da ORE12/Controinformazione rossoperaia del 05.11.25
La crisi del gruppo Stellantis in particolare in Italia continua a essere caratterizzata da piani aziendali che dicono una cosa e ne fanno un altra e dai sindacati confederali che non rispondono
a tutto questo con la ripresa della lotta generale.
In particolare la questione principale, per cui stiamo cercando di programmare l'intervento tra gli operai e operaie, è la questione di Melfi.
“A Melfi nuove commesse e riconversione, queste sono le strade per salvare l'indotto Stellantis in Basilicata” viene detto. Però nella sostanza le cose vanno diversamente.
Da un lato l'azienda annuncia un avvio della ripresa produttiva e la presentazione della nuova Jeep Compass, e questo viene considerato in generale una notizia positiva, dall'altro
però continua lo stillicidio di lavoratori dell'indotto che vengono sostanzialmente messi fuori, licenziati o inseriti in cassa integrazione che, oggi come oggi, appare senza futuro.
E come se si dessero la mano i lavoratori delle ditte dell'appalto stanno reagendo con uno stato di agitazione, con mobilitazione e presidi permanenti, in particolare alla PMC, alla Brose e alla Tiberina.
L’andazzo però di questa lotta sembra seguire un copione già scritto, vale a dire si chiede l'intervento della Regione e si finisce per entrare nella
spirale delle aree di crisi complessa che comprendono cassa integrazione ed eventuale formazione. Questo non è esattamente quello che vogliono gli operai, né tanto meno ciò che può rassicurare
il loro futuro di salario e il lavoro, perché in ultima analisi questa situazione fa sì che intanto i lavoratori sono fuori dalla fabbrica e senza prospettive di lavoro.
Il problema dell'indotto si sta facendo più acuto anche perché stanno arrivando alla fine tutte le casse integrazioni e questa questione fa sì che non ci sia prospettiva
di ripresa del lavoro a breve e in un certo senso neanche a medio periodo, perché le promesse di ripresa legate alla Jeep Compass, affermate dalla Stellantis, si basano su una previsione di mercato e di macchine che non corrispondono
allo stato delle cose di grave crisi che il gruppo Stellantis sta attraversando un po' in tutti i paesi, e in Italia vengono scaricati effettivamente i rischi peggiori.
Su questo evidentemente la nostra idea resta sempre quella che abbiamo cercato di sollevare in altri interventi e in particolare direttamente alcuni mesi fa alla Stellantis di Mirafiori
e più recentemente alla Stellantis di Melfi.
Per noi il punto è mettere in sicurezza i lavoratori attraverso la loro permanenza in fabbrica e non la loro mandata in cassa integrazione, né tantomeno il loro cosiddetto
autolicenziamento che è la linea principale che la Stellantis sta seguendo e che ha portato fuori tantissimi lavoratori da tutti gli stabilimenti.
Non è il nostro compito in questa occasione fare una rassegna dettagliata di quello che sta avvenendo nei vari stabilimenti, cosa che faremo in ulteriori interventi, ma quello di
concentrarci su alcuni degli stabilimenti dove è possibile intervenire per poter interagire sia con le lotte che i lavoratori dell'indotto stanno facendo in questi ultimi mesi sia con i diretti, lavorando per costruire
una piattaforma operaia che non divida la situazione stabilimento per stabilimento ma che unisca gli operai su una ripresa generale degli stabilimenti.
Chiaramente in questa ripresa generale ci sta che la verifica degli organici debba avvenire a partire dalla difesa del posto di lavoro di tutti quelli che già lavorano e da accettazioni
di soluzioni intermedie che vadano all'interno di contratti di solidarietà e indennità, rotazione della cassa integrazione, ma soprattutto serve un'integrazione salariale per tutti gli stabilimenti della
Stellantis per riportare i livelli salariali falcidiati dalla cassa integrazione verso una parità salariale, prendendo anche a riferimento altre fabbriche, altri complessi industriali dove ai lavoratori è stata
data un'integrazione salariale alla cassa integrazione per avvicinarla alla paga base.
Questa in corso è una situazione di cassa integrazione generalizzata e sostanzialmente senza prospettive certe in nessuno degli stabilimenti, nonostante le assicurazioni che vengono
date dalla Stellantis e dai sindacati ad essa maggiormente legati o asserviti. Di fatto quello che è certo è che non si può vivere di cassa integrazione né tanto meno noi siamo per la via degli esodi incentivati.
Noi siamo perché gli organici attuali della Stellantis restino quelli che sono e che tutti i lavoratori possano ricevere un'integrazione salariale alla cassa integrazione. In prospettiva evidentemente la rivendicazione di lavorare meno, lavorare tutti attraverso una riduzione dell’orario di lavoro, continua a essere una rivendicazione strategica che i lavoratori dei gruppi industriali più importanti devono prendere nelle loro
mani per poter portare a casa la tutela del lavoro e del salario.
Nell'industria dell'auto, ma non solo nell'industria dell'auto, avanza la nuova crisi della mancanza dei chip. Senza i chip cinesi, la produzione dell'auto in Europa
rischia uno stop imminente. A lanciare quest'allarme è l'associazione delle case automobilistiche che rappresenta tutti i big del settore, in particolare la BMW, la Mercedes-Benz, Volkswagen, Renault e così
via.
Quindi la crisi dei chip, originata dalla situazioni mondiale, dalla guerra commerciale, dalla politica dei dazi di Trump dentro la più generale crisi di sovrapproduzione relativa
creata dal sistema capitalista a livello mondiale, fa sì che ora si sia arrivati a un nuovo punto di svolta, tanto da far dire che è possibile la chiusura delle linee di assemblaggio nei prossimi giorni, dato
che le varie industrie dell'auto in particolare si trovano di fronte a forniture che stanno esaurendo.
Chiaramente queste crisi non sono però temporanee, possono avere punti di acutezza in certi momenti, ma la sostanza è che queste crisi sono dentro la più generale
situazione mondiale ed è chiaro che queste crisi a noi interessano soprattutto dal punto di vista per ciò che manifestano nell'attuale stato effettivo del sistema capitalista a livello mondiale - e nel particolare
del settore dell'auto - e in secondo luogo per le ricadute che possono avere sui lavoratori.
Su questo è fondamentale che gli operai vengono messi a riparo da questo tipo di crisi e che i fermi produttivi imposti non ricadano immediatamente sui lavoratori mandandoli a casa e quindi sulla loro immediata riduzione salariare.
Quindi noi pensiamo che le organizzazioni sindacali debbano entrare in campo su questo terreno, non certo per farsi sostenitori delle proprie aziende nella contesa mondiale che le attraversa,
né tanto meno partecipare all'odiosa campagna anticinese che vuole mettere i lavoratori in alleanza con i propri padroni e quindi facendo degli operai la ruota di scorta degli interessi dei padroni, delle loro imprese in Italia, in Europa e nel sistema automobilistico mondiale.
Noi siamo invece perché la strada sia del tutto diversa e che si realizzano accordi aziendali e generali che permettano ai lavoratori in occasione di queste punte di crisi
di salvaguardare il salario e il lavoro. Su questo aspettiamo anzitutto che si crei una unità di posizione nell'azione interna della fabbrica che possa essere credibile e generalizzata verso l'intera classe
operaia innanzitutto del gruppo auto ma non solo.