Che brutta cosa, compagni, lavoratori, lavoratrici, proletari, disoccupati, precari, riprendere la stagione della Controinformazione rossoperaia parlando di una strage, di una strage di operai: 5 operai - Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Aversa, Kevin Laganà, Giuseppe Saverio Lombardo - sono stati assassinati, diciamo la verità, e quando ne muoiono 5 tutti insieme vuol dire che c'è una strage, non c'è altra parola per definirla.
Il ricordo è andato subito alla strage della Thyssen con gli operai bruciati. Anche allora “tragica fatalità”, “errori umani”, eccetera eccetera.
In verità da una strage all'altra sono passate mini-stragi, da una strage all'altra una catena di morti sempre più numerosa, sempre più articolata. Si è morti in tutte le maniere possibili sui posti di lavoro, sui cantieri, nelle cisterne assassine, nelle fabbriche. Si è morti come punte di un iceberg di una catena continua di infortuni sul lavoro. Si può dire che una parte rilevante della classe operaia, dei lavoratori precari, disoccupati - tra cui oggi tanti operai immigrati, e in altre occasioni donne operaie, quelle poche
che fanno lavorare nelle fabbriche rispetto al loro diritto ad avere lavoro ovunque, come emancipazione e come appartenenza a una classe che è la maggioranza della società - è morta per il lavoro.No, noi diciamo che non si poteva evitare, perché finché c'è questo sistema, queste regole del gioco, le stragi operaie saranno sempre all'orizzonte! E quindi dobbiamo per forza occuparci sia degli operai che muoiono sia degli operai che vivono, perché come classe, come lavoratori, tutti insieme, affermiamo che non si può muorire sul posto di lavoro, si lavora per vivere e non per morire.
Questi operai rappresentano tutti i lavoratori, non solo delle ferrovie ma dell'infinito universo del mondo del lavoro.
La loro vita, non solo i loro lavoro, e perfino la loro morte, ci dice la considerazione che la vita degli operai ha in questa società.
Di Michael Zanera la stampa scrive che faceva doppi turni e notti per accudire la madre malata. Di Giuseppe Sorvillo si dice che aveva ottenuto il contratto due giorni dopo una vita da precario, era contento di questo. Giuseppe Aversa, dopo trent'anni di lavoro duro, pesante e rischioso come quello del camionista, aveva trovato il posto in ferrovia, nell'appalto delle ferrovie, ed era contento di questo. Kevin Laganà, questa figura di giovane operaio di cui si dice: combatte sempre, Kevin amava tanto il suo lavoro, ne era fiero, dice la sua ragazza, era orgoglioso di essere operaio.
In questa società si deve correre per diventare ricchi, per servire i padroni, per mettersi a loro guinzaglio, per ottenere, al limite, una vita sempre uguale, per tutto il resto della propria vita, di sfruttamento o, al massimo, di quella carriera interna ai posti di lavoro, fatta di carrierismo e di lecchinaggio, fatta per servire meglio i padroni. Fuori dal mondo del lavoro c'è il mondo dei padroni, dei ricchi, c'è il modo di produzione capitalistico, c'è chi lavora per sfruttare i lavoratori e arricchirsi e sprecare i propri soldi e c'è chi invece deve portare a casa, sempre con più difficoltà, il pane quotidiano.
Questo orgoglio operaio va rivendicato ma va trasformato in lotta, in orgoglio di una classe che con la lotta ha cambiato le cose.
Quando la classe operaia ha lottato - pensiamo agli anni ‘70, ma pensiamo a un secolo di lotte operaie che hanno portato a diritti e a cambiamenti, ebbene negli anni ‘70, nell'autunno caldo, gli operai hanno conquistato grosse cose: lo Statuto dei lavoratori, ad esempio, ma soprattutto hanno trasformato questo orgoglio di classe, orgoglio operaio, che è giusto chiamarlo coscienza di classe, in forza materiale, hanno sconfitto i padroni e li hanno messi in pericolo, li hanno impauriti, e anche sul fronte della salute e della sicurezza ci sono state delle conquiste che avrebbero dovuto essere difese e invece sono state rimangiate dai padroni e dal capitalismo.
Orgoglio operaio significa organizzazione della lotta operaia per fare dell'orgoglio operaio una voce che rivendica il potere dei lavoratori, il potere sulla loro vita, il potere su posti di lavoro, sull'intera società. Perché è il potere operaio, in realtà, la soluzione.
Noi siamo favorevoli e sosteniamo tutti gli scioperi e le manifestazioni che ci sono state immediatamente dopo la strage, così come sosteniamo la manifestazione oggi (ieri) a Vercelli. Però segnaliamo in particolare quegli scioperi sentiti dei lavoratori sui posti di lavoro che fanno una giusta denuncia, come quello degli operai della Tenaris Dalmine.
“Nelle fabbriche, nei posti di lavoro - dicono questi operai - non ci sono incidenti e fatalità. Il modo di produzione capitalista è il sistema scientifico di sfruttamento dei padroni che usa e consuma i lavoratori come una merce, giorno dopo giorno, al minor costo possibile e in ogni condizione, morti comprese, per il profitto. I tagli alla manutenzione, alle spese per la sicurezza, alla formazione, i tagli ai posti di lavoro, i ritmi più pesanti, gli appalti, il precariato, i bassi salari aumentano di molto i fattori di rischio sicurezza. Solo chi accetta questo sistema parla di “incidenti” ogni volta che un lavoratore viene ucciso.
Così come ci uniamo alle denunce che fanno le altre Reti e associazioni che si occupano di morti sul lavoro.
Nel sistema delle ferrovie si è generalizzata con la privatizzazione, la caccia al massimo profitto, la trasformazione di un servizio pubblico in un servizio ai "clienti" gestito con la logica del capitalismo e dello sfruttamento. E’ in questo sistema che ci sono gli appalti, i subappalti; in questo sistema si chiede ai lavoratori di fare tutto velocemente, superando limiti che sono dati dalla fatica fisica e anche dal tipo di organizzazione del lavoro necessario per farlo.
La tecnologia viene utilizzata per i treni ad Alta Velocità: si dice qui che basta un uccello che si posa sul treno perché il sistema di Alta Velocità lo segnali e lo consideri un pericolo per la sicurezza. E invece qui si è potuto completamente ignorare che vi erano degli operai sui binari, e anzi, nei treni secondari che non siano quelli dell'Alta Velocità, il fattore della presenza delle persone sui binari non viene rilevato e quindi rende questo tipo di strage sempre possibile.
Il sistema di appalti e di subappalti è all'insegna del massimo sfruttamento, in cui i lavoratori stessi per tutelare il lavoro si sentono obbligati a fare tutto più rapidamente possibile senza tutta la dovuta attenzione, che in questo caso è necessaria rispetto ad un lavoro molto pericoloso.
La nuova legge sugli appalti , che bypassa, elimina ogni freno alle pastoie burocratiche, fa sì che non questi appalti non solo vengano assegnati in generale al massimo ribasso ma anche vengano assegnati con sistemi che sono aperti alla corruzione, alla malavita.
E che dire del Ministro del Lavoro che attualmente è la ex presidente dell'Ordine consulenti sul lavoro? I consulenti sul lavoro svolgono, per loro funzione, un lavoro di supporto ai padroni per cercare di aiutarli a eludere le leggi, a ridurre i costi, a rendere possibili maggiori profitti, con i tempi di lavoro sempre più alti e costi di lavoro sempre più bassi. E’ evidente che chi consiglia ai padroni di come aggirare le norme di sicurezza è l'ultima persona che può trattare, aiutare a migliorare le condizioni di sicurezza sui posti di lavoro. E’ cinica la presenza di questo ministro.
La Meloni si è ben guardata di andare nel luogo della strage, nella sua estate di vacanza prolungata. Parla ora di “educazione” e di “formazione “e così via, tutte parole vuote che coprono le responsabilità dei padroni e indirizzano in un certo senso le stesse inchieste della magistratura: “errore umano”, “sistemi di comunicazione che non funzionano” e così via.
Questa strage farà la fine di tutte le altre stragi - tranne alcune - in cui i responsabili sono gli ultimi lavoratori o il capo della catena del comando? Inchieste che servono spesso per coprire le responsabilità dei padroni e laddove questa inchieste sono andate un po' più a fondo con condanne dei padroni, basti pensare all’Eternit, alla stessa inchiesta della Thyssen, i padroni se la sono cavata alla grande con le prescrizioni, con processi lunghi che non finiscono mai, con magistrati spesso messi in condizione di non nuocere pur di non colpire i padroni assassini.
Padroni assassini nelle ferrovie come in tutti i posti di lavoro: pensate a fabbriche come l'ex ILVA di Taranto dove anche quest'estate vi è stata la morte di un giovane operaio dell'appalto portuale per ragioni che sono simili a quelle per cui muoiono i lavoratori nelle ferrovie e per cui sono morti questi cinque lavoratori.
Il problema è, certo, incentivare tutte le forme di lotte, di pressione perché giustizia sia fatta, ma la giustizia in questo sistema non può essere realizzata da questo sistema perché esiste la giustizia di classe, il criterio che la guida è non mettere in discussione il potere dei padroni, dei governi e dello Stato al loro servizio. Le leggi vengono applicate solo nella misura in cui non colpiscono i padroni e il modo di produzione che li ha prodotti.
Per questo di fronte a queste stragi bisogna pensare ad una alternativa reale. L’alternativa reale è mettere in discussione, il sistema in modo di produzione capitalistico, lo Stato, il governo a loro servizio. L’ alternativa reale è la Rivoluzione, è cominciare un movimento di lotta fuso con le condizioni generali dei lavoratori che consideri effettivamente la morte sul lavoro la massima manifestazione del modo produzione capitalistico che mette al primo posto il profitto e non la vita degli operai e che apra una lotta per una società, per un potere, per uno Stato che metta la vita degli operai al primo posto e abolisca la "legge" del profitto e dello sfruttamento.
I sindacati non sono la soluzione, il sindacalismo confederale non è la soluzione ma è una parte del problema, è il sindacalismo complice, collaborazionista e collaborativo col padrone che produce la violazione dei sistemi di sicurezza. Perfino gli RLS che la legge stessa chiama a tutelare le condizioni dei lavoratori, quando non sono repressi e colpiti dai padroni e messi in condizioni di non nuocere - ci sono su questo tanti esempi che si sono sviluppati in questi anni su scala nazionale - spesso non servono; il sistema delle elezioni degli RLS, in realtà di nomina da parte delle segreterie confederali che mettono in questo ruolo non certo lavoratori che si siano particolarmente distinti per la tutela della sicurezza sul posto di lavoro, per la loro contrapposizione al padrone, per la loro attenzione massima - anzi, quando questo è avvenuto spesso gli stessi RLS sono stati messi da parte dai sindacati - ma i sindacalisti trombati, potenziali funzionari che non sono riusciti ad essere eletti nelle RSU.
Per non parlare delle ferrovie dove da tempo le organizzazioni sindacali dei macchinisti denunciano il sistema di riduzione del rischio della sicurezza che si è generalizzato in questi anni - e questa strage degli operai sui binari è l'ultima della catena di stragi che ha visto morti non solo di lavoratori ma molto spesso anche di passeggeri di questi treni o delle popolazioni vicino alle ferrovie, pensiamo alla strage di Viareggio.
In tutto questo quadro è evidente che noi dobbiamo ancora una volta alzare il tiro, non solo della denuncia ma anche delle forme e delle organizzazioni, questa volta.
In questo senso la Rete nazionale per la sicurezza, di cui la trasmissione parlerà a parte, è uno degli strumenti necessari per rilanciare oggi per fronteggiare quotidianamente questo problema.
Ma quotidianamente bisogna riorganizzarsi per cambiare radicalmente questa società, per mettere fine all'orrore di operai sbrindellati su binari. Per mettere fine all'orrore senza fine, serve mettere fine alla società che li produce, al sistema, al modo di produzione, significa organizzarsi per un'alternativa sociale, politica, di sistema, e questo richiede la riorganizzazione di tutti gli strumenti dei lavoratori.
Per onorare queste morti, per gridare forte “mai più” bisogna costruire gli strumenti perché tutto questo si renda necessario e ne dovremmo parlare tutti i giorni nella Controinformazione rossoperaia e in ogni azione che da essa discende sui posti di lavoro, sui territori.
Per 5 operai, come tutti gli altri, come tanti operai, come la maggioranza degli operai, non è stato dichiarato nessun lutto nazionale.
Ecco, ancora una volta si presenta il problema di una società, di un sistema, di un governo, di uno Stato, per cui i lavoratori, vivi, morti, non contano niente, le loro famiglie, le loro storie, le loro aspirazioni, sono cancellate, azzerate, per affermare invece il potere della classe dominante.
Senza lotta di classe, senza guerra di classe, senza rovesciare questo sistema – ribadiamo - non si rende giustizia a chi muore sul lavoro, né ci si prepara a cambiare realmente le cose.
Nessun commento:
Posta un commento