Interrompere l'accordo di cooperazione militare con Israele, che si rinnova tacitamente ogni 5 anni e scade l'8 giugno 2025. La prima bozza è stata stesa da Ugo Giannangeli, che compare fra i 10 firmatari. Ora dare il massimo rilievo a questa azione. Di seguito il testo della diffida
Lunedì arriva in Parlamento per la conversione
in legge il decreto sicurezza
che crea un vero e proprio Stato di Polizia e di persecuzione delle lotte,
dell'opposizione, della libertà di pensiero e di dissenso, delle occupazioni
delle case e di tanti altri fattori.
Un decreto che vuole dare poteri speciali e
privilegi speciali alla polizia per farne uno strumento della repressione di
massa, dell'utilizzo sistematico della violenza verso i manifestati.
Questo decreto, passaggio fondamentale della trasformazione moderno fascista delle Istituzioni per
opera del governo rappresentato da Meloni e dai suoi sodali
- il razzista Salvini e Forza Italia -
domanda chiaramente un'opposizione. L'opposizione che viene dai magistrati, le
obiezioni che vengono dallo stesso Consiglio della magistratura, le opposizioni
che vengono anche in seno a questo Parlamento, hanno bisogno però di
un'effettiva azione di massa.
In questo senso salutiamo
positivamente e diamo la nostra massima
adesione alle iniziative già annunciate per lunedì, una sorta di “andiamo
al Parlamento”, e alla manifestazione
nazionale che viene convocata per il 31 maggio.
Noi non pensiamo, lo abbiamo detto sempre, che questa mobilitazione sia in grado di fermare la mano
Chi semina vento raccoglie tempesta. L'azione condotta negli USA nei confronti
di elementi dell'ambasciata israeliana rappresenta un inevitabile esito della
sfrenata azione genocida, massacratrice di Israele, contraria ai diritti umani, un vero e
proprio crimine prolungato contro il popolo palestinese e l'umanità in
generale; quindi per questo non ci può essere alcuna condanna.
Non è possibile assistere senza reagire a
tutti i livelli, sia da parte dei popoli sia delle istituzioni che dovrebbero
rappresentarli, a fronte a questo orrendo crimine quotidiano consumato ai danni
del popolo palestinese. Esso senza alcun dubbio ricorda le peggiori pagine
della storia dell'umanità, da Auschwitz ai campi di concentramento, all'Olocausto, ad altre grandi tragedie che hanno colpito i popoli nella storia delle società e dei sistemi politici e economici che
le hanno gestite.
Quindi ogni condanna di questa azione è
sbagliata. Ogni presa di distanza dalla reazione che questo comporta è
sbagliata.
Chiaramente noi non pensiamo che un attentato
a funzionari delle ambasciate incida in misura decisiva nel fermare la mano del genocida Netanyahu.Pensiamo che serva la mobilitazione di massa in tutto il mondo che costringa i governi a mettere in atto tutte le misure diplomatiche,
economiche e anche militari per fermare il crimine di guerra e il genocidio in
atto in Palestina; e a imporre a questi governi
El martirio del camarada Basavaraj, secretario general del PCI
(Maoísta), es una inmensa pérdida para el pueblo de la India y para los
explotados y oprimidos de todo el mundo. Dedicó plenamente su vida al
servicio del pueblo y dio una hábil dirección al movimiento maoísta.
El régimen fascista brahmánico Hindutva de Modi se regodea con la
muerte del camarada. Después de este asesinato, seguramente seguirá
adelante con más asesinatos en su guerra contra el pueblo, lo que
estimulará los llamamientos a la paz de la sociedad civil en general.
De lo que no se da cuenta, cegado por su arrogancia fascista, es
esto: la revolución de nueva democracia no nació de un individuo.
Tampoco terminará con el martirio de un individuo, por muy preciosa que
haya sido esa vida para el pueblo y la revolución.
Esta no es la primera vez que el movimiento maoísta en India pierde a
un líder eminente. No es la primera vez que las clases dominantes se
regodean con ello. Muy pronto resultó ser temporal. Muy pronto se vieron
obligados a reconocer una vez más al movimiento maoísta como la mayor
amenaza para su gobierno.
Eso es lo que se va a repetir, una y otra y otra vez… hasta que gane
la revolución. Los recuerdos de la vida y el martirio del camarada
Basavaraj y de muchos otros siempre serán una inspiración para el
pueblo, la juventud, de este país.
The
martyrdom of comrade Basavaraj, General Secretary of the CPI (Maoist)
is an immense loss for the people of India and the exploited and
oppressed throughout the world. He lived a life fully dedicated to
serving the people and gave able leadership to the Maoist movement. The
Brahmanical Hindutva fascist Modi regime is gloating over the death of
the comrade. Following this killing, it will surely press on more
murderously in its war on the people, spurring calls for peace made by
broad civil society. What it fails to realise, blinded by its fascist
arrogance, is this - the new democratic revolution was not born from an
individual. Nor will it end with the martyrdom of an individual, no
matter how precious that life was for the people and the revolution.
This is not the first time that the Maoist movement in India has lost an
eminent leader. This is not the first time the ruling classes gloated
over it. Soon enough it proved to be temporary. Soon enough they were
forced to once again acknowledge the Maoist movement as the biggest
threat to their rule.That is what is going to be repeated, again and
again and again...till the revolution wins. Memories of the life and
martyrdom of comrade Basavaraj and countless others will always remain
an inspiration for the people, the youth, of this country.
ha perso la vita oggi in combattimento,
condanniamo le genocide forze di sicurezza indiane -Harsh
Thakor *
Il compagno Namballa Keshava Rao alias Basav Raj,
Segretario Generale del PCI (Maoista), è stato spietatamente
assassinato nello scontro in cui 27 quadri maoisti sono stati uccisi
dalle forze di sicurezza nella foresta di Abujhmad, nel distretto di
Narayanpur, in Chhattisgarh, mercoledì mattina (21 maggio).
È la prima volta negli oltre quarant'anni di
storia del partito maoista che il suo massimo dirigente o segretario
resta ucciso in uno scontro.
Il martirio del compagno Basavaraj, Segretario
Generale del PCI (Maoista), è una perdita irreparabile per il popolo
indiano e per gli sfruttati e gli oppressi di tutto il mondo. Ha
servito incrollabilmente la causa del popolo e ha dato un’abile
guida al movimento maoista.
Il compagno Basav Raj, che per cinquant’anni ha
sempre tenuto alta con incrollabile resilienza la bandiera della
lotta rivoluzionaria per la liberazione, ha conquistato per sempre un
posto nei cuori degli oppressi.
Il compagno Namballa Keshava Rao è il secondo
Segretario Generale, dopo Charu Mazumdar, a essere martirizzato per
mano della polizia. Senza dubbio ha conquistato un posto duraturo
tra i più grandi leader maoisti indiani di sempre.
Il percorso di vita di Kesava Rao ha mostrato e
simboleggiato come un rivoluzionario marxista resti impassibile anche
di fronte ai pericoli più gravi o lungo i cammini più tortuosi. Ha
mostrato come il fermento rivoluzionario genera un rivoluzionario e
la trasformazione spirituale che un rivoluzionario attraversa.
Esplorare e sperimentare sono state caratteristiche constanti della
sua vita, che lo anno tempro a a far riemergere lo slancio
rivoluzionario anche dagli abissi più profondi della disperazione.
Le qualità di Kesava Rao erano un mix di tenacia, coraggio e
creatività, sviluppati a vette ineguaglibili. Ha sostenuto lo
spirito collettivo e combattuto l'individualismo fino all'ultimo.
Con impareggiabile maestria ha difeso il fulcro e
base dei movimenti e delle strutture rivoluzionarie. Pochi dirigenti
comunisti sono penetrati tanto profondamente sotto la superficie dei
movimenti Dandakaranya e seminato con così tenacemente i semi della
democrazia rivoluzionaria. Il regime fascista brahmanico Hindutva di
Modi sta esultando per la morte del compagno. Ciò che non riesce a
comprendere, accecato dalla sua arroganza fascista, è che la
rivoluzione di nuova democrazia non è il prodotto di un singolo
individuo e non sarà spazzata via dal suo martirio, per quanto sia
stata preziosa quella vita per il popolo e per la rivoluzione. Di
fatto, essa seminerà i semi affinché nuove rose fioriscano ed
estinguano le erbacce velenose.
Il percorso
a dirigente comunista
Figlio di un insegnante, Keshava Rao proveniva dal
villaggio di Jiyyannapeta, distretto di Srikakulam, in Andhra
Pradesh. Keshava Rao ebbe la sua prima educazione nel villaggio
natale, completò la scuola superiore a Talagam (il villaggio del
nonno, nel distretto di Tekkali) e frequentò il Tekkali Junior
College.
Il suo percorso rivoluzionario iniziò nel secondo
anno di studi universitari al REC (Regional Engineering College) nel
1973-74, diventando uno dei membri fondatori della RSU (unione degli
Studenti Rivoluzionari). A Warangal, organizzò con coraggio lotte
per isolare lo squadrismo e le campagne fondamentaliste dell'ABVP.
Contribuì cosi a dare al REC la fama di "Radical Engineering
College". Con l'intensificarsi della repressione contro i
rivoluzionari durante lo stato di emergenza, scelse la clandestinità
da cui non uscirà mai più.
Mentre era in clandestinità a Warangal, per
alcuni mesi lavorò come hamali (facchino), il che gli permise di
organizzare i lavoratori locali.
Anche i dati annuali dell’Istat, presentati qualche giorno
fa pubblicamente in Parlamento, smentiscono clamorosamente il racconto da
favoletta della Meloni che dice che in questo Paese tutto va bene (va bene per
lei e le sue tasche sicuramente!).
Mentre le tasche delle lavoratrici, dei lavoratori, dei
pensionati… insomma delle masse popolari si svuotano sempre di più, visto che negli
ultimi sei anni è stato perso il 10,6% del potere di acquisto, e tra l’altro moltissimi
fanno prestiti.
Per quanto riguarda il lavoro, come si sa alla Meloni piace
vantarsi di dati record, ma se si parla di donne si tratta di lavoro a
«part-time involontario» e altri contratti intermittenti: siamo al 42,4%, oltre
IL SIONISMO È IL CANCRO CHE HA SVELATO LA DISUMANITA’ DELLE
“DEMOCRAZIE OCCIDENTALI”
L’imperialismo
è barbarie!
….. il popolo palestinese sta scrivendo con il suo sangue
una pagina tragica ma allo stesso tempo gloriosa della storia
dell’umanità perché sta dando al mondo una
lezione di Resistenza che prima di tutto è etica. Un monito a
tutti i sionisti e non solo al criminale Netanyahu, una bandiera che
ancora sventola contro il loro suprematismo, il loro schifoso
razzismo, il loro fondamentalismo religioso il loro nazismo
ideologico. Un monito agli ipocriti, agli imbelli
“moderati”, ai “farisei, ai perbenisti ignoranti, a tutte e
tutti coloro che hanno seppellito nel consumismo la loro umanità….
Sabato 24 maggio ore 16,00
Corteo in solidarietà al popolo palestinesee
alla sua Resistenza.
partenza Affori centro – fermata M3 linea gialla
termine Piazzale Maciachini – fermata M3 linea gialla
CONTRO IL GENOCIDIO DEL
POPOLO PALESTINESE A GAZA PER BOMBE, FAME, SETE E MANCANZA DI CURE.
CONTRO LA PULIZIA ETNICA
IN CISGIORDANIA.
PER UNA SOLA PALESTINA
LIBERA DAL FIUME AL MARE, TERRA DI CONVIVENZA E DI PACE CON
GERUSALEMME CAPITALE.
PER IL DIRITTO AL RITORNO
DEI PROFUGHI.
PER IL DIRITTO ALLA LIBERA AUTODETERMINAZIONE DEL
POPOLO PALESTINESE.
Altro giovane morto per le strade del Corvetto,
Milano, a seguito di un inseguimento di polizia.
Un giovane 21enne, Mahmoud Mohamed,
si trovava a bordo dello scooter all’alba di questa mattina quando,
vedendo una pattuglia di polizia, ha cambiato direzione. Inseguito
dagli agenti sarebbe finito contro un semaforo, rimanendo ferito
gravemente. Trasportato al pronto soccorso della Humanitas di Rozzano
(a sud di Milano) è morto per le ferite riportate.
Non si conoscono ancora le dinamiche precise
dell’inseguimento. Smentita comunque la notizia sui presunti
“disordini” creati dai famigliari al pronto soccorso di Rozzano.
Rabbia per le strade del Corvetto, nello
stesso quartiere in cui pochi mesi prima è morto, in
Di
fronte al genocidio dei palestinesi a Gaza persino a Bruxelles sta
crescendola
pressione per un cambio di rotta nelle relazioni con Israele.
Una “forte maggioranza”
di
Paesi Ue si è detta a favorevole a rivedere il trattato di
associazione siglato con Israele venticinque anni fa. Ma i
governi di Italia e Germania si sono chiamati fuori e detti contrari
a questo passo.
Eppure
era stata l’Olanda, uno storico partner di Israele, a chiamarea
raccolta gli altri governi e l’esecutivo UE per valutare
l’attivazione dell’articolo 2 dell’accordo di associazione
– che vincola i rapporti bilaterali al rispetto dei diritti
umani e dei principi democratici – in reazione al blocco degli
aiuti a Gaza. L‘accordo
è alla base di una relazione commerciale tra Ue e Israele che
valeoltre
46 miliardi di euro. La proposta è stata sostenuta da 17
Paesi, tra cui Olanda, Spagna, Francia, Irlanda e Slovenia, mentre è
stata respinta da Italia, Germania e Ungheria e con toni più sfumati
da Austria, Ungheria e Repubblica Ceca.
"...La
situazione all’ex Ilva in questi giorni sta cambiando. I
padroni delle siderurgie che sono stati abbastanza compatti dietro
l'ipotesi Urso; sia nelle recenti dichiarazioni del Presidente della
Federazione Acciai, Gozzi, uno dei pezzi forti della Confindustria,
sia il Sole 24 Ore, dicono che la via che il Governo sta
intraprendendo in queste ore di riconferma dell'impegno verso gli
azeri sarebbe una via discutibile e controproducente rispetto alla
soluzione effettiva del problema dell'acciaio, dell’Ilva. Questo
è un piano decisivo per il 40% dell'industria nazionale. Quindi, da
un lato non si vuole che venga meno, dall'altro non si vogliono
investire così tanti soldi nella vicenda azera perché è pur sempre
una soluzione che non risolve i problemi dei produttori dell'acciaio
nel nostro Paese.
Quindi
in realtà sono mature le condizioni perché gli operai facciano
sentire la loro voce, entrino in campo in questo momento. La
situazione è effettivamente favorevole per i lavoratori che vedono
da un lato che tutte le promesse si stanno trasformando in carta
straccia, sia sul futuro lavorativo sia sul problema
dell'ambientalizzazione della fabbrica ricollocata in tempi lunghi e
in un quadro di ridimensionamento produttivo e di conseguenza del
numero dei lavoratori che vi lavorano. Dall'altro torna forte il
problema degli operai dell’appalto che finora hanno lavorato, ed è
abbastanza curioso che l'attività che hanno svolto i lavoratori
dell'appalto in tutti questi mesi in cui hanno ripreso a lavorare era
orientata proprio verso la manutenzione, per rimettere in sesto lo
stabilimento in vista dei nuovi padroni, invece proprio sul fronte
della manutenzione trova origine l'incendio devastante dei giorni
scorsi, almeno come prima ipotesi che fanno i giudici relative alle
cause di questo incendio.
Ogni
ridimensionamento dello stabilimento produce nel campo dei lavoratori
dell'appalto un'accentuazione della situazione di precarietà.
Giustamente nei giorni scorsi i lavoratori dell'appalto, anche in
forma abbastanza soft attraverso i loro delegati di riferimento,
hanno fatto sentire la loro voce riconfermando che così si torna
indietro, che si potrebbe ripresentare il problema della fuoriuscita
delle ditte dell'appalto con effetti che per i lavoratori
dell'appalto sono chiaramente licenziamenti, perché se la valvola di
sfogo della cassa integrazione finora ha tenuto comunque i lavoratori
diretti in Acciaieria, nell'appalto si traduce in chiusura e
licenziamenti per i lavoratori.
Quindi
si stanno accentuando tutte le caratteristiche che richiedono la
mobilitazione dei lavoratori.
Il
fatto che i sindacati rispondano con uno sciopero di quattro ore, da
un lato chiaramente non potevano
Diverse centinaia di operai oggi in sciopero si sono concentrati sotto la Direzione - dove si sarebbe dovuto seguire in diretta su un maxi schermo l’incontro a Roma tra governo e sindacati - Ma "sorprendentemente" il link ricevuto da Roma non funzionava (a tutti è sembrato un mancato funzionamento "opportunamente" voluto...).
A questo punto delegati e più di 300 operai hanno deciso di occupare la via Appia.
Lo Slai cobas, pur non aderendo e non condividendo la linea, gli scopi, le forme di lotta dei sindacati confederali, è presente nella lotta, per parlare con gli operai, orientare, indicare una linea di classe che porti effettivi risultati.
Stiamo facendo discussioni e capannelli e continueremo con informazioni giornaliere - intanto ieri abbiamo fatto la telematica nazionale e potete ascoltare la nostra lunga dettagliata e precisa relazione introduttiva:
ULTIM'ORA Il Tavolo a Roma è stato sospeso e aggiornato a lunedì o martedì.
Il
governo con Mantovano dice chiacchiere e falsità. E da un quadro della
situazione... senza soluzione. Per Mantovano il governo non ha alcuna
responsabilità e quindi... non intende assumersi alcuna responsabilità
verso gli operai...
LA LOTTA INIZIATA QUESTA MATTINA, CON L'AZIONE DI BLOCCO STRADALE DEVE CONTINUARE, INDURIRSI E ALLARGARSI
L’incontro
sospeso e rinviato mostra le difficoltà evidenti di
governo e sindacati - su cui pesa la mobilitazione di oggi a Taranto -
questa è la dinamica su cui bisogna insistere e lavorare
Le 7 mai, Rejaz Sydeek, journaliste indien et membre de
l’organisation communiste « Democratic Student Association » a été
arrêté par la police de la ville de Nagpur en vertu de l’UAPA (Unlawful
Activities Prevention Act), alors qu’il se rendait à une conférence de
presse à New Delhi pour soutenir les journalistes incarcérés en Inde.
L’UAPA est un projet de loi composé d’une série de lois «
antiterroristes » introduites en 1967, année de la révolte de Naxalbari.
Plus de 97 % des personnes arrêtées en vertu de l’UAPA sont restées en
prison sans que leur culpabilité ait été prouvée. Le gouvernement indien
l’accuse de diffuser de la propagande anti-nationaliste, citant comme
preuve sa possession d’un certain nombre de textes et de pamphlets
révolutionnaires, ainsi qu’un poste Instagram dans lequel il condamnait
le bellicisme de l’Inde dans le Cachemire occupé. L’un des documents
trouvés en possession de Rejaz était une brochure du magazine maoïste
Nazariya, qui condamne l’opération Kagaar menée par l’Inde contre les
Naxalites. Il est actuellement encore détenu à Maharashtra, où il a été
placé en détention provisoire jusqu’au 2 juin.
Il
Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) ha ufficialmente sciolto la
sua struttura organizzativa e dichiarato la fine della lotta armata dopo
52 anni – un cambiamento senza precedenti con conseguenze di vasta
portata non solo per la Turchia, ma anche per le dinamiche curde in
Siria e Iraq.
Sebbene
la decisione sia inquadrata come un passo verso un impegno democratico
pacifico, essa giunge in un contesto di crescente pressione militare
turca, crescente coordinamento tra Ankara e Baghdad e crescente
pressione sulle Forze Democratiche Siriane (SDF), che Ankara considera
allineate con l’ala siriana del PKK. L’annuncio pone ora le SDF in una
posizione critica, dato che Damasco spinge per il loro disarmo e la loro
integrazione nell’amministrazione centrale.
La
decisione del PKK ha fatto seguito a un congresso segreto ed
eccezionale tenutosi all’inizio di
Nessuna attività istruttoria nell'udienza di oggi, dove erano stati chiamati tutti i testimoni del PM, perché la perita non è
riuscita nell'attività di traduzione in italiano,
soprattutto delle chat, redatte in lingua araba. Per cui oggi è stato sostanzialmente rimodulato il calendario delle udienze, inserendone altre a distanza ravvicinatissima: 18, 25, 26 e 27 giugno per i testi dell'accusa. 9 luglio per esame dei testi della difesa e degli imputati, qualora vorranno essere esaminati e/o rilasciare dichiarazioni, 10 luglio per la requisitoria del pubblico ministero e della difesa e sentenza.
E' chiaro che una simile calendarizzazione renderà impossibile la partecipazione solidale di tutti a tutte le udienze. Ma cercheremo comunque di stare vicino agli imputati, soprattutto ad Anan, anche attraverso la corrispondenza.
Ricordiamo a tal proposito l'indirizzo per scrivergli:
Anan Yaeesh, c/o Casa circondariale di Terni, Strada delle Campore 32, 05100 Terni (TR)
E il conto che gli è stato aperto in carcere per l'acquisto di beni di prima necessità:
DIREZIONE CASA CIRCONDARIALE DI TERNI
Iban: IT30P0760114400000010269058. Specificare nella causale: “a beneficio di Anan Yaeesh, nato il 20/09/1987, da parte di -Nome e Cognome di chi effettua il bonifico-”
Fuori del Tribunale si è svolto un presidio di solidarietà, che ha visto la presenza di circa 70 persone, con la partecipazione di compagne e compagni anche da Roma, Viterbo, Napoli, Bologna, Milano, Trento.
Compagni anche in aula, che al termine dell'udienza hanno fatto sentire la loro solidarietà ad Anan, presente in videoconferenza, gridando più volte "Anan libero".
Il processo contro 28 militanti del centro sociale Askatasuna e del
movimento No Tav, conclusosi il 31 marzo scorso, costituisce il tassello
principale[1] di
un’articolata strategia volta a contrastare il conflitto sociale a
Torino e in Val di Susa, in sintonia con quella profonda metamorfosi del
sistema penale che, in relazione a specifici fenomeni, ha trasformato
il processo da luogo di accertamento dei fatti e delle responsabilità
individuali a strumento di lotta e di repressione.
Per comprenderne adeguatamente le caratteristiche e la specificità è
necessario allargare l’orizzonte analitico allo scenario complessivo,
segnato dalla presenza di un movimento, come quello valsusino, che si
oppone da oltre 30 anni alla costruzione di una grande opera, la linea
ad alta velocità Torino-Lione, e agli interessi economici che la
sostengono.
Più commentatori hanno rilevato[2] come
Torino sia stata in questi anni una città laboratorio di pratiche ed
innovazioni di contrasto nei confronti dell’attività dei militanti e
degli attivisti dei movimenti e dei circuiti antagonisti, a partire
dalla decisione, collocabile all’inizio del 2010, di costituire uno
specifico pool di magistrati all’interno della Procura che si
occupasse inizialmente proprio delle vicende legate alla protesta contro
il TAV e che poi, come spesso avviene, ha finito per diffondersi
sull’intero fronte dei procedimenti connessi alle lotte sociali[3].
Questo particolare modulo organizzativo – che ha comportato la
costruzione di un circuito processuale ad alta velocità, nato, con
straordinaria capacità profetica, prima della commissione dei reati per
cui è stato creato – ha consentito che venissero drenate sul fronte
della repressione giudiziaria del conflitto sociale, prima valsusino e
poi anche metropolitano, importanti risorse umane ed economiche, “distogliendo
alcuni PM dai loro normali compiti d’ufficio per destinarli ad una
sezione che non aveva però, in allora, materiale su cui investigare”[4].
Sul piano giudiziario si sono di lì in avanti sperimentate innovative
soluzioni giuridiche, dall’applicazione al conflitto sociale delle
categorie giuridiche introdotte negli anni dell’emergenza[5], all’utilizzo massivo di misure di prevenzione[6],
fino alla recente proposta di contestare la fattispecie di quasi reato
di cui all’art. 115 c.p. per sanzionare con misure di sicurezza condotte
esterne alle ipotesi di concorso nel reato[7].
Così Alessandro Gassman attacca Andrea Cassani con un post su
Instagram dopo il summit di estrema destra avvenuto sabato scorso al
teatro gallaratese. «Caro sindaco di Gallarate leggo che nel teatro
intitolato a mio padre nella vostra cittadina, è avvenuta la
riunione internazionale dei partiti di estrema destra europei (neo
fascisti e nazisti). Se nelle sue intenzioni vi è quella di
continuare a ospitare in un luogo di cultura, manifestazioni con
slogan razziali e illiberali, le chiedo di togliere il nome di mio
padre al suddetto teatro. Mio padre ebbe parenti deportati e uccisi
dai nazisti».
Pechino fornisce armi, intelligence e copertura diplomatica a
Islamabad come parte di una strategia di lungo periodo per contenere
l’influenza indiana nel cuore dell’Asia
AP Photo/LaPresse
L’attacco del 22
aprile 2025 nella valle di Pahalgam nel Kashmir indiano, in cui ventisei
persone – principalmente turisti indù –sono morti ha riacceso la miccia in un contesto geopolitico
già incandescente. Le autorità indiane hanno puntato il dito contro il
gruppo armato The resistance front (Trf), legato alla Lashkar-e-Taiba,
con basi militari in territorio pakistano e apertamente sostenuto dal
Pakistan.
A rendere ancora più inquietante
l’attacco di Pahalgam è il contesto politico e ideologico in cui si
inserisce. Solo pochi giorni prima, il 15 aprile, durante la Prima
convenzione annuale dei pakistani all’estero tenutasi a Islamabad, il
capo dell’esercito pakistano, il generale Asim Munir, ha pronunciato un
discorso con toni estremamente violenti e ultranazionalisti.
Parlando ai connazionali emigrati,
Munir ha affermato: «Noi siamo diversi dagli induisti e dai cristiani»,
MERCOLEDÌ
21 MAGGIO, DALLE ORE 9:30, PRESIDIO DAVANTI AL TRIBUNALE DELL’AQUILA
Oltre
70mila palestinesi sono stati uccisi dallo stato terrorista d’Israele
dal 7 ottobre 2023, e circa 15mila italiani si sono arruolati nel suo
esercito per contribuire al genocidio! Ma chi viene detenuto
e si vuole condannare per terrorismo è Anan Yaeesh, partigiano
palestinese in Cisgiordania, che ha combattuto per la libertà e
l’autodeterminazione del suo popolo. Con
lui verranno processati il 21 maggio altri due palestinesi, Ali Irar
e Mansour Doghmosh, nonostante
siano stati scarcerati per mancanza di indizi.
L'Aquila, 15 maggio
Anan
è nato a Nablus nel 1987 e ha vissuto sulla propria pelle la
brutalità dell'occupazione “israeliana”. Durante la Seconda
Intifada ha preso parte alla resistenza popolare contro uno dei
sistemi coloniali e militari più violenti e longevi del nostro
tempo. Per questa scelta – riconosciuta come legittima dal diritto
internazionale – ha pagato un prezzo altissimo: oltre quattro anni
di carcere, quattro tentativi di omicidio e gravi lesioni alla sua
persona in seguito alle torture subite in carcere e alle aggressioni
delle forze di occupazione israeliane.
A
causa di tutte queste violenze e pressioni, su di sé e la sua
famiglia, Anan lascia la Palestina nel 2013, e nel 2017 si stabilisce
a L’Aquila, dove lavora e ottiene, due anni dopo, un regolare
titolo di soggiorno, rilasciato proprio in quanto perseguitato
politico.
Ma il 27 gennaio 2024 viene arrestato, a
seguito di una
richiesta di estradizione da parte di Israele.
Nonostante la
Corte d'Appello dell’Aquila lo
abbia
poi dichiarato inestradabile, riconoscendo il rischio concreto che
una
volta consegnato a Israele venga
torturato, Anan
resta in carcere con l’accusa di sostenere la resistenza
palestinese.Verso
di lui e i suoi 2 amici palestinesi viene avviato un procedimento
penale illegittimo,
un processo-farsa che punta a trasformare un resistente in un
criminale, a riscrivere la storia per cancellare la legittimità
della lotta palestinese.
L'udienza
del 2 aprile 2025 ha già mostrato le distorsioni profonde di questo
procedimento: sono state inizialmente ammesse come prove di accusa le
"confessioni" estorte dallo Shin Bet, famigerato per l'uso
sistematico di torture fisiche e psicologiche sui prigionieri
palestinesi; mentre la lista dei testimoni della difesa è stata
falcidiata: solo 3 testimoni su 47 sono stati ammessi, per lo più
irrilevanti e relativi a un solo imputato, violando perciò il
diritto alla difesa degli altri due. Escluse testimonianze cruciali,
come quella della relatrice speciale ONU Francesca Albanese, di
giornalisti, esperti e attivisti con profonda conoscenza del contesto
palestinese. La stessa testimonianza di Anan è stata neutralizzata,
dapprima con il diniego del giudice alla lettura in italiano della
sua dichiarazione spontanea, poi con una traduzione confusa e
infedele della stessa.
L’udienza
del 16 aprile non ha fatto altro che confermare la volontà di
epurare il processo dal contesto palestinese. Puntualizzando con
un’ostinazione quasi rituale che questo non è un processo
politico, la Corte non solo ha cercato di censurare, indirizzandola,
la dichiarazione spontanea di Anan, ma ha addirittura tentato di
porre in esame il suo difensore, tradendo, di fatto, l’esatto
contrario di quanto affermava: la volontà di giudicare
politicamente, senza riconoscere la natura politica di ciò che si
giudica.
Solo
lo scorso 7 maggio la Corte ha finalmente accolto una richiesta
fondamentale della difesa: escludere dagli atti le trascrizioni degli
interrogatori dello Shin Bet. È una vittoria, ma parziale. La
macchina giudiziaria continua a muoversi, e lo fa con il silenzio
complice dei media mainstream, per criminalizzare non solo Anan, ma
chiunque si opponga al genocidio in Palestina supportando la
legittima resistenza del suo popolo.
La
prossima udienza quindi sarà forse la più importante, ed è
fondamentale parteciparvi e partecipare al presidio di solidarietà.
Se fino a ieri gran parte dei media e dei rappresentanti della
cosidetta sinistra parlamentare, si sono voltati dall’altra parte
di fronte a un genocidio in atto, contribuendo a normalizzarlo e a
normalizzare i rapporti dello stato italiano con quello criminale di
Israele, oggi non è piu tollerabile il loro silenzio!
O si sta con chi resiste all’oppressione, o si accetta l’oppressione
e si sta con chi opprime!
Noi sappiamo da che parte stare, Palestina libera dal fiume fino al mare!
LA RESISTENZA NON SI ARRESTA E NON SI PROCESSA!
LIBERTÀ PER ANAN YAEESH, LIBERTÀ PER IL POPOLO PALESTINESE!
Di seguito alcuni video del presidio del 15 maggio a L'Aquila contro il genocidio e per la resistenza palestinese, in cui è stata data lettura delle dichiarazioni di Anan Yaeesh