Le motivazioni uscite ieri della sentenza del Giud. Amerigo Palma del Tribunale di Melfi, che ha accolto il ricorso della Fiat contro il reintegro dei 3 operai licenziati Sata lo scorso luglio: Giovanni Barozzino, Marco Pignatelli e Antonio Lamorte, ribaltando così la decisione a favore dei 3 operai del giud. Emilio Minio, sono ancora più assurde della sentenza stessa.
Riportiamo stralci da Il Sole 24 Ore di oggi.
Nell'articolo si scrive: “... se da un lato non è stata provata la tesi, sostenuta da Fiat del “sabotaggio”...”
Ma, se “da un lato non è stata provata la tesi del “sabotaggio”” - su cui si sono fondati i licenziamenti – per quale assurdo ragionamento giuridico sarebbe legittimo il licenziamento da parte della Fiat?
“... allo stesso modo – continua l'articolo – non ha trovato riscontro “la sussistenza di un progetto aziendale teso a reprimere l'attività sindacale colpendo uno dei propri attivisti rappresentanti... (quindi)... nessuna condotta antisindacale di Fiat contro Fiom, insomma”.
E noi insistiamo. Se non è stata provata la tesi del “sabotaggio”, quindi di una “responsabilità individuale”, se la notte tra il 6 e 7 luglio 2010 ci si trovava di fronte ad una normale e legittima iniziativa collettiva di sciopero, l'unica motivazione del licenziamento è invece proprio antisindacale! Perchè la Fiat ha voluto colpire il delegato Fiom più rappresentativo e riconosciuto dagli operai e l'altro delegato e operaio iscritto Fiom tra i più attivi sindacalmente in fabbrica, e attraverso loro ha voluto colpire il diritto di sciopero.
“Per di più – scrive il giornale - per il giudice del Lavoro Palma i tre operai non sono attendibili, si contraddicono tra loro e con se stessi nelle loro testimonianze”.
Questo è un falso! Si può dire che mai come in questo processo gli avvocati dei tre licenziati hanno portato prove, sia documentarie (tra gli altri un tabulato telefonico delle chiamate tra Giovanni Barozzino e Antonio Lamorte in cui, senza ombra di dubbio, si dimostra che al momento in cui l'azienda sostiene esserci stata la fermata dei carrelli (tra le 2,20 e le 2,30), Barozzino era a 300 metri di distanza), sia testimoniali anche di operai non iscritti Fiom; e ogni dichiarazione sia dei tre licenziati che degli altri operai coincidevano.
D'altra parte di prove ce ne potevano essere molte di più, sia di operai che di documenti, ma è stato il giudice Palma che non le ha accettate, compresa quella più eloquente: una telefonata aziendale in cui un dirigente Fiat dice che vogliono orchestrare una provocazione; così come il giudice non ha voluto fare un sopralluogo in fabbrica che avrebbe mostrato la giustezza delle affermazioni degli operai.
Le testimonianze “non attendibili” e “contraddittorie” sono invece quelle rese dai testi a difesa della Fiat, come l'indecente “testimonianza” del segretario nazionale della Fismic – mai presente alla Fiat Sata – che ha parlato in nome e per conto di un delegato fismic “che aveva paura di comparire”.
Continua l'articolo, riprendendo dalle motivazioni del giudice: “Le modalità della condotta concretamente posta in essere e la loro idoneità a scuotere irreparabilmente l'elemento fiduciario che è alla base del rapporto di lavoro portano a ritenere sussistente la proporzione della sanzione irrogata”.
Ma, vuole spiegare il giudice qual'è la “condotta posta in essere” da Giovanni, Marco e Antonio? Se non è “sabotaggio”, qual'è la condotta che avrebbe rotto la fiducia? Lo sciopero?!
Quindi, la sentenza in unità servile con la Fiat di Marchionne, dice che lo sciopero rompe la fiducia, che quindi lo sciopero è vietato nella Fiat e che quindi chi lo fa è legittimo che venga licenziato. Ora se questo lo afferma Marchionne, e non solo, copre di “valori” (la “fiducia”) i suoi sporchi interessi capitalisti, ma se lo fa uno che dovrebbe applicare la legge è da rimuovere subito perchè agisce contro la stessa Costituzione che riconosce il diritto di sciopero.
E la sentenza non tralascia nulla della sua politica filopadronale. Attacca pure i presunti atteggiamenti irriguardosi verso i “superiori” che avrebbero avuto i tre operai licenziati. “... atteggiamento irriguardoso, volto al pubblico ludibrio”.
Per cui, per questo magistratucolo da strapazzo, presunte frasi come “che, ti si è incantato il disco?”, “tu mi devi dare del lei”, non sei “nessuno per poter dire ai lavoratori che cosa devono fare”, dimostrerebbero “la grave insubordinazione e il plateale disconoscimento dei ruoli all'interno dell'azienda”.
Ora, al di là se sono vere o no queste frasi, dove sarebbe la “grave insubordinazione”? Ma le ha sentite mai, il giudice Palma, le ingiurie pesanti, che spesso diventano minacce, che normalmente i capi rivolgono agli operai e alle operaie, trattandoli come pezze da piedi, come schiavetti? Qui sì alla faccia di ogni minimo rispetto anche umano – ogni operaio potrebbe raccontare decine di questi episodi e le operaie potrebbero raccontare di come a volte alle parole offensive corrispondono anche atteggiamenti offensivi verso le donne.
Quando mai un capo è stato licenziato per aver offeso un operaio!
Ma il giud. Palma (ammesso e non concesso che riporti veramente frasi dette) non usa la legge sopra le parti, ma si schiera ancora una volta come un servo dalla parte del potere, di chi ha il comando, affermando di fatto che a fronte di questo comando gli operai non devono contare nulla, non devono neanche parlare. La sentenza ratifica una “dittatura in fabbrica”, ratifica il “fascismo padronale” Fiat.
E continua il servilismo verso l'unico interesse legittimo per il giudice Palma, quello della difesa degli interessi padronali:
“la conseguenza del “comportamento illegittimo” dei tre operai – è scritto nella motivazione – è stato il “grave danno economico subito dall'azienda (circa 15 auto non prodotte...”.
Oddio! 15 auto in meno?! Ma quando mai uno sciopero, se è vero sciopero, lascia la produzione intatta? Lo sa il giudice Palma che uno sciopero vuole dire “incrociare le braccia” e quindi fermare la produzione? O deve fare un po' di “lezioni private”?
Quindi, “per tutte queste ragioni il giudice Palma conclude che “una volta accertata l'illegittimità della condotta dei tre lavoratori e l'estraneità di essa nell'ambito dello sciopero non può ritenersi antisindacale il licenziamento dei medesimi, sotto il profilo che sia intimato soltanto a chi era sindacalmente attivo per la Fiom” - Tutto ha capito questo giudice! Anche un bambino capisce che comportamento “antisindacale” non riguarda affatto solo un'organizzazione sindacale ma i diritti individuali e collettivi sindacali dei lavoratori.
Di fatto queste motivazioni della sentenza, confermano una sola cosa: che si è voluta fare una sentenza politica, che non ha nulla di giuridico, si è voluto dare un pesante segnale.
Maurizio Landini ha parlato di sentenza “pilatesca”, più esattamente noi pensiamo si tratti di una sentenza che, a prescindere e arrampicandosi sugli specchi con evidenti passaggi contraddittori, difende l'interesse solo di una parte, quella della Fiat di Marchionne.
16.7.11
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