La ripresa oggi dello studio del
"Che fare?" è niente affatto una mera rilettura, ma un uso
vivo e combattente oggi nella fase che stiamo attraversando.
Non bisogna - dice
Lenin – “staccare
lo scritto del Che fare? dal contesto di una situazione storica
determinata, di un periodo determinato".
Oggi
questa ripresa è
necessaria per combattere l'economismo, in tutte le sue sfumature e
varianti, sia all'esterno dove la lotta/critica la facciamo e la
dobbiamo fare sempre più in maniera pubblica e continua (soprattutto
dell'economismo più a sinistra), sia al nostro interno per
comprendere che significa e che comporta in termini di cambiamenti
essere comunisti, impegnati per la costruzione del partito, essere
propagandisti politici.
In
questo lavoro critico la
lotta contro le sfumature è ancora più necessaria, perché le
sfumature agiscono nel nostro stesso campo e sono più difficili da
smontare, ma anche più pericolose perché equivoche, perché
appaiono rivoluzionarie e anche comuniste.
Da
dove partiamo.
“Il
socialismo – scrive
Lenin nel “Che fare?”
- come dottrina ha le sue radici nei rapporti economici, ma
socialismo e lotta di classe sorgono da premesse diverse;
la scienza socialista sorge da profonde cognizioni scientifiche”.
Ogni
sottovalutazione della funzione dell’”elemento cosciente”,
della funzione dei
comunisti significa un
aumento dell’influenza dell’ideologia borghese sugli operai.
Non
fare una costante lotta di posizione, politica, teorica e a volte
pratica impedisce di far sedimentare le posizioni
marxiste-leniniste-maoiste, e quindi, il nostro lavoro rischia di
diventare inutile o,
peggio,
essere utilizzato dall’opportunismo, movimentismo.
Il
fronte unito con altre forze se non è costruito in questo modo vuol
dire consegnare il lavoro rivoluzionario al riformismo, alla piccola
borghesia.
Tanti
rivoluzionari non dicono: “No
alla lotta politica, ma pensano che la politica segue sempre
docilmente l’economia e che la lotta economica è inseparabile
dalla lotta politica”,
o che sul terreno della lotta economica occorra sviluppare la lotta
politica.
Ma
– come dice Lenin - “il
movimento di massa ci pone nuovi compiti teorici, politici e
organizzativi molto più complessi”.
Occorre rispondere ai compiti più complessi, altrimenti
accompagniamo semplicemente la realtà così com’è.
"Non
adempiremmo il nostro compito di sviluppare la coscienza politica
degli operai se non ci incaricheremo di organizzare la denuncia
politica dell'autocrazia in tutti i suoi aspetti. Ma per fare
dell'agitazione sulle manifestazioni concrete dell'oppressione, non è
forse necessario denunciare queste manifestazioni (come per condurre
l'agitazione economica bisogna denunciare gli abusi commessi nelle
fabbriche)?".
Questo
pezzo chiarisce in maniera chiara, senza equivoci che significa
"sviluppare la coscienza politica".
Lotta contro l'economismo - La denuncia politica
Noi
cerchiamo di fare questo quando, per esempio, portiamo la denuncia di
Cospito agli operai, alle fabbriche, nei posti di lavoro, quando
denunciamo ogni aspetto della politica del governo (sulla giustizia,
gli immigrati, sul fronte culturale, ecc.) anche quelli che non
toccano direttamente gli operai, quando chiamiamo gli operai a
schierarsi.
Economismo
è abbassare il livello della denuncia ai soli fatti che toccano
direttamente le condizioni degli operai; quando si pensa, e si scrive
in modo che “tutti i salmi” debbano per forza “finire in
gloria”;