sabato 12 febbraio 2011

pc quotidiano 13 febbraio - BRESCIA: Vile aggressione squadrista ai danni di tre antifascisti avvenuta la sera di giovedì 10 febbraio

Il gruppuscolo fascista Forza Nuova, espressione di sentimenti “quali la xenofobia, il razzismo, la violenza e l'antisemitismo” (pronunciamento della Corte di Cassazione del 10 febbraio 2011) e le formazioni quali Fiamma Tricolore e Casa Pound, dietro il paravento di ‘Brescia identitaria’, giovedì sera, hanno perpetrato una vile aggressione contro tre militanti ANTIfascisti.
Era in corso una loro parata di commemorazione, in città, in occasione dell'anniversario che ricorda i martiri delle foibe: forti di alcune decine, gli squadristi, provenienti anche da città e province limitrofe - affiancati dalle forze dell’ordine - armati di manganelli (di vari tipi e fogge) e tirapugni, con lo “stile” ed il “coraggio” che li contraddistingue, hanno aggredito una ragazza, colpendola sulla testa ed il viso con armi improprie e, dopo averla scaraventata a terra, con calci in tutte le parti del corpo.
A questo punto tre cittadine e due cittadini antifascisti hanno visto la scena e hanno cercato di intervenire in difesa della persona che stava subendo l'ignobile pestaggio.
Una di questi si è rivolta verbalmente ai fascisti, facendo notare l'assurdità di un pestaggio di venti uomini contro una donna. Uno degli aggressori, dopo averle gridato: “Troia, tu dovevi startene a casa”, le sferrava un potentissimo pugno, tant'è che è stata trasferita all'Ospedale Civile con urgenza. Assisteva a tutta questa espressione di “fascistissimo coraggio”, un'altro antifascista che interveniva nella situazione ma, colpito con calci e pugni finiva ripetutamente a terra. Gli agenti in borghese hanno assistito senza intervenire, e fintamente terrorizzati dai loro ‘alleati’, permettevano ai picchiatori di andarsene tranquillamente. Nessun fascista è stato individuato, fermato o denunciato. Hanno lasciato la piazza indisturbati tronfi della violenza scatenata contro due donne.
Il risultato di questo raid squadristico è di due antifasciste ricoverate al pronto soccorso con esiti di gravi percosse e una frattura al setto nasale. Due gli antifascisti denunciati, rispettivamente, per tentato furto (la presunta asportazione della corona d’alloro deposta dai fascisti lungo il percorso a ricordo dei cosiddetti martiri delle foibe) e ‘rissa’.
Nessun aggressore è stato individuato, fermato o denunciato.
L’odio verso i fascisti, di ieri e di oggi, sono a testimoniarlo gli otto Compagni assassinati in Piazza della Loggia.
Veri e reali, non presunti come i cosiddetti martiri delle foibe.
A questo proposito, ma proprio per ultimo, ricordiamo al presidente dell’ Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, che non è con la menzogne e con le falsificazioni storiche che riuscirà a far prevalere i propri interessi
Continueremo a denunciare la pericolosità di queste formazioni, la loro impossibilità ad esistere in una democrazia, ad esigere che non abbiano spazio pubblico, a fronte delle aggressioni, provocazioni, manifestazioni pubbliche, sempre autorizzate dalle istituzioni.
Continueremo a arginare i tentativi di riscrivere la storia e ricorderemo sempre il sacrificio dei partigiani italiani e di tutto il mondo, a difesa della libertà contro il nazifascismo.

La verità è sempre rivoluzionaria.

FOIBE = FASCISMO = FALSITA’


Rete Antifascista Provinciale

pc quotidiano 12 febbraio - LE ISTERICHE REAZIONI ALLA VITTORIOSA MOBILITAZIONE ANTIFASCISTA A PALERMO

L'ASSESSORE COMUNALE DI PALERMO ATTACCA RED BLOCK E DIFENDE I FASCISTI DI CASA POUND.
LA SUA MISERABILE REAZIONE E' IL FRUTTO DELLA RIUSCITISSIMA MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA CHE HA IMPEDITO LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO ALLA MONDADORI.

"PARTECIPERO' ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO “NESSUN DOLORE” PER DIMOSTRARE LA MIA
TOTALE ADESIONE ALLA LIBERTA' DI ESPRESSIONE - pubblicata da Raoul Russo, Assessore alle Politiche Giovanili al Comune di Palermo il giorno giovedì 10 febbraio 2011 alle ore 21.55.
Questo è ciò che dichiara Raoul Russo esponete locale del Pdl, nonché assessore alle politiche giovanili del Comune di Palermo, alla luce delle minacce che sono partite dai Red block, sigla vicina alle realtà dei centri sociali di estrema sinistra della nostra città, che hanno invitato a boicottare con una manifestazione non autorizzata la presentazione del libro “Nessun dolore” che avrà luogo l'11 febbraio presso la Mondadori multicenter di via R. Settimo. Il libro, il cui autore è Domenico di Tullio, parla di Casa Pound, prima esperienza di Osa (occupazione a scopo abitativo) che ha avuto luogo a Roma nel 2003, esperienza che è diventata un tetto stabile per molte famiglie con problemi di emergenza abitativa.
“Da circa due giorni la Mondadori multicenter è presidiata dalle camionette della polizia” dichiara Russo “ a causa delle pesanti minacce partire dalla sigla Red block. Ritengo assolutamente lesive della libertà di espressione tali affermazioni inneggiati l' odio e la discriminazione. Pur non aderendo a Casa Paund, di cui comunque condivido alcune lodevoli iniziative “ prosegue Russo “ trovo che sia opportuno che la presentazione del libro avvenga comunque, anzi parteciperò personalmente a quest'evento proprio per rimarcare il diritto alla libertà di espressione, provenga essa da realtà di destra, come di sinistra. I Red Block, peraltro, non sono nuovi a minacce, attacchi fisici e persecuzioni mediatiche nei confronti dei giovani di centrodestra, o di chi comunque non condivida le proprie idee; non per ultima l'aggressione che avvenne lo scorso anno a dei giovani di azione universitaria, presso la facoltà di lettere, durante la campagna elettorale per le elezioni universitarie.
Anch'io, personalmente fui vittima di questo clima di intolleranza violenta, espressione di queste realtà di estrema sinistra, quando fu impedita, alcuni anni fa, sempre presso la facoltà di lettere, la presentazione di un libro sulla lodevole attività di volontariato a Palermo delle Suore Missionarie della Carità di Calcutta, sol perché era prevista la mia presenza nella veste di relatore. E'necessario “conclude Russo” dare un forte segnale di resistenza a questa spirale di violenza lesiva di diritti fondamentali dell'uomo, come quello di poter esprimere liberamente le proprie idee”

pc quotidiano 12 febbraio - palermo: i fascisti non devono parlare .. e non parlano!




Venerdi 11 febbraio l’organizzazione neofascista Casapound ha indetto la presentazione del libro “Nessun dolore” di Domenico Tullio, con la presenza dell’autore nonché militante dell’organizzazione stessa e del presidente di Casapound Gianluca Iannone.
La presentazione del libro avverrà niente poco di meno che alla Mondadori di Via Ruggero Settimo.

Riteniamo una grave provocazione il fatto che venga data la possibilità, dai responsabili della nota libreria, a tali individui di propagandare “ideali” quali il razzismo, il sessismo e l’omofobia.
Casapound è un’ organizzazione dichiaratamente neofascista che con un’immagine artificiosamente “nuova” e “moderna” inneggia al ventennio fascista e al duce, rievocando quel periodo storico che ha visto il nostro paese teatro di violenze e attacchi contro i lavoratori i giovani e le donne da parte del regime fascista che ha ridotto l’Italia in macerie svendendola all’invasore nazista.

Riteniamo vergognoso che la Mondadori dia spazio ad “iniziative” del genere promosse da questi individui che da nord a sud “fanno notizia” per il loro impegno nell’attacco a disabili, omosessuali, agli studenti che lottano contro la riforma Gelmini, da buoni servi del potere quali sono.

Non permetteremo che tali loschi figuri agiscano indisturbati organizzando la presentazione di un libro auto propagandistico.
La nostra città ha dimostrato in più di un’occasione la capacità di ricacciare nelle fogne tali individui che riescono ad agire solo protetti dalla polizia.

Invitiamo tutti i sinceri antifascisti venerdi 11 febbraio alle ore 16 davanti la Mondadori al sit-in antifascista indetto da tutte le realtà e organizzazioni antifasciste della città, per esprimere il loro dissenso e sdegno.


Red Block
Palermo 09/02/2011

pc quotidiano 12 febbraio - la grande serata degli egiziani a Milano.. adesso tocca a voi ci dicono..

nel racconto dei compagni di proletari comunisti milano

Milano 11 febbraio ore 17: a
Piazzale Loreto esplode la gioia del popolo egiziano.

Appena uscito
dalla metro un colpo d’occhio di bandiere egiziane sventolate da
ragazze e ragazzi che anima da una settimana questa porzione di Egitto
in salsa milanese. Un continuo lanciare slogan, guardare il maxischermo
sintonizzato sulle piazze di Alessandria- Il Cairo-Suez. Le parole d’
ordine sono le stesse da due settimane: “Mubarak vattene” “Il popolo
non ti vuole”. Ma come in Egitto c’è molta indignazione per il discorso
fatto nella notte, in cui Mubarak aveva detto che non si sarebbe
dimesso, allo stesso tempo c’è la stessa determinazione a non fermarsi
sin quando il tiranno non se ne andrà. Sono le 16,50 e qualcuno dice
dai microfoni “tra un po’ ci colleghiamo con il Cairo per sentire le
ultime notizie”. Si continua negli slogan e alle 17 si accende il
maxischermo, si ascolta il cronista e all’improvviso un urlo collettivo
esplode nella piazza. Una gioia irrefrenabile mista a pianti. Chiediamo
e ci dicono che Mubarak si è dimesso. Ci si abbraccia si canta e si
balla. Scene di Liberazione in cui tutti sono protagonisti, ognuno coi
propri slogan o preghiera che sia, un quasi caos dove però tutti si
sentono una cosa sola. Parte l’inno nazionale, nel frattempo un ragazzo
si sente male, do una mano e poco dopo arriva l’ambulanza. Niente di
grave. Passa una macchina con un bandierone dell’Egitto e dalla piazza
partono applausi e slogan. Una giovane signora italiana in bicicletta
con bambina sul seggiolino, passa dentro il presidio, ride mi guarda e
dice “loro l’hanno cacciato, adesso tocca a noi”. Sembra quasi che si
fosse messa d’accordo col ragazzo del servizio d’ordine col quale avevo
parlato giorni prima, il quale mi saluta e mi dice “adesso tocca a
voi”. Un ragazzo col quale avevamo lanciato gli slogan nei giorni
precedenti, è lì che non parla e piange, ci guardiamo e ci abbracciamo.
Ma descrivere quanto succede non è facile, solo se si fa il paragone
con quanto successe in Italia con la caduta del fascismo, si può
comprendere cosa succede in piazza. Si comincia smontare e ci si dà
appuntamento per la festa di domani. Ma senza nessun copione scritto,
5/10 ragazzi si incamminano verso casa, e di colpo nessuno torna a casa
ed è un nuovo corteo. Arrivano famiglie intere, arrivano anche dei
bonghi, e il corteo balla canta lancia slogan. E’ gioia allo stato
puro. Arriva la macchina con le casse e sembra una discoteca. Il
ragazzo che si era sentito male si è rimesso alla grande, prende il
microfono e si scatena, mi riconosce e mi saluta. Ti mettono i brividi
con i loro ringraziamenti. Attorno è il caos. Chi balla, Chi canta, chi
fa il girotondo. Il popolo è in festa, oggi ha cacciato Mubarak. Certo
ci sono i militari che controllano, ma se ne parla domani. Dopo 30anni
di tirannia il popolo si è rialzato e in prima fila vi sono i giovani e
le donne: non sarà facile tenerli sotto per altri 30anni.

Circolo
proletari comunisti Milano

pc quotidiano 12 febbraio - La guerra popolare avanza in India

il "corridoio rosso"

Raipur: A meno di poche centinaia di metri dal punto di riferimento principale della cascata Chitrakote, un gruppo di maoisti hanno fatto saltare in aria un posto di polizia in costruzione

(Chowki) lunedì. Nessuno è rimasto ferito. I lavoratori edili che dormivano nel palazzo sono stati invitati ad uscire prima che i maoisti piazzassero ordigni esplosivi.

Ma l'edificio a due piani di tre camere è stato danneggiato insieme con i tentativi del Dipartimento del Turismo di promuovere la cascata come luogo di destinazione per turisti.

Chitrakote è la più grande cascata dell'India, profonda 95 piedi e larga 650.

Spesso viene chiamata le Niagara dell’India, per l’enorme volume di acqua che scende lungo

una curva a ferro di cavallo.

Secondo testimoni oculari, i maoisti hanno lasciato sul posto opuscoli che esprimono la loro opposizione al prossimo impianto della Tata Steel. La società prevede di costruire un impianto di 5,5 milioni di tonnellate di acciaio all'anno a Lohandiguda, a 10 km da Chitrakote, ma ha dovuto affrontare la resistenza degli agricoltori adivasi non disposti a dividere la terra.


Maoisti fanno saltare un posto di polizia a Kandhamal

Maoisti armati hanno messo a fuoco un avamposto di polizia nel distretto di Kandhamal, Orissa, la mattina di martedì. Il dirigente della polizia di Kandhamal ha detto che circa 50 maoisti, tra cui donne, hanno attaccato l’avamposto, costruito da poco, a Subamagiri, sotto la stazione di polizia di Kotgarh e gli hanno dato fuoco. Non c’è stato nessun ferito.

“I ribelli hanno gridato slogan contro il governo. Hanno anche lasciato poster e volantini maoisti mettendo in guardia il governo passibili di severe conseguenze a causa delle operazioni antimaoiste nell’area” ha detto il poliziotto. Forze addizionali sono state inviate nell’area per operazioni di controllo e rastrellamento.

venerdì 11 febbraio 2011

pc quotidiano 11 febbraio - Milano esplode di gioia il presidio permanente degli immigrati egiziani e delle forze solidali

pc quotidiano 11 febbraio - Mubarak si è dimesso !


una marea umana di 2 milioni di persone esultano per le dimissioni di Mubarak
Il grido dei manifestanti: "Abbiamo battuto il regime" a piazza Tahrir,
dalla piazza si leva il coro 'il popolo ha abbattuto il regime!
la rivolta popolare ha realizzato una prima grandiosa vittoria, ma il potere nelle mani dell'esercito non è la risposta che le masse vogliono,
l'esercito è stato ed è il pilastro del regime borghese compradore egiziano, asservito all'imperialismo, per cui non può essere l'alternativa ad esso
la rivolta del popolo deve continuare riempiendosi delle rivendicazioni sociali e politiche proletarie e antimperialiste.
La rivolta popolare mostra al mondo che il popolo può vincere!
Anche nel nostro paese è una rivolta che può seppellire Berlusconi e il suo regime

in piazza solidali con le masse egiziane
in piazza contro il governo berlusconi


proletari comunisti
11 febbraio 2011

pc quotidiano 11 febbraio - egitto..si accendono scontri tra manifestanti e polizia - con la rivolta fino alla vittoria

El- Arish, scontri tra polizia e manifestanti 63 –È caos nella città egiziana di el-Arish, nel Sinai, dove alcuni testimoni riferiscono di scontri a fuoco tra manifestanti anti-Mubarak e polizia. Si conterebbero diversi feriti. L'agenzia Xinhua aggiunge che i manifestanti hanno anche dato alle fiamme una stazione di polizia e almeno due veicoli degli agenti, che hanno risposto con i lacrimogeni.

16:20Scontri con la polizia a Rafah, un morto 60 –Un manifestante è morto e venti sono rimasti feriti in uno scontro a fuoco con la polizia durante l'assalto ad una stazione di polizia a Rafah. Lo riferiscono fonti locali, indicando che il bilancio delle vittime potrebbe aggravarsi

.
16:11Al Jazeera: "In migliaia attaccano sede polizia nord del Sinai" 59 –La televisione araba al Jazeera riferisce, citando fonti di polizia, che almeno un migliaio di persone hanno attaccato una caserma della polizia nel nord del Sinai, in localita' el Arish. L'informazione passa in sovraimpressione sullo schermo che manda in onda immagini dei manifestanti al Cairo e ad Alessandria d'Egitto. Secondo l'emittente, vi sono stati scambi di colpi d'arma da fuoco tra poliziotti e manifestanti che, apparentemente, intendevano liberare alcuni detenuti. Vi sarebbero diversi feriti, alcuni veicoli sarebbero stati incendiati.

pc quotidiano 11 febbraio - via mubarak --la rivolta del popolo egiziano deve vincere


ore 15
Assedio ai palazzi del potere –La folla ha circondato sia il palazzo della radiotelevisione pubblica sia edifici ministeriali

ore 14
"Basta con lo studiare la situazione perchè è ormai fuori del nostro controllo. Nessuno è in grado di chiedere ai manifestanti di tornare a casa. Siamo tutti pronti a morire". Lo ha quasi gridato ai microfoni della tv satellitare Al Arabiya, Wael Ghonim, dirigente di Google per il Medio Oriente e uno dei simboli della protesta popolare in corso in Egitto 13:32El Baradei: "L'esercito venga dalla nostra

ore 13.30
Bloccata la strada per l'aeroporto 42 –I manifestanti hanno bloccato anche la strada che dal Cairo porta all'aeroporto
13:27I manifestanti assediano il palazzo della Tv di Stato 41 –Finite le preghiere del venerdì al Cairo come in vari altri centri del paese si stanno tenendo dure manifestazioni contro il presidente mubarak. Al Cairo, l'esercito sta bloccando le strade che portano al palazzo presidenziale e presidia l'edificio della tv di stato, di fatto assediato assediato da ore dai manifestanti

12.30
Manifestanti invitano popolazione a partecipazione di massa
Nel 18mo giorno consecutivo di proteste in Egitto per ottenere le dimissioni del capo di stato, i manifestanti hanno invitato la popolazione a scendere in piazza in massa e in tutti gli angoli del Paese.
12:19Dimostranti prendono controllo palazzi del governo 32 –I dimostranti hanno preso il controllo di alcuni edifici governativi a Suez, 130 chilometri a est del Cairo. Lo riferiscono testimoni citati dalla tv Al Arabiya. Non è stato precisato di quali edifici i manifestanti avrebbero preso il controllo.
12:16A migliaia verso palazzo del presidente 31 –Stanno affluendo a migliaia i manifestanti al palazzo presidenziale di Heliopolis, in Egitto. Lo riferiscono fonti sul posto, secondo le quali i manifestanti sono gi circa 8 mila. In mattinata si erano diffuse voci, riportate dalla televisione satellitare al Arabiya, secondo cui Mubarak sarebbe a Sharm El Sheikh da stamattina.
12:14Tre militari si uniscono a manifestanti 30 –Tre ufficiali dell'esercito egiziano hanno deposto le armi e lasciato le loro uniformi, unendosi ai manifestanti e chiedendo l'immediato rovesciamento del governo presieduto da Mubarak. Lo riferiscono alcuni testimoni presenti sul posto.
12:13Manifestanti furiosi dopo annuncio esercito 29 –
I manifestanti egiziani hanno reagito con rabbia al comunicato diffuso dall'esercito, nel quale il Consiglio Supremo di Difesa si porta garante delle promesse di Hosni Mubarak e sostiene le riforme annunciate dal presidente egiziano

09:53Manifestanti bloccano la sede della tv di Stato 17 +Secondo l'emittente 'al-Jazeera', dalla scorsa notte i manifestanti impediscono anche ai giornalisti che si trovano all'interno della sede della tv di Stato egiziana di lasciare l'edificio. 14 –Un ufficiale dell'esercito egiziano che si è unito alla protesta dei dimostranti anti-governativi ha riferito che altri 15 ufficiali hanno aderito al movimento anti-Mubarak.
09:05Manifestanti sotto il palazzo presidenziale 13 –Circa un migliaio di manifestanti, secondo la televisione di Stato, e tremila secondo Al Jazira, si sono recati al palazzo presidenziale a Heliopolis in nottata, dopo il discorso di Hosni Mubarak. L'esercito ha circondato il palazzo con filo spinato, per tenere a distanza i manifestanti ma non è intervenuto, tentando di convincerli di ritornare a piazza Tahrir anche mettendo a disposizione dei pulmini.
. 08:29In settemila davanti al palazzo presidenziale 11 –Circa settemila manifestanti sono arrivati questa mattina davanti al palazzo presidenziale, noto come Qasr al-Uruba, del Cairo, per manifestare e chiedere le dimissioni del presidente Hosni Mubarak. Si tratta, secondo la tv araba 'al-Jazeera', di manifestanti che si sono staccati dal sit-in di piazza Tahrir. Altre diecimila persone, invece, assediano da ieri sera la sede della tv di Stato del Cairo.

pc quotidiano 11 febbraio - studenti- lavoratori sui tetti


Non è facile salire su un tetto, restando aggrappati ai comignoli, rischiando di cadere tre piani piu’ in basso, affrontando il gelo delle notti invernali con solo un sacco a pelo per scaldarsi.

Può sembrare folle, stupido, avventato, ma non stiamo giocando ai piccoli rivoluzionari. Semplicemente non viviamo di speranza, che, come Monicelli ci ha spiegato, è una trappola infame inventata dai padroni. Nelle prossime righe proveremo a spiegare il significato del nostro gesto, e ciò che in questo posto voleva essere costruito.

Perché siamo qui sopra? Chi siamo?

Siamo studenti che, come molti altri, sono costretti a lavorare per poter studiare: lavori in nero, part-time, precari, per poter pagare le tasse, i libri, gli affitti. Per poterci permettere una degna esistenza.

Per noi il diritto allo studio è una realtà astratta che non abbiamo mai conosciuto, di cui tutti si riempiono la bocca ma che per ora non modifica la nostra condizione.

Tutto costa troppo.

Ci troviamo a studiare nei ritagli di tempo, inseguendo gli appelli per ottenere in prima possibile un titolo di studio che sappiamo ci potrà garantire solo un lavoro e un’esistenza precari.

Per questo ci stiamo ribellando.

Per questo, stanchi di chiedere, abbiamo deciso di costruire (con chi condivide la nostra condizione) qualcosa che migliorasse concretamente le nostre vite.

Per questo abbiamo preso e fatto vivere in uno spazio dismesso e destinato all’abbandono o alla speculazione.

Il nostro progetto è di allestire un luogo in cui i servizi necessari siano gratuiti, e i bisogni in parte colmati. Uno spazio in cui si possa produrre sapere critico attraverso percorsi di autoformazione, uno spazio in cui i percorsi di persone diverse si possano incrociare, squarciando l’individualismo imposto che ci vuole gli uni contro gli altri in un’infinita guerra fra poveri.

Ed è per questo che stavamo allestendo uno studentato, una mensa, un copy-point, uno sportello di aiuto per precari e studenti, un cinema, una sala conferenze e seminari, una biblioteca.

Nonostante l’apertura al dialogo il rettore ha preferito inviare la polizia ordinando lo sgombero dei locali; insomma “questo è il mio feudo e lo gestisco come voglio io”.

Noi però non ce ne andiamo, consapevoli di quello a cui andiamo incontro.

Non possiamo accettare questa condizione e questa reazione da parte delle istituzioni universitarie.

Per questo abbiamo deciso di difendere le nostre scelte salendo sul tetto dell’ex Mondino.

I nostri bisogni sono reali.

Proprio per questo non possiamo piu’ confidare nelle illusorie promesse di un autoritario rettore.

Sappiamo che la nostra condizione è condivisa da molti e molte.

Non vogliamo lottare per loro, ma CON loro, lo spazio serviva anche a questo.

La partita, come abbiamo già scritto, non finisce qui, e non terminerà nemmeno quando scenderemo da questo tetto.

Qui, quando si chiude, lo decidiamo no

pc quotidiano 11 febbraio - al processo Thyssen provocazione dei carabinieri


LA MATTINA DELL'11 FEBBRAIO, DURANTE L'UDIENZA DEL PROCESSO THYSSEN, MENTRE I COMPAGNI DEL CCP-PROLETARI COMUNISTI APPENDEVANO LO STRISCIONE DELLA RETE PER LA SICUREZZA SUI POSTI DI LAVORO, I CARABINIERI DI INSTANZA AL TRIBUNALE HANNO TENTATO DI STRAPPARE LO STRISCIONE DELLA RETE POSTO A FIANCO DI QUELLO RAFFIGURANTE I 7 OPERAI MORTI SULLA LINEA 5 DELLA THYSSEN.
I COMPAGNI PRESENTI E IL PADRE DI UNO DEGLI OPERAI MORTI, HANNO REAGITO CON DETERMINAZIONE E SI SONO RIFIUTATI DI RIMUOVERE GLI STRISCIONI E DI FORNIRE LE LORO GENERALITA'. UN BRIGADIERE HA TENTATO DI PORTARE UN COMPAGNO ALL'INTERNO DEL TRIBUNALE MA I COMPAGNI PRESENTI LO HANNO FATTO DESISTERE DAL SUO INTENTO.
LA PROVOCAZIONE DEI CARABINIERI NON E' QUINDI RIUSCITA E GLI STRISCIONI SONO RIMASTI APPESI ALLA CANCELLATA DEL TRIBUNALE.
I CARABINIERI HANNO DICHIARATO DI AVERE SEGUITO LE DISPOSIZIONI DEL TRIBUNALE CHE VIETEREBBERO L'AFFISSIONE ALLA CANCELLATA E CHE QUINDI AVREBBERO SOLTANTO ESEGUITO GLI ORDINI DELLA PROCURA. MA, AL DI LA DI PRESUNTE O RELI DISPOSIZIONI DEL TRIBUNALE, RIMANE IL FATTO CHE DI FRONTE ALLA STRAGE DI SETTE OPERAI, LA PROPAGANDA E LA CONTROINFORMAZIONE SMUOVE LE COSCENZE E DISTURBA CHI VORREBBE CHE TUTTO RIMANESSE BLINDATO NELLE AULE DEL TRIBUNALE AL FINE DI FARE CALARE L'ATTENZIONE ATTORNO AD UNA STRAGE DI OPERAI CAUSATA DAI PADRONI ASSETATI DI PROFITTO! E' NECESSARIO NON CEDERE AI TENTATIVI INTIMIDATORI DI CHI VORREBBE CHE TUTTO SI INSABBIASSE SENZA CHE LE MASSE POPOLARI SAPPIANO E PRENDANO POSIZIONE!
RINGRAZIAMO I PARFENTI DEI SETTE EROI DELLA THYSSEN CHE HANNO ASSUNTO CON DETERMINAZIONE LA DIFESA DEI COMPAGNI E IL DIRITTO DI INFORMARE E CONTROIFORMARE SULLA QUESTIONE DELLE VITTIME DEL LAVORO!


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pc quotidiano 11 febbraio - Organizzazione politica Forza Nuova: anche la Cassazione conferma la sua natura fascista e nazista

Riportiamo l’articolo del sole 24 ore di oggi sulla sentenza, aggiungendo alcuni passi della sentenza stessa.

Ricordiamo che il Comune di Milano, nel novembre dell’anno scorso, ha affittato un locale a questa organizzazione nel centro città; anche in tante altre città questa organizzazione fascista apre sedi… i sindaci e gli amministratori di queste città, che spesso si riempiono la bocca di legalità, non possono non sapere e di fatto sostengono l’esistenza di questa organizzazione illegale; i sindaci e gli amministratori non possono non conoscere la Costituzione Italiana che tra le Disposizioni transitorie e finali al punto XII, recita, “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.”

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Il Sole24ore 11 febbraio 2011

DIFFAMAZIONE

Forza Nuova si può definire razzista e fascista

Corte di cassazione - Sezione V - Sentenza 28 ottobre 2010-10 febbraio 2011 n. 4938

Dire che i valori di Forza nuova sono la violenza, il razzismo e l'antisemitismo si può.

La Corte di cassazione conferma l'assoluzione, dal reato di diffamazione, del giornalista del Corriere della sera Paolo Brogi e del direttore responsabile Paolo Mieli, querelati dal segretario di Forza Nuova Roberto Fiore. A scatenare le ire di Fiore era stato un articolo in cui la formazione di estrema destra veniva definita, dall'allora vice presidente della provincia di Roma Nando Simeone, portatrice di valori come la "xenofobia, il razzismo, la violenza e l'antisemitismo". Nell'articolo incriminato - scritto in occasione del corteo di Forza Nuova a piazza Mazzini a Roma - Simeone dichiarava non tollerabile che "a organizzazioni chiaramente fasciste" fossero concessi spazi politici e di espressione. Espressioni legittime secondo la cassazione che rientrano in un legittimo esercizio del diritto di critica politica. Altrettanto lecito, per gli ermellini, il comportamento del giornalista che, esercitando il suo diritto di cronaca, le ha riportate. I giudici ricordano, infatti, di aver riconosciuto l'esimente del diritto di critica storica e politica quando la stessa associazione era stata bollata come "neofascista e neonazista". Definizioni - conclude il collegio - che alla luce dei dati storici e dell'assetto normativo vigente durante il ventennio fascista , in particolare delle leggi razziali, non possono essere considerate lontane dalla verità.

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“… alla luce dei dati storici e dell’assetto normativo vigente durante il ventennio fascista, segnatamene delle leggi razziali – r.d.n. 1728 del 1938 e relative leggi di attuazione – la qualità di fascista non può essere depurata dalla qualità di razzista e ritenersi incontaminata dall’accostamento al nazismo, il che fornisce base di verità alle espressioni di critica […]. E, sempre in dimensione storica, qualifiche di xenofobia, razzismo, violenza ed antisemitismo attengono a principi o valori (o disvalori, a seconda della diversa angolazione prospettica), intimamente connaturati e strutturalmente coessenziali alla ideologia razzista e fascista.”

pc quotidiano 11 febbraio - "I tagli che non fanno rumore", ovvero la politica del governo contro le masse popolari

Riportiamo un articolo dal sito LaVoce.it, perché chiarisce, con l’apporto di dati, anche se dal punto di vista di “economisti” che si pretendono tecnici e neutrali, diversi punti della politica del governo e della cosiddetta opposizione, della posizione dei sindacati confederali, a partire dal titolo: i tagli ai servizi sociali che non fanno rumore; ma anche il voto “bipartisan” sulla guerra, le leggi antipopolari già approvate, e le accuse dei pentiti di mafia fatte in questi giorni a Berlusconi indicato come mandante degli attentati del ’93… neanche questi “fanno rumore” nella confusione creata attorno al “caso” Berlusconi…


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I TAGLI CHE NON FANNO RUMORE

di Sergio Pasquinelli 10.02.2011

I servizi sociali sono stati pesantemente penalizzati dai tagli di spesa. Ma nessuno ne parla. Persino sull'azzeramento del Fondo per la non autosufficienza, le reazioni sono state modeste anche da parte di sindacati, associazioni del terzo settore e comuni. Il governo punta a disimpegnarsi dal welfare dei servizi, mentre mantiene salda la gestione del welfare monetario, un insieme di misure poco efficienti, che assorbono gran parte della spesa sociale. Urgente una riforma complessiva della spesa e dei servizi sociali.

I servizi sociali sono stati pesantemente penalizzati dai tagli di spesa. Come fare a rispondere a bisogni crescenti con risorse che diminuiscono? È una domanda divenuta centrale per Regioni ed enti locali, soprattutto dove è netto il contrasto tra riduzioni in corso e bisogni in aumento, come nel caso degli anziani non autosufficienti.

IL SILENZIO DI TUTTI

Colpisce il silenzio che regna intorno a questi tagli. Rispetto ad altri ambiti di policy e anche ad altri paesi, la comunicazione pubblica sul welfare dei servizi è molto carente e frammentaria. Quello dei tagli di spesa sembra essere un tema troppo tecnico per essere affrontato dai media nazionali. Oppure talmente delicato da rinviare a questioni più generali da trattare in chiave politica. E ideologica. Non c'è stato un vero dibattito sui tagli possibili: in quale modo esercitarli, chi preservare dalle scelte più difficili, che cosa mantenere e che cosa sacrificare.

Persino ex post, sull’azzeramento del Fondo per la non autosufficienza, 400 milioni di euro che vengono a mancare da quest’anno, le reazioni sono state a dir poco modeste da parte di sindacati, associazioni del terzo settore e soprattutto rappresentanza dei comuni. Sono loro infatti che più di tutti pagheranno il taglio, perché prevalenti beneficiari di un fondo a destinazione sociale, che l’anno scorso ha rappresentato un quarto della loro spesa sociale per la terza età. (1)

I TAGLI

L’unico “successo” si è registrato per il non profit, con i fondi in parte ripristinati sul 5 per mille. Per il resto il panorama è desolante. A partire dal Fondo nazionale per le politiche sociali, un po’ il padre di tutti i fondi per il sociale, nato tre anni prima della legge 328/00 e quest’anno ridotto a 275 milioni di euro: erano più del triplo solo tre anni fa. E che dire del Fondo per la famiglia, passato dai 185 milioni dell’anno scorso a 51? Avrebbe dovuto dare le gambe al lungo elenco di propositi emerso nella Conferenza nazionale di Milano dell’8-10 novembre 2010: ora sappiamo che quelle intenzioni rimarranno in larga misura tali.

Principali fondi statali a carattere sociale (milioni di euro)

2008

2009

2010

2011

Fondo nazionale politiche sociali

929,3

583,9

453,3

275

Fondo politiche per la famiglia

346,5

186

185,3

52,5

Fondo per la non autosufficienza

300

400

400

0

Fondo per le politiche giovanili

137,4

79,8

94,1

32,9

Fondo servizi per l’infanzia-Piano Nidi

100

100

0

0

Fondo sociale per l’affitto

205,6

161,1

143,8

33,5

Fondo per il servizio civile

299,6

171,4

170,3

113

Fonte: A. Misiani, Finanziaria 2011: fine delle politiche sociali? e legge di stabilità 2011.

Cresce poi il numero dei fondi letteralmente svuotati: dopo il Piano straordinario per i nidi è toccato al Fondo per la non autosufficienza. Altri, come quello per gli affitti, sono ridotti a una cifra simbolica: giovani coppie e famiglie in crisi potranno sperare quasi soltanto negli aiuti che Regioni e comuni, in ordine molto sparso, hanno deciso di mantenere. Mentre le riduzioni sul servizio civile rischiano di mortificare un’esperienza il cui valore è riconosciuto a livello europeo. Nel complesso, se nel 2008 per i principali fondi sociali lo stanziamento superava i due miliardi di euro, quest’anno siamo a meno di un quarto (vedi tabella).
E le prestazioni monetarie? I tagli colpiscono la rete dei servizi, il livello territoriale. Prestazioni gestite a livello nazionale, preponderanti in termini di spesa, non sono state minimamente sfiorate da alcuna ipotesi di riforma. Valga per tutti l’esempio dell’indennità di accompagnamento: una misura granitica per cui verranno spesi quest’anno tredici miliardi di euro. Tutti i servizi sociali dei comuni italiani costano la metà di questa sola misura: 6,6 miliardi nel 2008 secondo l’Istat.

Il messaggio che il governo manda è esplicito: ci disimpegniamo dal welfare dei servizi, mentre manteniamo salda la gestione del welfare monetario, quello che riguarda i vari assegni familiari, per l’assistenza e l’invalidità. Un insieme di misure ingessate, poco efficienti e perequative, che assorbono i quattro quinti della nostra spesa sociale.

COSA (NON) SI FA PER LA NON AUTOSUFFICIENZA

La forbice tra domanda di aiuti e risorse disponibili si allarga particolarmente per i non autosufficienti. Per loro oggi l’offerta di assistenza poggia essenzialmente su due colonne portanti.

Da una parte, la rete dei servizi domiciliari, residenziali e intermedi, che Regioni ed enti locali governano e producono. Per mantenere e sviluppare questa rete, ancora sotto-dotata rispetto a molti paesi europei, le Regioni dovranno sempre più attingere risorse dalla sanità e dal socio-sanitario, che presentano disponibilità ben maggiori del sociale. (2) Con il rischio di “sanitarizzare” l’assistenza, di spostarla verso le situazioni più gravi e di ridurne i contenuti più propriamente sociali, di accompagnamento, promozionali, preventivi, ambientali, di comunità.

Dall’altra, un’erogazione monetaria nata trent’anni fa e da allora mai migliorata, l’indennità di accompagnamento, insensibile alle condizioni economiche di chi la percepisce e priva di alcun vincolo di utilizzo, quindi votata a essere la fonte primaria del welfare fai-da-te, quello del mercato sommerso delle assistenti familiari.

Serve una vera ristrutturazione della spesa sociale: per riformare le erogazioni monetarie nazionali di tipo sociale, superandone i crescenti limiti; per rafforzare un sistema dei servizi penalizzato in Italia a favore dei trasferimenti economici; per qualificare in modo non episodico il lavoro privato di cura. Non c’è bisogno della bacchetta magica, serve una visione di sistema, l’intenzione di cambiare e la capacità di scegliere.

(1) Sui servizi per gli anziani cfr. Network Non Autosufficienza (a cura di), L’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia. Secondo Rapporto, Maggioli Editore, 2010.

(2) I Fondi regionali per la non autosufficienza già oggi attingono risorse dalla sanità. L’Emilia Romagna per esempio ha stanziato 487 milioni di euro per il 2010 di cui 307 provengono dal Fondo sanitario regionale.

pc quotidiano 11 febbraio - MFPR: 13, QUALE MOBILITAZIONE ALTERNATIVA

Alcuni appelli, prese di posizione che si pongono come alternativi all’appello “Se non ora quando?”, spostano il problema su un altro terreno, quello della libertà sessuale, della prostituzione, quando la questione è Berlusconi, la sua cacciata, la lotta contro questo sistema fascista, sessista, razzista.
Questo lo fa anche il principale appello che sta circolando nella lista “sommosse”, intitolato “Indecorose e libere”,
D’altra parte sulla questione degli scandali sessuali e prostituzione, si portano avanti posizioni ambigue; facendo di tutt'erba un fascio, non facendo una denuncia di classe anche in questo campo. Si contrappone una “sessualità libera e consapevole” alla mercificazione e al moralismo; si mette sullo stesso piano la ”sessualità” delle escort della corte di Berlusconi con l'oppressione sessuale della maggioranza delle donne. Certo, tutto è frutto di questo sistema sociale di sfruttamento e oppressione e le donne ne sono colpite comunque al doppio, sia come “angelo del focolare” sia come “donne oggetto”. Ma tra le donne c'è chi, e sono la maggioranza, vuole rovesciare questo sistema sociale, e chi, invece, lo vuole per sè, ne fa parte integrante o ci vuole entrare a goderne tutti i benefici, soldi e potere. Questo fa eccome la differenza!
Le donne in carriera o aspiranti carrieriste che si fanno ora ministre, ora sante, ora escort offendono le donne; quando riescono a entrare nel sistema si fanno propagandiste di stupidi e velenosi modelli, si fanno sostenitrici di un sistema che noi vogliamo combattere e distruggere.
Non ci interessano le Ruby di turno, noi siamo con le tante donne immigrate o povere che invece vengono perseguitate dal potere, da governo, dallo Stato con campagne reazionarie, sessiste e razziste – ultima la scandalosa sentenza contro Joy che ha mandato assolto l'Ispettore di polizia stupratore.
Le donne non sono uguali: sono borghesi, medio/piccolo borghesi e proletarie; sono di destra, di centro, di sinistra; il sesso senza la classe ci frega. Che dovremmo dire delle Marcegaglie, delle Gelmini?
Di quale “autodeterminazione” si parla? Essa non può essere una coperta che copre tutto, nascondendo le differenze di classe.
L'appello “Indecorose e libere” in questo senso non si pone affatto come alternativo alla mobilitazione intorno all'appello “Se non ora quando?”. Siamo passate dalla giustissima cacciata delle donne parlamentari, governative del 24 novembre 2007 a non dire una parola sull'appello contro il fatto che il 13 scendono in piazza in nome della dignità delle donne chi nel parlamento, nelle istituzioni, nei vertici sindacali, è compartecipe del peggioramento quotidiano alle condizioni delle donne e quindi alla nostra dignità.
Si fa appello a scendere in piazza non per scatenare la ribellione delle donne contro il moderno medioevo di Berlusconi e del suo sistema, ma per “costruire un nuovo immaginario che affermi di nuovo la vera libertà delle donne” (conclusione del volantino). Cioè si propaganda il fumo, all'arrosto, ci penseremo...

Proprio per queste ragioni riteniamo che l'unico movimento necessario alle donne è un movimento che chiamiamo femminista proletario rivoluzionario, che intrecci le ragioni di classe a quelle di sesso, che unisca la maggioranza delle donne nella lotta oggi, per la cacciata di Berlusconi, contro il fascismo padronale, contro lo Stato di polizia e violentatore, ma che abbia come fine la rivoluzione, perchè solo la rivoluzione e una rivoluzione nella rivoluzione portata avanti dalle donne, è in grado di cambiare tutto questo, compreso gli uomini e le donne che la fanno.

Se vogliamo costruire un altro movimento delle donne, prendiamo nelle nostre mani tutte insieme lo “sciopero delle donne”, tappa necessaria del nostro percorso di liberazione/rivoluzione.
Anche in questo vi è, e con questo pratichiamo, l'autodeterminazione del movimento femminista dalle mobilitazioni estemporanee (che per chi le promuove hanno come quadro solo le elezioni).

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
mfpr@libero.it

11.2.11

pc quotidiano 11 febbraio - Berlusconi va rimosso..se non lo rimuovono va rovesciato con una rivolta sociale e politica

Uno dei due editoriali del primo numero della nuova serie del giornale mensile 'Proletari comunisti' chiede la rimozione immediata di Berlusconi e il suo governo ad opera delle stesse istituzioni democratiche borghesi, se sono quelle che dicono di essere, data l'evidenza illegittima e illegale della suo gestione del governo e del suo porsi fuori e contro le stesse leggi, come le inchieste della Magistratura e la montagna di fatti stanno lì a dimostrare.
Non è un problema di - come dice la opposizione parlamentare - 'andiamo alle elezioni', perchè è un argomento del tutto speculare a quello sostenuto da Berlusconi, 'non me ne vado perchè sono stato votato dal popolo'.
Berlusconi opera in dispregio delle leggi e delle istituzioni, le usa a suo vantaggio e piacere e da esse deve essere innanzitutto rimosso.

Ma questo non avviene.. e questo rende l'azione di Berlusconi di tipo fascista e le istituzioni non in grado come sempre di fermare il fascismo che avanza e qui che trova legittimità l'azione diretta dei proletari e delle masse popolari di ribellarsi e imporre con la mobilitazione di massa fino all'esercizio della forza le dimissioni-rimozioni di Berlusconi
Non c'è quindi altra strada a questa e questa va percorsa con tutte energie disponibili, possibili, necessarie.

Proletari comunisti
11 febbraio 2011

pc quotidiano 11 febbraio - Egitto: la sfida dello "zio" Mubarak fa infuriare le masse


Centinaia di migliaia di manifestanti pro-democrazia si prevede inizino a marciare per le strade del Cairo e in altre città egiziane venerdì, in quello che potrebbe diventare la più grande - e alcuni temono la più violenta - delle proteste finora, dato che i propositi dei manifestanti per la cacciata del presidente Hosni Mubarak sono stati frustrati giovedì.

In un discorso alla nazione attraverso la tv di 17 minuti, Mubarak ha detto alla folla in festa, che si aspettava la fine dei suoi 30 anni di governo autoritario, di aver trasferito una parte di questa autorità al vicepresidente Omar Suleiman, ma che rimane aggrappato al potere fino a settembre, quando termina il suo mandato attuale.

Mubarak ha detto che egli vigilerà sull’"uscita" dalla crisi attuale, e che "realizzerà le richieste espresse dai giovani e dai cittadini ... senza compromettere la costituzione in modo da garantire la stabilità della nostra società".

Prima ancora di aver finito il suo discorso contro gli umori della folla, deludente, i manifestanti accampati nella Tahrir Square , l'epicentro della rivoluzione dell'Egitto, hanno gridato "asino, vattene!"

Jacky Rowland, corrispondente di Al Jazeera dal Cairo, ha detto che i manifestanti, prematuramente euforici, che avevano pensato di "avere un appuntamento con la storia" con la cacciata di Mubarak, hanno promesso di tornare venerdì per quella che viene annunciata come la più grande protesta mai vista.

I manifestanti avevano organizzato in precedenza il "venerdì dei martiri" per commemorare i 300 o più che sono stati uccisi durante le proteste pro-democrazia, che ora sono entrate nella loro terza settimana.

'Un Nuovo Fronte'

Migliaia di manifestanti si sono trasferiti durante la notte al palazzo presidenziale, obbiettivo sensibile, nel tradizionale quartiere di Heliopolis al Cairo centrale.

"Questo segna un nuovo fronte nella nostra lotta contro questo regime illegittimo," ha scritto un manifestante nel sito di microblogging Twitter. "Ora che Mubarak si è rifiutato di andarsene, ringraziando, ne pagherà il prezzo."

Oltre a occupare Tahrir Square, le proteste pro-democrazia hanno già bloccato l'accesso al palazzo del parlamento, vicino alla piazza.

Migliaia di manifestanti stavano anche circondando l'edificio della radio e della televisione al Cairo, che vedono come portavoce del regime di Mubarak.

I lavoratori si sono uniti alle proteste nei giorni scorsi, paralizzando il trasporto e industria in modo efficace e infliggendo un colpo più netto al regime di Mubarak.

Indignati per sfida di Mubarak, molti più lavoratori si sono impegnati a unirsi alle proteste programmate per venerdì. I dimostranti pro-democrazia non sono stati convinti dall’appello di Suleiman giovedi a tornare al loro posto di lavoro e alle case.

Pensato per calmare le tensioni e proiettare un'immagine da vecchio zio, il discorso di Mubarak non ha placato i timori degli egiziani e di gran parte della comunità internazionale. Gli Stati Uniti e la Ue hanno detto che l'annuncio di trasferire alcune competenze a Suleiman, il vice-presidente, è gravemente insufficiente e arriva tardi rispetto alle vere riforme richieste dal popolo.

Mohamed El Baradei, figura leader dell'opposizione, ha detto che l'Egitto "esploderà" a causa della sfida di Mubarak.

Il discorso ha inaugurato una nuova era di incertezza in Egitto, con alcuni analisti che temono violenze diffuse visto che le tensioni hanno raggiunto il culmine.

-da al jazeera-

giovedì 10 febbraio 2011

pc quotidiano 10 febbraio - La lotta delle donne palestinesi nelle gabbie d’Israele

La lotta delle donne palestinesi nelle gabbie d’Israele

35 donne palestinesi detenute da Israele hanno iniziato l’ 8.02.2011
lo sciopero della fame come forma di protesta contro la reclusione.

Non si tratta del primo momento di lotta che documentiamo attraverso
questo blog infatti, nell’aprile scorso, “la settimana del prigioniero
politico” era stata inaugarata dall’inizio di uno sciopero della fame
compatto e deciso nelle carceri israeliane.

Le condizioni disumane di detenzione, la privazione dei diritti
basilari,
la negazione dell’assistenza sanitaria e gli assalti fisici all’interno
delle celle spingono le prigioniere, già da due giorni, a proseguiro lo
sciopero della fame con le seguenti rivendicazioni: la possibilità di
ricevere e effettuare telefonate e quella di ricevere visite, la
possibilità di ricevere effetti personali come libri e calze e la
garanzia dell’assistenza sanitaria.
Non sono rari i casi in cui le proteste nelle carceri vengono
pesantemente represse, è necessario quindi far sentire la nostra
solidarietà e amplificare la voce delle donne e degli uomini,
palestinesi e non, costretti/e nelle gabbie. Seguiranno aggiornamenti.

La solidarietà è un’arma, libertà per tutti e tutte.
Stop all’occupazione, Palestina libera!
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pc quotidiano 10 febbraio - 1° Marzo: basta morte di immigrati sul lavoro!

1° Marzo: basta morte di immigrati sul lavoro!

La Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro fa appello a portare, nello
sciopero e nelle mobilitazioni del 1 Marzo, la lotta per la difesa della
vita dei lavoratori immigrati.

Una battaglia necessaria, da costruire assieme ai lavoratori immigrati e
alle loro associazioni, ai comitati, al movimento antirazzista, per lanciare
una campagna nazionale e una manifestazione nazionale che dia visibilità
alle ragioni di chi si batte contro le morti sul lavoro dei nuovi schiavi
del profitto.

La lunga marcia dei diritti dei lavoratori immigrati sta avanzando nel
nostro paese, dalle rivolte di Rosarno, di via Padova a Milano, dalle
proteste sulle gru, contro il supersfruttamento, le leggi razziste a partire
dal pacchetto sicurezza, contro la bossi-fini, la repressione, la
sanatoria-truffa, la crisi economica che li trasforma in clandestini.

Ma la questione delle morti sul lavoro dei nostri fratelli immigrati ancora
non ha avuto una sua specifica mobilitazione, eppure è molto alto il tributo
di sangue dei proletari immigrati.

A Paderno Dugnano, a Ravenna come a Roma, la mobilitazione della Rete
nazionale per la sicurezza sul lavoro ha portato la necessità di intervenire
su questi temi, a partire dalla necessità di rendere giustizia agli operai
immigrati morti e a non lasciare sole le loro famiglie.

La rivolta dei popoli di Algeria, Tunisia, Marocco ha ridato dignità agli
sfruttati ed oppressi dai regimi-fantoccio al servizio degli interessi dei
padroni imperialisti. Queste rivolte ancora in corso dimostrano che solo con
la ribellione di massa è possibile riprendere nelle proprie mani la propria
vita, una vita che prima valeva meno di niente e che li ha portati ad
emigrare e chi è sopravvissuto nelle nuove tratte degli schiavi ha dovuto
subire supersfruttamento, morte, cie, polizia e razzismo di stato.



Lavoratori immigrati, con lo sciopero del 1 Marzo non avete bisogno di
dimostrare quanto profitto create in questo paese ma farlo diventare
giornata di lotta per affermare i vostri diritti di esseri umani, e tra
questi il diritto alla vita nei luoghi di lavoro.

E' ora di dire assieme che non siete più disposti ad essere merce per il
profitto dei padroni.



Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro

pc quotidiano 10 febbraio - *Italia in guerra contro i migranti con i radar d’Israele*

Ricevo e rigiro

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*Italia in guerra contro i migranti con i radar d’Israele*



di *Antonio Mazzeo*





Potenti radar a microonde prodotti in Israele stanno per essere installati
all’interno di parchi e riserve naturali del sud Italia per contrastare gli
sbarchi dei migranti. La nuova *Rete di sensori radar di profondità per la
sorveglianza costiera* sarà integrata al sistema di comando, controllo,
comunicazioni, computer ed informazioni (C4I) della Guardia di finanza.
Grazie alle risorse del “*Fondo europeo per le frontiere esterne*”,
programma quadro 2007-08 contro i flussi migratori, *il Comando generale
della forza armata ha acquistato cinque sofisticati EL/M-2226 ACSR
(**Advanced
Coastal Surveillance Radar**) realizzati da Elta Systems, società
controllata dalla Israel Aerospace Industries Ltd. (IAI)*. I radar sono
appositamente progettati per l’individuazione di imbarcazioni veloci di
piccole dimensioni. “Le immagini ad alta risoluzione captate dal sistema –
informano i manager dell’industria bellica israeliana – vengono utilizzate
per prevenire l’immigrazione e la pesca illegale, il traffico di droga, gli
attacchi terroristici e il contrabbando; per realizzare missioni di ricerca
e salvataggio; per individuare target aerei, navali, sottomarini e segnali
emessi da antenne radar”.

L’EL/M-2226 ha una portata di oltre 50 chilometri e, posto a livello del
mare, è in grado di scoprire uno scafo veloce a 10 miglia o un gommone a 7.
“Il duplice esame ottico e all’infrarosso degli obiettivi sospetti scoperti
dal radar ne consentono la distinzione in leciti o illeciti”, si legge sulle
brochure di Elta Systems. “Il sistema è in grado di mantenere sottocontrollo
oltre cento bersagli contemporaneamente; il riconoscimento dei gommoni
impiegati nell’immigrazione clandestina avviene con l’analisi, per ogni
natante avvistato, della velocità, rotta, provenienza, dimensioni,
riconoscimento del numero di persone a bordo. Opera 24 ore al giorno, 365
giorni all’anno, anche in condizioni climatiche particolarmente avverse, in
network con altri tipi di sensori installati su imbarcazioni navali, aerei
ed elicotteri”.

La società israeliana fornisce pure qualche dato sulle caratteristiche
tecniche dell’ultima generazione di strumenti anti-immigrati. *“L’EL/M-2226
fa parte della famiglia di trasmettitori **Linear Frequency Modulated
Continuous Wave** (LFMCW) in X-band (dagli 8 ai 12.5 GHz di frequenza)”,
quelli che operano cioè emettendo microonde, le onde molto corte comprese
tra i 300MHz e i 300 GHz, estremamente pericolose per l’uomo, la fauna e la
flora.* “L’angolo di esposizione azimutale è di 1.5°, mentre quello in
altezza è di 3.5°”, aggiunge Elta Systems. “Il sistema è stato sviluppato
nella configurazione a corto, medio e lungo raggio e incorpora un’antenna
fissa, un trasmettitore radio, un ricevitore, un processore del segnale ed
un’unità di controllo e gestione informatica. Il network dei diversi
impianti radar può essere facilmente controllato da un unico Centro di
comando/VTMS remoto. *L’EL/M-2226 è stato installato lungo la costa
israeliana ed integrato alla rete difensiva marittima che verrà potenziata
con altre cinque potenti stazioni radar. La marina militare israeliana ha
utilizzato questo sistema nel gennaio 2002 per individuare nel mar Rosso
l’imbarcazione palestinese **Kareen A** che trasportava armi”. Adesso è il
turno dell’Italia contro i migranti e i profughi in fuga dai conflitti
africani e mediorientali. *

Anche se* il Comando generale della Guardia di finanza mantiene il riserbo
sulle località prescelte per installare i cinque radar a microonde,* tre di
esse sono note. Si tratta di *Gagliano del Capo (Lecce)*, *Siracusa* e dell’
*isola di Sant’Antioco in Sardegna*. Nel Salento l’impianto sorgerà in *un
terreno di 300 mq ubicato tra le località “Sciuranti” e “Salanare”,
all’interno del perimetro del** *parco naturale Otranto – *Santa Maria di
Leuca* – Bosco di Tricase. In Sicilia, il radar sarà installato a *Capo
Murro di Porco* presso la stazione di sollevamento fognario del Comune di
Siracusa, zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed archeologico e
prospiciente l’oasi marina protetta del Plemmirio, istituita nel 2005. Il
terzo impianto sarà creato invece all’interno dell’ex stazione radio
militare di Sant’Antioco di proprietà della Regione Sardegna, in località
Capo Sperone – Su *Monti de su Semaforu*. Si tratta di una splendida area
costiera ricadente nel parco di “Carbonia ed Isole Sulcitane”, dove sono
presenti pure fabbricati particolarmente significativi dal punto di vista
storico-culturale ed architettonico.

In tutti e tre i luoghi, le antenne radar saranno montate in cima a tralicci
alti 36 metri; saranno realizzate estese piattaforme in calcestruzzo,
shelter e cabine destinate a contenere gli apparati di trasmissione. *I
lavori sono stati appaltati **il** 22 ottobre 2010 alla “Almaviva SpA” di
Roma, principale** gruppo italiano di consulenza e servizi IT (**Information
& Communication Technology**)** per la pubblica amministrazione, gli enti di
previdenza, le banche, ecc.. Per complessivi 5.461.700 euro*, Almaviva
assicurerà l’installazione e la manutenzione dei cinque impianti radar e la
formazione “attraverso quattro corsi” del personale della Guardia di
finanza. L’appalto è stato concesso dal Comando generale della Gdf senza
l’indizione e la previa pubblicazione di un bando di gara nella Gazzetta
ufficiale dell’Unione europea, con la motivazione che “i lavori e i servizi
possono essere forniti unicamente da una determinata fornitrice, la Almaviva
SpA , che possiede le prescrizioni di natura tecnica e i diritti esclusivi
dei materiali”.

Con un fatturato annuo di 865 milioni di euro, la società romana è
particolarmente attiva nel settore della difesa e della sicurezza.* Oltre
alla Guardia di finanza, tra i suoi *clienti compaiono la NATO , lo Stato
Maggiore della difesa, l’Aeronautica militare, la Marina militare, l’Arma
dei Carabinieri e il Dipartimento di pubblica sicurezza. “Collaboriamo con
le forze di polizia nella gestione della sicurezza in mare, dei confini
territoriali e degli aeroporti e nella protezione di infrastrutture
sensibili”, spiegano i manager di Almaviva. “Sviluppiamo sistemi di comando,
controllo e comunicazioni, di videosorveglianza territoriale e
messaggistica, applicazioni per la logistica e il personale, tecnologie e
soluzioni biometriche per l’identificazione. Abbiamo messo a punto *sistemi
C4I, strategici e tattici,** *per la gestione di operazioni terrestri, aeree
e navali, l’integrazione dei servizi di sorveglianza radar ed elettro-ottici
e delle informazioni provenienti da varie tipologie di sensori dislocati su
piattaforme fisse o mobili”.

Almaviva è uno degli attori privati chiave nel campo delle politiche
“sicuritarie” e di contrasto all’immigrazione. Oltre ad aver collaborato con
il governo nella realizzazione del “permesso di soggiorno elettronico”, la
società partecipa ai progetti previsti dal *programma operativo nazionale
(PON) “Sicurezza per lo sviluppo - Obiettivo Convergenza 2007-2013”*,
finalizzato ad “aumentare le condizioni di sicurezza e legalità in Sicilia,
Calabria, Campania e Puglia”. Il 21 aprile 2010, in associazione temporanea
con Unisys SpA e Secom Srl, Almaviva si è aggiudicata la gara indetta dalla
Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere per la
realizzazione *di un “sistema di raccolta informazioni, analisi e relativo
monitoraggio finalizzato al coordinamento delle attività di contrasto
all’immigrazione clandestina attraverso il Mediterraneo allargato e le
frontiere terrestri* (SATM)”.

La società ha assicurato infine l’aggiornamento tecnologico e i software per
il funzionamento di quattro sistemi di sorveglianza costiera M.C.S.S.
(*Mobile
Coastal Surveillance System*). Si tratta delle configurazione mobile del
radar israeliano EL/M-2226 ACSR, che la Guardia di finanza ha dislocato in
Calabria e Sicilia a partire dell’estate 2008, grazie ai fondi strutturali
europei previsti dal* *“Programma Operativo di Sicurezza per lo sviluppo del
Mezzogiorno di Italia – QCS 200/2006”. “Il complesso M.C.S.S., interamente
allestito dalla società israeliana IAI-Elta Electronics Industries Ltd di
Ashdod, si compone di quattro elementi: il radar di scoperta, il sistema di
riconoscimento optronico, lo shelter ed il veicolo di trasporto prodotto da
Iveco”, spiega il Comando della Gdf. “Per il loro impiego occorrono tre
operatori: l’addetto alla scoperta e riconoscimento, l’addetto alle
telecomunicazioni ed il conduttore del mezzo. Nello shelter destinato al
Corpo sono installati gli apparati radio necessari ad assicurare i
collegamenti con le sale operative, i mezzi terrestri e navali e i velivoli
di trasporto radar. Il sistema è sicuro: ha superato le prove di
radioprotezione e rientra nei parametri stabiliti in ordine alle emissioni
di onde elettromagnetiche”. Non la pensano così i residenti del comune di
Montallegro, in provincia di Agrigento. Dopo la collocazione del radar
mobile nella fascia costiera compresa tra Bovo Marina ed Eraclea Minoa, si
registrerebbero con frequenza guasti inspiegabili ad impianti elettrici,
sistemi d’allarme ed elettrodomestici.

pc quotidiano 10 febbraio - fuori i fascisti da palermo

Venerdi 11 febbraio l’organizzazione neofascista Casapound ha indetto la presentazione del libro “Nessun dolore” di Domenico Tullio, con la presenza dell’autore nonché militante dell’organizzazione stessa e del presidente di Casapound Gianluca Iannone.
La presentazione del libro avverrà niente poco di meno che alla Mondadori di Via Ruggero Settimo.

Riteniamo una grave provocazione il fatto che venga data la possibilità, dai responsabili della nota libreria, a tali individui di propagandare “ideali” quali il razzismo, il sessismo e l’omofobia.
Casapound è un’ organizzazione dichiaratamente neofascista che con un’immagine artificiosamente “nuova” e “moderna” inneggia al ventennio fascista e al duce, rievocando quel periodo storico che ha visto il nostro paese teatro di violenze e attacchi contro i lavoratori i giovani e le donne da parte del regime fascista che ha ridotto l’Italia in macerie svendendola all’invasore nazista.

Riteniamo vergognoso che la Mondadori dia spazio ad “iniziative” del genere promosse da questi individui che da nord a sud “fanno notizia” per il loro impegno nell’attacco a disabili, omosessuali, agli studenti che lottano contro la riforma Gelmini, da buoni servi del potere quali sono.

Non permetteremo che tali loschi figuri agiscano indisturbati organizzando la presentazione di un libro auto propagandistico.
La nostra città ha dimostrato in più di un’occasione la capacità di ricacciare nelle fogne tali individui che riescono ad agire solo protetti dalla polizia.

Invitiamo tutti i sinceri antifascisti venerdi 11 febbraio alle ore 16 davanti la Mondadori al sit-in antifascista indetto da tutte le realtà e organizzazioni antifasciste della città, per esprimere il loro dissenso e sdegno.


Red Block
Palermo 09/02/2011

pc quotidiano 10 gennaio - IL FARAONE... E IL 13

"UNA VOLTA CHIESERO AL FARAONE: COME HAI POTUTO DIVENTARE COSÌ POTENTE? LA SUA RISPOSTA FU: NESSUNO MI HA FERMATO".

Il Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario non aderisce alla mobilitazione nazionale indetta per il 13 febbraio dall'appello “Se non ora quando?”.
Appoggiamo naturalmente tutte le donne che scenderanno in piazza contro Berlusconi, il suo governo e il modello sociale, culturale putrefatto fascista, maschilista che questi rappresenta e che ha nell'attacco alla dignità delle donne uno dei pilastri principali. Ma non pensiamo che le posizioni espresse dall'appello, le donne che lo promuovono e lo rappresentano, le forze politiche che l'appoggiano, rappresentino realmente questa battaglia della maggioranza delle donne e del movimento femminista.
Che “Se non ora quando?” lo rivolgano a sé stesse, al loro ceto sociale e ceto politico di riferimento tutto interno a questo sistema, al parlamento, che oggi scendano in piazza è il minimo che potessero fare e lo fanno tra l'altro con un grande ritardo. Ma appunto, è il “minimo”, quasi un “dovere”. Dove stavano finora?
La condizione di vita della maggioranza delle donne proletarie è attaccata quotidianamente da anni, in termini di possibilità lavorativa, precarietà, discriminazioni vecchie e nuove, di ritorno agli anni '50 come peso dei servizi sociali, si mettono in discussione diritti, conquiste, si ricacciano le donne nella famiglia in cui avvengono la maggioranza delle violenze sessuali e degli assassini di donne, si nega alle ragazze un futuro, si reprimono e perseguono le immigrate e la maggiorparte delle prostitute (quelle che non sono chiamate “escort”), si crea un humus che rende “normale” l'offesa quotidiana e in tutti i modi alla dignità delle donne, ecc. ecc.
Ora, non possono le promotrici del 13 farsi interpreti anche della denuncia del contesto generale dell'attacco alle donne quando esso è portato avanti da un sistema sociale, da governi – non solo Berlusconi, ma anche quelli di centrosinistra - di cui buona parte di queste donne sono parte e condividono e che vogliono rendere solo “più civile, più ricca e accogliente la società”. Ora sono indignate perchè Berlusconi ha “superare la soglia della decenza”, ma quando questa soglia era già superata per la maggioranza delle donne, le lavoratrici, le studentesse, noi, le componenti più coerenti del movimento femminista ci siamo trovate sole nella lotta contro tutto questo; abbiamo e continuiamo a lottare contro tutti gli aspetti: dalle violenze sessuali, alla lotta, con le operaie Fiat contro lo schiavismo di Marchionne, alla lotta con Joy e contro i poliziotti stupratori e pure assolti, ecc.
Anche rispetto a Berlusconi, a queste promotrici, ai loro partiti di riferimento o di cui fanno parte a livello anche dirigenziale, in primis il PD, ai rappresentanti della stampa/Tv che hanno 'campato', quasi compiaciuti, a parlare di Berlusconi, alle esponenti sindacali, come la Camusso, che non hanno fatto finora neanche una iniziativa di lotta generale delle donne nonostante gli attacchi doppi per le lavoratrici, vorremmo ricordare un detto egiziano: “Una volta chiesero al Faraone: come hai potuto diventare così potente? La sua risposta fu: Nessuno mi ha fermato”.
Si potrebbe dire:meglio tardi che mai. Ma anche ora queste donne e i partiti di centrosinistra che stanno in parlamento e potrebbero rimuovere Berlusconi non lo fanno e chiedono ancora che sia lui a “dimettersi”
Noi del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario abbiamo sin dal primo momento, e in particolare dalla fase aperta con la lettera di Veronica Lario segnalato il salto di qualità moderno fascista, sessista che il sistema capitalista attraverso il governo Berlusconi realizzava. La concezione di Berlusconi e della sua corte, anche femminile, sulle donne, la considerazione del loro ruolo nella società, sono di fatto una cartina di tornasole, la punta di un iceberg dell'ideologia e del grado di inciviltà di un sistema che non potendo più nascondere e mentire, ormai le rivendica pubblicamente come fatti legittimi, normali.
E' evidente che separando la lotta contro Berlusconi dalla necessaria lotta delle donne contro tutto questo, senza affrontare l'attacco sistemico alle condizioni di vita, dignità delle donne, la manifestazione del 13 risulta essere caratterizzata da una mera opposizione al modello Berlusconi, tutta all'interno della dialettica parlamentare, elettorale e mass mediatica.
Noi siamo interne espressione di un altro movimento. E oggi riteniamo che Berlusconi deve essere cacciato con una rivolta, in primis delle donne e che la forma con cui le donne possono portare avanti questa battaglia sia quella che noi chiamiamo “sciopero delle donne”. Perchè è con lo sciopero totale delle donne che è possibile un protagonismo di lotta delle donne più sfruttate e oppresse, delle ragazze ribelli, perchè unendo la battaglia di classe alla battaglia di genere dappertutto, anche dentro la classe, è possibile non essere strumenti di politiche parlamentari/elettorali, e porre la necessità del cambiamento radicale di questo sistema da moderno medioevo che continuerà a produrre i 'Berlusconi'.
Come abbiamo detto lanciato nello sciopero del 28 gennaio, ORGANIZZIAMO PER L'8 MARZO LO SCIOPERO DELLE DONNE!
Questo messaggio lo rivolgiamo anche alla parte più radicale delle donne in piazza perchè si guardi oltre il 13 febbraio.

10.2.2011 - Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
mfpr@libero.it – tel 3475301704

pc quotidiano 10 febbraio - bergamo operaie in lotta

"lavoriamo per la Triumph da 10/20/30anni e abbiamo sempre considerato un dovere dare il massimo per l'azienda. Negli anni, spesso con grande fatica, siamo sempre riusciti a mantenerci al passo con i cambiamenti che, come è naturale che sia, si sono verificati nel tempo. ci è stato chiesto di essere sempre più flessibili e noi abbiamo acconsentito (...)
Col blocco del turn over ci hanno sovraccaricato di lavoro in maniera spesso
insostenibile, tanto che prendere qualche giorno di ferie (o malattia) è diventato un tormento per gli arretrati che si accumulano e che poi servono mesi per recuperare (.) ma nonostante quanto abbiamo fatto e facciamo, la situazione ha continuato a peggiorare e malgrado il nostro impegno ì tagli di personale si sono susseguiti fino ad oggi. Abbiamo accettato tutto, non perché speravamo in un riconoscimento particolare, volevamo solo mantenere il nostro lavoro e di contro la risposta è stata ancora un'ulteriore riduzione di personale. Tra l'altro con la chiusura del magazzino Italia per parecchi uffici il lavoro anziché diminuire è aumentato. Inoltre, da 2 anni, senza nemmeno motivarlo, hanno abolito il premio produzione e da quest'anno i premi fedeltà per i 10 e 25 anni di anzianità. Ci considerano vecchi, obsoleti e insufficientemente scolarizzati, quindi, ci chiedono di togliere il disturbo e lo fanno con l'arroganza di chi crede che non abbiamo una
dignità.." - (dalla testimonianza di una lavoratrice)

COSA SUCCEDE ALLA TRIUMPH?

E' difficile credere a quanto afferma l'azienda, ovvero, che 19 impiegate/i, garantiti da un contratto a tempo indeterminato, senza motivo apparente, sarebbero disposti a licenziarsi andando ad aggiungersi alle migliaia di disoccupati bergamaschi alla disperata ricerca di un impiego che non c'è.(Vedi ultimi "ricollocamenti" dei 56 addetti del magazzino italiano!)

Noi non crediamo ci sia alcun volontario al licenziamento ma piuttosto che questa "scelta" sia il risultato di una campagna di vero e proprio terrorismo psicologico che l'azienda da mesi ha messo in atto al fine di indurre quante più persone a dare le dimissioni.

La Triumph non è un aziendina in difficoltà, ma una multinazionale con fatturati miliardari che, a livello globale, sta usando la cosiddetta crisi per fare ancora più profitti, continuando a produrre lo stesso, o addirittura di più, con meno personale.Tra l'altro, in questo caso specifico, spacciando l'indennità di mobilità
come una sorta di "incentivo" al licenziamento, quando invece questo ammortizzatore sociale, pagato in gran parte dai contribuenti italiani, spetta per legge per i licenziamenti collettivi.

Sappiamo che di lavoro alla Triumph di Trescore ce n'è per tutti i lavoratori attualmente impiegati e che se si applicassero condizioni di lavoro accettabili si dovrebbe addirittura assumere altro personale.
Crediamo quindi che nessuna lavoratrice sia in esubero e che la sede di lavoro debba rimanere a Trescore.
Per questo nelle scorse settimane abbiamo scritto al direttore del personale (e alla Direzione Provinciale del Lavoro) chiedendo un incontro per chiarimenti su questi temi.
Ma il fatto che può dare una svolta a questa situazione è l'organizzazione e la mobilitazione delle lavoratrici con un sindacato non compromesso con l'azienda, contro l'arroganza dei piani aziendali, per difendere il lavoro, la dignità e vendere cara la pelle.

PERCHE' SOLO LA LOTTA PAGA!

SLAI COBAS per il sindacato di classe
Sede legale e nazionale: Taranto v. Rintone, 22 tel/fax 099/4792086 -
347/5301704 cobasta@libero.it
Sede provinciale: Bergamo - c/o slai cobas sc bg C.P. 4 - 24044 Dalmine Cell
335/5244902
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pc quotidiano 10 febbraio - Egitto "Chiuso fino alla caduta del regime", scioperano gli operai e il governo Suleiman si prepara alla repressione


Scendono in campo gli operai che vengono super sfruttati nelle fabbriche nelle mani del capitale straniero, Italia, Germania, Francia per circa 50 euro al mese…

Stralci da Al Jazeera 10 febbraio 2011

I sindacati dei lavoratori egiziani hanno indetto uno sciopero nazionale, aggiungendo slancio alle manifestazioni pro-democrazia del Cairo e in altre città.

I corrispondenti di Al Jazeera, dall'Egitto, hanno detto che circa 20.000 operai non sono andati al lavoro mercoledì.

Shirine Tadros di Al Jazeera, dal Cairo, ha detto che alcuni lavoratori "non hanno una richiesta politica".

"Dicevano che vogliono salari migliori, vogliono porre fine alla disparità di retribuzione, e vogliono il 15 per cento di aumento della retribuzione che è stato loro promesso dallo Stato."

Tuttavia, Tadros ha anche detto che alcuni lavoratori dicevano a Hosni Mubarak, il presidente egiziano, di dimettersi.

L'azione di sciopero è arrivata quando le manifestazioni pubbliche che chiedono a Mubarak di lasciare senza indugio il potere sono entrate nel loro 16 ° giorno.

I manifestanti determinati continuano a radunarsi a piazza Tahrir (Liberazione) del Cairo, e in altre città in tutto il paese. Dicono che le proteste non finiranno fino a quando Mubarak, che è stato al timone del Paese dal 1981, non andrà via.

I manifestanti con le coperte sono radunati al di fuori del palazzo del parlamento al Cairo mercoledì, senza alcuna intenzione di muoversi... I manifestanti hanno messo un cartello che recita: "Chiuso fino alla caduta del regime".

Il governo sembra essere sotto pressione da parte delle grandi potenze e dai sostenitori pro-democrazia, ha riferito dalla città Stefanie Dekker di Al Jazeera.

Ha detto che la gente in piazza Tahrir è arrabbiata per una visita di Tamer Hosni, una famosa stella pop araba, la mattina di mercoledì.

Hosni precedentemente aveva reso dichiarazioni per dire ai manifestanti di lasciare la piazza, dicendo che Mubarak aveva offerto loro concessioni. "I suoi commenti non sono andati proprio giù", ha detto il nostro corrispondente. La folla ha reagito con rabbia e sono dovuti intervenire i militari per tenerla lontani da lui.

"La gente qui mostra grande sensibilità" ha detto Dekker di Al Jazeera.

Le proteste sono continuate

Un altro corrispondente di Al Jazeera, dal Cairo, ha detto che c'è anche un elemento di rinnovata attenzione internazionale per le manifestazioni, con gli egiziani provenienti dall'estero che tornano per unirsi al campo pro-democrazia.

Vi è anche una campagna su Internet con l'obiettivo di mobilitare migliaia di espatriati a ritornare e sostenere l'insurrezione...

I manifestanti sono "più incoraggiati e più determinati di giorno in giorno", ha detto Ahmad Salah, un attivista egiziano, "Questo è un movimento in crescita, non diminuisce."

Nel resto del paese, quattro manifestanti sono morti e circa 100 feriti in scontri con la polizia. Nella provincia occidentale di Wadi al-Jadid, hanno avuto inizio manifestazioni anti-Mubarak lunedi notte, causando diversi feriti gravi portati in ospedale.

Questi sono stati segnalati per essere i primi scontri gravi nella provincia dal 28 gennaio, "Day of Rage" il giorno della rabbia.

Un medico che ha curato alcuni dei feriti negli scontri ha detto che si è trattato di quattro persone, ognuna della quali era stata colpita al petto.

Concessioni inferiori

Il messaggio di Mubarak è stato finora, che non lascerà fino al termine del suo mandato che scade a settembre.

Come gesto di buona volontà, però, 34 prigionieri politici, compresi i membri del gruppo di opposizione al bando, Fratelli musulmani, sono stati rilasciati negli ultimi due giorni.

Dekker, il nostro corrispondente, ha riferito che ci sono ancora un numero imprecisato di dispersi, tra cui attivisti che si pensa possano essere stati arrestati durante i recenti disordini, mentre Human Rights Watch ha riferito che il bilancio dei morti ha raggiunto 302 dal 28 gennaio.

Il ministero della Sanità egiziano ha negato le cifre, tuttavia, dicendo che le statistiche ufficiali sarebbero state rilasciate a breve.

"Egli (Suleiman) sta minacciando di imporre la legge marziale, il che significa che tutti coloro che sono in piazza saranno distrutti. Ma che cosa farà con il resto dei 70 milioni di egiziani che ci seguiranno dopo?".

Samir Abdul-Rahman, portavoce di una coalizione dei cinque principali gruppi di giovani dietro le proteste di piazza Tahrir.

Omar Suleiman, il vice presidente egiziano, ha avvertito martedì che il suo governo "non può sopportare continue proteste" per un lungo periodo di tempo, dicendo che la crisi deve essere chiusa al più presto possibile.

Suleiman ha detto che non ci sarà "nessuna fine del regime" e nessuna partenza immediata per Mubarak,così ha riferito l'agenzia di stampa di Stato MENA da una riunione tra il vice-presidente e giornali indipendenti.

A un certo punto della tavola rotonda, ha avvertito che l'alternativa al dialogo "è che avviene un colpo di Stato, il che significherebbe incalcolabili e frettolosi passi, compreso un mucchio di irrazionalità".

Quando viene pressato dai redattori di spiegare il commento, ha detto che non voleva dire un colpo di stato militare, ma che "una forza che non è preparato per governare" potrebbe rovesciare le istituzioni statali, ha detto Amr Khafagi, redattore capo del quotidiano di proprietà privata Shorouk, che ha partecipato al briefing.

La risposta alle dichiarazioni di Suleiman è stata triste.

"Lui sta minacciando di imporre la legge marziale, il che significa che tutti in piazza saranno distrutti", ha detto Abdul-Rahman Samir, portavoce di una coalizione dei cinque principali gruppi di giovani che sostengono le proteste in piazza Tahrir.

"Ma che cosa farebbe con il resto dei 70 milioni di egiziani che ci seguiranno più tardi".

In precedenza, martedì, Suleiman aveva detto che un piano era in atto per il trasferimento pacifico del potere, che comprendeva la formazione di tre commissioni – una per proporre modifiche costituzionali, un’altra per controllare l'attuazione delle modifiche e una terza per indagare sugli scontri violenti del 2 febbraio.