il numero delle vittime è
assai elevato
».

30. Ci fu un lampu di spaventu
chi siccò lu ciatu a tutti;
Rosa Scordu sbarra l'occhi,
focu e lacrimi s'agghiutti.

La radio continua a trasmettere:
«I primi cadaveri riportati
alla superficie dalle squadre di soccorso
appartengono a nostri connazionali
emigrati dalla Sicilia.
Ecco il primo elenco
delle vittime.
Natale Fatta, di Riesi provincia di
Caltanissetta,Francesco Tilotta, di
Villarosa provincia di Enna
Alfio Calabrò, di Agrigento
Salvatore Scordu... 
».

31. Un trimotu: «Me maritu!
me maritu!» grida e chianci,
e li vuci sangu e focu
dintra l'occhi comu lanci.

32. Cu na manti e centu vucchi,
addumata comu torcia,
si lamenta e l'ugna affunna
ntra li carni e si li scorcia.

33. L'àutra manu strinci e ammacca
lu nutricu stramurtutu,
ca si torci mentri chianci
affucatu e senza aiutu.

34. E li figghi? cu capisci,
cu capisci e cu un capisci,
annigati nmenzu a l'unni
di ddu mari senza pisci.

35. Rosa Scordu, svinturata,
nun è fimmina e né matri,
e li figghi sunnu orfani
di la matri e di lu patri.

36. Misi attornu l'emigranti
ca nun sannu zoccu fari;
sunnu puru nmenzu a l'unni:
strascinati di ddu mari.

37. Va lu trenu nni la notti,
chi nuttata longa e scura:
non ci fu lu funirali,
è na fossa la vittura.

38. Turi Scordu a la finestra,
a lu vitru mpiccicatu,
senza occhi, senza vucca:
è un schelitru abbruciatu.

39. L'arba vin
ni senza lustru,
Turi Scordu ddà ristava:
Rosa Scordu lu strinceva
nni li vrazza, e s'abbruciava.
1. Turi Scordu, zolfataro,
abitante a Mazzarino,
con il Treno del sole
si avventura al suo destino.

2. Che faceva a Mazzarino
se lavoro non ce n'era?
fece sciopero una volta
e lo misero in galera.

3. Una tana la sua casa,
sua moglie quattro ossa,
e la fame lo cercava
con le carte dell'usciere.

4. Sette figli e la moglie,
otto bocche e otto pance
e un camion per cuore
caricato di doglianze.

5. Nel Belgio, invece, ora
lavorava giorno e notte;
alla moglie scriveva:
non mangiate fave cotte.

6. Con i soldi che ricevi
compra roba e le lenzuola
e le scarpe per i figli
per potere andare a scuola.

7. Nel Belgio, le miniere,
le miniere di carbone:
sono nere nere nere
come sangue di dragone.

8. Turi Scordu, un pezzo d'uomo,
quand'è sera dorme solo;
dentro il letto, e i piedi in fuori,
smaniava come un mulo.

9. Con le donne ci tentava;
ma essendo analfabeta
incantarle non sapeva
con le parole di poeta.

10. E faceva penitenza,
Turi Scordu, Il nel Belgio:
senza tonaca né mitra
gli pareva un sacrilegio.

11. Il pensiero, certe volte,
lo portava nella tana,
e il cuore gli sonava
a mortorio la campana.

12. Che se c'era la minestra
di patate e di fagiuoli,
nella tana c'era festa
per la moglie e i figliuoli.

13. Come albero strappato
senza foglie né radici,
si sentiva Turi Scordu
quando pensa figli e moglie.

14. Dopo un anno di patire
finalmente si decise:
«Moglie mia, piglia la roba,
vieni tu in questo paese».

15. E partirono madre e figli
salutando Mazzarino;
i parenti in appresso
ci facevano festino.

16. Di cartone la valigia
con la corda per traverso;
il lattante sopra il seno
che succhiava a tempo perso.

17. Lei davanti, e la covata
degli zingari la segue:
con fagotti e sacchi in mano,
montarozzi sulla schiena.

18. La covata con la chioccia
quando fu sopra il treno,
non sapeva s'era in cielo...
e nemmeno sulla terra.

19. Il paese da lontano
ora sale ed ora scende;
e il treno che volava
senza ali e senza penne.

20. Ogni tanto si fermava
infornando passeggeri:
emigranti zolfatari,
figli e padri con le mogli.

21. Padri e madri si presentano,
li fa amici la sventura:
gli emigranti una famiglia
fanno dentro la vettura.

22. «Il mio nome? Rosa Scordu».
«Il paese? Mazzarino».
«Dove andate ?». «Dove andiamo?
Dove vuole il destino».

23. Quante cose si dicevano!
perché i poveri, si sa,
hanno milioni di guai:
morsicati dalle api!

24. Quando venne la nottata
dopo Villa San Giovanni
una radio tascabile
grandi e piccoli diverte.

25. Tutti sentono la radio,
l'ha in mano un emigrante;
i bambini senza sonno
fanno gli occhi grandi tanto.

26. Rosa Scordu ascolta e pensa,
arrivando; cosa trova...
altra gente e nazione,
una storia tutta nuova.

27. E si stringe per difesa
il lattante insonnolito
non lasciando di guardare
gli altri figli a lei accanto.

28. E la radio tascabile
suona musica da ballo;
un discorso di ministro;
un minuto d'intervallo.

29. Poi diede le notizie,
era quasi mezzanotte:
sono le ultime notizie
le notizie della notte.

La radio trasmette:
«Ultime notizie della notte.
Una grave sciagura si è verificata
in Belgio nel distretto minerario
di Charleroi.
Per cause non ancora note
una esplosione ha sconvolto
uno dei livelli della
miniera di Marcinelle.
Il numero delle vittime è
assai elevato
».

30. Ci fu un lampo di spavento
che seccò il fiato a tutti;
Rosa Scordu sbarra gli occhi
fuoco e lacrime inghiotte.

La radio continua a trasmettere:
«I primi cadaveri riportati
alla superficie dalle squadre di soccorso
appartengono a nostri connazionali
emigrati dalla Sicilia.
Ecco il primo elenco
delle vittime.
Natale Fatta, di Riesi provincia di
Caltanissetta, Francesco Tilotta, di
Villarosa provincia di Enna
Alfio Calabrò, di Agrigento
Salvatore Scordu..
.».

31. Un terremoto: «Mio marito!
mio marito!» grida e piange,
e le voci sangue e fuoco
come lance dentro gli occhi.

32. Una mano e cento bocche,
mentre brucia come torcia,
si lamenta e l'unghie affonda
scorticandosi le carni.

33. L'altra mano stringe e ammacca
il lattante tramortito,
che si torce mentre piange
affogato e senza aiuto.

34. E i figli? chi capisce,
chi capisce e non capisce,
annegati in mezzo alle onde
di quel mare senza pesci.

35. Rosa Scordu, sventurata,
non è donna e non è madre,
e i figli sono orfani
sia di madre che di padre.

36. Stanno intorno gli emigranti
e non sanno cosa fare;
pure loro in mezzo a l'onde:
trascinati da quel mare!

37. Va il treno nella notte,
che nottata lunga e scura:
non ci fu il funerale,
è una fossa la vettura.

38. Turi Scordu alla finestra,
sopra il vetro appiccicato,
senza occhi, senza bocca
è uno scheletro bruciato.

39. L'alba venne senza luce,
Turi Scordu là restava:
Rosa Scordu lo stringeva
nelle braccia, e si bruciava.