sabato 16 luglio 2011

pc 16 luglio - notizie dal processo fiat a torino

Fiat in aula: "Senza Pomigliano
l'industria dell'auto non ha futuro"Duro botta e riposta tra i legali di Fiat e Fiom in tribunale dove è ripreso stamani il processo la newco della casa automobilistica nello stabilimento campano. Fiom: "La creazione della newco di Pomigliano è stata architettata dalla Fiat con il solo scopo di fare fuori il sindacato più scomodo". Attesa in giornata la sentenza Maurizio Landini e Giorgio Airaudo in tribunale
"Non c'è nessun tentativo di escludere la Fiom, ma la competizione richiede nuove regole, ne va del futuro dell'auto e forse dell'economia nazionale". La Fiat replica così, attraverso l'avvocato Raffaele De Luca Tamajo alle considerazioni della Fiom sulla nascita di Fabbrica Italia Pomigliano, che viola secondo i suoi legali l'articolo 2112 sul trasferimento d'azienda e si concretizza in attività antisindacale. Secondo Nanni Alleva, legale della Fiom-Cgil, "la creazione della Fip, la newco di Pomigliano d'Arco è stata architettata dalla Fiat con il solo scopo di fare fuori il sindacato più scomodo". Seduto di fianco al segretario nazionale Maurizio Landini, il legale ha chiuso il suo intervento con la battuta "è stato fatto tutto per non avere rapporti con il signore seduto alla mia sinistra. Era talmente chiaro che lo gridavano anche le pietre".

La Fiat risponde portando nell'aula del tribunale di Torino, di fronte al giudice Vincenzo Ciocchetti, dove si sta celebrando il processo, l'accordo interconfederale del 28 giugno scorso. L'udienza, a cui partecipa il leader della Fiom Maurizio Landini, i segretari nazionali di Uilm, Eros Panicali, Fim, Bruno Vitali e il numero uno della Fismic Roberto Di Maulo, sembra così uscire improvvisamente dai contorni strettamente giuridici di Pomigliano, per calarsi nei cambiamenti introdotti nel clima sindacale dall'intesa con Confindustria. Un accordo che la Fiat sembrava aver accolto con una certa freddezza, ma che ora, chiedendone anche l'acquisizione agli atti del processo, tenta di utilizzarne tutta la forza politica, persino le divisioni tra Cgil e Fiom.

"Un accordo firmato anche dalla Cgil - sottolinea De Luca Tamajo - e che prevede che quando un'intesa viene firmata dai sindacati che rappresentano la maggioranza dei lavoratori vincola tutte le organizzazioni". "Stiamo discutendo del futuro dell'industria automobilistica italiana, se non del futuro dell'economia italiana - ha detto in conclusione - senza quelle poche regole modificative (dell'accordo di pomigliano, ndr) , e senza quei numeri di produzione (riferiti alla possibilità garantita per produrre 280mila nuove Panda), non c'è storia, non c'è futuro".

L'applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro dei metalmeccanici per i lavoratori di Pomigliano o almeno per coloro che sono iscritti alla Fiom-Cgil: è la richiesta che era stata formulata in apertura della seconda udienza contro la newco costituita dalla Fiat, da Elena Poli, legale della Fiom. "Riteniamo - ha specificato il legale - che si tratti di un diritto. Era già pacifico fino a dicembre 2009, ben prima della costituzione della nuova società, che il progetto della Fiat prevedesse la realizzazione della nuova Panda in capo alla Fga a Pomigliano, ma soprattutto la realizzazione di nuovi impianti per la produzione di quella vettura ma tali da poter essere utilizzati per la produzione altri vari modelli".

L'esito del ricorso presentato dalla Fiom-Cgil contro Fabbrica Italia Pomigliano, la newco costituita dalla Fiat per lo stabilimento campano, dovrebbe arrivare in giornata. I legali della Fiom-Cgil hanno respinto qualsiasi ipotesi di conciliazione con il gruppo automobilistico. La richiesta era arrivata dal giudice Vincenzo Ciocchetti, che sta presiedendo l'udienza in corso a Torino. I rappresentanti delle altre sigle sindacali, invece, hanno sollevato questioni di incompetenza territoriale.

pc 16 luglio - no tav tre compagni ai domiciliari, Marta scarcerata...

, domiciliari a tre arrestati
scarcerata invece la donnaLa decisione del Tribnuale del riesame. Gli avvocati difensori, che parlano di una "decisione equilibrata", hanno consegnato ai giudici dei filmati con cui intendono illustrare l'andamento
Il tribunale del riesame di Torino ha concesso gli arresti domiciliari a tre delle quattro persone finite in carcere per gli scontri del 3 luglio in Valle di Susa durante una manifestazione No Tav. Per la quarta è stata disposta la scarcerazione ma non la libertà completa: c'è infatti un provvedimento di natura restrittiva.

A Marta Bifani, 32 anni, è stato imposto l'obbligo di dimora a Fidenza (Parma), dove risiede. Salvatore Soru, 31 anni, di Maranello (Modena), Roberto Nadalini, 32 anni, di Modena, e Gianluca Ferrari, 33 anni di Marghera (Venezia) sono stati messi agli arresti domiciliari. Gli avvocati difensori, che parlano di una "decisione equilibrata", hanno consegnato ai giudici dei filmati con cui intendono illustrare l'andamento e il contesto degli scontri fra dimostranti e forze dell'ordine nella zona di Ramats. Uno di loro ha anche presentato una consulenza medico legale dove si spiega che le numerosi lesioni patite da due degli arrestati non sono conciliabili con delle semplici cadute.

pc 16 luglio - Lo scontro alla Fiat: da Melfi a Torino.. presente a sostegno solo proletari comunisti




prime impressioni a caldo da un'operaio della Dalmine di Bg, che ha partecipato, oggi al tribunale di Torino in occasione dell'udienza del ricorso Fiom contro l'accordo Pomigliano, che ha di fatto aperto la strada al piano Marchionne che vuole imporre attraverso il fascismo padronale una dittatura nelle fabbriche Fiat, e non solo, per produrre senza nessun tipo di conflitto e ridurre gli operai a schiavi, si è tenuto un presidio di protesta dalle 9, di proletari comunisti, in continuità con la mobilitazione contro i licenziamenti degli operai alla Sata di Melfi che hanno osato scioperare contro l'arroganza Fiat. Nessuna altra forza politica della cosidetta sinistra o sindacati di base, come assente la stessa fiom, a ribadire ancora una volta come non si vuole combattere apertamente, accettando la sfida di Marchionne, questa guerra di vitale importanza per l'intera classe operaia che ha interesse a contrastare in tutti i modi possibili l'affermarsi della dittatura aperta dei padroni nelle fabbriche che vuole imporsi anche attraverso la via giudiziaria (basta vedere l'ignobile sentenza di ieri contro gli operai Sata e gli articoli del sole 24 ore, dove si mette al centro la grave perdita di 15 auto per 10 minuti di fermo della linea a fronte dei danni che avranno i lavoratori e la loro salute con la riduzione delle pause e l'aumento dei ritmi e del corriere, quest'ultimo rigira la frittata per scaricare sulla fiom la responsabilità di alimentare tensioni in un momento in cui serve la pace e la coesione sociale anche per garantire gli investimenti e i posti di lavoro.....).
All'interno dell'aula erano presenti alcuni delegati della Fiom oltre al segretario Landini e Airaudo, mentre era presente in forze la delegazione della fismic con la presenza del segr.DiMaulo oltre al resto dei sindacati gialli fim e uilm a livello provinciale che in questo processo sostengono la tesi della Fiat, ossia che si può aggirare la legge tramite accordo sindacale e creare fabbriche caserme in cui sfruttare liberamente gli operai.
da un breve scambio con alcuni giovani delegati fiom che uscivano per una pausa, ci dicevano che i legali fiat hanno usato a loro favore fin dall’inizio dell’udienza i contenuti dell’accordo firmato anche dalla cgil il 28 giugno e si condivideva la posta in gioco sopradescritta e anche la necessità di alzare il livello di scontro oltre alla mancanza da parte dei vertici fiom di condurre questo tipo di battaglia, martedi ci sarà il direttivo e le fabbriche sono vuote in particolare mirafiori, diceva un altro, ma abbiamo replicato che il centro dello scontro dovrebbe essere in particolare la sata di melfi dove fare una mobilitazione nazionale.......
verso le 16 è giunta notizia della fine delle repliche dei numerosi legali presenti, sia della fiom che della fiat e fismic e la ripresa alle 21 dove probabilmente ci sarà la decisione del giudice.

pc 16 luglio - contro la sentenza Fiat Sata: nostra critica delle motivazioni

Le motivazioni uscite ieri della sentenza del Giud. Amerigo Palma del Tribunale di Melfi, che ha accolto il ricorso della Fiat contro il reintegro dei 3 operai licenziati Sata lo scorso luglio: Giovanni Barozzino, Marco Pignatelli e Antonio Lamorte, ribaltando così la decisione a favore dei 3 operai del giud. Emilio Minio, sono ancora più assurde della sentenza stessa.

Riportiamo stralci da Il Sole 24 Ore di oggi.
Nell'articolo si scrive: “... se da un lato non è stata provata la tesi, sostenuta da Fiat del “sabotaggio”...”
Ma, se “da un lato non è stata provata la tesi del “sabotaggio”” - su cui si sono fondati i licenziamenti – per quale assurdo ragionamento giuridico sarebbe legittimo il licenziamento da parte della Fiat?

“... allo stesso modo – continua l'articolo – non ha trovato riscontro “la sussistenza di un progetto aziendale teso a reprimere l'attività sindacale colpendo uno dei propri attivisti rappresentanti... (quindi)... nessuna condotta antisindacale di Fiat contro Fiom, insomma”.
E noi insistiamo. Se non è stata provata la tesi del “sabotaggio”, quindi di una “responsabilità individuale”, se la notte tra il 6 e 7 luglio 2010 ci si trovava di fronte ad una normale e legittima iniziativa collettiva di sciopero, l'unica motivazione del licenziamento è invece proprio antisindacale! Perchè la Fiat ha voluto colpire il delegato Fiom più rappresentativo e riconosciuto dagli operai e l'altro delegato e operaio iscritto Fiom tra i più attivi sindacalmente in fabbrica, e attraverso loro ha voluto colpire il diritto di sciopero.

“Per di più – scrive il giornale - per il giudice del Lavoro Palma i tre operai non sono attendibili, si contraddicono tra loro e con se stessi nelle loro testimonianze”.
Questo è un falso! Si può dire che mai come in questo processo gli avvocati dei tre licenziati hanno portato prove, sia documentarie (tra gli altri un tabulato telefonico delle chiamate tra Giovanni Barozzino e Antonio Lamorte in cui, senza ombra di dubbio, si dimostra che al momento in cui l'azienda sostiene esserci stata la fermata dei carrelli (tra le 2,20 e le 2,30), Barozzino era a 300 metri di distanza), sia testimoniali anche di operai non iscritti Fiom; e ogni dichiarazione sia dei tre licenziati che degli altri operai coincidevano.
D'altra parte di prove ce ne potevano essere molte di più, sia di operai che di documenti, ma è stato il giudice Palma che non le ha accettate, compresa quella più eloquente: una telefonata aziendale in cui un dirigente Fiat dice che vogliono orchestrare una provocazione; così come il giudice non ha voluto fare un sopralluogo in fabbrica che avrebbe mostrato la giustezza delle affermazioni degli operai.
Le testimonianze “non attendibili” e “contraddittorie” sono invece quelle rese dai testi a difesa della Fiat, come l'indecente “testimonianza” del segretario nazionale della Fismic – mai presente alla Fiat Sata – che ha parlato in nome e per conto di un delegato fismic “che aveva paura di comparire”.

Continua l'articolo, riprendendo dalle motivazioni del giudice: “Le modalità della condotta concretamente posta in essere e la loro idoneità a scuotere irreparabilmente l'elemento fiduciario che è alla base del rapporto di lavoro portano a ritenere sussistente la proporzione della sanzione irrogata”.
Ma, vuole spiegare il giudice qual'è la “condotta posta in essere” da Giovanni, Marco e Antonio? Se non è “sabotaggio”, qual'è la condotta che avrebbe rotto la fiducia? Lo sciopero?!
Quindi, la sentenza in unità servile con la Fiat di Marchionne, dice che lo sciopero rompe la fiducia, che quindi lo sciopero è vietato nella Fiat e che quindi chi lo fa è legittimo che venga licenziato. Ora se questo lo afferma Marchionne, e non solo, copre di “valori” (la “fiducia”) i suoi sporchi interessi capitalisti, ma se lo fa uno che dovrebbe applicare la legge è da rimuovere subito perchè agisce contro la stessa Costituzione che riconosce il diritto di sciopero.

E la sentenza non tralascia nulla della sua politica filopadronale. Attacca pure i presunti atteggiamenti irriguardosi verso i “superiori” che avrebbero avuto i tre operai licenziati. “... atteggiamento irriguardoso, volto al pubblico ludibrio”.
Per cui, per questo magistratucolo da strapazzo, presunte frasi come “che, ti si è incantato il disco?”, “tu mi devi dare del lei”, non sei “nessuno per poter dire ai lavoratori che cosa devono fare”, dimostrerebbero “la grave insubordinazione e il plateale disconoscimento dei ruoli all'interno dell'azienda”.
Ora, al di là se sono vere o no queste frasi, dove sarebbe la “grave insubordinazione”? Ma le ha sentite mai, il giudice Palma, le ingiurie pesanti, che spesso diventano minacce, che normalmente i capi rivolgono agli operai e alle operaie, trattandoli come pezze da piedi, come schiavetti? Qui sì alla faccia di ogni minimo rispetto anche umano – ogni operaio potrebbe raccontare decine di questi episodi e le operaie potrebbero raccontare di come a volte alle parole offensive corrispondono anche atteggiamenti offensivi verso le donne.
Quando mai un capo è stato licenziato per aver offeso un operaio!
Ma il giud. Palma (ammesso e non concesso che riporti veramente frasi dette) non usa la legge sopra le parti, ma si schiera ancora una volta come un servo dalla parte del potere, di chi ha il comando, affermando di fatto che a fronte di questo comando gli operai non devono contare nulla, non devono neanche parlare. La sentenza ratifica una “dittatura in fabbrica”, ratifica il “fascismo padronale” Fiat.

E continua il servilismo verso l'unico interesse legittimo per il giudice Palma, quello della difesa degli interessi padronali:
“la conseguenza del “comportamento illegittimo” dei tre operai – è scritto nella motivazione – è stato il “grave danno economico subito dall'azienda (circa 15 auto non prodotte...”.
Oddio! 15 auto in meno?! Ma quando mai uno sciopero, se è vero sciopero, lascia la produzione intatta? Lo sa il giudice Palma che uno sciopero vuole dire “incrociare le braccia” e quindi fermare la produzione? O deve fare un po' di “lezioni private”?

Quindi, “per tutte queste ragioni il giudice Palma conclude che “una volta accertata l'illegittimità della condotta dei tre lavoratori e l'estraneità di essa nell'ambito dello sciopero non può ritenersi antisindacale il licenziamento dei medesimi, sotto il profilo che sia intimato soltanto a chi era sindacalmente attivo per la Fiom” - Tutto ha capito questo giudice! Anche un bambino capisce che comportamento “antisindacale” non riguarda affatto solo un'organizzazione sindacale ma i diritti individuali e collettivi sindacali dei lavoratori.

Di fatto queste motivazioni della sentenza, confermano una sola cosa: che si è voluta fare una sentenza politica, che non ha nulla di giuridico, si è voluto dare un pesante segnale.
Maurizio Landini ha parlato di sentenza “pilatesca”, più esattamente noi pensiamo si tratti di una sentenza che, a prescindere e arrampicandosi sugli specchi con evidenti passaggi contraddittori, difende l'interesse solo di una parte, quella della Fiat di Marchionne.

16.7.11

pc 16 luglio - le motivazioni davvero contradditorie della sentenza di melfi - commento in prossimo articolo

Operai Fiat, il giudice
«Da licenziare per
grave danno prodotto»



POTENZA – La notte tra il 6 e il 7 luglio 2010, nello stabilimento di Melfi (Potenza), l’azione dei tre operai licenziati dalla Fiat «è stata illegittima, in relazione allo specifico fine di determinare materialmente l'interruzione dell’attività produttiva»: la «conseguenza del comportamento illegittimo» è stato «il grave danno economico subito dall’azienda (circa 15 auto non prodotte)». Sono questi alcuni dei passaggi più importanti delle motivazioni depositate dal giudice del lavoro di Melfi, Amerigo Palma, che ieri ha accolto il ricorso della Fiat sul reintegro di Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli.

Il giudice del lavoro ha escluso «l'antisindacalità del licenziamento» deciso dalla Fiat poichè «il comportamento dei tre lavoratori non è riconducibile all’esercizio del diritto di sciopero», in quanto «non si è limitato all’attività di persuasione», ma «ha posto in essere atti concreti per impedire il funzionamento dell’organizzazione aziendale». Nelle motivazioni della sentenza è stato anche evidenziato che «il tempo in cui si è avuto il blocco della produzione, riconducibile alla condotta esclusiva di Barozzino, Lamorte e Pignatelli è stato tutt'altro che trascurabile, circa dieci minuti, tale da cagionare la mancata produzione di circa 15 auto».

ORE 14:00 - DI MINACCIA E SFIDA IL LORO ATTEGGIAMENTO
L'atteggiamento dei tre operai, nella notte tra il 6 e il 7 luglio, «è stato di sfida e di minaccia», poichè due di loro (Barozzino e Lamorte) «coscientemente persistevano» davanti al carrello, per «impedirne il transito», e il terzo (Pignatelli) «addirittura vi si portava deliberatamente», mentre altri manifestanti «una volta resi consapevoli, ai primi richiami, della loro posizione abnorme, decidevano di spostarsi». E' questo uno dei motivi che ha permesso «al Tribunale di ritenere che» la Fiat «non abbia posto in essere nessuna obiettiva disparità di trattamento per l’individuazione dei lavoratori da licenziare»: il giudice, inoltre, si dice «certo» che i tre operai «abbiano colto la portata di quanto veniva loro più volte ufficialmente evidenziato se, addirittura, Barozzino replicava rispondendo 'se qui non possiamo stare, dicci tu dove dobbiamo andarè, e diceva anche 'che, ti si è incantato il disco?', ironicamente sostenendo che, implicitamente, che non era necessario che» si ripetesse «più volte la stessa contestazione», a uno dei responsabili del controllo della linea. E, dopo «le prime contestazioni ufficiali» anche Pignatelli, «che era in posizione defilata» ha deciso di «raggiungere Lamorte e Barozzino per porsi, a braccia conserte, davanti al carrello».

ORE 14:15 - CONTRADDITTORIE LE TESTIMONIANZE
Il Tribunale ha giudicato «lampante la contraddittorietà delle dichiarazioni rilasciate dagli informatori» portati dalla Fiom, mentre «coerente risulta la ricostruzione fatta dai responsabili dell’azienda»: nello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat, inoltre, «non c'era un clima di conflitto sindacale dovuto all’adozione di un nuovo contratto collettivo presso gli stabilimenti di Cassino e Mirafiori, come sostenuto dalla Fiom». Il giudice ha anche fatto riferimento a un precedente «del tutto analogo» su cui si è pronunciata la Corte di Cassazione nel 1987 «tra la Fiat e due lavoratori che avevano ostruito, con i loro corpi, il passaggio del carrello fornitore della saldatrice» e nel limite del diritto di sciopero, illegittimo quando «impedisce il funzionamento dell’organizzazione aziendale, con interventi sugli impianti o con atti, pur non improntati a forme di violenza o minaccia, che ostacolino il lavoro dei dipendenti».

ORE 14:30 - NON C'E' STATO IL SABOTAGGIO PREMEDITATO
Da parte dei manifestanti, nella notte tra il 6 e il 7 luglio 2010, «non c'è stata nessuna premeditata intenzionale volontà di sabotaggio», nonostante «quanto lasciato intendere da alcune dichiarazioni pubblicate su due articoli comparsi su un noto settimanale nazionale». Il giudice del lavoro non ha quindi ritenuta «premeditata» l'azione dei tre operai dello stabilimento di Melfi (Potenza), «almeno volontariamente», ma il blocco del carrello «potrebbe essere avvenuto verosimilmente per colpa, ossia per contatto inconsapevole di qualcuno, data la concitazione degli eventi». Secondo il Tribunale, però, «non trova fondamento» la tesi della Fiom secondo cui «la punizione dei soli tre operai» è «finalizzata a influire sul futuro svolgimento della lotta» cioè a incidere sui futuri rapporti sindacali: non c'è stato quindi, da parte della Fiat, «un progetto aziendale teso a reprimere l’attività sindacale», e la Fiom «non ha fornito adeguata prova di tale tesi».

pc 16 luglio - Fiat sata - resoconto della giornata dell'udienza

Giovedì 14 al tribunale di Melfi la giornata era cominciata bene.
Data l'importanza dell'udienza – ultima comprensiva della sentenza – la Fiom aveva organizzato un presidio all'esterno ed era presente Maurizio Landini, che la sera prima a Rionero aveva fatto la presentazione del libro scritto da uno dei tre licenziati Giovanni Barozzino.
Vi era una presenza di più di 50 operai e operaie Sata, delegati Fiom della Sata, ma anche un gruppo di delegati dalla Fiat di Pomigliano, una delegazione degli operai licenziati della fabbrica Cutolo di Rionero, la voce solidale tramite striscione dell'”isola dei cassintegrati”.
Da Taranto, vi era la nostra delegazione di proletari comunisti e slai cobas per il sindacato di classe, unica presenza stabile e riconosciuta anche nelle altre udienze, le cui locandine, affisse in tutto il piazzale del Tribunale indicavano la nostra attività, oltre l'iniziativa a Melfi anche il presidio a Torino di sabato 16. Avevamo portato inoltre volantini, materiali, soprattutto il giornale 'proletari comunisti' con una pagina sul piano Fiat e denuncia del sistema Ergo Uas a Melfi, gli opuscoli 'speciale Fiat', presi da pressoché tutti i lavoratori, delegati Fiom presenti (chiaramente hanno subito destato l'attenzione anche della Digos, verso cui però un tentativo di prendersi copia di giornale e opuscolo è stato immediatamente e fermamente stoppato).
I tre operai licenziati hanno come sempre apprezzato la nostra presenza e ringraziato. Con loro, abbiamo concordato che, utilizzando anche l'uscita del libro di Giovanni Barozzino sulla Fiat “Ci volevano con la terza media”, organizzeremo per l'autunno a Taranto una loro venuta.

Questa volta era possibile assistere al processo, dove erano in corso le arringhe finali degli avvocati dei 3 operai licenziati e della Fiat. Al di là delle parole degli avvocati Fiat, che nel merito si aggrappavano sugli specchi facendo di fatto arringhe politiche, era la loro stupida protervia, arroganza, distanza abissale dalla realtà della fabbrica che soprattutto appariva e che questi esprimevano anche fisicamente.
Il giudice, Amerigo Palma, con motivazioni tecnico-legali non aveva accettato il deposito di un ultima documentazione presentata dai tre licenziati, in particolare una illuminante intercettazione aziendale, pubblicata anche dalla stampa locale, da cui emerge evidente la provocazione orchestrata contro Barozzino, Lamorte e Pignatelli. All'inizio questo non è apparso immediatamente negativo, in quanto si pensava che il giudice avesse accumulato abbastanza prove per respingere il ricorso Fiat. Purtroppo non è stato così.
Dalle 11,30 è cominciata la lunga attesa, durata fino alle 16,30, della sentenza, in un clima tutto sommato abbastanza fiducioso.
Giovanni Barozzino in particolare non si stancava di mostrare l'assurdità della provocazione Fiat su ogni cosa: una tra tutte, nella lettera di licenziamento l'azienda contesta a Barozzino di essere rimasto per 10 minuti a bloccare i carrelli, dalle 2,20 alle 2,30, quando un tabulato telefonico dimostra che lui alle 2,25 era addirittura a 300 metri di distanza e 9 testimoni hanno detto che Barozzino era arrivato nel luogo dei carrelli solo alle 2,27.
Con le operaie e gli operai presenti, con Antonio Lamorte e altri delegati nell'attesa siamo tornati sull'attuale situazione in fabbrica.
L'applicazione dell'Ergo Uas sta significando solo e soltanto aumento dei ritmi di lavoro e della fatica; un operaia addetta al controllo macchine ha denunciato che l'azienda al posto delle 3 linee precedenti in cui operavano complessivamente 24 lavoratori, ha eliminato una linea, questo oltre ad aumentare la velocità delle altre due linee, ha ridotto complessivamente i lavoratori addetti al controllo, perchè degli 8 della linea soppressa, sono stati spostati sulle altre due solo 4 (e poi gli altri che fine faranno?). E mentre aumentano i ritmi e la produzione, si parla di nuova cig a settembre.
Insieme a questo peggioramento delle condizioni di lavoro, sono tornati alla grande i provvedimenti disciplinari, anche per futili motivi o addirittura per motivazioni inesistenti; così come stanno diventando davvero troppi i trasferimenti punitivi in genere per operai fiom o per operai con ridotte capacità lavorative nella ex Itca, attualmente sono arrivati a 14 trasferimenti.
Sulla situazione soggettiva in fabbrica e sulla risposta al clima e provvedimenti aziendali, il giudizio dei delegati fiom è però di non fiducia sulle possibilità attuali di lotta, tendendo a vedere più gli aspetti negativi ordinari (timore tra gli operai...), che i momenti di ribellione che pur ci sono stati anche recentemente, con le fermate a fronte di alcuni trasferimenti; su questo pesa evidentemente la linea nazionale della Fiom che pone tutta una serie di “mani avanti” e di giustificazioni a lavorare per la necessaria mobilitazione delle fabbriche sui vari attacchi Fiat, padronato, governo.
In un breve colloquio avuto da noi con Maurizio Landini, per informarlo della nostra contemporanea presenza al processo di Melfi e a quello di Torino, a domanda, ha detto che contro l'accordo su CCNL e rappresentanza, a settembre la Fiom organizzerà in tutte le fabbriche assemblee e solo dopo si potranno valutare eventuali iniziative di mobilitazione.

Ma chiaramente la questione dell'accordo, insieme alla manovra del governo, è stata un altro aspetto della discussione durante il presidio. E' comune la denuncia della firma della Camusso sull'accordo come del ruolo sempre più controproducente del PD rispetto alla politica antioperaia del governo. Ma tuttora si sottovaluta il peso di questi fatti sulla dinamica dello scontro sindacale e in particolare sulle iniziative fiom, si sottovaluta che la firma dell'accordo e la volontà della Camusso di perseguire questa linea peserà eccome sul prossimo processo della Fiom a Torino, e che quindi occorrerebbe perseguire non solo la strada dei ricorsi legali (come purtroppo anche Melfi poche ore dopo dimostrava); così come a denuncia del Pd non corrisponde tuttora tra le avanguardie operaie la coscienza della necessità di costruire un vero partito della classe operaia, rimanendo sempre e solo in una dinamica elettorale, pur se di liste alternative autorganizzate.

Purtroppo questa giornata si è conclusa malissimo. Verso le 16,30 la notizia della sentenza che accoglie il ricorso presentato dalla Fiat e quindi fa ritornare licenziati Barozzino, Lamorte e Pignatelli.
La rabbia, la delusione, il senso profondo di ingiustizia si sono subito espressi con forza. Operai, operaie, delegati hanno gridato agli avvocati della Fiat “Vergogna, vergogna!!”, alcuni sono scoppiati a piangere.
Una ingiustizia, una assurdità enorme! Marchionne che fa carta straccia di leggi, diritti, contratti ne esce per il momento vincitore. Padroni, magistratura si uniscono contro 3 operai per dare un pesante segnale a tutti gli operai Fiat e di tutte le fabbriche!

Ma noi vogliamo concludere il resoconto di questa lunga giornata con le parole dei tre licenziati della Fiat Sata: “Sicuramente non ci arrenderemo!”.

Margherita
della delegazione Proletari comunisti presente al processo

pc 16 luglio - India- dal PCI maoista

tradotto ed estratto dal blog spagnolo odio de clase
in via di traduzione

PARTIDO COMUNISTA DE LA INDIA (MAOÍSTA)
COMITÉ ESPECIAL DE ZONA DE DANDAKARANYA


Comunicado de Prensa
7 de julio de 2011




¡DERROTEMOS LAS ESTRATAGEMAS DEL GOBIERNO PARA DIVIDIRNOS Y VENCER!


¡¡DEJAD DE LUCHAR DEL LADO DE LOS EXPLOTADORES Y OPRESORES
Y VOLVED A VUESTRAS ALDEAS!!



Tras la demanda presentada por el activista social Nandini Sundar, el historiador Ramachandra Guha y el antiguo alto funcionario E.A.S. Sharma, el pasado 4 de julio de 2011 el Tribunal Supremo dictó una sentencia en la que se ordena al gobierno de Chhattisgarh detener el reclutamiento de adivasis como miembros de las SPO [“Fuerzas Especiales de Policía”, en sus siglas en inglés] so pretexto de la lucha contra los maoístas así como el obligarles a portar armas. El Tribunal Supremo consideró que el reclutamiento mismo de miembros de las SPO es inconstitucional. Con anterioridad se había pronunciado ya varias veces en sentido desfavorable sobre los Salwa Judum, las SPO y los comandos Koya.

De hecho, desde el desencadenamiento mismo de la campaña represiva fascista “Salwa Judum”, organizada y planificada por los gobiernos central y estatales, se dio inicio al proceso de reclutamiento de jóvenes adivasi como miembros de las SPO. Desde entonces, en una serie de campañas represivas, primero bajo el nombre de “Salwa Judum”, más tarde con el de Operación Green Hunt (OGH), cerca de 700 aldeas han sido destruidas. Cada pueblo se incendiaba por fases. Más de 1.200 personas han sido asesinadas. Cientos de mujeres han sido violadas en grupo. Muchas de ellas también fueron asesinadas. Se arrasaron graneros. Se saquearon propiedades. Robaron gallinas, cerdos y cabras. En todos estos actos de terror, los miembros de las SPO reclutados entre los adivasis fueron obligados a actuar en primera línea. Los miembros de las SPO de primera línea actúan como guías de las fuerzas paramilitares e identifican a personas y casas cuando atacan aldeas. Más tarde, debido a la decisión de reclutar miembros de las SPO a gran escala, su número aumentó a casi 5.000. Algunos miembros seleccionados de las SPO recibieron entrenamiento de los Greyhounds y de los Rashtriya Rifles del Ejército indio; asimismo, se constituyó un nuevo grupo llamado comandos Koya. Como no les es posible eliminar el movimiento maoísta, ni siquiera con los métodos represivos empleados por todos estos grupos armados, el estado ha desplegado ahora al Ejército como último recurso. Aunque este despliegue se ha realizado a lo largo de estos días so capa de un “ejercicio”, de hecho, el proceso de emplear directamente al ejército en la “Guerra contra el Pueblo” no ha hecho más que empezar.

Las clases dominantes han iniciado esta guerra injusta contra el pueblo con el perverso propósito de convertir la totalidad de Dandakaranya, que es albergue de enormes recursos naturales, en una finca para el saqueo de las grandes empresas multinacionales y de la gran burguesía de los negocios. Para poner en práctica este plan, han emprendido una política a gran escala de desplazamiento de la población de sus aldeas y bosques. Jóvenes adivasi locales fueron alistados como miembros de las SPO y de los comandos Koya cometiendo innumerables atrocidades.

Nuestro partido considera que muchos miembros de las SPO no los son por su propia voluntad y que se han incorporado a las SPO debido a presiones de diversa índole. Sabemos que algunos de ellos fueron detenidos, obligados a internarse en campamentos de “ayuda”, golpeados, maltratados, amenazados de muerte y, finalmente, enrolados en las SPO. Aunque al principio se convirtieron en miembros de las SPO por miedo al terror del estado, más tarde, poco a poco, han terminado formando parte de esta fuerza y participando en todas las atrocidades perpetradas contra el pueblo. Algunos de los miembros de las SPO han participado en la violencia y las atrocidades contra el pueblo en contra de su voluntad. Sabemos que lo lamentan. Algunos miembros de las SPO ni siquiera son conscientes de que se les utiliza como peones en esa brutal orgía de terror y violencia desencadenada por gobernantes de la burguesía compradora, ataviados con túnicas blancas y color caqui, como Mahendra Karma, Raman Singh, Viswaranjan, Nankiram, en la que se han desplegado miles de policías, paramilitares, los batallones Naga Mizo, etc.

El ministro del Interior Chidambaram –que hace las veces de Director General de la OGH, la Guerra contra el Pueblo- anunció que presidiría, a la luz de la sentencia citada anteriormente, una reunión con los ministros principales de los estados donde es más fuerte el movimiento maoísta. Ni que decir tiene que el objeto de esta reunión es conspirar para encontrar el modo de seguir aplicando el sistema de las SPO y de los comandos Koya bajo un nombre diferente. Los políticos, los peces gordos de la policía y los altos funcionarios de Delhi y Raipur se devanan ahora los sesos para encontrar el modo con que mantener el sistema de las SPO en esta guerra injusta contra el pueblo.

Queremos dejar claro a todos los miembros de las SPO que esta guerra no es entre ellos y nosotros. Esta guerra se libra entre una pequeña minoría de explotadores y las masas trabajadoras todas de este país. En un lado está el 95% de las masas oprimidas: los trabajadores, los campesinos, las clases medias, los dalits [“intocables”, en hindi], los adivasis, la pequeña burguesía y la burguesía nacional; en el otro, están los grandes terratenientes y la burguesía burocrático-compradora. Estas clases enemigas tienen el apoyo de los imperialistas. Estas clases explotadoras os están utilizando como peones al reclutaros para su maquinaria represiva. Os han convertido en conejillos de Indias. Como parte de su política de “divide y vencerás”, empujan a un sector del pueblo a la primera línea de batalla para luego tratar de describirlo como una “guerra civil” en el seno del pueblo. Os han levantado contra el mismo pueblo del que un día fuisteis parte. El “patriotismo” y la “defensa del país” son algunas de las mentiras utilizadas por las clases dominantes para azuzaros contra los movimientos populares que luchan por causas justas. De hecho, estas mismas clases que os están utilizando como carne de cañón son los mayores enemigos de nuestro país. Son los delincuentes implicados en casos de corrupción por valor de miles de millones de rupias; son quienes han hipotecado no sólo las riquezas de nuestro país, sino también su soberanía en aras de sobornos y estafas; son quienes han evadido miles de millones de rupias de dinero negro con destino a bancos suizos saqueando indiscriminadamente al pueblo de nuestro país. Por estos delincuentes y gángsters, el 77% de nuestra población no puede comer dos veces al día. Son ellos quienes nos han empujado al cenagal de la pobreza, de alza de precios, del desempleo, de las epidemias, las muertes por hambre, la desnutrición, etc. ¡Sabed quienes son vuestro auténticos enemigos! ¡No olvidéis que vuestros cañones apuntan contra vuestro propio pueblo en estos momentos!

El Comité Especial de Zona de Dandakaranya del PCI (Maoísta) hace un llamamiento a todos los miembros de las SPO para que abandonen sus puestos y regresen a sus aldeas. Nosotros, el partido y el pueblo, nos comprometemos a rehabilitar a todos los miembros de las SPO que vuelvan a sus aldeas, reconozcan todos los crímenes que han cometido, soliciten el perdón del pueblo y rompan todo tipo de vínculos con la maquinaria gubernamental. Janatana Sarkar, el Gobierno del Pueblo, les proporcionará tierras y otros instrumentos de producción. Tendrán el sustento garantizado. De este modo, hacemos un llamamiento a todos los miembros de las SPO para que salgan del círculo vicioso y la falsa propaganda de estos gobiernos explotadores. ¡Dejad de implorar por las migajas que os arrojan! ¡Tratad de vivir de pie y con la cabeza alta entre las gentes de vuestras aldeas! ¡No viváis una vida de inseguridad e inquietud! ¡Levantaos en apoyo de las justas luchas que el pueblo de Dandakaranya lleva a cabo contra el absoluto saqueo empresarial de riquezas naturales de incalculable valor y por el derecho sobre Jal-Jungle-Zameen [“Agua, bosque y tierra”, en hindi].

Gudsa Usendi
Portavoz
Comité Especial de Zona de Dandakaranya
PCI (Maoísta)

pc 16 luglio - in germania per genova 2011

Berlino - Attaccata stazione di polizia in ricordo di Carlo Giuliani:

"La stazione di polizia nel distretto nord di Berlino è del reparto Landeskriminalamt (LKA). I due ingressi sono stati colpiti con dispositivi incendiari che hanno distrutto le entrate. Sul muro della caserma è stata lasciata una scritta che ricorda Carlo Giuliani. Un corteo per il decimo anniversario della battaglia di Genova e dell’omicidio di Carlo si svolgerà sabato a Berlino-Kreuzberg e potrebbe causare scontri con la polizia".

manifestazioni in germania
-Berlin
-Aachen
-Duisburg
-Hamburg
-Nürnberg
-München

http://carlogiulianiunforgettable.blogsport.de/
http://rachefuercarlo.blogsport.de/
http://carlogiulianiaachen.blogsport.de/
http://alf.blogsport.de/2011/07/01/20-juli-carlo-giuliani-unvergessen/
http://roteszenehamburg.blogsport.de/2011/07/03/scheiss-kommunisten-ich-...

No justice, no peace

pc 16 luglio - De magistris sgombera il comune occupato a napoli - 2 arresti

ennesimo attacco repressivo ai danni della platea b.r.o.s. ,stavolta a fare da giustiziere e stato il sindaco de magistris in piena sintonia con le forze dell’ ordine , ricordandosi le sue origini da magistrato dava l’ordine di far sgomberare una stanza del primo piano del consiglio comunale occupata pacificamente dai precari bros .facendoli prelevare e portare in questura persone che da anni esprimono il loro diritto quello di un lavoro. che venivano picchiati e intimiditi forzandoli a farli firmare verbali con accuse che non avevano commesso, e come e successo in passato convincevano vigili urbani ad refertarsi è accusare i precari. con 48 denunziati con reati inventati e 2 di loro portati al carcere di poggioreale. il sindaco de magistris che in campagna elettorale a tanto decantato per le vie di napoli oltre all’emergenza rifiuti si è espresso favorevolmente non solo con i precari bros ma con tutte le realta della citta’ che giustamente si battevano per i propri diritti e subivano la repressione quotidiana da parte della questura. intervenendo in alcune trasmissioni nazionali esprimendo senza che nessuno gli chiedeva di farlo parole confortanti per i precari bros. e dimenticandosi che proprio un anno fa varco’ personalmente il portone della questura di napoli esprimendo piena solidarieta’ a dei precari bros che erano stati arrestati prendendo le distanze da fatti compiuti ai danni dei precari.

ciro e gianni liberi subito

le lotti sociali non si processano

La lotta non si arresta... al fianco dei Precari Bros!

15/07 scendiamo in piazza in solidarietà con il movimento dei disoccupati. Stamattina alcuni compagni dei precari BROS sono stati malmenati, denunciati e arrestati!

Chiedevano ascolto, risposte e invece il copione è stato il solito: repressione, isolamento, criminalizzazione! Non lasceremo soli dei compagni che ci hanno affiancato e supportato anche nell'ultimo autunno! Non accettiamo che vengano colpiti coloro i quali da più di dieci anni portano avanti tante lotte, da quella per il lavoro a quella contro l'emergenza rifiuti! Abbiamo condiviso cortei per chiedere istruzione, sanità e trasporti per tutti, abbiamo condiviso l'esperienza di una mobilitazione contro la guerra in Libia.

Chiediamo la liberazione dei due arrestati e la fine del sistematico attacco delle lotte sociali.

pc 16 luglio - VIDEO SHOCK 3 LUGLIO CHIOMONTE VIOLENZA POLIZIA SUI MANIFESTANTI

La Polizia si è comportata in modo esemplare...ecco le prove!!!

In un video inedito vengono raccontate le immagini che mancavano della giornata del 3 luglio alla Maddalena no tav di Chiomonte. Siamo sul fronte Ramats dietro il museo archeologico della Maddalena di Chiomonte e il prato inquadrato è l'area archeologica vera e propria dove erano custodite due tombe del neolitico. In un primo tempo si vedono i manifestanti fermati che vengono brutalmente pestati a freddo dagli agenti che lontani dai luoghi di contatto con i manifestanti si sfogano con bastoni calci e manganelli. In un secondo tempo si vedono gli agenti raccogliere delle pietre a terra per poi lanciarle verso i manifestanti. In un terzo tempo ancora si vede una ruspa cingolata ed un camion idrante che impunemente passano sulle tombe preistoriche e vengono dirette verso i manifestanti nel bosco.

pc 15 luglio - il volantino nazionale dello slai cobas per il sindacato di classe contro l'accordo padroni governo sindacati

diffuso nelle principali fabbriche e posti di lavoro

L'accordo padroni-governo-sindacati nuovo attacco al contratto nazionale e alla rappresentanza democratica dei lavoratori

Cazzola (PDL): “Nella Cgil si avverte un mutamento significativo di linea politica”, che le consente di tornare “al centro dell'iniziativa contro le tentazioni all'autoisolamento e all'emarginazione”.
Min. Tremonti: “Grazie a Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti, Susanna Camusso. Grazie per quello che hanno fatto nell'interesse del nostro paese”.

Bastano queste dichiarazioni per togliere ogni dubbio che l'accordo sulla contrattazione e rappresentanza sindacale serve l'interesse del padronato e del governo.
La stessa Fiom-Cgil ha chiamato a due scioperi generali per la difesa della contrattazione nazionale e dei diritti sindacali dei lavoratori.
La firma della CGIL-Camusso è l'imbocco di una strada, senza ritorno, di unità con i sindacati padronali e governativi cisl e uil, e di accettazione di fatto del piano Fiat che ha aperto l'attacco al Contratto nazionale e ai diritti di rappresentanza e di sciopero dei lavoratori.
Con questa firma la CGIL della Camusso contrasta con tutta la lotta, la resistenza degli operai ai piani padronali e gli stessi ricorsi presentati dalla Fiom, vengono danneggiati.

L'accordo vuole blindare la lotta sindacale in una serie di norme; come ai tempi del fascismo la attività e l'organizzazione sindacale non deve essere una libera scelta dei lavoratori, ma vengono irreggimentate e, di conseguenza, vengono previste sanzioni per chi non osserva tali norme.
L'esigibilità dei contratti vuole impedire che, una volta decisi, possano essere messi in discussione dalle lotte dei lavoratori. Questo, evidentemente, non è affatto un vincolo per le aziende che ormai scrivono loro i testi dei contratti e che continueranno a violare anche accordi e contratti da loro sottoscritti, ma è un vincolo solo per i lavoratori, per attaccare ogni sciopero che metta in discussione anche solo parti di quei contratti svendita.
Dopo ogni firma, infatti, viene prevista una tregua sugli scioperi e perfino le sanzioni per chi non la rispetta. L'accordo prevede poi che i contratti aziendali possono essere modificati per “aderire alle esigenze degli specifici contesti produttivi”, in particolare su “prestazione lavorativa, orari e organizzazione del lavoro”; viene, quindi, stabilita una deroga, in peggio, al contratto nazionale in modo che ogni azienda potrà ulteriormente violare i diritti e la tutela delle condizioni di lavoro.
L'accordo dà un definitivo colpo di spugna anche ai residui di democrazia sindacale: “D'ora in poi un contratto sarà valido per tutti se sarà firmato dal 50 per cento più uno delle Rsu che saranno costituite secondo due criteri: il voto di tutti i lavoratori e e la certificazione degli iscritti alle singole organizzazioni da parte dell'Inps. Quindi niente più referendum!. Esso resta in vigore solo dove vi sono le Rsa, al posto delle Rsu, con rappresentanti nominati direttamente dalle segreterie, ma anche in questo caso la votazione non è scontata, per il referendum serve comunque una richiesta di almeno una organizzazione firmataria di questo accordo o del 30% dei lavoratori.
Il contratto di fatto viene approvato senza la verifica del consenso dei lavoratori ma solo da delegati sempre più allineati e irreggimentati dalle segreterie sindacali che hanno siglato quel contratto!

Lo Slai cobas per il sindacato di classe respinge e denuncia questo accordo neocorporativo in sintonia con il fascismo padronale, ispirato dal piano Marchionne.
A questo accordo dobbiamo opporre: una campagna di informazione di massa, un fronte unito sindacale ti tutti i lavoratori e le organizzazioni sindacali- fiom e sindacati di base- che dissentono;
uno nuovo sciopero generale in autunno che faccia saltare accordo, governo e sindacati confederali che lo hanno firmato; per un nuovo sindacato di classe nelle mani dei lavoratori, per la rinascita dei consigli di fabbrica e sui luoghi di lavoro, per un nuovo contratto nazionale a tutela reale di salari, lavoro, diritti, condizioni di vita e di lavoro.

Slai Cobas per il sindacato di classe -coordinamento nazionale -cobasta@libero.it

venerdì 15 luglio 2011

pc 15 luglio - riportiamo con tutti i mezzi i tre operai fiat sata licenziati in fabbrica

comunicato nazionale

Lo slai cobas per il sindacato di classe di taranto - sempre presente e
anche nell'ultima di giovedì alle udienze fiat - si stringe in un abbraccio
solidale ai tre delegati operai fiom barozzino,la morte,pignatelli, a
fronte della ignobile e ipocrita sentenza che li ricaccia fuori dalla fiat
sata.
Non ci siamo mai illusi, anche se giovedì eravamo ottimisti, per come era
andato il processo d'appello e siamo stati anche noi furenti e dispiaciuti
nello stesso tempo, all'apprendere la sentenza.
Sempre abbiamo detto che questa è una battaglia sindacale di classe e
politica non solo dei tre compagni della fiom licenziati, ma di tutti gli operai sata,di tutti gli operai fiat e di tutta la classe operaia;
battaglia contro i padroni ma anche contro i sindacati del padrone, determinanti in questo processo come corpo repressivo aggiunto contro i lavoratori e la loro giusta
lotta e infine, come la sentenza dimostra, battaglia contro lo stato e il governo dalla parte dei padroni.
Questa battaglia deve ora continuare e tutti dobbiamo fare la nostra parte
subito - sin da domani a Torino al processo altrettanto importante per il
ricorso contro l'accordo Pomigliano.
Nei prossimi giorni in tutte le fabbriche e posti di lavoro che riusciamo a raggiungere, organizziamo denunce, incontri e messaggi solidali.
A settembre dalla Fiat Sata e da Taranto partiranno mille forme di
iniziative in tutto il paese, 'usando' anche il recente libro scritto da uno
dei delegati licenziati, giovanni barozzino.
Ci deve essere e ci sarà una manifestazione nazionale in autunno alla Fiat
Sata e al tribunale di Melfi - costruiamola insieme !
Riportiamo con tutti i mezzi i tre compagni in fabbrica1

slai cobas per il sindacato di classe TARANTO
slai cobas per il sindacato di classe - coordinamento nazionale
15 luglio 2011
COBASTA@LIBERO.IT 347-5301704

pc 15 luglio - sentenza sata ..forza giovanni,antonio e marco !

forza giovanni,antonio e marco !

La vergognosa sentenza al processo per i 3 licenziati fiat sata, mostra come lo stato e il governo sostengono i padroni e in certi casi come questo viene alla luce come essi sono in ultima analisi espressione della dittatura dei padroni e loro apparato repressivo.
Il fascismo padronale di Marchionne vuole imporre anche per via giudiziaria la sua dittatura, fatta di più sfruttamento, meno diritti, da estendere, con il sostegno e l’azione del governo dei padroni, dalla Fiat a tutte la classe operaia.
La rabbia e il dolore con cui la sentenza è stata accolta giovedì pomeriggio alla Sata, vanno trasformati in consapevolezza e forza, per dire forte 'non ci arrendiamo' e perseverare nella lotta nei tribunali, in fabbrica e in tutta la società.
Proletari comunisti - come i tre compagni licenziati ben sanno - è stato costantemente al loro fianco e lo abbiamo fatto non solo per solidarietà umana, proletaria e politica, ma per comprensione della partita in gioco e esprimere la nostra determinazione a giocarsela.
Ora bisogna sempre più far diventare questa una battaglia nazionale, una trincea della guerra di classe, perchè la FIAT deve perdere - gli operai devono vincere !
Lo stato dei padroni e i governi dei padroni devono essere combattuti e rovesciati e la strada per il potere operaio deve essere aperta!

proletari comunisti
15 luglio2011

pc 15 luglio - vergogna al tribunale di Melfi ! accolto il ricorso fiat-- ' noi non ci arrendiamo' !

' noi non ci arrendiamo' !


proletari comunisti ha partecipato per tutta la giornata al presidio al tribunale
presto un resoconto della giornata e una valutazione indicazione

Operai Sata, accolto il ricorso dell'azienda sul reintegroNell’estate del 2010, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli erano stati licenziati, con la contestazione di sabotaggio della produzione

14/07/2011 Il giudice del lavoro, Amerigo Palma, ha accolto il ricorso presentato dalla Fiat contro il reintegro di tre operai (due dei quali delegati Fiom) dello stabilimento di Melfi. Nell’estate del 2010, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli erano stati licenziati, con la contestazione da parte dell’azienda di aver sabotato la produzione durante uno sciopero interno, ed erano poi stati reintegrati dal giudice del lavoro.
Momenti di tensione si sono verificati davanti al Tribunale di Melfi quando alcuni lavoratori, in presidio da stamani, hanno visto i legali della Fiat e hanno gridato più volte «vergogna». La tensione è durata pochi istanti e – dopo l’intervento della Digos – gli avvocati hanno potuto poi lasciare in automobile il tribunale di Melfi. Alla notizia della sentenza, all’esterno del Tribunale, alcuni lavoratori della Fiom sono scoppiati in lacrime, mentre i tre operai sono a colloquio con altri sindacalisti, tra cui il segretario nazionale, Maurizio Landini


Fiat vince la causa
licenziati i 3 operai
Fiom: siamo indignati

Fiom: siamo indignati
MELFI – Licenziati. La decisione del giudice del lavoro, Amerigo Palma, è una doccia fredda in una torrida giornata di luglio per i tre operai dello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat: Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli da domani sono senza stipendio. L'azienda torinese li aveva licenziati per “aver bloccato la produzione durante uno sciopero interno” nella notte tra il 6 e il 7 luglio 2010, ma un mese dopo il giudice giudicò antisindacale il comportamento del Lingotto reintegrando i tre (due dei quali sono delegati della Fiom).

La sentenza di oggi, quindi, riazzera tutta la vicenda, riportandola indietro nel tempo. Fino all’8 luglio di un anno fa, quando la Fiat sospese i tre, comunicando loro il licenziamento dieci giorni dopo. Secondo l’azienda, Lamorte, Barozzino e Pignatelli bloccarono un carrello robotizzato che portava materiale a operai che invece lavoravano regolarmente. La decisione della Fiat scatenò proteste, anche “mediaticamente” forti, con gli operai che occuparono per giorni il tetto della Porta Venosina, a Melfi, con una temperatura simile al caldo torrido di oggi.

Il 10 agosto 2010 il giudice reintegrò i lavoratori. Ma la Fiat il 21 agosto comunicò, attraverso un telegramma, “che non si sarebbe avvalsa delle loro prestazioni”. Invitandoli a non presentarsi in fabbrica il 23 agosto, giorno della ripresa dopo la pausa estiva, quando varcarono i cancelli della Sata, ma non fu consentito loro di andare sulla linea di produzione e fu assegnata una saletta per l’attività sindacale (dove hanno trascorso, in questi ultimi mesi, i turni di lavoro).

In un clima di tensione la vicenda è proseguita fino a oggi, quando il giudice Palma ha ribaltato nuovamente la situazione, accogliendo il ricorso della Fiat. E quindi disponendo nei fatti il licenziamento di Lamorte, Barozzino e Pignatelli. Una decisione accolta con fischi e urla di “vergogna” da parte dei lavoratori che aspettavano la decisione del Tribunale: alcuni sono scoppiati in lacrime, e il segretario nazionale della Fiom, Maurizio Landini, ha espresso “l'indignazione del sindacato” per “una sentenza pilatesca”.

Dopo aver annunciato l’intenzione di presentare ricorso, e la volontà di “non lasciare soli i tre operai”, Landini ha spiegato che “una serie di prove da noi presentate non sono state accolte, e il giudice, nel dichiarare che non c'è stato un comportamento antisindacale della Fiat, ha dichiarato nello stesso tempo che non c'è un comportamento illegittimo dei lavoratori”. Bisognerà attendere quindi le motivazioni della sentenza, che il giudice depositerà probabilmente domani.

Intanto per la Fiat, “dopo un anno e ben 26 testimoni – ha spiegato uno dei legali dell’azienda, Francesco Amendolito – è stata appurata la verità materiale e giuridica sui fatti, e soprattutto perchè la 'Satà non ha mai posto in essere comportamenti persecutori e antisindacali nei confronti della Fiom-Cgil”. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha auspicato che “al di là del percorso giudiziario, i sindacati vogliano tutti, insieme alla Fiat, concorrere a un clima positivo, evitando forme di conflittualità minoritarie”.

Oggi, però, resta solo “l'amarezza” dei tre operai, che credevano fortemente in una decisione in loro favore, ma che non ritengono chiusa la partita: “Noi non ci arrendiamo”, hanno detto rivolgendosi a Marchionne

MELFIOperai licenziati, sì al ricorso della Fiat
Landini (Fiom): "Siamo indignati"I tre dipendenti (due dei quali delegati sindacali) erano stati accusati di aver sabotato la produzione durante uno sciopero e poi reintegrati. Lacrime e tensione davanti al tribunale, dove i lavoratori erano in presidio I tre operai
Il giudice del lavoro, Amerigo Palma, ha accolto il ricorso presentato dalla Fiat contro il reintegro di tre operai (due dei quali delegati Fiom) dello stabilimento di Melfi, in provincia di Potenza. Nell'estate del 2010, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli erano stati licenziati, perché accusati dall'azienda di aver sabotato la produzione durante uno sciopero interno. I tre erano poi stati reintegrati dal giudice del lavoro. Oggi la chiusura alle ragioni dei lavoratori. "Accettiamo la decisione del giudice - dicono - ma sicuramente non ci arrenderemo. Il nostro è stato un licenziamento illegittimo". Questo il messaggio diretto all'ad del gruppo, Sergio Marchionne. "Siamo indignati - dichiara Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom - abbiamo già presentato ricorso".

Gli operai furono licenziati perché durante un corteo interno bloccarono un carrello robotizzato che portava materiale a operai che invece lavoravano regolarmente. Ai licenziamenti seguirono scioperi, proteste e una manifestazione della Fiom: i tre occuparono per alcuni giorni il tetto della Porta Venosina, monumento nel centro storico di Melfi. La decisione dell'azienda nei confronti dei tre dipendenti "espulsi", era stata annullata ad agosto dell'anno scorso: per il giudice si trattò di un provvedimento antisindacale. Da lì la decisione della Fiat di non consentire comunque ai tre operai di tornare a lavorare in fabbrica. Numerosi gli appelli e gli interventi per convincere Marchionne a fare un passo indietro, con Barozzino, Lamorte e Pignatelli che scrissero anche al presidente Napolitano.

Momenti di tensione si sono verificati davanti al tribunale di Melfi. Diversi lavoratori, in presidio da stamani in attesa della sentenza, hanno visto i legali della Fiat e hanno gridato più volte "vergogna". La tensione è durata pochi istanti e, dopo l'intervento della Digos, gli avvocati hanno potuto poi lasciare in automobile il tribunale. Alla notizia della sentenza, all'esterno del tribunale, alcuni lavoratori della Fiom sono scoppiati in lacrime. "Non c'è più rabbia - racconta Marco Pignatelli a nome di tutti i protagonisti della vicenda - ma solo amarezza. Prima di oggi credevamo che per noi sarebbe andata in maniera positiva. Continuiamo però a pensare di avere ragione". Il segretario regionale della Basilicata della Fiom, Emanuele De Nicola, parla però di "pericoloso precedente rispetto a quelli che sono i diritti dei lavoratori".

"Non li lasceremo soli - sottolinea il segretario della Fiom oggi in tribunale - resteranno transitoriamente licenziati e senza stipendio. Daremo loro la nostra massima collaborazione e il nostro massimo sostegno". "Siamo indignati - aggiunge il leader sindacale - perché una serie di prove da noi presentate non sono state accolte e poi perché il giudice, nel dichiarare che non c'è un comportamento antisindacale da parte della Fiat, ha dichiarato nello stesso tempo che non c'è un comportamento illegittimo dei lavoratori. Questa motivazione è un pò pilatesca e nei fatti fa licenziare questi tre lavoratori". "Per queste ragioni - prosegue Landini - per noi la partita rimane assolutamente aperta e quindi abbiamo già presentato ricorso contro i licenziamenti. Siamo convinti che, poiché il giudice oggi ha detto che non c'è stato comportamento illegittimo da parte dei lavoratori, il nostro ricorso sarà sicuramente accolto".

Fiat Sata. Landini (Fiom): “Per la Fiom la partita è ancora aperta e non verrà a mancare il sostegno ai tre lavoratori di Melfi ingiustamente licenziati”

Maurizio Landini, segretario generale della Fiom-Cgil, ha rilasciato oggi la seguente dichiarazione.

“La decisione di oggi del Tribunale di Melfi di accogliere il ricorso della Fiat Sata ci lascia profondamente indignati, anche perché, inspiegabilmente, non sono state accolte alcune delle prove da noi presentate. Comunque il Giudice, pur non riconoscendo da parte di Fiat il comportamento antisindacale, ha lasciato intendere che i tre lavoratori non hanno posto in essere comportamenti premeditati ed illegittimi che giustifichino i licenziamenti.”

“Per la Fiom la partita è ancora aperta. Riteniamo grave, inoltre, il fatto che i lavoratori siano da oggi senza stipendio, dopo un anno passato chiusi nella saletta della Rsu per otto ore al giorno.”

“Per questo la Fiom ricorrerà in appello e sosterrà Giovanni Barozzino, Antonio La Morte e Marco Pignatelli che hanno già presentato i ricorsi individuali contro i licenziamenti.”


Fiom-Cgil/Ufficio Stampa

Roma, 14 luglio 2011


'Non deve mai succedere che minoranza impedisca di lavorare'
14 luglio, 18:53

ROMA, 14 LUG - ''La sentenza di Melfi ci dice che dobbiamo sempre aspettare la conclusione di un procedimento, evidentemente quello che e' successo quantomeno presenta caratteri controversi che hanno dato origine a diverse sentenze''. E' il commento del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, alla sentenza del Tribunale di Melfi, che ha accolto il ricorso presentato dalla Fiat contro il reintegro dei lavoratori dell'azienda. ''Non deve mai succedere che una minoranza di lavoratori impedisca alla maggioranza di lavorare''. (ANSA).

Fiat: licenziamenti operai di Melfi, giudice accoglie ricorso dell'azienda
Contro il reintegro di tre operai licenziati nell'estate del 2010 con la contestazione da parte dell'azienda di aver sabotato la produzione durante uno sciopero interno. I tre erano poi stati reintegrati dal giudice del lavoro
14 luglio, 20:47

POTENZA - Licenziati. La decisione del giudice del lavoro, Amerigo Palma, e' una doccia fredda in una torrida giornata di luglio per i tre operai dello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat: Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli da domani sono senza stipendio. L'azienda torinese li aveva licenziati per ''aver bloccato la produzione durante uno sciopero interno'' nella notte tra il 6 e il 7 luglio 2010, ma un mese dopo il giudice giudico' antisindacale il comportamento del Lingotto reintegrando i tre (due dei quali sono delegati della Fiom). La sentenza di oggi, quindi, riazzera tutta la vicenda, riportandola indietro nel tempo. Fino all'8 luglio di un anno fa, quando la Fiat sospese i tre, comunicando loro il licenziamento dieci giorni dopo. Secondo l'azienda, Lamorte, Barozzino e Pignatelli bloccarono un carrello robotizzato che portava materiale a operai che invece lavoravano regolarmente.

La decisione della Fiat scateno' proteste, anche ''mediaticamente'' forti, con gli operai che occuparono per giorni il tetto della Porta Venosina, a Melfi, con una temperatura simile al caldo torrido di oggi. Il 10 agosto 2010 il giudice reintegro' i lavoratori. Ma la Fiat il 21 agosto comunico', attraverso un telegramma, ''che non si sarebbe avvalsa delle loro prestazioni''. Invitandoli a non presentarsi in fabbrica il 23 agosto, giorno della ripresa dopo la pausa estiva, quando varcarono i cancelli della Sata, ma non fu consentito loro di andare sulla linea di produzione e fu assegnata una saletta per l'attivita' sindacale (dove hanno trascorso, in questi ultimi mesi, i turni di lavoro). In un clima di tensione la vicenda e' proseguita fino a oggi, quando il giudice Palma ha ribaltato nuovamente la situazione, accogliendo il ricorso della Fiat. E quindi disponendo nei fatti il licenziamento di Lamorte, Barozzino e Pignatelli. Una decisione accolta con fischi e urla di ''vergogna'' da parte dei lavoratori che aspettavano la decisione del Tribunale: alcuni sono scoppiati in lacrime, e il segretario nazionale della Fiom, Maurizio Landini, ha espresso ''l'indignazione del sindacato'' per ''una sentenza pilatesca''. Dopo aver annunciato l'intenzione di presentare ricorso, e la volonta' di ''non lasciare soli i tre operai'', Landini ha spiegato che ''una serie di prove da noi presentate non sono state accolte, e il giudice, nel dichiarare che non c'e' stato un comportamento antisindacale della Fiat, ha dichiarato nello stesso tempo che non c'e' un comportamento illegittimo dei lavoratori''.

Bisognera' attendere quindi le motivazioni della sentenza, che il giudice depositera' probabilmente domani. Intanto per la Fiat, ''dopo un anno e ben 26 testimoni - ha spiegato uno dei legali dell'azienda, Francesco Amendolito - e' stata appurata la verita' materiale e giuridica sui fatti, e soprattutto perche' la 'Sata' non ha mai posto in essere comportamenti persecutori e antisindacali nei confronti della Fiom-Cgil''. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha auspicato che ''al di la' del percorso giudiziario, i sindacati vogliano tutti, insieme alla Fiat, concorrere a un clima positivo, evitando forme di conflittualita' minoritarie''. Oggi, pero', resta solo ''l'amarezza'' dei tre operai, che credevano fortemente in una decisione in loro favore, ma che non ritengono chiusa la partita: ''Noi non ci arrendiamo'', hanno detto rivolgendosi a Marchionne

Licenziamenti Melfi, sì al ricorso Fiat
I tre operai non saranno reintegrati
Nell’estate del 2010, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli erano stati licenziati, con la contestazione da parte dell’azienda di aver sabotato la produzione durante uno sciopero interno, ed erano poi stati reintegrati dal giudice del lavoro.
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Il giudice del lavoro dà ragione
al Lingotto, tensione al Tribunale
L'azienda: «Ristabilita la verità»
MELFI (Potenza)
Licenziati. La decisione del giudice del lavoro, Amerigo Palma, è una doccia fredda in una torrida giornata di luglio per i tre operai dello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat: Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli da domani sono senza stipendio. L’azienda torinese li aveva licenziati per «aver bloccato la produzione durante uno sciopero interno» nella notte tra il 6 e il 7 luglio 2010, ma un mese dopo il giudice giudicò antisindacale il comportamento del Lingotto reintegrando i tre (due dei quali sono delegati della Fiom).

La sentenza di oggi, quindi, riazzera tutta la vicenda, riportandola indietro nel tempo. Fino all’8 luglio di un anno fa, quando la Fiat sospese i tre, comunicando loro il licenziamento dieci giorni dopo. Secondo l’azienda, Lamorte, Barozzino e Pignatelli bloccarono un carrello robotizzato che portava materiale a operai che invece lavoravano regolarmente. La decisione della Fiat scatenò proteste, anche «mediaticamente» forti, con gli operai che occuparono per giorni il tetto della Porta Venosina, a Melfi, con una temperatura simile al caldo torrido di oggi.

Il 10 agosto 2010 il giudice reintegrò i lavoratori. Ma la Fiat il 21 agosto comunicò, attraverso un telegramma, «che non si sarebbe avvalsa delle loro prestazioni». Invitandoli a non presentarsi in fabbrica il 23 agosto, giorno della ripresa dopo la pausa estiva, quando varcarono i cancelli della Sata, ma non fu consentito loro di andare sulla linea di produzione e fu assegnata una saletta per l’attività sindacale (dove hanno trascorso, in questi ultimi mesi, i turni di lavoro).

In un clima di tensione la vicenda è proseguita fino a oggi, quando il giudice Palma ha ribaltato nuovamente la situazione, accogliendo il ricorso della Fiat. E quindi disponendo nei fatti il licenziamento di Lamorte, Barozzino e Pignatelli. Una decisione accolta con fischi e urla di «vergogna» da parte dei lavoratori che aspettavano la decisione del Tribunale: alcuni sono scoppiati in lacrime, e il segretario nazionale della Fiom, Maurizio Landini, ha espresso «l’indignazione del sindacato» per «una sentenza pilatesca».

Dopo aver annunciato l’intenzione di presentare ricorso, e la volontà di «non lasciare soli i tre operai», Landini ha spiegato che «una serie di prove da noi presentate non sono state accolte, e il giudice, nel dichiarare che non c’è stato un comportamento antisindacale della Fiat, ha dichiarato nello stesso tempo che non c’è un comportamento illegittimo dei lavoratori». Bisognerà attendere quindi le motivazioni della sentenza, che il giudice depositerà probabilmente domani.

Intanto per la Fiat, «dopo un anno e ben 26 testimoni - ha spiegato uno dei legali dell’azienda, Francesco Amendolito - è stata appurata la verità materiale e giuridica sui fatti, e soprattutto perchè la Sata non ha mai posto in essere comportamenti persecutori e antisindacali nei confronti della Fiom-Cgil». Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha auspicato che «al di là del percorso giudiziario, i sindacati vogliano tutti, insieme alla Fiat, concorrere a un clima positivo, evitando forme di conflittualità minoritarie». Oggi, però, resta solo «l’amarezza» dei tre operai, che credevano fortemente in una decisione in loro favore, ma che non ritengono chiusa la partita: «Noi non ci arrendiamo», hanno detto rivolgendosi a Marchionne.


la fiom: venerdì 8 ore di sciopero contro il mancato pagamento del premio di risultato
Melfi: accolto il ricorso della Fiat contro il reintegro dei 3 operai licenziati
Il giudice del lavoro ha dato ragione alla casa automobilistica torinese: tensione dopo la sentenza
la fiom: venerdì 8 ore di sciopero contro il mancato pagamento del premio di risultato

Melfi: accolto il ricorso della Fiat contro il reintegro dei 3 operai licenziati

Il giudice del lavoro ha dato ragione alla casa automobilistica torinese: tensione dopo la sentenza


I tre operai licenziati dalla Fiat. Da sinistra Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli (Ansa)
MILANO - Una sconfitta per la Fiom. Il giudice del lavoro, Amerigo Palma, ha accolto il ricorso presentato dalla Fiat contro il reintegro di tre operai (due dei quali delegati Fiom) dello stabilimento di Melfi (Potenza).

LA VICENDA - Nell'estate del 2010, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli erano stati licenziati, con la contestazione da parte dell'azienda di aver sabotato la produzione durante uno sciopero interno, ed erano poi stati reintegrati dal giudice del lavoro.

TENSIONE - Momenti di tensione si sono verificati davanti al Tribunale di Melfi (Potenza) quando alcuni lavoratori hanno visto i legali della Fiat e hanno gridato più volte «vergogna». La tensione è durata pochi istanti e - dopo l'intervento della Digos - gli avvocati hanno potuto poi lasciare in automobile il tribunale di Melfi. Alla notizia della sentenza, all'esterno del Tribunale, alcuni lavoratori della Fiom sono scoppiati in lacrime, mentre i tre operai sono a colloquio con altri sindacalisti, tra cui il segretario nazionale, Maurizio Landini.

SOLIDARIETA' - «Oggi il giudice ha accolto il ricorso presentato dalla Fiat e per questo ci diciamo indignati» - ha dichiarato Landini, commentando la sentenza -. Landini ha annunciato che il sindacato presenterà ricorso contro la sentenza: «Non lasceremo soli i tre lavoratori, che - ha sottolineato il segretario della Fiom - resteranno transitoriamente licenziati e senza stipendio. Daremo loro la nostra massima collaborazione e il nostro massimo sostegno».

SCIOPERO - La vicenda di Melfi si intreccia con lo stato di tensione nelle relazioni industriali in casa Fiat, tra l'azienda e la Fiom. Per venerdì 15 infatti, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil ha proclamato otto ore di sciopero, per turno, negli stabilimenti di tutto il gruppo. Gli operai protesteranno contro il mancato pagamento del saldo del premio di risultato e per i diritti dei lavoratori. «Le lavoratrici e i lavoratori non accettano - si legge nel volantino a sostegno dello sciopero nazionale - che mentre si erogano centinaia di milioni agli azionisti e si danno migliaia di euro ai capi e capetti si continui a negare quanto dovuto a chi produce e paga il prezzo più alto della crisi». Le tute blu guidate da Landini chiedono ora il saldo del premio, che non viene pagato da 3 anni. E respingono «l'arroganza» della Fiat, con la difesa del contratto nazionale di lavoro.

«DIFENDERE IL CONTRATTO NAZIONALE»- «I lavoratori italiani - commenta il responsabile Auto della Fiom, Giorgio Airaudo - stanno pagando i successi americani di Marchionne». Ma soprattutto puntano il dito contro la minacciata uscita dal contratto nazionale. «Va respinta la minaccia della Fiat di far uscire tutte le sue società dal contratto nazionale» prosegue il comunicato «che va difeso»: le lavoratrici e i lavoratori hanno diritto - sostengono - a un contratto integrativo per migliorare il salario e le loro condizioni (da discutere e decidere con loro).

UNITA' SINDACALE - La Fiom sottolinea inoltre che «purtroppo» mancano le condizioni unitarie con Fim e Uilm che «nei fatti con il loro comportamento, continuano ad assecondare la volontà della Fiat di negare i diritti dei lavoratori estendendo a tutti le condizioni degli accordi di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco». La protesta per il saldo del premio di risultato - secondo le cifre indicate da Airaudo - riguarda l'equivalente di oltre 2.800 euro e ha già visto scioperi nei singoli stabilimenti per 40 ore complessive

Melfi, giudice respinge reintegro operai. La Fiom: «Siamo indignati»
E' stato accolto, a sorpresa, il ricorso presentato da Fiat contro il reintegro al lavoro dei tre operai licenziati nello stabilimento di Melfi. Il giudice del lavoro, Amerigo Palma, ha infatti accolto il ricorso presentato dal Lingotto. Nell'estate del 2010, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli erano stati licenziati, perché accusati dall'azienda di aver sabotato la produzione durante uno sciopero interno. I tre erano poi stati reintegrati dal giudice del lavoro. Oggi la chiusura alle ragioni dei lavoratori. "Siamo indignati - dice Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom - abbiamo già presentato ricorso". Gli operai furono licenziati perché durante un corteo interno bloccarono un carrello robotizzato che portava materiale a operai che invece lavoravano regolarmente. Ai licenziamenti seguirono scioperi, proteste e una manifestazione della Fiom: i tre occuparono per alcuni giorni il tetto della Porta Venosina, monumento nel centro storico di Melfi. La decisione dell'azienda nei confronti dei tre dipendenti "espulsi", era stata annullata ad agosto dell'anno scorso: per il giudice si trattò di un provvedimento antisindacale. Da lì la decisione della Fiat di non consentire comunque ai tre operai di tornare a lavorare in fabbrica. Numerosi gli appelli e gli interventi per convincere Marchionne a fare un passo indietro, con Barozzino, Lamorte e Pignatelli che scrissero anche al presidente Napolitano. Momenti di tensione si sono verificati davanti al tribunale di Melfi. Diversi lavoratori, in presidio da stamani in attesa della sentenza, hanno visto i legali della Fiat e hanno gridato più volte "vergogna". La tensione è durata pochi istanti e - dopo l'intervento della Digos - gli avvocati hanno potuto poi lasciare in automobile il tribunale di Melfi. Alla notizia della sentenza, all'esterno del Tribunale, alcuni lavoratori della Fiom sono scoppiati in lacrime, mentre i tre operai hanno parlato a lungo con altri sindacalisti, tra cui Landini.

"Non lasceremo soli i tre lavoratori, che - ha sottolineato il segretario della Fiom - resteranno transitoriamente licenziati e senza stipendio. Daremo loro la nostra massima collaborazione e il nostro massimo sostegno". "Siamo indignati - ha aggiunto il leader sindacale - perché una serie di prove da noi presentate non sono state accolte e poi perché il giudice, nel dichiarare che non c'è un comportamento antisindacale da parte della Fiat, ha dichiarato nello stesso tempo che non c'è un comportamento illegittimo dei lavoratori. Questa motivazione è un pò pilatesca e nei fatti fa licenziare questi tre lavoratori".
"Per queste ragioni - ha proseguito Landini - per noi la partita rimane assolutamente aperta e quindi abbiamo già presentato ricorso contro i licenziamenti. Siamo convinti che, poiché il giudice oggi ha detto che non c'è stato comportamento illegittimo da parte dei lavoratori, il nostro ricorso sarà sicuramente accolto".

pc 14 luglio - È in stato vegetativo, licenziata

Un'esempio che per la sua drammaticità da un lato dimostra, ancora una volta, che i padroni non sono umani ma pensano solo al loro profitto e che gli operai per loro sono solo mezzi di produzione che gli servono (finchè non si "rompono") per fare profitti.
Ma oltre a questo sono le parole viscide dei sindacalisti confederali e in particolare del segr. della cattolica cisl di bergamo, che mentre si preoccupa della sofferenza dei lavoratori, citando addirittura le parole del vescovo sul "lavoro umano", nello stesso tempo è in prima fila con il suo sindacato per ridurre gli operai a schiavi, ad esempio alla fiat dove con il ricatto del lavoro si aumentano ì ritmi e lo sfruttamento che come si sa portano a malattie e infortuni (dimostrati in tribunale anche dal giudice Guariniello), dall'altro si usa il dramma della famiglia dell'operaia, balzato sulle prime pagine dei giornali per giustificare la lotta all'"assenteismo" e di chi "sfrutta egoisticamente le norme contrattuali sulla malattia"; norme inumane che loro stessi hanno introdotto nei contratti nazionali e che prevedono il licenziamento per superamento del comporto per malattia; non è un caso che anche il segr. della cgil dei chimici eviti di entrare nel merito nelle norme del contratto e si appelli alla mancanza di umanità dell'azienda, in quanto proprio nei chimici hanno introdotto anche dei premi salariali legati al numero di infortuniche avvengono nei reparti.....

infatti come si sa le norme che riguardano il licenziamento per la malattia sono state introdotte tempo fa, ai margini di un rinnovo del ccnl dei metalmeccanici con un diktat mai votato dai lavoratori e poi estese anche in altri contratti nazionali, fino ad arrivare anche al licenziamento per superamento del comporto di 180 giorni nel corso dell'anno nel caso di infortunio, come sta succedendo ad una lavoratrice straniera del turismo e pubblici esercizi, che in questi giorni si è rivolta al cobas per essere tutelata, chissa se anche questo interesserà l'ispezione prevista dal ministero per questo caso che ha destato scalpore, forse sarebbe opportuno fare un'inchiesta nella catto-leghista bergamasca sulle tantissime situazioni di discriminazione che avvengono sui posti di lavoro !!!
non si puo appellarsi alla buon anima degli indistriali, serve eliminare dai contratti con la lotta queste norme anticostituzionali, così come quelle antidemocratiche e antisindacali firmate nell'ultimo accordo del 28 giugno da cgil-cisl-uil.


È in stato vegetativo, licenziata
Lettera impugnata. Cgil: inumano

Licenziata mentre è in stato vegetativo perché, secondo l'azienda, «la discontinuità della sua prestazione lavorativa crea evidenti intralci all'attività produttiva». La lettera di «recesso dal rapporto di lavoro per superamento del periodo di comporto» è stata indirizzata a una lavoratrice ricoverata nella struttura sanitaria Don Orione di Bergamo e residente nella provincia orobica, in stato vegetativo a causa dell'aneurisma cerebrale che l'ha colpita nel gennaio del 2010. Il 31 maggio dello stesso anno la signora (non indichiamo il nome per proteggerne la privacy) era riuscita, nonostante le difficili condizioni, a dare alla luce una bambina: l'ultima dei suoi 4 figli.

La Filctem Cgil e l'Ufficio vertenze della Cgil, che hanno sollevato il problema insieme al marito, hanno impugnato il provvedimento dopo che il 4 giugno 2011 la Nuova Termostampi di Lallio (ditta che si occupa di stampi e stampaggio di articoli tecnici), per la quale la signora ha lavorato 16 anni, le ha comunicato il licenziamento e con ciò la cessazione del rapporto di lavoro: «Con la presente dobbiamo rilevare che Lei ha effettuato le assenze per malattia di seguito riportate, dal 01.06.2010 al 03.06.2011. Avendo effettuato n. 368 gg di malattia nell'arco del periodo 01.06.2010 al 03.06.2011, Lei ha superato il periodo di conservazione del posto di lavoro previsto dall'art. 39, comma 7, Parte 2^ del vigente C.C.N.L (e pari a 365 giorni)».

Ma è la seconda parte della lettera indirizzata alla donna che ha maggiormente urtato i familiari che l'hanno aperta e letta per lei: «Comunque - prosegue il documento - la discontinuità della sua prestazione lavorativa crea evidenti intralci all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro ed al suo regolare funzionamento, incide in modo sensibile sull'equilibrio dei rispettivi obblighi contrattuali. Per tutti i motivi sopra esposti, Le notifichiamo pertanto la risoluzione del rapporto di lavoro tra noi in corso a far data dalla presente. Le Sue spettanze di fine rapporto, comprensive dell'indennità sostitutiva del preavviso, Le saranno liquidate, come di consueto, direttamente sul Suo conto corrente entro l'11 luglio 2011».

La lettera di licenziamento è successiva alla richiesta, formalizzata dal marito nell'interesse della signora, di godimento delle ferie e dei permessi maturati prima dello scadere del periodo di comporto di malattia. «Mi sembra scandaloso che un'azienda neghi la fruizione delle ferie utilizzando la motivazione delle esigenze produttive - commenta il marito, C. M. - ed ancor più ci ha turbato la parola intralcio»: infatti la signora è assente da molto tempo (ciò a conferma della gravità del suo stato) per cui nessun intralcio può essere occorso alla produzione, che certamente non ha potuto essere organizzata pensando ad un rientro nel breve periodo della lavoratrice. E comunque le ferie sono un diritto ed il valore di un posto di lavoro è sin troppo evidente.

Ma, prosegue il marito «siamo rimasti molto, molto sorpresi da alcuni articoli pubblicati dalla stampa locale, e di uno particolare, dal titolo "Termostampi, vige l'etica del lavoro'". Un'etica che con noi non è stata utilizzata. Chiedo rispetto per i diritti di mia moglie. Chiedo che se ne ha - come credo - diritto venga riassunta: nulla di più».

Sul caso interviene anche il segretario provinciale della Filctem CGIL di Bergamo, Fulvio Bolis: «Stante il contesto, voglio fare una considerazione più sul versante umano che su quello sindacale/legale, che seguirà comunque il suo iter: mi è capitato nel passato di dover affrontare situazioni analoghe, lavoratori affetti da gravi malattie in procinto di superare il periodo di comporto per la conservazione del posto di lavoro».

«In quasi tutti i casi, anche grazie alla sostanziale assenza di costi per il datore di lavoro, le aziende non hanno provveduto al licenziamento ma, al contrario, hanno mantenuto in essere il rapporto di lavoro. Mi pare di poter dire che l'azienda in questione abbia quanto meno sottovalutato la condizione difficilissima di una propria collaboratrice. Di attenzione al fattore umano qui proprio non si vede traccia».




Piccinini, Cisl: le persone
non sono mezzi di produzione
14 luglio 2011Cronaca
Cisl: Ferdinando PiccininiLicenziata in stato vegetativo Scatta l'ispezione del ministero
Anche Ferdinando Piccinini, segretario generale della Cisl Bergamo, interviene sul caso della donna in coma licenziata. E si chiede: come misuriamo la dignità e l'umanità del lavoro? Si va ben oltre il confronto sui termini normativi contrattuali e legislativi.

«La vicenda della lavoratrice in coma che è stata licenziata dall'azienda per scadenza dei termini di malattia - dice Piccinini - è talmente grave per il segnale di disumanità che assume, che va ben oltre il confronto sui termini normativi contrattuali e legislativi che hanno portato l'azienda a questa irresponsabile decisione.

E' un indicatore di dove può arrivare una concezione puramente economicista dell'impresa che considera le persone semplicemente alla stregua di “mezzi” di produzione, togliendo quindi al lavoro la sua dimensione più importante e profonda: quella di umanità.

La persona umana, scrive il nostro vescovo Francesco Beschi nella lettera che ha dato inizio alle iniziative del convegno ecclesiale su economia e lavoro, non può essere ridotta semplicemente a una risorsa, non è solo la risorsa decisiva, ma il criterio di giudizio della bontà stessa del lavoro.

Certo, questa vicenda è balzata alle prime pagine dei giornali per l'evidente drammaticità della situazione della lavoratrici, del marito e della famiglia e della scelta dell'azienda priva di ogni minima attenzione alla persona. Ma deve richiamare a una riflessione più complessiva sulle molteplici situazioni di sofferenza e di disumanità nella realtà lavorativa che riscontriamo quotidianamente.

Vi è in questo un'azione sindacale quotidiana e sommersa, che non fa notizia, tesa a dare risposta alle tante situazioni di sofferenza, in modo particolare nell'aiuto di chi ammalato gravemente si trova a fare i conti anche con il rischio di perdere il lavoro per l'esaurimento dei periodi contrattuali di conservazione del posto di lavoro.

Vi sono anche molte situazioni dove l'impresa (grande, ma anche e soprattutto piccola) risponde con responsabilità e forte sensibilità a queste situazioni. Ma occorre porre all'attenzione collettiva che un grado più alto di civiltà e di umanità del lavoro è dato dalla capacità di tutti i soggetti collettivi e istituzionali di dare risposte e tutele a queste situazioni.

Si è parlato molto di assenteismo, di chi sfrutta egoisticamente le norme contrattuali sulla malattia che va contrastato, occorre con la stessa enfasi parlare e affrontare il tema di una nuova responsabilità delle imprese e di tutte le parti sociali verso i più deboli, di chi ha la “sfortuna” di essere in una condizione critica nella propria vita per una grave malattia che per tanti altri eventi, e che il lavoro può e deve rappresentare la possibilità di speranza e di crescita per il futuro.

E' da questo che misuriamo effettivamente la dignità e l'umanità del lavoro».



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giovedì 14 luglio 2011

pc 14 luglio - I maoisti dell'Asia Meridionale riuniti nel CComposa...

riportiamo questo articolo dalla stampa borghese indiana rispetto ad un evento già noto per mostrare quanto la borghesia indiana sia preoccupata per la capacità organizzativa dei maositi a livello internazionale e in particolare dell'Asia...
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The Economic Times

13 Luglio 2011, 02:37 IST, Bharti Jain, ET Bureau

I maoisti stringono le mani alle organizzazioni sorelle dell'Asia meridionale, determinate a combattere l'"egemonia dell'espansionismo indiano"

NUOVA DELHI: Proprio mentre il governo del Bengala occidentale esplora la possibilità di colloqui di pace con gli estremisti di sinistra, i maoisti hanno deciso di lavorare con i loro partiti fratelli in Nepal e in altri paesi dell'Asia meridionale per combattere "l'egemonia dell'espansionismo indiano" e fare dell'Asia meridionale una base per la "rivoluzione proletaria mondiale".

La dichiarazione delle organizzazioni maoiste dell'Asia meridionale - riunite sotto l'egida del Comitato di Coordinamento dei Partiti e organizzazioni maoiste dell'Asia meridionale (CCOMPOSA) - "per sviluppare le attuali guerre popolari in corso, avviarne di nuove, e realizzare la rivoluzione di nuova democrazia nei loro rispettivi paesi" è stata fatta in una risoluzione adottata nella loro quinta conferenza internazionale tenutasi a marzo di quest'anno, forse da qualche parte in Nepal.

Congratulandosi con le forze maoiste in India per "la resistenza portata avanti con successo nei confronti dell'offensiva contro-rivoluzionaria dello stato", la conferenza ha fatto notare che "se è vero che le vittorie iniziali per controbattere a questa guerra contro i popoli, sia politicamente che militarmente, offrono migliori condizioni per i rivoluzionari, la gravità delle sfide che devono affrontare rimane."

Ricordando che il CCOMPOSA è stato costituito per unire i rivoluzionari maoisti dell'Asia meridionale - diffusi in tutta l'India, Nepal, Bhutan, Bangladesh, Sri Lanka e perifno in Afghanistan - e combattere l'egemonia espansionista indiana e l'imperialismo nella regione, la risoluzione ha chiesto loro di prendere il "potere dove è possibile, sviluppare le guerre popolari a livelli più alti, preparare e avviare la guerra popolare dove esistono i partiti e costruire partiti là dove non ci sono."

È interessante notare che la risoluzione è stata adottata sebbene il Trinamool Congress stava cercando un approccio con le forze maoiste durane la corsa alle urne nel Bengala Occidentale. Mamata Banerjee ha continuato a promettere il ritiro delle forze centrale da Jangalmahal e una possibile tregua con i maoisti nello Stato, nel caso il suo partito venisse votato ed eletto al potere.

Martedì, Banerjee ha fatto la sua prima visita a Jangalmahal come primo ministro. Ha chiesto ai maoisti di abbandonare le armi, mentre annunciava un pacchetto economico per il territorio. Il Centro, nel frattempo, ha deciso di adottare la politica dell'attesa degli sviluppi.

Ma, le forze di sicurezza qui non sono del tutto convinte che le mosse per la pace con i maoisti possa andare lontano. "L'ideologia maoista prevede la tattica delle alleanze politiche, ma questo è solo per ottenere ulteriore annientamento delle forze dello Stato .... usano il tempo di pace per riorganizzarsi e riarmarsi," ha messo in guardia un alto funzionario dei servizi di sicurezza, aggiungendo che Banerjee potrebbe comprendere subito questa strategia ed essere costretto ad puntare ancora una volta contro i maoisti.

"La descrizione dello Stato indiano come 'egemonia espansionistica' nella dichiarazione del CCOMPOSA del marzo 2011 dimostra chiaramente che i maoisti sono anti-nazionali e istigano i loro partiti fratelli in altri paesi dell'Asia meridionale a unirsi alla guerra contro lo Stato indiano" nota l'ufficiale .

È interessante notare che il governo del Bengala occidentale non ha mostrato alcuna volontà di ridurre le forze centrale, forti di 5.000 uomini, in Jangalmahal dispiegate dal precedente governo della coalizione di sinistra per le operazioni anti-maoiste.

In effetti, in una recente conferenza di DGP di nove stati colpiti dai Naxaliti, il DGP del Bengala occidentale ha cercato ulteriori forze dallo stato Centrale, ma gli è stato risposto dal ministro degli interni P. Chidambaram che le forze saranno messe in campo solo dopo aver messo in atto le infrastrutture necessarie per ospitarle.

pc 14 luglio - Dalla Fincantieri alla Fiat di Termini Imerese

13 luglio 2011 diffusione del foglio speciale fabbriche

alla Fincantieri Palermo, I° turno mattutino, tra gli operai dell'indotto in
sciopero: blocco ai cancelli dei cantieri alla notizia dell'ennesima perdita di
una commessa da 70 milioni di euro, eccetto solo 14 operai della carpenteria al
lavoro sulla «Florio» della Tirrenia, il resto degli operai sono tutti in cassa
integrazione... curiosità verso la proposta dei compagni di proletari comunisti
di lanciare la lotta affinchè la tanto discussa ristrutturazione dei bacini non
sia affidata ad appalti esterni ma alle stesse maestranze dei cantieri, imporre
con la lotta una "deroga" alle normative europee sulle gare di appalto...

alla Fiat di Termini Imerese, turno serale, operai rientrati temporaneamente
dalla cassa integrazione per una commessa lampo relativa alla produzione
temporanea di Y10, molta preoccupazione relativamente alle notizie della
chiusura anticipata della fabbrica... capannelli attorno al foglio di proletari
comunisti diffuso dai compagni

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proletari comunisti - inserto speciale fabbriche

contrattazione nazionale e rappresentanza
fiat
fincantieri
teleperformance
rete nazionale per la sicurezza sui posti lavoro
la lotta degli operai immigrati - cooperativa bergamo

per ricevere copie anche internet
ro.red@libero.it

pc 14 luglio - contro l'accordo governo-padroni-sindacati alla Marcegaglia di milano.

Mobilitazione di proletari comunisti contro l'accordo governo-padroni-sindacati sulla contrattazione alla Marcegaglia di milano.

Questa mattina con uno striscione che denuncia la natura fascista di quest'accordo, un volantino tratto dal blog di proletari comunisti che sottolinea il ruolo della cgil della Camusso e l'ultimo numero del giornale, il circolo di proletari comunisti di Milano è intervenuto nel sito milanese della presidente di Confindustria.

Pur nella difficoltà di poter interloquire, la fabbrifica è una sorta di enclave -quasi unica- rimasta in quella che era la cittadella operaia della Breda-Ansaldo-Falk e quindi gli operai entrano in macchina, gli operai si sono fermati a prendere il volantino, ad annuire con le parole d'ordine dello striscione, ad inveire contro Berlusconi. L'iniziativa è stata anche l'occasione per portare la solidarietà diretta a Osvaldo Celano, operaio e delegato Fiom espulso dalla Cgil per la sua militanza di classe che l'ha visdto sempre al fianco delle lotte e dei lavoratori al di là della loro collocazione, col quale ci si è lasciati con la necessità/promessa di unire e rafforzare le lotte e l'unità di classe

circolo proletari comunisti Milano
prolcom.mi@tiscali.it

pc 14 luglio - Omicidio di Aziz: il carabiniere non impugnava un’arma di ordinanza

Il GIP Bianchi non archivia il caso Aziz Amiri: prorogate le indagini di ulteriori 6 mesi.


Il giudice per le indagini preliminari Bianca Maria Bianchi dichiara che la richiesta di archiviazione per il caso di Aziz Amiri, avanzata dal Pm Maria Mocciaro, non può condividersi. La richiesta era basata sul fatto che secondo la Pm la ricostruzione dei militari era compatibile con i rilievi dei tecnici, e che quindi lo sparo fu una fatalità non causata dalla volontà o dalla negligenza dell’agente coinvolto e neppure da un eccesso colposo di legittima difesa.
Per il giudice Bianchi le incongruenze, segnalate dalla difesa della famiglia Amiri, necessitano di ulteriori accertamenti. Non convince il giudice nemmeno la dinamica della colluttazione che ha portato alla morte di Aziz. La posizione del carabiniere che teneva una mano sul suolo al momento dello sparo è infatti incompatibile con la traiettoria del colpo che, secondo i RIS sarebbe partito all’intreno dell’abitacolo, dall’altezza dello specchietto retrovisore. Il GIP ritiene necessario riconvocare i testimoni oculari.
La PM Mocciaro, che ha chiesto l’archiviazione, qualificava le indagini come approfondite e basate certamente su elementi concreti, il GIP deve essere stato di altro avviso se ha ordinato una proroga di 6 mesi palesando la necessità di ulteriori approfondimenti.


Aziz Amiri era un ragazzo di 18 anni e proveniva da Ben Oualik, Marocco. Come molti suoi coetanei si era trasferito all’estero in cerca di un futuro. A Bergamo da soli 43 giorni, Aziz parlava poche parole di italiano. La sera del 6 febbraio 2010 un colpo di pistola sparato dall’arma di un carabiniere lo uccide.

Per la prima volta Mohamed Amiri, il fratello di Aziz che vive in Italia da 20 anni, prende la parola al microfono di BgReport. Chiede che sia fatta luce su alcuni aspetti oscuri della vicenda ed esprime la volontà di capire come sia possibile che il fratello sia stato ucciso mentre si trovava seduto, disarmato, sul lato passeggero di un’auto e come poi il conducente sia riuscito a fuggire indisturbato.

Mohamed Amiri chiede che l’inchiesta non venga archiviata, perchè così si impedirebbe di chiarire ciò che è avvenuto quella sera.