Circa duemila donne hanno partecipato alla due giorni di Siena. Inizialmente organizzata come Stati generali dei comitati di Se non ora quando? Si è via via trasformata quasi in una assemblea nazionale delle donne che non si sono fermate neanche di fronte alla scelta di una città non certo facile da raggiungere, che non ha tenuto conto della buona norma di scegliere, proprio per rendere più semplice e ampia possibile la partecipazione, città più facilmente raggiungibili. Anche la scelta di affidare al catering e ai ristoranti della zona il vitto e il ricorso agli alberghi, dimostra che tutt'altro che includente, nonostante questa intenzione/parola sia stata continuamente nominata, per le donne, le giovani che in migliaia e migliaia sono scese in piazza il 13 febbraio.
Anche la scelta di affidare le relazioni introduttive a delle tecniche e prevedere la passerella delle politiche andava nella direzione di essere tutt'altro che inclusive o, almeno, nel segno della trasversalità a tutti i costi intesa come trasversalità politica, come ossessivamente hanno tenuto a sottolineare come un ritornello, in maniera quasi opprimente,sopratutto subito dopo ogni intervento critico e/o che spostava il piano su altri temi rispetto a quelli proposti e sulla necessità della lotta concreta, per oscurarla .
In qualche modo anche la stessa notevole partecipazione e la determinazione a voler intervenire dal palco di tante hanno sparigliato le carte. I mass media, naturalmente, hanno riportato gli interventi delle “vip” della politica, talvolta criticati da parte della platea, anche con fischi, o commentando a voce alta, ma dal palco, sottolineati dalla platea con applausi di sostegno, sono venute forti critiche sia al senso che alla trasversalità di un movimento di donne si vuol dare, sia alla Camusso e alla sua firma dell'accordo sia agli obiettivi, contenuti e metodi, ma sopratutto la necessaria lotta contro giunte comunali, regionali che con i loro provvedimenti peggiorano fortemente le condizioni di vita delle donne né è mancata la denuncia del governo Berlusconi, contro cui un milione di donne si è mobilitato e la cui cacciata è sparita dall'agenda de “se non ora quando?”, proiettato in una “normalizzazione”, alla “normale” alternanza di governo, nell'autoesaltazione dell'obiettivo del 50 e 50 raggiunto in qualche giunta, tutto finalizzato alle prossime elezioni. Ma, più o meno esplicitamente, critiche sono venute ai contenuti/obiettivi riduttivi a cui si vuole limitare il movimento delle donne-più volte richiamato come “femminile” segno e sintomo di un ritorno all'indietro per le donne.
E allora è proprio a questi interventi che cercheremo di dar voce, come anche a piccoli, ma significativi episodi che vanno in tutt'altra direzione, che di tutt'altro parlano.
Da Reggio Calabria: dopo la presentazione del lavoro fatto dal comitato dal 13 febbraio, incentrato sulla lotta alla mafia, corruzione, collusione si è levata la critica forte alla Camusso, all' Accordo firmato e alla ricaduta che sulle lavoratrici sarà doppiamente negativo.
Il messaggio inviato da Arcilesbica è stata la prova che quando si scende in piazza, in lotta si “cambia”: in sintesi, riportando gli esempi di battaglie comuni, come la lotta per il diritto d'aborto, il divorzio, si è parlato di un'altro tipo di “trasversalità”, quello che serve: la lotta per le battaglie di civiltà, contro l'oppressione comune.
Pur non presenti è arrivata la voce delle lavoratrici Omsa, attraverso le donne faentine che le hanno sostenute invitando al boicottaggio dei marchi Omsa.
Il lucidissimo intervento di Pia Covre ha rimesso al centro la necessità della lotta contro le ordinanze repressive dei sindaci contro le prostitute.
La giovane intervenuta per la rete della conoscenza che ha ricordato le tante lotte che in questo paese hanno visto le donne in prima fila, contro la militarizzazione dei territori, la repressione e il futuro negato alle giovani generazioni.
Da Catania: no alla trasversalità che comprenda donne di destra e di sinistra, come la necessità della lotta al maschilismo.
Non è mancata la voce delle donne disabili che, in nome di un ipocrito diritto alla sessualità delle disabili ha denunciato le odiose violenze che subiscono in famiglia.
Particolarmente incisivo, preciso l'intervento di una donna immigrata che ha ben descritto, nella forma di una lettera aperta al presidente del consiglio, la condizione delle donne immigrate, con gli infortuni sul lavoro sempre crescenti, l'impossibilità per molte di denunciare le violenze che subiscono per la paura di essere riportate nei paesi d'origine, in quanto clandestine.
Da Sassari, le donne intervenute hanno voluto puntare il dito contro l'ipocrita esaltazione dei dati che vedono l'occupazione femminile nell'isola in aumento, ma si tace che si è fanalino di coda con un'occupazione del 17% nella fascia d'età tra i 15 e i 24 anni, quindi ben al di sotto della media nazionale, con le drammatiche ricadute sulla condizione delle donne sarde.
Da Venezia è stata portata la denuncia della proposta, in consiglio regionale, per l'ingresso del movimento per la vita negli ospedali.
Da Genova si è sottolineato la drammatica situazione della Fincantieri, ma anche la denuncia per la perdita di diritti dei lavoratori, che per le lavoratrici ha sempre una ricaduta più pesante.
Lidia Menapace ha voluto ricordare l'art. 1 della Costituzione, ma anche che è una repubblica nata dalla Resistenza. Di quale trasversalità si parla?
Sicuramente ci saranno sfuggiti alcuni interventi in controtendenza che non fossero la mera ripetizione della richiesta del congedo parentale paterno, la rappresentanza e le politiche di conciliazione e sopratutto il deviare il movimento delle donne in senso elettoralistico, ma alcuni piccoli episodi vogliamo riportare: le studentesse giunte da Padova e che raccoglievano interviste- e ci tenevano a sottolinearlo- nel 333 anniversario della laurea della prima donna in Italia, qual è l'importanza dell'istruzione, oggi? La donna che con decisione e determinazione viene a lasciare una sottoscrizione perchè condivide il “proletario rivoluzionario “ che legge sullo striscione del banchetto; le giovani ragazze, giunte nella tarda mattinata della domenica, rammaricate per non aver potuto seguire e ansiose di avere informazioni per poter valutare, avvicinatesi al nostro banchetto, si sono lanciate in una serie di domande secche, precise, chiedendoci esplicitamente cosa ne pensavamo della due giorni. E, infine, ma non ultimo i ciondoli con i simboli femministi e lesbici offerti da due compagne al banchetto per l'autofinanziamento, andati letteralmente a ruba, le molte richieste della nostra locandina We want sex; la stessa Pia Covre che è stata a lungo al nostro banchetto, a scambiare riflessioni, che a un certo punto non ha potuto fare a meno di dire “Brave, fate bene ad avvicinarvi a questo banchetto, è il movimento più interessante che c'è qui”.
Bene, in questa due giorni abbiamo sentito sproloquiare di nascita di un “nuovo” movimento delle donne, ma sopratutto abbiamo visto una sorta di rivalsa alla “cacciata” delle istituzionali dal palco della manifestazione contro la violenza sulle donne del 2007, una sorta di cancellazione delle pagine migliori delle lotte delle donne. Ma abbiamo anche visto una inconciliabilità con le analisi, i problemi reali, le aspirazioni che in tanti interventi sono stati espressi.
Certo è una battaglia dura, difficile, ma anche in questa occasione, in un contesto per niente facile, si è colto che si sente il bisogno di una lotta delle donne radicale, “perchè la vita deve cambiare” e che in tantissime hanno portato il 13 febbraio.
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