PRIMO
TERZO
comunicato N° 2
L'attacco e l'aggressione dello stato sionista di tipo nazista israeliano all'Iran, con l'appoggio dell'imperialismo americano, è pienamente interno ai piani dell'imperialismo Usa a guida Trump di cancellare il popolo palestinese, addomesticare e rovesciare - tutti i regimi arabi della zona, porli tutti sotto la 'cappella' militare dello stato sionista di Israele, rovesciando le frazioni scomode e non addomesticate, per avere il controllo monopolistico delle fonti di energie e dell'assetto geostrategico del Medio Oriente, Golfo persico, ecc.
Questo crea in tutta l'area una seconda fase dell'azione dell'imperialismo che è interna alla dinamica degli schieramenti della marcia verso la guerra interimperialista mondiale. Una guerra mondiale "a pezzi" che vede via via tutti i tasselli incastrarsi in una dinamica, dal punto di vista dell'imperialismo, irreversibile.
L'attacco israeliano non è l'alternativa ai negoziati in corso tra imperialismo americano e Iran, con l'uso dell'agenzia dell'imperialismo, Aeia, ma è complementare, secondo lo stile: o l'Iran accetta per negoziato i diktat americani/israeliani e chiaramente, delle potenze imperialiste ad esso alleate, o viene attaccato militarmente perchè li accetti, scatenando il cane da guardia genocida e gendarme dello stato sionista di Israele.
Sia ben chiaro che dal punto di vista proletario e internazionalista e dal punto di vista dell'autodeterminazione dei popoli, l'Iran ha pienamente il diritto: a - di difendersi dagli attacchi; b - di fare tutti gli sforzi per dotarsi dell'arma nucleare come fattore di deterrenza nei confronti dello stato sionista di Israele - che è potenza nucleare illegittima - e dei paesi imperialisti, in primis l'imperialismo Usa, che fanno del monopolio dell'arma nucleare uno strumento militare principe del loro dominio mondiale.
Per questo è necessario che l'Iran e tutti i paesi arabi si oppongano ai piani dell'imperialismo Usa e del gendarme sionista.
La nostra posizione proletaria e internazionalista è quindi dalla parte dell'Iran e di tutte le nazioni arabe che vogliano opporsi alla marcia dell'imperialismo e del sionismo che comprende il genocidio palestinese, l'oppressione e il tallone di ferro sui proletari e le masse arabe.
E' ben chiaro, però, che le borghesia dominanti nei paesi arabi a capitalismo burocratico sono legate con mille fili all'imperialismo stesso, o ai paesi imperialisti in contesa con l'imperialismo Usa, Russia e Cina, e che, quindi, non possono difendere coerentemente nè l'autodeterminazione nazionale nè gli interessi dei proletari e dei popoli. Anzi, essi sono regimi, reazionari all'interno contro cui giustamente bisogna sviluppare la lotta proletaria e antimperialista, senza divenire in nessuna maniera strumento dell'imperialismo che attacca, nel caso, l'Iran.
Per contrastare l'aggressione imperialista e l'azione del gendarme sionista non c'è altra strada per i proletari e le masse che lottare perchè ci sia la risposta alla guerra dell'imperialismo e dello stato sionista e avanzare verso l'unica soluzione che è la guerra di popolo a guida proletaria all'interno di ciascun paese, in questo caso l'Iran, in unità con la resistenza del popolo palestinese.
Per noi e per i proletari operanti all'interno dei paesi imperialisti è fondamentale scendere in campo, nella solidarietà e sostegno al popolo palestinese; solidarietà all'Iran e alle masse popolare iraniane contro la nuova infame aggressione; lotta all'interno del nostro paese contro il governo Meloni che si schiera a fianco dell'imperialismo Usa/Trump, che è complice dell'azione genocida e guerrafondaia dello stato sionista a guida Netanyahu e che scarica sui proletari e le masse i costi e le conseguenze dell'aggravarsi della crisi economica mondiale e delle tensioni internazionali con i piani di riarmo, il carovita e il sostegno ai piani dei padroni del nostro paese per mettere al riparo essi, e non i proletari, le masse e le loro condizioni di vita e di lavoro, dalle conseguenze di questa situazione.
Occorre, quindi, mobilitarsi in tutte le forme, prendendo a bersaglio l'imperialismo americano, lo Stato sionista di Israele, le loro ambasciate, i loro consolati, ecc., le industrie belliche pienamente dentro questi processi, e in primis quelle legate allo stato di Israele.
Serve sviluppare il massimo del lavoro tra i proletari e le masse, sostenendo giornate e azioni di lotta, di informazione, controinformazione e solidarietà, nelle fabbriche e posti di lavoro.
proletari comunisti/Pcm Italy giugno 2025
Prima la legge per sedere al tavolo dei padroni, poi l'opposizione al SI referendum e un insieme di comportamenti sempre al servizio dei padroni e del governo ai tavoli... e ora il premio
una vergogna e uno schifo de denunciare!
Il repentino passaggio dell’ex, recentissimo, segretario della Cisl Sbarra da sindacalista a sottosegretario del governo Meloni riesce ancora a suscitare incredulità e sdegno.
Eppure facciamo i conti con questi personaggi ormai da anni. Quindi forse c’è qualcosa in più dell’umana soggettiva debolezza che va indagata per capire cosa sta accadendo.
Sbarra ha lasciato la Cisl nel momento in cui una proposta che portava il suo nome diventava Legge dello Stato Italiano. Una relazione premiale deve esserci per forza, non si scappa.
Un governo di destra vera, cioè che fa gli interessi della borghesia e del padronato, coopta uno dei più potenti sindacati italiani e lo utilizza per introdurre, senza eccessivo clamore, una profonda modifica della relazione tra capitale e lavoro che, nascondendosi dietro un pasticcio della Carta Costituzionale,
Gli attivisti dei collettivi studenteschi si sono introdotti in mattinata negli uffici di via Canova, in San Salvario, hanno appeso uno striscione «contro il Genocidio» sul tetto e hanno lasciato l’edificio dopo mezz'ora
Un blitz in piena regola, arrivato a poche ore di distanza dai bombardamenti di Israele in Iran. Alcuni attivisti dei collettivi studenteschi si sono introdotti in mattinata negli uffici della Collins Aerospace di via Canova, in San Salvario.
«È una delle aziende complici del genocidio in Palestina — spiegano gli attivisti —. Qua si producono tecnologie usate in armi e mezzi bellici che vengono mandati al servizio di Israele contro il popolo palestinese».
I manifestanti sono entrati dall’ingresso principale e, senza trovare alcuna resistenza, hanno raggiunto il tetto dell’edificio. Lì è stato affisso un grosso striscione per chiedere lo «stop al genocidio» ed è stata sostituita la bandiera italiana con quella palestinese. Dopo un breve corteo nelle vie di San Salvario, è stato ricordato l’appuntamento della manifestazione per la Palestina in programma sabato 14 giugno alle 15, con partenza da piazza Castello.
Quello che il governo fascio/razzista imperialista di Trump sta facendo è una guerra interna, della stessa natura delle guerre di sterminio all'esterno dell'imperialismo USA, il regime sionista di stampo nazista di Netanyahu ecc,
-dalla stampa-
Vi uccideremo”: sceriffo della Florida minaccia i manifestanti in vista delle proteste anti-Trump in tutta la nazione
“Se lanciate un mattone, una bomba incendiaria o puntate una pistola contro uno dei nostria genti, comunicheremo alla vostra famiglia dove raccogliere i vostri resti, perché vi uccideremo” ha minacciato lo sceriffo Wayne Ivey.
Sabato sono previste 2.000 manifestazioni in tutti gli Stati Uniti con lo slogan “No Kings Day” (per trasmettere il messaggio che gli Usa “non hanno un re”), in coincidenza con una parata militare finanziata con 45 milioni di dollari dei contribuenti e con il79° compleanno di Trump.
-------------------------------------------------------------il governo Meloni/Salvini appoggia Trump perchè è della stessa natura ideologica politica di trump e lavora èper fare lo stesso nel nostro paese
su questo ci vuole nel nostro campo la massima chiarezza per prepararsi a questo scenario della lotta di classe
proletari comunisti /giugno 2025
da Zic.it
La bandiere palestinese sventola tra le braccia del Nettuno, a simboleggiare gli innumerevoli momenti di mobilitazione che hanno attraversato Bologna dall’inizio del feroce attacco di Israele su Gaza.
La
scena risale a ieri mattina quando proprio ai piedi della statua
simbolo della città si è svolta una conferenza stampa a più voci indetta
da diverse realtà cittadine per prendere posizione dopo gli avvisi di fine indagine recapitati nei giorni scorsi a 32 attiviste/i per la manifestazione che lo scorso 28 maggio si riversò in stazione occupando i binari. E altri 22 avvisi di fine indagine,
intanto, sono piovuti per le contestazioni messe in campo in occasione
dell’inaugurazione dell’anno accademico. “Di sicuro non ci fermano 32
denunce, di sicuro non ci ferma la repressione che sta venendo messa in campo contro chi schiera il proprio corpo contro il genocidio di Gaza
e continuiamo insomma a scendere in piazza, a stare nelle strade, a
stare nei Tribunali, a stare nelle Università, nelle scuole e nei
quartieri e in ogni posto dove possiamo bloccare questo sistema
genocida. Siamo stanchi delle parole vuote della politica, il silenzio è
complice”, è la replica che arriva dai
Il 6 giugno, il leader sindacale David Huerta, presidente del Service Employees International Union (Seiu) California, è stato gettato a terra e fermato dall’Immigration and Customs Enforcement (Ice) nel centro di Los Angeles. I funzionari dell’Ice sostengono che Huerta abbia ostacolato il loro raid e lo accusano di cospirazione per aver ostacolato un agente. Il Seiu contesta questa affermazione e sostiene che Huerta sia stato aggredito dall’Ice mentre agiva nella sua veste legittima di osservatore comunitario.
Dall’arresto di Huerta, le proteste sono esplose a Los Angeles e in tutta la California.
...l’arresto di Huerta abbia spinto la gente comune di Los Angeles a scendere finalmente in piazza. Non è solo perché l’aggressione a Huerta da parte dell’Ice era un’immagine inequivocabile della brutalità incontrollata dell’agenzia (sebbene lo fosse), né semplicemente perché Huerta è un oratore pubblico galvanizzante e lucido (sebbene lo sia), né perché l’identità personale di Huerta appare particolarmente toccante nella nostra epoca di deportazioni di massa (vedere Huerta, cittadino statunitense discendente da immigrati messicani, malmenato da agenti mascherati non lascia dubbi sul fatto che le fantasie
info srpitalia@gmail.com
L’attacco israeliano a regia Usa contro l’Iran estende ancor
più i piani di grande Israele e controllo monopolistico
dell’imperialismo, Usa in testa, nel Medio Oriente delle
fonti energetiche e geostrategiche e tassello della guerra
inter/imperialista mondiale verso cui marciano con la Nato/
Italia compresa.
Sempre più quindi la lotta e la resistenza del popolo
palestinese è necessaria e al servizio della lotta generale
delle masse arabe nell’area e dei proletari oppressi del
mondo.
Fermare il genocidio e la guerra sionista imperialista
Solidarietà all’Iran e alle masse iraniane attaccate
Sostegno alla resistenza palestinese e a tutte le resistenze
e lotte di liberazione dei proletari e dei popoli
La guerra imperialista si può fermare solo se avanza la
guerra popolare
Lottiamo nel nostro paese per rovesciare il governo fascio/
imperialista e guerrafondaio, complice di Trump/Netanyahu,
della Meloni
In piazza in tutte le forme possibili e necessarie.
proletari comunisti info pc.rored@gmail.com giugno 2025
info stampa
Circa 200 aerei militari israeliani, nella notte tra il 12 e il 13 giugno, si sono alzati in volo e sono entrati nello spazio aereo iraniano. Superate con facilità le difese di Teheran, hanno iniziato a bombardare diversi siti nucleari e i luoghi dove risiedevano i vertici delle forze armate iraniane. Tel Aviv gli ha definiti “attacchi preventivi”: secondo il governo Netanyahu, il programma nucleare del Paese rivale aveva raggiunto uno stadio troppo avanzato. Tant’è che il primo ministro Benjamin Netanyahu, in un videomessaggio, ha già anticipato che l’operazione “durerà il numero di giorni necessari per eliminare questa minaccia”.
“Abbiamo colpito il cuore del programma di arricchimento dell’uranio dell’Iran. Abbiamo colpito il cuore del programma nucleare militare dell’Iran. Abbiamo preso di mira il principale impianto di arricchimento dell’Iran a Natanz”, ha aggiunto Netanyahu, spiegando che sono stati eliminati gli “scienziati iraniani” che lavoravano “alla bomba nucleare”. Israele ha dichiarato, nelle stesse ore, lo stato di emergenza per la risposta iraniana, che ha lanciato un centinaio di droni verso Tel Aviv. L’Idf è
info:
Mercoledì, la Camera dei Deputati ha approvato un patto di cooperazione militare con l'India accompagnato da un Piano d'azione strategico congiunto per gli anni 2025-29 (firmato al vertice del G20 a Rio de Janeiro), che prevede incontri strategici, partnership e un gruppo di lavoro, un accordo incentrato su addestramento, tecnologia e industria della difesa, e ora è in attesa di approvazione da parte del Senato.
Un altro passaggio che rafforza l'asse strategico tra Roma e Nuova Delhi nel contesto indo-mediterraneo.
I partner si impegnano a promuovere la cooperazione industriale tra le aziende del settore della difesa, sviluppando iniziative congiunte nella produzione, nella ricerca e nello scambio tecnologico, agevolando il dialogo tra governi e parti interessate del settore e creando un ambiente favorevole alle imprese per il commercio bilaterale nel settore della difesa.
Nell'ambito di tale Piano, nell'aprile 2025 è stato firmato anche un memorandum tecnico d'intesa a margine dell'XI Comitato bilaterale Italia-India, ospitato dalla Direzione nazionale degli armamenti a Palazzo Guidoni a Roma. Nell'ambito di tale Piano, nell'aprile 2025 è stato firmato anche un memorandum tecnico d'intesa a margine dell'XI Comitato bilaterale Italia-India, ospitato dalla Direzione nazionale degli armamenti a Palazzo Guidoni a Roma, in cui erano presenti il Segretario alla Difesa indiano Rajesh Kumar Singh e l'Ambasciatore dell'India in Italia, Vani Rao.
Dall'inizio dell'anno, Italia e India hanno tenuto due forum commerciali, entrambi incentrati sulla cooperazione nei settori della difesa e dell'aerospazio a Nuova Delhi e a Brescia e a maggio si è svolta la missione di Meloni in Asia centrale.
"Nel clima geopolitico attuale, accordi come questo sono essenziali: Italia e India condividono interessi comuni in materia di difesa e sicurezza nell'area indo-mediterranea, dove continuiamo a lavorare quotidianamente alla costruzione dell'IMEC, il corridoio geoeconomico che collega Europa, Asia e Medio Oriente"....“Le nostre aziende possono contribuire allo sviluppo della capacità di difesa dell'India, che è, allo stesso tempo, parte integrante della sicurezza indo-mediterranea” ha dichiarato Paolo Formentini, Vicepresidente della Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati
E' necessario il legame internazionalista tra i proletari italiani e i proletari e le masse popolari indiane in lotta!
In India il regime fascista hindutva di Modi ha scatenato una guerra contro il suo stesso popolo con esercito e polizia mandati a reprimere le masse più sfruttate così come a colpire l'opposizione democratica e ha mandato le sue truppe reazionarie ad uccidere i compagni comunisti maoisti che dirigono la guerra di popolo per liberare le masse povere e oppresse dalle catene dell'imperialismo e del fascismo hindutva. Il boia Modi è arrivatonei giorni scorsi ad uccidere Basavaraj, Segretario Generale del PCI (Maoista), assassinato assieme a 27 quadri maoisti dalle forze armate nella foresta di Abujhmad, nel distretto di Narayanpur, in Chhattisgarh, il 21 maggio.
Una campagna internazionale è in corso e anche nel nostro paese continuano la campagna e le iniziative per denunciare il massacro di Modi, responsabile della violenza assassina dell'operazione Kagaar e per commemorare Basavaraj e i martiri uccisi e stringerci attorno alle masse in armi e al loro Partito che li dirige, il Partito comunista (maoista) dell'India.
In India ci sono state mobilitazioni e proteste e il Partito comunista (maoista) ha indetto uno sciopero generale il 10 giugno e una campagna dall'11 giugno al 3 agosto si terranno in tutto il Paese riunioni commemorative in onore dei maoisti assassinati
Il boia fascista Modi è tenuto in piedi dall'imperialismo, dai padroni multinazionali che lo sostengono e tra i governi che gli stringono le sue mani sporche di sangue mentre affama e massacra il suo stesso popolo c'è il governo italiano della fascista Meloni e il parlamento nero al servizio della borghesia imperialista italiana che in questi giorni hanno sottoscritto accordi di cooperazione militare tra Italia ed India.
AGGIORNAMENTI SULLE MANIFESTAZIONI CHE VOGLIONO RAGGIUNGERE GAZA. INZIA LA REPRESSIONE DI AL-SISI
Le autorità egiziane hanno iniziato la repressione delle due manifestazioni internazionali dirette verso Gaza, la March to Gaza e la Carovana Sumud. In occasione della March to Gaza, oltre 1.300 attivisti internazionali sono arrivati in Egitto con l'intento di entrare a Gaza. Le autorità egiziane hanno iniziato a fermare gli attivisti e le attiviste all’aereoporto del Cairo, e tra di loro ci sarebbero anche due persone di Torino. L’ultimo aggiornamento è che sono in corso rimpatri degli occidentali prelevati dagli alberghi, imbarcati in fretta su pullman e aerei. A lanciare l’allarme nella mattinata di giovedì è Antonietta Chiodo, una partecipante italiana della Global March to Gaza; questa marcia, organizzata a livello mondiale dal basso in poche settimane, ha raccolto adesioni da 52 Paesi e oggi avrebbe dovuto partire dal Cairo in direzione del valico di Rafah che separa il Sinai dalla Striscia di Gaza. La Carovana partita da Tunisi, invece, è composta da circa 2mila partecipanti, tra cui medici, attivisti, avvocati e cittadini comuni, a bordo di circa 300 veicoli, tra cui autobus e automobili private. Partita da Tunisi, la Carovana ha attraversato Sousse, Sfax, Gabes, Medenine e Ben Guerdane, per poi entrare in Libia attraverso il valico di Ras Ajdir. In Libia, è stata accolta calorosamente dalla popolazione locale, che ha offerto supporto logistico e ha partecipato attivamente all'iniziativa. L'ingresso in Egitto rimane incerto, poiché le autorità egiziane richiedono autorizzazioni specifiche per l'ingresso di delegazioni straniere nella zona di confine. Sebbene a parole il governo egiziano abbia espresso solidarietà col popolo palestinese, al Sisi si è limitato a un rifiuto verbale delle proposte di sfollamento forzato, limitando di pari passo le manifestazioni di dissenso. Amnesty internazionali a inizio anno ha dichiarato che circa 123 tra attivisti e giornalisti egiziani sono detenuti per aver manifestato contro il genocidio, accusati di appoggiare gruppi terroristici. Le autorità egiziane stanno reprimendo le manifestazioni internazionali dirette verso Gaza e le espressioni di solidarietà con la Palestina, adottando misure di repressione contro il dissenso interno e limitando l'ingresso degli attivisti internazionali. Queste azioni evidenziano ancora una volta uno squilibrio tra il sostegno ufficiale alla causa palestinese e la repressione di chi, con mezzi pacifici, vuole raggiungere Gaza per chiedere la fine dei massacri.
Dura repressione delle autorità egiziane contro centinaia di attivisti e attiviste arrivati da tutto il mondo presso l’aeroporto internazionale del Cairo per partecipare alla Global March to Gaza.
Convogli di civili e migliaia di persone da tutto il mondo (7mila secondo le ultime stime dell’organizzazione, considerando anche il convoglio Sumud, via terra, partito dalla Tunisia e ora arrivato in Libia) stanno raggiungendo l’Egitto per marciare insieme verso il valico di Rafah, confine con la Striscia di Gaza, per rompere via terra l’assedio imposto da Israele e portare aiuti umanitari alla popolazione civile ridotta alla fame dalle forze di occupazione israeliane.
All’aeroporto internazionale del Cairo, a partire dalla serata di ieri, chiunque arrivasse da scali internazionali – in particolare da Italia ed Europa – è stato fermato, interrogato e in diversi casi rimpatriato.
Sono ancora in corso interrogatori e fermi: nonostante gli organizzatori fossero in contatto con la diplomazia egiziana, il Cairo ha mobilitato esercito e polizia per bloccare attivisti e attiviste. A molti di loro sono stati sequestrati passaporti e telefoni e si trovano da ore bloccati all’aeroporto. Diverse persone sono già state rimpatriate in Italia. Altre sono state deportate in Turchia e poi rimpatriate.
Il conteggio relativo a chi è in partenza dall’Italia è di 35 persone rilasciate e 7 rimpatriate. Un altro centinaio abbondante di attiviste-i sta arrivando in queste ore.
Antonietta Chiodo Global March To Gaza Italia
Alcuni italiani sono stati fermati in Egitto al loro arrivo nel Paese, ma erano diretti verso la Striscia di Gaza per chiedere la pace. Antonietta Chiodo, di Global March to Gaza, lancia l’allarme e denuncia l’accaduto. E dice che non soltanto gli italiani ma tutti gli occidentali che stanno arrivando vengono bloccati e deportati: molti immediatamente rimpatriati. L’obiettivo, fa sapere l’attivista, è evitare che persone occidentali arrivino a protestare al confine con Gaza perché si rischia una strage e l’uccisione eventuale di occidentali potrebbe avere ripercussioni ancora maggiori.
Adesione e massimo sostegno di Soccorso Rosso proletario - che sarà presente il 14 alla manifestazione nazionale di Parigi
info srpitalia@gmail.com
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Il portavoce del Comitato Centrale del PCI (Maoista), il compagno Abhay, ha indetto un Bharat Bandh il 10 giugno per condannare l'uccisione del segretario generale del partito maoista Namballa Kesava Rao alias Basavaraj in uno scontro in Chhattisgarh il 21 maggio.
Il compagno Abhay ha detto che, sotto le indicazioni del primo ministro Narendra Modi e del ministro dell'Interno Amit Shah, un gran numero di commandos militari e forze paramilitari e la polizia di Stato hanno fatto irruzione nelle foreste nell'area di Maad, nel distretto di Narayanapur nel Chhattisgarh, uccidendo molti quadri dell'EPGL (l'ala armata del PCI (maoista)).
Dall'11 giugno al 3 agosto si terranno incontri commemorativi in onore dei maoisti uccisi in tutto il paese per condannare lo scontro e protestare contro l'"Operazione Kagaar", ha dichiarato il compagno Abhay.
Il compagno Abhay ha dichiarato che Kesava Rao, nei suoi 51 anni di vita rivoluzionaria, ha dato un grande contributo al partito e che la sua morte è stata una grande perdita per il movimento maoista, aggiungendo che nonostante questa perdita il partito maoista si riorganizzerà e si riprenderà.
Negli ultimi 53 anni, il PCI (maoista) ha perso molti leader del comitato centrale e statale negli scontri, ma il partito maoista ha continuato la sua lotta per le classi oppresse e i settori più poveri della società, ha osservato il compagno Abhay.
Trump è fascista e chi lo nega anche nel nostro campo è un idiota
E' giusto ribellarsi! E' giusto resistere! E' giusto opporre alla violenza terroristica di Stato, la violenza necessaria delle masse - proletari comunisti
Fascism means ripping away the rule of law, violently suppressing dissent, and demonizing whole groups of people. Fascism means a section of the ruling class crushes their rivals as part of violently clamping down on all of society. Fascism, in sum, means a regime that rules by brute force without regard to rights. So let’s take a look at what’s going down.
Police arrest a man during a protest in Paramount, California, June 7, 2025
Los Angeles, June 8, 2025.
Sono migliaia gli attivisti solidali con la Palestina che sono arrivati in Egitto da un cinquantina di paesi per dare vita alla “Marcia globale per Gaza” in solidarietà con la popolazione palestinese sottoposta al genocidio da parte di Israele.
L’obiettivo è raggiungere la città di Al Arish e poi marciare per i 48 chilometri che la separano dal valico di Rafah.
Una fonte della sicurezza egiziana ha dichiarato che più di 100 attivisti sono stati arrestati dalle autorità al loro arrivo in Egitto per partecipare alla Global March to Gaza. Una quarantina quelli algerini, un gran numero di marocchini con visti turistici, attivisti francesi, molti di origine araba, una delegazione
La Meloni, fascista, viene sbugiardata quotidianamente in
ogni campo. Ieri è stato il turno dell’ufficio parlamentare di bilancio che ha
messo nero su bianco quanto i lavoratori in questo paese perdono in materia di
potere d’acquisto proprio per le politiche del governo Meloni, tra
rimodulazioni delle aliquote Irpef, il cosiddetto taglio del cuneo fiscale, e
detrazioni e l’inflazione che si mantiene, ufficialmente, al 2%.
“Doveva tagliare le tasse al «ceto medio», ha finito per
aumentarle e neutralizzare i pochi aumenti dei salari che ci sono stati.” Scrive Il Manifesto di oggi. Insomma, l’aumento delle tasse alla fine è del 13% per i
lavoratori, in termini assoluti, si tratta di 370 milioni di euro,
rispetto al 2022.
Con il “drenaggio fiscale” il governo ha prelevato circa 18
miliardi dai lavoratori dipendenti con l’Irpef, e 7 miliardi dai pensionati; mentre
dall’altro lato, ha fatto i condoni, concordati preventivi, flat tax, insomma aiuti
di ogni genere alla propria clientela elettorale.
Ecco come spiega il “fiscal drag” Il Sole24Ore di oggi: “L’inflazione alza i valori nominali dei redditi, con l’indicizzazione delle pensioni, i rinnovi contrattuali dei dipendenti e gli aumenti di entrate degli autonomi. Così gli imponibili crescono, mentre scaglioni e detrazioni restano fermi, e la richiesta fiscale sale.”
Fa parte dello sbugiardamento anche l’affermazione dell’Upb rispetto al Pnrr: questo governo non riuscirà (già non ci è riuscito in questi anni) a portarlo a termine entro il 2026. “È ancora limitata la
Il tribunale israeliano di Ramla ha emesso una sentenza che ha disposto la custodia cautelare di otto attiviste-i internazionali, che si trovavano a bordo della nave “Madleen” della Gaza Freedom Flotilla. Per loro al momento un mese di detenzione e il divieto di mettere piede in Palestina per i prossimi 100 anni!
Nonostante le argomentazioni legali presentate da Adalah, associazione legale locale, la corte ha respinto tutti i ricorsi e ha stabilito che il blocco navale su Gaza è “legittimo” ai sensi della giurisdizione israeliana e che gli attivisti hanno agito in violazione di tale legge. Da capire ora cosa accadrà. Due le strade: espellere comunque gli 8 internazionalisti o attendere l’udienza di revisione della detenzione, fissata per l’8 luglio. Intanto Thiago Avila, attivista brasiliano, è in sciopero della fame e dell’acqua dopo aver subito percosse e privato dell’accesso a un legale per oltre 24 ore. In sciopero della fame anche l’europarlamentare di La France Insoumise – The Left, Rima Hassan. Entrambi sono stati messi in isolamento totale, per 7 giorni. La loro colpa? Avere scritto “Free Palestine” sul muro della cella.
Rima Hassan, europarlamentare prigioniera di Israele
L’europarlamentare francese Rima Hassan – da La France Insoumise – è riuscita a far sapere di essere rinchiusa in una cella di isolamento di un carcere israeliano dopo essere stata fatta prigioniera nell’assalto dell’Idf alla barca Madleen, della Freedom Flotilla, che portava aiuti umanitari a Gaza. Da ribadire che il vascello è stato assaltato in acque internazionali, il che qualifica – secondo le leggi internazionali – l’attacco israeliano come un atto di pirateria, Non è inutile ricordare che un europarlamentare dovrebbe essere protetto e difeso, oltre che dal suo paese di appartenenza, anche dall’istituzione per cui è stato eletto. Ma non è così. La posizione infame del
L’assemblea
delle giornaliste e giornalisti del Fattoquotidiano.it,
in linea con le iniziative del sindacato unitario FNSI e
dell’Ordine
dei giornalisti, chiede
il cessate
il fuoco permanente
a Gaza,
l’ingresso senza ostacoli degli aiuti
umanitari e
la fine delle violenze e
degli sfollamenti in Cisgiordania. Chiede
il rispetto del diritto
internazionale e
la protezione dei civili,
vittime di oltre un anno e mezzo di bombardamenti. Chiediamo il
blocco degli accordi
di cooperazione militare con
il governo di Israele. Denuncia l’uccisione
di oltre 200 colleghi palestinesi.
Non possiamo lasciarli soli. Chiede con forza che venga garantito
l’accesso
ai media internazionali nella
Striscia. Respinge, infine, le accuse di antisemitismo mosse
a tutti coloro che cercano di raccontare l’emergenza umanitaria di
Gaza. Come giornalisti, abbiamo il dovere di stare dalla parte
delle vittime,
di tutte le vittime del 7 ottobre in poi. Dobbiamo essere la voce
delle vittime di tutte le guerre e non rinunciare mai a documentarne
l’orrore e i crimini.
Nell'affrontare l'esito del referendum noi partiamo da un punto importante che rivolgiamo a noi stessi, ai nostri compagni, ai proletari d'avanguardia e alle masse popolari in generale. Innanzitutto noi non pensiamo affatto che il referendum sia una sconfitta. E questo è il primo problema che bisogna affermare.
A fronte di un trend astensionista che ormai tocca il 50% e in tante realtà oltre il 50%, che è un astensionismo di carattere strutturale su cui abbiamo parlato in altre occasioni, il risultato del referendum è positivo. Oltre il 30% ha votato e in tutti e cinque i referendum il sì ha nettamente prevalso. In maniera schiacciante sui referendum sociali: il primo quesito 87,57 % contro i 12,43%, il secondo quesito 86,02 a fronte del 13,98, il terzo quesito 87,53 rispetto al 12,47, il quarto quesito 85,78 rispetto al 14,22. Anche sul quinto quesito, quello più difficile, il sì ha prevalso con il 63,34% rispetto al no del 34,66%.
Circa 15 milioni di persone hanno non solo partecipato al voto referendario, ma hanno votato massicciamente il sì. Questa è una vittoria, non una sconfitta.
Certo, con le leggi attuali esistenti sui referendum, questi referendum non hanno superato il quorum, ma in questa situazione non sono i referendum che sono sbagliati, ma il quorum; vale a dire, deve valere anche per i referendum la legge che vale per le normali elezioni che si fanno in questo Paese.
Non si capisce perché rispetto alle normali elezioni qualsiasi percentuale è valida, quindi si può diventare Presidente del Consiglio non arrivando neanche al 17%, si può arrivare a essere sindaci avendo preso i voti di un'estrema minoranza della popolazione votante, e invece non si possono considerare validi, effettivi e dirimenti il numero dei voti che vengono espressi nel referendum.
Si sta parlando di modifica delle leggi sul referendum e chiaramente anche qui la nostra posizione è che il referendum deve essere mantenuto, perché un diritto democratico all'interno di un sistema democratico borghese è l'unico strumento di cosiddetta democrazia diretta esistente in questo sistema, quindi il referendum deve essere mantenuto e difeso, mantenuto e difeso significa che bisogna respingere le proposte del governo di parte della stessa opposizione che chiede un aumento delle firme per presentare, per farle. L'unica modifica democratica necessaria è di riconoscere il referendum per quello che sono e che i numeri del referendum sono sufficienti per determinare la vittoria del sì e il no sui singoli quesiti, eliminando la soglia del quorum.
Detto questo, noi non ci uniamo al coro di coloro che dicono che il referendum è stata una sconfitta, il referendum è stata una vittoria nell’attuale situazione per i numeri raggiunti e per la netta prevalenza del sì, ed è stata una vittoria anche sul quinto referendum che era sicuramente molto difficile, in cui i diretti interessati non potevano votare, e ciò nonostante ha visto una prevalenza significativa del sì. Come non considerare che all’astensionismo, che non poteva certo essere modificato dal fatto che c'erano i referendum, si è aggiunta una campagna sfrenata del governo, della sua stampa, televisioni, che ha oscurato il referendum, impedito a tanta parte dell'opinione pubblica e delle masse di saperne esattamente la natura. Chi, come noi, analizza e comprende la natura moderno fascista del governo non poteva e non può essere sorpreso da questo risultato referendario.
Tutto questo è stato fatto volutamente per far fallire il referendum e nascondere dietro la non partecipazione al voto la sconfitta inevitabile che le forze governative e padronali avrebbero avuto in questi referendum.
Tantomeno ci uniamo al coro che dice: ma dato che non si può raggiungere il quorum allora non bisognava farli, questa è una perfetta idiozia, Continuamente ogni giorno chi lotta sa che se si dovessimo fare le nostre battaglie, e perfino assai difficile come quella sui referendum, basandoci sul fatto se la possiamo vincere, la maggior parte delle battaglie non le avremmo fatte - perfino negli anni settanta, quando le lotte non erano scaturite dal nulla, ma sono nate da scelte di minoranze, che poi hanno trovato nelle condizioni date il consenso di massa e trasformato quelle lotte nell'autunno caldo.
Quindi le battaglie referendarie si fanno anche quando non si possono vincere, il problema è se sono giuste o sbagliate, questo è l'unico criterio che vale. Una volta che sono giuste si fanno e chiaramente i risultati influenzano il loro proseguimento.
Quindi noi siamo contro tutti coloro che ora oggettivamente salgono sul carro del governo sostenendo: lo sapevamo, abbiamo perso, è colpa di chi l'ha fatto e così via.
No, la scelta di fare il referendum è stata giusta. Solo se guardiamo le cose da questa ottica possiamo valutare il valore di questa battaglia. Senza fare il referendum sarebbe stato difficile, nelle condizioni date, spingere larghe fette dei lavoratori e delle masse popolari di ogni genere e tipo, a discussioni legate ai partiti di governo e ai padroni, ad esprimersi contro il governo e i provvedimenti che si volevano modificare, sia pure parzialmente.
Da questo punto di vista noi dobbiamo dare un messaggio positivo alle avanguardie e ai lavoratori, spiegare bene le cose e incoraggiare a proseguire nella strada di sfidare il governo in battaglie politiche, sociali, su posti di lavoro e a livello nazionale, sui temi che attaccano la condizione dei lavoratori e sui temi caldi, come è quello dell'immigrazione.
Nello stesso tempo, nelle condizioni date del trend astensionista, della campagna volgare, antidemocratica svolta dal governo usando tutti gli strumenti a sua disposizione, il fatto che una fetta consistente di proletari, masse popolari si sia espressa nettamente per il Sì e abbia dato sostegno alle battaglie pratiche che stiamo facendo, è un fatto positivo da cui ripartire.
Chiaramente in tutto questo va tenuto conto che il fronte del Sì, vale a dire dei promotori del referendum, non è in certo stato compatto.
Secondo la protezione civile della Striscia "carri armati e droni israeliani" hanno sparato su "migliaia di cittadini”. L’esercito israeliano nega. Gli Stati Uniti stanno intanto facendo pressioni per scoraggiare la partecipazione a una conferenza delle Nazioni Unite della prossima settimana
API.
In una scena tragica che si ripete quotidianamente, i centri di
distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza —
gestiti spesso da società americane — si stanno trasformando in
luoghi di sterminio di massa. Il cittadino, sfinito dalla fame, si
reca in questi centri nella speranza di tornare dai suoi figli con un
pacco alimentare o un sacco di farina, ma spesso vi trova la morte o
finisce fatto a pezzi dai proiettili dell’esercito di occupazione
israeliano. L’esercito
israeliano continua a esercitare pratiche sadiche contro civili
disarmati, nell’ambito di una politica sistematica di genocidio e
fame forzata. Oggi si è consumato un nuovo massacro, che ha
provocato decine di martiri e feriti, rendendo questo uno dei giorni
più sanguinosi dall’inizio della guerra. Facciamo
appello al mondo libero — alle sue istituzioni, organizzazioni e
popoli — affinché si assuma le proprie responsabilità umanitarie
e morali, e agisca immediatamente per:
Fermare l’aggressione israeliana contro la Striscia di Gaza.
Garantire l’ingresso immediato degli aiuti umanitari bloccati ai cancelli del valico di Rafah.
Gaza-InfoPal. Migliaia di persone provenienti da Tunisia e Algeria si sono messi in viaggio verso Gaza, con l’obiettivo di radunare più sostenitori per rompere l’assedio israeliano sulla Striscia.
Migliaia di volontari nordafricani hanno lanciato un massiccio convoglio terrestre verso Gaza, il 9 giugno, con l’obiettivo di rompere il blocco israeliano attraverso l’Egitto.
La spedizione via terra, denominata “Sumud” – che in arabo significa resilienza – è guidata dalla società civile tunisina e include partecipanti provenienti da Algeria, Marocco, Mauritania e Libia.
Fa seguito al sequestro della Madleen, la nave umanitaria diretta a Gaza con a bordo 12 attivisti internazionali, attori, medici e altri operatori umanitari, intercettati e trattenuti dalle forze israeliane.
Gli organizzatori affermano che Sumud è una risposta al blocco in mare: un tentativo coordinato di fare pressione sull’Egitto affinché apra il valico di Rafah e consenta il flusso di aiuti e l’evacuazione medica.
Il convoglio è composto da medici, giornalisti, sindacalisti e giovani attivisti, in partenza da diverse città tunisine, tra cui Tunisi, Sousse e Sfax, e si prevede che si espanderà attraversando la Libia verso l’Egitto.
di Mario Di Vito da il manifesto
Il filmato dura sedici secondi. Dalla distanza di qualche decina di metri, con lo zoom, si vede Riccardo Zappone steso per terra, circondato da tre agenti – di cui uno in borghese – che cercano di ammanettarlo. Uno, in divisa, gli preme un ginocchio sulla schiena. Il giovane ha 29 anni. Cerca di dimenarsi, geme, si lamenta.
SIAMO lungo la Strada comunale Piana di Pescara, è la mattina di martedì 3 giugno. Zappone è reduce da un pestaggio subito davanti a un’officina poco distante. Qualche decina di minuti dopo il suo arresto, effettuato anche con l’aiuto di due colpi di taser per «vincerne la resistenza», in questura si sentirà male. L’ambulanza, nel giro di non molto, lo porterà in ospedale, dove i medici non potranno fare altro che constatarne il decesso. Al momento, nel fascicolo aperto dal sostituto procuratore Gennaro Varone ci sono tre indagati: i fratelli Angelo e Paolo De Luca e Daniele Giorgini. Sono i tre che avrebbero picchiato Zappone con calci, pugni e bastonate. Solo dopo sarebbe arrivata la polizia – chiamata da più persone, tra le quali anche uno degli indagati – e, trovando il 29enne in stato di agitazione, avrebbe deciso di arrestarlo per resistenza a pubblico ufficiale. Il video in cui si vedono alcune fasi dell’arresto – depositato agli atti dagli avvocati di Angelo
Avviata una procedura di licenziamento collettivo nello stabilimento torinese: via con esodo incentivato. Si aggiungono a oltre 1.000 nelle altre fabbriche: 500 a Melfi, 200 a Termoli, 300 a Pomigliano d’Arco e 50 a Pratola Serra. E martedì arriverà un nuovo taglio nella fabbrica di Cassino, una di quelle in maggiore difficoltà sotto il profilo produttivo tanto da chiudere del tutto lo scorso mese.
Stellantis dismette un altro pezzo di Mirafiori, la storica fabbrica torinese. L’azienda ha comunicato l’apertura di una procedura di licenziamento collettivo, con incentivo all’esodo, per 250 operai delle Carrozzerie, 19 del reparto Presse e altri 31 della Costruzione Stampi. In ben 212 dovranno lasciare gli enti centrali, 20 lavoratori al Services, 16 al Centro Ricerche Fiat, 53 sono gli operai in esubero alla PCMA di San Benigno e 9 alla ex Tea di Grugliasco. In totale, nel polo produttivo torinese, Stellantis ha circa 12mila dipendenti: taglierà quindi quasi il 20% degli addetti.
È il benvenuto del nuovo amministratore delegato Antonio Filosa, che proprio da Mirafiori aveva
Dall'11 giugno al 3 agosto si terranno incontri commemorativi in onore dei maoisti uccisi in tutto il paese per condannare lo scontro e protestare contro l'"Operazione Kagaar" - ha dichiarato il compagno Abhay, portavoce del Partito Comunista dell'India (Maoista).
Per iniziativa del Comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in India (ICSPWI) si sviluppa una campagna internazionale in tanti paesi del mondo - prima iniziativa il 19 giugno
info per l'Italia csgindia@gmail.com