sabato 11 gennaio 2025
pc 11 gennaio - Da Milano a Torino e in molte altre città italiane cortei chiedono giustizia per Ramy
info
Dopo la pubblicazione del video dell’inseguimento dei carabinieri nei confronti di Ramy che ne ha procurato la morte, la reazione da parte dei giovani di moltissime città italiane è stata quella di scendere in piazza per chiedere giustizia.
Di seguito riportiamo alcuni contributi in merito alle piazze per Ramy di questi giorni
La Procura di Milano valuta di contestare a uno o più carabinieri l’omicidio volontario con dolo eventuale nel caso di Ramy, il 19enne ucciso a novembre in via Ripamonti, dopo le immagini del Tg3 che mostrano chiaramente lo speronamento volontario della gazzella contro lo scooter, provocando la morte di Ramy e il ferimento grave dell’amico Fares.
Oggi, giovedì 9 gennaio, è stata effettuata la copia forense del telefono di Omar, testimone minacciato dagli stessi carabinieri affinchè cancellasse i video di quanto accaduto.
Semlre oggi a Milano, con le parole d’ordine “Giustizia per Ramy e Fares, la vostra sicurezza uccide, la polizia uccide”, circa 2mila persone sono partite in corteo da piazza XXIV Maggio poco prima delle ore 19.
Anche a Torino si scende in piazza per esigere giustizia per Ramy e Fares: appuntamento stasera, giovedì 9 gennaio 2025, ore 19.30 in Porta Palazzo.
Si scenderà in piazza anche a Brescia: Associazione Diritti per tutti, Magazzino 47 e Collettivo Onda studentesca organizzano un presidio per sabato 11 gennaio alle ore 17 in piazza Vittoria.

VERITÀ E GIUSTIZIA PER RAMY _ IN MIGLIAIA A TORINO
comunicato del Collettivo Universitario Autonomo – Torino
La vicenda di Ramy ha toccato molti di noi. Ramy era un ragazzo come tanti, nel quale molti giovani possono rivedersi. La sua morte ci ha sconvolto ma non stupito. La violenza che ha tolto la vita ad un giovane egiziano di 19 anni è strutturale e affonda le sue radici in una società colma di ingiustizie, disuguaglianze e abusi ad opera delle istituzioni e delle forze di polizia; questa brutalità la viviamo ogni giorno, perciò ci è stato impossibile fin da subito ipotizzare che si trattasse di un incidente l’evento che tragicamente è successo. Quello che si vede soprattutto in quei video è che quegli agenti, mentre provavano a speronare Ramy e Fares, hanno agito e parlato con la naturalezza di chi è impunito da tutta la vita. Il modo in cui le forze dell’ordine si comportano dà la misura del valore che le nostre esistenze hanno per lo Stato e per le sue istituzioni: questi organi non rispondono mai ai bisogni reali delle persone ma compaiono solo quando c’è da criminalizzare o proporre il carcere come soluzione ad una crisi sociale sempre più profonda, non c’è mai l’intenzione di agire sulle cause di questa crisi, ma anzi, viene alimenta una dinamica di violenza orizzontale in modo da poter fare propaganda sui problemi della gente. Questo permette alle istituzioni di scrollarsi di dosso le loro responsabilità, di poter usare il pretesto della “sicurezza” per approvare leggi sempre più discriminatorie, per istituire le zone rosse all’interno delle nostre città pensando così di nascondere la polvere sotto il tappeto, eppure è evidente che questo genere di misure, securitarie e di segregazione, non risolvono il problema ma anzi, lo alimentano.
Siamo immersi in una società che sta esplodendo sotto le contraddizioni di questo sistema: su scale diverse, la guerra che si combatte con le armi e gli eserciti dell’Occidente “progressista”, e la guerra che si riproduce internamente, sui territori ghettizzati, da parte delle articolazioni dello Stato, come la polizia, hanno la stessa matrice e riconoscerla può permettere di condurre le battaglie giuste. È sempre più evidente che gli interessi di chi governa non combaciano con quelli della base della società. Aumentano i prezzi della benzina, dei generi alimentari, degli affitti e della vita e contemporaneamente gli stipendi diminuiscono, prediligendo investimenti negli armamenti invece che nei servizi. Si preferisce criminalizzare un’intera generazione piuttosto che domandarsi che cosa le manca: è logico, perché ci manca tutto. Ci manca prima di tutto il senso: ci muoviamo come automi in un mondo che non ci dà ragioni per difenderlo, ma piuttosto ci obbliga con il ricatto a sottostare alle sue regole. Chi prova ad interrogarsi su come funzionano le cose, o addirittura vorrebbe porsi l’ambizione di contare qualcosa nelle scelte che ci riguardano, allora diventa pericoloso.
Nel corteo di ieri sono stati innumerevoli gli interventi, soprattutto di giovanissimi che esprimevano con chiarezza il bisogno di esprimere la propria voce in quella piazza: tanti ragazzi e ragazze di seconda generazione hanno parlato della condizione dei figli di chi è arrivato in questo Paese in cerca di fortuna «…noi andiamo bene finchè continuiamo a dire “sì padrone”, ma ora vogliamo poter dire no, questo lavoro sottopagato non lo faccio» e ancora, «io lo capisco che il padre di Ramy non sia d’accordo con quello che facciamo, nemmeno mio padre sarebbe d’accordo. Loro sono venuti qua a cercare opportunità, avevano speranze, ma per noi è diverso, vogliamo il riscatto che ci spetta» e ancora «noi siamo dovuti andare via dal nostro Paese perché dei coloni francesi sono venuti da noi e ci hanno rubato tutto e ora sarebbe colpa nostra? No! Noi siamo le seconde generazioni e non vogliamo dover cancellare la nostra cultura per essere rispettati, non è possibile che la vita di un egiziano valga meno di una collana».
La manifestazione, partita da Porta Palazzo, ha sin da subito ingrossato le sue file muovendosi per le vie della periferia nord di Torino. Una volta raggiunto il commissariato delle Porte Palatine la rabbia ha prevalso: le mura di quel luogo per molti rappresentano ingiustizie e brutalità e per questo sono state sanzionate, i celerini hanno goffamente tentato di allontanare il corteo ma sono stati costretti ad indietreggiare e poi a ritirarsi. Vedendo la polizia intimorita, il sentimento che ha attraversato la piazza in quel momento è stato di forza. Il sentimento di potere è qualcosa che cercano sempre di sottrarci: vogliono la nostra debolezza per poterci governare più facilmente, ma, unendoci ci rendiamo conto che è possibile decidere noi per noi stessi.
Il corteo ha proseguito poi verso il centro cittadino, lasciando il segno sulla asettica vetrina di via Roma, emblema di un mondo perfetto e lussuoso, esponendo il volto di Ramy, perché tutti vedessero la faccia del pericoloso criminale che era giusto condannare a morte senza sentenza. In piazza Carlina , infine, si è verificato un ulteriore contatto con la caserma al quale la polizia ha risposto con numerosi lacrimogeni, senza riuscire nell’intento di disperdere il corteo che infatti è rimasto compatto e ha proseguito fino in piazza Vittorio, dove si è concluso con la promessa di vedersi ancora.
Abbiamo ripetuto parecchie volte che se vogliamo impedire che quello che è successo a Ramy capiti ancora, dobbiamo ostinatamente continuare ad opporci ad ogni ingiustizia, ad ogni abuso, dare voce a chi non ha voce e costruire un’alternativa concreta alla miseria che ci offrono spacciandola per “futuro”.
Che bruci la paura!
CON RAMY NEL CUORE
Da Csa Magazzino 47, Diritti per Tutti e Collettivo Onda Studentesca:

“GIUSTIZIA PER RAMY E FARES!
SABATO 11 GENNAIO ORE 17.00 PIAZZA VITTORIA A BRESCIA.
Dopo più di un mese dalla morte di Ramy è finalmente pubblico il video che conferma quello che sapevamo già: non è un incidente, Ramy è stato ammazzato a 19 anni dalle forze dell’ordine!
Sabato scendiamo in piazza per chiedere giustizia, perché questo è un omicidio di Stato e non possiamo stare zitti e zitte!
A fare le spese dei deliri securitari del Governo sono sempre le stesse persone: chi vive nei quartieri popolari, chi vive marginalizzat* nella povertà, chi lotta per una vita migliore, chi subisce ogni giorno razzismo e classismo!
A Milano nelle zone rosse, nella nostra città in nome del decoro, ovunque con il nuovo DDL sicurezza: si ostenta un nuovo modello di sicurezza dove si può essere uccisi a 19 anni dai Carabinieri!
Per noi la Sicurezza è solo una: casa, diritti e dignità per tutt*!
GIUSTIZIA PER RAMY E FARES!”
pc 11 gennaio - Ogni passo del governo Meloni in tutti i campi mostra la sua natura moderno fascista - Noi l'abbiamo detto dal primo momento
Questo ha segnato fin dal primo momento la nostra diversità di giudizio e di scontro col governo Meloni da altre realtà pur di lotta, pur rivoluzionarie, che vedevano solo la "continuità", sia pure in peggio, ma non coglievano la sua sostanza fascista, o non la coglievano adeguatamente al fine di cambiare la prassi di lotta, per una prassi che fronteggi questa situazione. Questa realtà solo in parte, solo in alcune forze comincia a cambiare - hanno dovuto "sbattere la testa contro il muro" più volte - ma ancora è inadeguata soprattutto nella comprensione delle conseguenze nella lotta di classe e nell'organizzazione degli strumenti necessari: Partito, fronte, forza militante
Su tutti i fronti sia interni che internazionali questa sostanza moderno fascista è emersa sempre di più, ultimamente rappresentata dal suo "comizio" sguaiato alla festa di FdI ad Atreju e l'altro giorno anche dalla sua conferenza stampa di inizio 2025 (in cui, c'è da dire, che le hanno dato bordone, adeguandosi allo stile imposto dalla Meloni, la maggiorparte dei giornalisti facendo domande scontate, su temi a lei più congeniali, piuttosto che incalzarla sulla azione del governo sulla grave condizione dei lavoratori, delle masse popolari, dei giovani, delle donne, sul genocidio a Gaza e la complicità dell'Italia con Israele, sull'aumento mai come ora dell'armamento per la guerra, ecc,).
Non sono emerse novità sostanziali, ma conferme sempre più oscene delle concezioni, delle politiche anti costituzionali, dei rapporti servili ultrareazionari della Meloni.
Per questo ad inizio anno pensiamo utile riprendere l'analisi che abbiamo fatto su questo stesso blog.
"Il nuovo Governo dei padroni le politiche che dichiara di voler portare avanti facevano già parte del Governo Draghi, ma ora rilevano chiaramente, senza alcuna mistificazione "sociale", le loro caratteristiche reazionarie, fasciste, dentro la logica della fase attuale di crisi/guerra del sistema del capitale.
Non si tratta affatto di un "governo nuovo" e "giovane": la maggiorparte dei ministri già faceva parte di precedenti esecutivi o dei sottoboschi ministeriali; Salvini, Berlusconi e i loro uomini e donne si
pc 11 gennaio - In piazza con la Palestina 66° corteo oggi - Massima partecipazione
pc 11 gennaio - Al governo Meloni e al suo partito fascista non basta il Ddl 1660 vuole licenza e impunità di uccidere per gli sbirri assassini!
da fanpage
Fratelli d’Italia vuole cambiare la legge che indaga gli agenti che sparano durante il lavoro
Dopo il caso del carabiniere di Rimini, indagato per aver ucciso un ragazzo.. Fdi sta pensando di cambiare la legge sull’uso legittimo delle armi da parte degli agenti.
A innescare la riflessione dentro il partito è stato il caso di Muhammad Sitta... ucciso da un carabiniere a colpi di arma da fuoco.
L'agente in questione, Luciano Masini è stato iscritto nel registro degli indagati con le ipotesi di eccesso di difesa o uso illegittimo delle armi. Un atto dovuto, come ha spiegato a Fanpage.it l'avvocato penalista Daniele Bocciolini, che serve a far partire tutti gli accertamenti del caso, inclusi gli esami autoptici e tossicologici, ma che tuttavia ha fatto storcere il naso a Fdi.
Tra le fila dei meloniani c'è chi pensa che la legge vada cambiata. A confermarlo, all'Huffington Post, è il capogruppo di Fdi alla Camera Galeazzo Bignami, che dice di star lavorando a più alternative.
Il capogruppo dubita che l'inchiesta sul carabiniere "fosse così doverosa" e anche il resto del centrodestra sembra condividere la stessa linea.
Ma come vuole intervenire Fdi? L'uso legittimo delle armi è disciplinato dall'articolo 53 del codice
pc 11 gennaio - Ramy è stato ucciso volontariamente dai carabinieri fascisti/razzisti
Ora lo Stato tenta di ammorbidire quello che è stato un vero e proprio assassinio, e la Procura di Milano parla di "omicidio colposo". I giovani che il 9 gennaio hanno manifestato per Ramy, contro i carabinieri assassini vengono chiamati "criminali", mentre il crimine dei carabinieri, che pure esultano per aver fatto cadere i 2 ragazzi, lo si vuole ridurre quasi ad un incidente stradale.
Dopo l'uccisione di Ramy e il grave ferimento del suo compagno, il governo ai giovani di Corvetto a cui è negato tutto, agli abitanti che devono vivere in un quartiere abbandonato, lasciato volutamente senza niente, al degrado, ha mandato nuove centinaia di carabinieri, che avranno come scopo solo quello di reprimere i giovani, le possibili rivolte.
Le masse popolari, i giovani immigrati devono assistere allo spreco provocatorio di ricchezza nella città tra le più importanti d'Italia, di interventi per rendere sempre più Milano città dei ricchi, del turismo, mentre a Corvetto, come in altri quartieri abbandonati, devono vedere anche uccisi i loro fratelli, i loro figli.
Il viceministro Salvini aveva detto al Tg2 Post: "vedere che ci sono carabinieri indagati per la tragica morte di un ragazzo mi fa male"; il ministro dell’Interno, Piantedosi aveva dichiarato: "anche per loro vale la presunzione di innocenza". Lo Stato, il governo Meloni dicono chiaro che il cuore di questo loro sistema sono carabinieri, polizia, altrimenti la loro Italia, l'Italia dei padroni, dei ricchi, degli speculatori, dei parassiti "crolla".
Senza giustizia non ci può essere, non ci deve essere pace! Noi tifiamo per rivolta. Tifiamo per una rivoluzione proletaria e popolare che cancelli questo sistema di oppressione, di morte.
Le manifestazioni di Torino e Milano del 9 gennaio - dalla stampa
https://www.torinotoday.it/video/protesta-ramy-elgaml-porta-palazzo-scontri-polizia.html
Assalto al commissariato di polizia di Torino. In circa 400 manifestanti sono partiti da Piazza della
venerdì 10 gennaio 2025
pc 10 gennaio - Non possiamo ora augurarci "buon anno"... Dobbiamo fare ciò che è necessario - Editoriale
Non sarà un buon anno. Padroni governo, Stato sistema capitalistico imperialista ci stanno preparando un brutto anno su tutti i terreni, sia quelli più diretti che riguardano le condizioni di vita di reddito, il lavoro sia sulle grandi questioni che hanno anche una ricaduta poi sul reddito e sulla vita e sul lavoro delle persone.
L'anno si è concluso con trattative a Roma per il settore auto in cui la fiera dei modelli di macchine che dovremmo tutti comprare nei prossimi anni è diventata un numero incredibile, fermo restando che non si potranno comprare e che la sostanza, come scrivono i loro stessi giornali, sono i posti a rischio per 25.000 operai. La risposta alla crisi energetica c'è la dice poi il Ministro Urso “senza energia non si cresce. In Italia si tornerà il nucleare”, quindi ci ripropongono il nucleare.
Chiaramente tutti sappiamo che c'è un solo settore che non patisce crisi, anzi sembra che sia il momento di fare i soldi come non li hanno mai fatti, ed è il settore delle armi per cui ci sono record di ordini, di profitti, cresce la produzione soprattutto in Asia ed Europa, le importazioni di armi in Europa sono raddoppiate negli ultimi 5 anni, la Leonardo fa ricavi per 15 miliardi, e ha ordini record per 18 miliardi e a livello europeo, crescono le grandi industrie delle armi, la Saab svedese, la Rheinmetall AG tedesca considerata la più grande in Europa. Il Sole 24 ore informa che i miliardari mondiali raddoppiano il patrimonio.
Questa è la realtà su cui i proletari, le masse popolari si trovano a misurarsi. Ed è evidente che nel prossimo anno questa tendenza deve andare avanti.
La Meloni ha aperto l'anno andando a fare la visita a Trump. La Meloni è un prodotto particolare di questo sistema capitalista/imperialista, che ha bisogno in questo periodo di certi politici. I giornali di destra hanno scritto: la Meloni ha conquistato Trump. Si tratta di una barzelletta, è come la pulce sull’elefante che pensa di essere l'elefante. Questo è anche il rapporto della Meloni con Elon Musk che ora vuole fornire sistemi di sicurezza nelle comunicazioni degli Stati che dovrebbero coprire tutto il mondo, e per l'Italia si parla di un contratto da 1,5 miliardi per usare Starlink nelle comunicazioni protette di esercito e servizi segreti; un ultra miliardario americano che grazie alla vittoria di Trump è diventato una sorta di padrone del mondo non certo virtuale, anche se è in nome dell'intelligenza virtuale che ha fatto i miliardi e che continua a farli.
Queste cose ci danno la visione diretta di quello che sta avvenendo e di quello che avverrà.
Qui non si tratta di essere ottimisti o pessimisti, ma di capire che siamo ancora inadeguati ad avere un movimento di lotta e di organizzazione dei proletari, a costruire una risposta dei proletari a questa situazione.
Siamo stati contenti che c'è stato lo sciopero generale il 29 novembre, indetto da Cgil e Uil. Siamo sempre in prima fila quando sindacati di base, che sono una forza di minoranza nelle file del movimento operaio e proletario, indicono iniziative di lotta, poi là dove siamo presenti facciamo di tutto perché ci siano delle lotte. Però siamo di fronte a un rapporto di forza largamente squilibrato per i livelli di organizzazione che abbiamo. Non esiste un sindacato di classe che unisca la parte più rilevante dei lavoratori; il tipo di forza che siamo in grado di mettere in campo come movimento proletario e delle masse popolari non è assolutamente adeguata al grado di lotta necessaria oggi in cui il sistema capitalista mostra le sue caratteristiche peggiori. Sempre abbiamo detto che il capitalismo è sfruttamento, miseria, precarietà, guerra, razzismo, repressione, tagli dei servizi sociali, ecc, questo lo potremmo dire sempre, però poi al peggio non c'è mai fine, per cui in ogni fase è come se vedessimo che c'è qualcosa di ancor peggio che deve arrivare. L'unica vera “speranza” è che a un certo punto tutto questo sia la scintilla che incendia la prateria. Perché senza una scintilla che incendia la prateria, senza costruire la forza necessaria per rovesciare governo, Stato, questo sistema, non c’è soluzione. Noi dobbiamo fare la rivolta sociale – di cui ora è costretto a parlare il demagogo, Landini – ma che diventi una vera rivoluzione, con “morti e feriti”. Perché i morti e feriti in tempi di pace ci sono eccome, perché sono falsi tempi di pace; a livello mondiale ci sono guerre che si estendono ovunque, dove muoiono migliaia e migliaia di persone, c'è il genocidio del popolo palestinese, ci stanno i morti sul lavoro, ci stanno gli effetti devastanti della crisi che producono le malattie e perfino le pandemie. Quindi i morti, i feriti ci sono e normalmente sono nostri, e i profitti sono loro. Allora ci sarà il tempo che i morti, i feriti siano loro e il cambiamento sociale, il miglioramento reale della vita delle persone, siano nostri?
Noi lavoriamo tutti i giorni, si fanno lotte, piccole, grandi, si cerca di resistere, di strappare condizioni migliori per i lavoratori, si fanno anche le manifestazioni, però non costituiscono quella massa critica necessaria per opporre a questo sistema l'anti sistema, la rivolta sociale, la rivoluzione. E sbagliato pensare che ci siano soluzioni in questo sistema. E sbagliato dire: sì, però la rivoluzione non si può fare; è sbagliato pensare che è meglio accontentarsi di quello che si riesce a strappare piuttosto che pensare alla rivoluzione. Questo è falso. La rivoluzione è l'unica soluzione. Chiaramente le rivoluzioni si costruiscono; la costruzione della rivoluzione non vuol dire scioperi che diventano sempre più grandi. Non è una cosa che puoi pianificare a tavolino in una sede.
Noi abbiamo da costruire il partito della rivoluzione, abbiamo da costruire il fronte delle forze che vogliono fare la rivoluzione, abbiamo da costruire la strategia, la tattica, gli strumenti per farla, gli strumenti della lotta rivoluzionaria. Abbiamo da fare questo.
Certo anche la costruzione del partito comunista rivoluzionario ha avuto un processo di degrado. Il più grande partito, il Pci, che era partito bene è finito male, fino a sparire. Il partito comunista che storicamente ci ha guidato nell'unica rivoluzione che alla fine questo paese ha fatto, la Resistenza, che è stata una vittoria sul fascismo temporanea, in una prospettiva di rinascita e trasformazione sociale che poi non è continuata, è stato lo stesso partito che il giorno dopo ha amministiato i fascisti, è andato al governo coi democristiani, ha dato linfa al sistema capitalista, dicendo che l’Italia sarebbe uscita per sempre dal fascismo, dalle guerre, che avremmo avuto una vera democrazia… e ci troviamo con la Meloni. Quindi, il partito comunista è stato il fattore di vittoria e il fattore di sconfitta. Berlinguer ha perseguito la via del “compromesso storico” e su questa base ha pensato di alleare i partiti, che sarebbero stati resi più deboli dalla forza del partito comunista, per pilotare verso un nuovo governo, ma è il partito comunista che muore e non la democrazia cristiana.
In questo scenario si è provato un movimento rivoluzionario per rovesciare lo stato delle cose, e in quel periodo sono nati tanti gruppi rivoluzionari, sono camminate delle teorie, posizioni, pratiche, si sono ottenuti anche dei risultati: lo statuto dei lavoratori, nelle fabbriche sono nati i consigli di fabbrica, scuole sicuramente migliori, il sistema sanitario nazionale, ecc; cioè tutta una serie di conquiste, non certo il mondo che vogliamo, che però si sono ottenute con un movimento "rivoluzionario", a dimostrazione che quando si lotta per la rivoluzione si ottengono anche delle riforme momentanee.
Quindi tutti coloro che dicono che l'obiettivo delle lotte non è la rivoluzione, non è vero che ottengono salari, case, lavoro, non è vero che difendono l'esistente, lo perdono.
Certo nel 68/70, ci abbiamo provato e siamo stati sconfitti. Bisognava ricostruire un partito comunista, bisognava ricostruire la lotta armata. che vi è stata in parte perché in quell'anno sono nate le Brigate Rosse che raccoglieranno 4000 operai delle grandi fabbriche.
Ma non bastava. Occorreva il partito comunista, occorreva un fronte unito, che tutto il movimento rivoluzionario avesse trovato una strada unica per poter combattere questo sistema. Abbiamo avuto errori nelle file del nostro movimento, perché ogni movimento quando nasce si sviluppa, fa 1/2 cose buone, altre sbagliate; ma è normale, chiunque nella vita, pure nella sua vita quotidiana, sa bene che è così. Però allora la borghesia, il sistema imperialista si sono presi paura. Se il 68, il 69, l'autunno caldo avessero vinto, si sarebbe fermata la macchina distruttiva che oggi ci fa parlare di nuova guerra mondiale, ci fa parlare di moderno fascismo, ci fa parlare di morti sul lavoro, di persone che non si possono curare, che vanno al pronto soccorso e non devono essere assistite, ci fa parlare di una marea di femminicidi, ecc. ecc.
Noi vogliamo ricostruire quella situazione in condizioni che sicuramente sono diverse, ma è lo stesso sistema che sta creando le condizioni. Per ricostruire devi distinguere anche le cose giuste e le cose sbagliate che in quel movimento ci sono state. Era ed è sbagliata per esempio la concezione delle organizzazioni combattenti di colpire nel mucchio, gli attentati non risolvono il problema, se non ci sono le masse tu non puoi realmente vincere contro gli eserciti dello Stato borghese - e questa chiaramente è una lezione che i compagni delle Brigate Rosse hanno pagato sulla loro pelle - E poi ci sono lezioni per tutti, per potere capire cosa dobbiamo fare e cosa non dobbiamo fare.
Oggi c'è bisogno di ripartire da dove abbiamo lasciato.
Bisogna rifare il Partito e lo devono rifare i lavoratori. I lavoratori che in qualche maniera stanno già in movimento, si stanno già organizzando. Tanti lavoratori stanno cercando in maniera un pò confusa di costruire l’organizzazione. Ma è necessario che i lavoratori uniscano pratica e teoria, si leggono gli opuscoli della Formazione operaia, seguano la Formazione marxista, seguano il giornale parlato e stampato della Controinformazione rossoperaia; perché la formazione è decisiva, ci vuole lo spirito di lotta, la coscienza, ma anche la formazione. Perché noi dobbiamo capire bene le cose, non basta che ci arrabbiamo, abbiamo a che fare con personaggi sempre peggiori il cui scopo è fermare la rivoluzione.
I cosiddetti “decreti sicurezza” puntano a vietare lo sciopero, a colpire le manifestazioni, a impedire che gli studenti si muovano per la Palestina, a creare una situazione in cui la minaccia della repressione, del carcere faccia da deterrente. Lo Stato borghese si organizza per reprimere la possibilità di una rivoluzione. Lenin diceva: la borghesia vede dietro ogni sciopero l'idra della rivoluzione, e colpisce non tanto per l’azione in sé – e oggi i lavoratori stanno chiedendo obiettivamente, nelle lotte che fanno, davvero poco: rinnovare un contratto di lavoro, ecc., eppure la borghesia sa che quando i lavoratori si mettono in moto, quando tra di loro c'è chi ha idea di quello che bisogna fare, allora dietro ogni sciopero vede l'idra della rivoluzione, pensa che questa forza virtuale può diventare una forza materiale che permetterà a noi di marciare dal piccolo al grande. Questo è accaduto nella lotta partigiana ed è stato così ovunque, nella grande rivoluzione d'ottobre in Russia e così via.
Noi oggi dobbiamo puntare alla rivoluzione. Dobbiamo continuare a fare tutte le lotte che stiamo facendo, ma dobbiamo puntare alla rivoluzione. E quindi dobbiamo organizzarci in partito. Un partito che comprende la formazione che comprende i piccoli passi, perché senza piccoli ma determinati passi non si può crescere. Dobbiamo trasformare la quantità in qualità, si devono organizzare coloro che oltre ad essere i primi nella lotta indicano pure gli strada a tutti quelli che stanno dietro.
Lo stesso capitalismo sta spingendo alla lotta più generale, politica. Il capitalismo oggi è feroce con i suoi governi, ma sta dando a noi l’opportunità perché nelle file delle masse ci siano i suoi “becchini”. Perché il proletariato che nasce col capitalismo è il "becchino" del capitalismo. Il soggetto collettivo che lottando per la trasformazione trasforma anche se stesso, cioè diventa capace e impara a nuotare nuotando, come dice Mao.
Ecco, questo lavoro dobbiamo fare, e quest'anno dobbiamo fare un passo in avanti su questo lavoro. Naturalmente auspichiamo che tutti i compagni di altri gruppi, di altre realtà facciano questo lavoro, se lo faranno ci troveremo tutti insieme. Dobbiamo contare sulle nostre forze, e contare su tutti coloro che fanno un lavoro simile. Questo è il passaggio in più che dobbiamo fare per l'organizzazione del partito della rivoluzione portando in tutte le lotte la possibilità, la crescita, non solo numerica ma della coscienza, della nostra capacità. Questo dobbiamo farlo quest'anno. Fra un anno diremo se abbiamo fatto passi avanti.
Quest'anno, quindi, non solo bisogna lottare di più, legare la lotta economica alla lotta politica contro governo, Stato, sistema del capitale, ma bisogna studiare di più per migliorare la nostra formazione *, per trovare insieme la strada.
Se facciamo un decimo di tutto questo, pensiamo che questo sarà un buon anno. E questa volta il buon anno ce lo diremo alla fine.
* Il professor Di Marco è un professore che viene a spiegare le leggi reali del capitalismo. I professori normalmente fanno ben altro; nelle università si ingrassano, sfruttano i ragazzi a fare le ricerche e poi loro le pubblicano, e a volte usano l'università per collocarsi poi nella politica e negli affari. Ma ci sono quelli che non lo fanno e che vengono invece tra i lavoratori a parlare di Marx, parlandone a “livello universitario” perché non sta scritto a nessuna parte che agli operai devi fare la “pappardella”, gli devi dire cose che già sanno. Di Marco rispetta la lotta dei lavoratori, ed è contento quando sta con loro. Lui che sta aiutando i lavoratori a trasformarsi, ne viene trasformato. Negli anni 70, nel famoso Autunno caldo, è successo che tanti professori di questo tipo si sono posti al servizio della lotta degli operai. Questa storia è stata già fatta e quindi se si è fatta si può rifare.
pc 10 gennaio - Trascrizione della importante intervista fatta da ORE 12 ad Hannoun API pubblicata in audio il 22/12 - Segue una breve nota di proletari comunisti
Redazione ORE 12 Controinformazione rossoperaia - La lotta per la Palestina è di fondamentale importanza oggi per la lotta dei popoli e dei proletari nel mondo, per questo vogliamo portare con questa controinformazione rossoperaia settimanale, rivolta in primis ai lavoratori e alle masse popolari italiane, quella che è la situazione oggi nel contesto internazionale e i suoi riflessi in Italia. Ci vogliamo rivolgere ad esponenti palestinesi attivi nel nostro paese e che, nelle varie forme, sostengono la Resistenza del popolo Palestinese, per avere una loro opinione diretta su questa situazione.
Ne parliamo, oggi 19 dicembre 2024, con Muhammad Hannoun dell’Associazione Palestinesi in Italia (API) promotore e attivo da subito, dopo il 7 ottobre, delle mobilitazioni che ininterrottamente ogni sabato si sono tenute a Milano, nella Milano Palestinese e proprio anche per questo è stato colpito da un foglio di via della questura che gli impedisce di partecipare a Milano e inoltre è da tempo sotto pressione col tentativo di criminalizzare appunto la solidarietà alla Palestina, al popolo palestinese portata avanti da sempre dall'Associazione Onlus di Genova. Lo ringraziamo e vogliamo chiedere direttamente a lui di entrare un po' nel merito di alcuni punti.
Il primo punto riguarda la continuazione del Piano genocida di Netanyahu che vuole andare avanti per la distruzione della Resistenza e del Popolo palestinese e quindi secondo noi è necessario rispondere con l'unità e la continuazione della Resistenza, su questo vorremmo appunto capire com'è la situazione oggi. Anche alla luce di quello che sta emergendo in queste settimane sulla stampa in cui si parla di un “accordo” tra Fatah e Hamas per amministrare Gaza e quindi come sia appunto importante la gestione unitaria della situazione e l’alleanza tra le forze della Resistenza per fronteggiare lo stato attuale dell'aggressione oggi.
Anche in funzione di continuare la mobilitazione e la solidarietà internazionale e nazionale, ovviamente attraverso l’unità ma su delle parole d'ordine chiare a sostegno della Resistenza fino alla Vittoria, fino a uno stato palestinese dal fiume al mare, è proprio su questo punto che non ci possono, dal nostro punto di vista, essere divisioni ed è necessario proseguire a estendere la solidarietà anche tra i lavoratori e le masse che, necessariamente, si devono ancora mobilitare nel nostro paese.
Hannoun - Ciao carissimo, allora rispondo per punti, il primo punto è sul genocidio in corso nella Striscia di Gaza e sulla continuazione della resistenza a cui stiamo assistendo. Questo genocidio che ormai ha fatto circa 15 mesi, siamo alla 63° settimana del genocidio che rappresenta un record nella storia dell'occupazione nazi-sionista dei territori palestinesi, questo genocidio io lo vedo in tre direzioni
giovedì 9 gennaio 2025
GIUSTIZIA PER RAMY: Mobilitazione a Torino e Milano - Massima partecipazione
MILANO: GIUSTIZIA PER RAMY E FARES. CORTEO GIOVEDÌ 9 GENNAIO, ORE 18 IN PIAZZA XXIV MAGGIO
Da radio onda urto - La Procura di Milano valuta di contestare a uno o più carabinieri l’omicidio volontario con dolo eventuale nel caso di Ramy, il 19enne ucciso a novembre in via Ripamonti, dopo le immagini del tg3 che mostrano chiaramente lo speronamento volontario della gazzella contro lo scooterone, provocando così la morte di Ramy e il grave ferimento dell’amico Fares.
Oggi sarà effettuata la copia forense del telefono di Omar, testimone minacciato dagli stessi carabinieri affinchè cancellasse i video di quanto accaduto.
Per Ramy e Fares presidio oggi, giovedì 9 gennaio alle ore 18, a Milano in piazza XXIV Maggio. “Giustizia per Ramy e Fares, la vostra sicurezza uccide, la polizia uccide”, queste le parole d’ordine della chiamata milanese alla piazza, lanciata dal collettivo Rebelot
L’iniziativa è nata dall’esigenza di risposta immediata dopo la diffusione dell’inchiesta che ha rivelato come Ramy Elgaml sia stato ucciso dalle forze di polizia schiacciato contro un cartello stradale.
“Ci siamo subito mobilitati a sentire le persone vicine a Ramy e Fares e abbiamo organizzato questa chiamata per amplificare le notizie e chiedere giustizia e verità” commenta, ai microfoni di Radio Onda d’Urto, Chiara Martinelli del collettivo Rebelot, una delle realtà organizzatrici.
L’appuntamento di oggi in Darsena è solo il primo passo, infatti è prevista un’altra manifestazione sabato 11 gennaio, ore 17.30, con un corteo da piazza San Babila indetto da Centro Sociale Cantiere e Coordinamento Antirazzista Italiano.
L’intervento ai microfoni di RadIo Onda d’Urto di Chiara Martinelli, compagna del collettivo Rebelot di Milano. Ascolta o scarica
Venezia: L’ateneo veneto nega ad Amnesty International la sala per la presentazione del rapporto sul genocidio a Gaza
Amnesty International Italia si è vista ritirare – a 2 giorni dall’appuntamento pubblico del 9 gennaio – la concessione di una sala da parte dell’Ateneo Veneto, per la presentazione pubblica di un rapporto redatto dall’associazione. La ricerca, con numerosi elementi e testimonianze, ha infatti portato Amnesty alla conclusione che Israele “ha commesso e sta continuando a commettere genocidio nei confronti della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza occupata”.
“Siamo profondamente rammaricati per non aver potuto presentare, nella più importante e antica istituzione culturale di Venezia, un rapporto di ricerca su un tema all’esame della Corte internazionale di
mercoledì 8 gennaio 2025
65° sabato di mobilitazione a Milano in solidarietà al popolo palestinese e alla sua Resistenza
La manifestazione si è tenuta a Sesto San Giovanni per due ragioni:
Primo per permettere la presenza di Hannoun, secondo perché lì si teneva un incontro sulla crisi sanitaria a Gaza.
Il corteo ha attraversato le strade dell'ex Stalingrado d'Italia, dal centro alla stazione ferroviaria, con una partecipazione intorno ai mille solidali e arabo/palestinesi.
Gli interventi si sono concentrati, principalmente, su 3 questioni:
la denuncia dell'azione infame dell'ANP contro la resistenza del popolo palestinese;
la denuncia del genocidio nazi/sionista col ruolo attivo di tutte le potenze occidentali, Italia compresa;
l'appello all'unità di tutte le forze palestinesi in difesa della Resistenza contro il sionismo, l'imperialismo, i traditori dell'ANP e i paesi arabi.