I Forconi romani si tingono di nero petardi della destra contro la Regione
La protesta dei “Forconi” in piazzale dei Partigiani Al debutto in piazza per
"fermare l'Italia", i "forconi" romani dribblano le etichette e non
vogliono essere classificati come un movimento di destra: "Qui c'è la
gente normale che si alza tutte le mattine e va a lavorare, non ci sono
rossi e neri", urla dal megafono un manifestante in piazza dei
Partigiani, luogo evocativo scelto come quartier generale della protesta
nella capitale.
Ma proprio un adesivo su quel megafono ne
tradisce la provenienza: "Zippo libero", c'è scritto a lettere bianche
su sfondo nero. E Zippo è Alberto Paladino, militante di CasaPound
accusato di aver aggredito 2 anni fa alcuni esponenti del Pd.
I
"fascisti del terzo millennio" appoggiano la mobilitazione che ha il suo
cuore in Sicilia e proverà a bloccare il Paese e a "invadere" Roma già
domani, in occasione del voto di fiducia al governo Letta. "Se verrà
data la fiducia - annuncia Danilo Calvani, coordinatore del movimento
- la nostra protesta rimarrà in piedi fino a che non se ne vanno. Sarà
sciopero a oltranza nelle forme pacifiche e democratiche che si
conoscono".
Nell'attesa, la giornata di ieri è filata via tutto
sommato senza particolari problemi. Unici momenti di tensione in
mattinata, prima sulla Tuscolana, all'altezza della sede della Banca
d'Italia, poi su via Cristoforo Colombo bloccata per alcuni minuti dai
militanti del "Movimento sociale europeo": "Vita, famiglia, casa e
lavoro non sono un privilegio ma un diritto.
Ci stanno rapinando
il futuro", urlano i manifestanti. Poi lanciano petardi e fumogeni
contro la sede della Regione Lazio. Il bilancio finale è di undici
persone fermate e denunciate per manifestazione non autorizzata. Tra
loro anche Giuliano Castellino, leader del Mse e volto noto della destra
romana.
Al di là di queste azioni, i manifestanti mantengono
per tutta la giornata il presidio davanti alla stazione Ostiense: i
numeri sono ridotti, appena qualche centinaio di persone tra banchetti e
volantinaggi. "I veri italiani non si fermano", "Questa Italia si
ribella e scende nelle strade", gli slogan più gettonati.
"Oggi
stiamo fermando il Paese - sottolinea Alessio Provaroni, un altro dei
coordinatori della protesta nella capitale - qui c'è l'Italia che
lavora, che produce e che mantiene la casta di parassiti. Noi li
vogliamo cacciare dal Parlamento: non ci rappresentano, devono andare
via".
Prevale soprattutto il tricolore, viene cantato l'inno di
Mameli e c'è un costante richiamo alla patria ("Io sono italiana,
l'Italia è mia", dice una manifestante). Scampato, almeno per il
momento, il temuto blocco
delle merci. "Non abbiamo notizie di disagi nel rifornimento delle
derrate alimentari e non della capitale", afferma il presidente di
Confesercenti Valter Giammaria.
E anche nei mercati, come
conferma la Confcommercio, non viene registrato nessun problema. I
presidi, però, andranno avanti anche nelle prossime ore. La speranza di
alimentarli, anche numericamente, è riposta nei social network: "Se i
rivoluzionari da Facebook si muovono cresceremo".
Mentre è impegnata nell'ennesima presa per i fondelli della
Fiom, che elemosina ancora una "rappresentanza" e una "presenza
al tavolo negoziale sul contratto", la Fiat lascia trapelare, tramite
informazioni di stampa, probabilmente per accattivarsi le simpatie dei governi
e tenere buoni i sindacati amici, notizie sui prossimi investimenti che questa
volta riguarderebbero l'Europa, dove le altre case automobilistiche sono tutte
impegnate nel lancio di nuovi modelli e addirittura la Volkswagen parla di 60
miliardi di euro da investire nei prossimi anni.
La Fiat, invece, scrive l'agenzia Bloomberg, "prevede
di investire fino a 9 miliardi di euro sui nuovi modelli e sul rinnovo degli
stabilimenti europei, per raggiungere il break even [pareggio di bilancio] in Europa
entro il 2016". Investimenti da effettuare più precisamente nell'area che
chiamano Emea, e cioè Europa, Medioriente e Africa.
Questa cifra è di molto inferiore ai 20 miliardi promessi
solo per l'Italia di qualche anno fa e sui quali avevano giurato i sindacati
confederali che hanno agevolato l'uscita della Fiat da Confindustria, la
disdetta di tutti i contratti precedenti e la creazione di un Contratto
Collettivo Specifico di Lavoro. Per i sindacati firmatari del CCSL ancora una
volta la cifra di 9 miliardi “è credibile”, ma bisogna “accelerare gli
investimenti”. Devono dire almeno questo dato che, svendendo del tutto i
diritti degli operai, avevano messo la mano sul fuoco su questi investimenti
che dovrebbero incrementare e diversificare la produzione delle auto Fiat. Infatti,
l'attuale "strategia" della Fiat "è già nota" ci ricorda
questo articolo del Sole 24 Ore del 10 dicembre e: "…si baserà da un lato
sui marchi premium [o alto di gamma, insomma di lusso] Ferrari, Maserati e Alfa
Romeo; dall'altro, per il brand Fiat, su una serie di evoluzioni dei modelli
500 e Panda (di queste ha parlato Alfredo Altavilla, responsabile del gruppo
per la regione Emea, al Salone di Francoforte)."
E come sempre " Gli obiettivi numerici sono ambiziosi:
circa un anno fa Marchionne spiegava alla comunità finanziaria che il target di
medio periodo è di riportare la produzione in Europa (compresi i veicoli
commerciali) a 2 milioni di unità rispetto agli 1,25 milioni del 2012." Ma
il giornalista che conosce i suoi polli aggiunge che "Quello che potrebbe
succedere è che, come già avvenuto più volte in passato, qualcuno dei programmi
di investimento venga rinviato. Molto dipenderà anche da come finirà la
trattativa in corso con il fondo Veba per l'acquisto del 41% di Chrysler che
spianerebbe la strada alla fusione." I soldi degli operai della Chrysler
sono la "carta segreta" di Marchionne!
Per quanto riguarda il sud dell'Italia, mentre continua ad
imperversare la cassa integrazione in tutte le forme, la situazione sarebbe la seguente:
"L'anno prossimo inizierà a Melfi la produzione della piccola Jeep e della
500X per le quali sono in corso gli investimenti. La futura Alfa Romea Giulia
dovrebbe essere costruita in Italia, con ogni probabilità a Cassino, entro il
2016; la Fiat Punto non avrà invece un'erede diretta e verrà sostituita da una
versione a cinque porte della 500, modello che sarà costruito in Polonia per
risparmiare sui costi…", ancora una volta si vuole risparmiare sui costi!
e quindi si mette oggettivamente in pericolo il posto di lavoro degli operai
del sud Italia; quindi non sarebbe servito nemmeno il Contratto Specifico con
il quale i salari si sono abbassati e i diritti degli operai quasi spariti? e a
che servirebbero gli investimenti? Sempre bugie…
Come la vecchia bugia che bisognava chiudere Termini Imerese
per questione di costi (e ricordiamo che l'anno prima Marchionne parlava di
raddoppiare la produzione!) ma se si tratta di investimenti nell'area EMEA e
l'intenzione è quella di "aggredire i mercati del mediterraneo", allora
si dovrebbe riprendere in considerazione immediatamente lo stabilimento di
Termini Imerese, ancora intatto e tenuto in perfette condizioni operative,
perché Termini è al centro del Mediterraneo, in una posizione strategica
invidiabile. Ma a leggere queste informazioni nessun investimento o programma
di rilancio sarebbe previsto per questo.
Sarà perché per fare investimenti servono soldi… infatti il
giornalista continua dicendo "Come per tutti i piani di investimento
precedenti del Lingotto, il problema è quello del finanziamento e
dell'esecuzione pratica". I soldi, si vanta Marchionne, la Fiat, cioè gli
Agnelli/Elkann, li avrebbe e ammontano a circa 25 miliardi di euro in liquidità.
Ma Marchionne glieli vuole fare risparmiare e non vede l'ora di mettere le mani
sul "tesoro" della Chrysler che consiste non solo nella liquidità
della casa ma soprattutto sui prestiti delle banche americane cui potrebbe
accedere con la garanzia del marchio, che è l'unico che continua a vendere
negli Usa e qualcosa all'estero. Come riporta la Chrysler. "Il mese di
novembre conferma il buon momento del mercato automobilistico americano in
generale e della Chrysler (controllata da Fiat) in particolare. L'azienda di
Auburn Hills ha visto le vendite di auto e veicoli commerciali leggeri
aumentare il mese scorso del 16% a 142.275 unità rispetto alle 122.565 dello
stesso periodo del 2012." Siamo a circa 1 milione e mezzo di auto l'anno
in un mercato, quello americano che ne assorbe circa 16 milioni, poca cosa.
Mentre in Europa siamo ritornati a volumi di vendita degli anni 70.
Si conferma quindi che Marchionne è poco affidabile e poco
lungimirante anche dal punto di vista industriale e suoi complici sono lo Stato
che continua a dargli soldi a fondo perduto e i sindacati confederali che con
il loro atteggiamento mettono in pericolo quotidiano i posti di lavoro di tutti
gli operai.
Nebbia in Val Padana. Forconi e polizia "familiarizzano" in Veneto
Nebbia in val padana... I
blocchi sono stamattina sempre più circoscritti a pochi snodi, ma
continuano. La Life - una associazione di autostraportatori
"federalista" - rivendica. C'è un via vai di persone, famiglie, anche
giovani. Sciopero degli studenti a Verona e sabato a Vicenza, nessuna
informazione sulla "piattaforma" di questo sciopero.
Il segretario del
sindacato di polizia Siulp, Roberto Meridio, membro di una potente
famiglia democristiana, si schiera con i manifestanti e rivendica il
fatto che i poliziotti "diano una mano" ai manifestanti, che mangino
insieme. Insomma: che "socializzino" dentro la stessa protesta.
In alcuni luoghi e momenti della giornata ci sono più polizziotti che
manifestanti. I quali, a volte soltanto in 2 o 3, bloccano rotatorie e
caselli autostradali, mentre gli altri stanno nei gazebo con poliziotti
e giornalisti.
A leggere le
cronache dei giornali nazionali e locali ieri Roma sarebbe stata invasa
da migliaia di manifestanti scesi in piazza insieme ai ‘forconi’, come
li chiamano sbrigativamente i media. In realtà i manifestanti nella
capitale anche ieri erano pochissime centinaia, e moltissimi di loro –
riconoscevano alcune delle cronache più oneste – erano militanti di
Forza Nuova e di Casapound, impegnati a dirigere una protesta
smandrappata e così qualunquista da rendere impossibile il compito anche
ai provetti camerati.
Niente marcia su Roma, quindi, e neanche folle urlanti a
Montecitorio. Ma siccome i ‘forconi’ fanno audience e mai come questa
volta i giornali hanno coccolato una protesta di piazza – sono per lo
più ambulanti, commercianti, imprenditori, “giovani italiani”, mica sono
quelli brutti sporchi e cattivi (oltre che negri!) occupanti di case! –
molte redazioni hanno pensato che occorra fornire un aiutino alla
mobilitazione. Inventando manifestazioni mai avvenute, decuplicando i
numeri della gente in piazza, e attribuendo ai ‘forconi’ anche meriti
che non hanno. E così per tutta la giornata di ieri abbiamo potuto
leggere quasi ovunque che in mattinata quelli del ‘9 dicembre’ avevano
occupato i binari dei treni nei pressi della stazione Ostiense di Roma.
“I forconi bloccano la metro B”!!! Ma non era vero.Noi di Contropiamo
l'avevamo scritto già nel pomeriggio (//www.contropiano.org/in-breve/italia/item/20886-roma-protesta-delle-lavoratri-delle-pulizie-sui-treni).
Ma abbiamo dovuto attendere ‘Gazebo’, la trasmissione serale curata
da Zoro (Diego Bianchi, per gli amici) per veder raccontare da un media
mainstream che ad occupare i binari e a bloccare per un po’ di tempo la
già disastrata metropolitana di Roma erano stati alcuni e alcune
dipendenti di una ditta di pulizie, la Platform, che intendevano
protestare contro il mancato pagamento dello stipendio. “Dovevamo
prendere lo stipendio ieri – ha raccontato alle agenzie di stampa Cinzia
Pinna, Rsu Cisl dell’azienda – sono ormai alcuni mesi che ritardano. Il
problema è la Platform, l’impresa di pulizie che ha vinto l’appalto ed è
in carica da febbraio”. “Lavoriamo senza materiale – ha aggiunto Pinna –
e quello che abbiamo non è neanche a norma. Hanno deciso di fare un
contratto di solidarietà, vogliono ridurre i lavoratori”. Ma
lavoratori e lavoratrici non hanno tenuto conto del fatto che per i
quotidiani qualsiasi cosa si stia muovendo in strada in questi giorni
non può che essere ricondotta ai ‘forconi’. Di seguito, a mo’ di
esempio, un pezzo della confusa cronaca di Repubblica, tra l’altro nella
versione già aggiustata e corretta:
“Protesta a Ostiense e blocco della metro. Intorno alle 12 i pochi
manifestanti hanno sfilato con un breve corteo fino a piazzale Ostiense.
Sono state anche bloccate per circa un'ora le linee della metro B e
della Roma-Lido, con i manifestanti di una ditta di pulizie che hanno
occupato i binari a Garbatella. Poi i treni hanno ripreso a circolare
regolarmente. Il corteo ha fatto poi ritorno in piazzale dei Partigiani,
dopo aver percorso via delle Cave Ardeatine e gridato il coro "Servi!
Servi!" rivolto alla sede Acea. Una trentina di attivisti di Casapound,
sventolando bandiere tricolori, si è unita al presidio invitando i
manifestanti a spostarsi, nei prossimo giorni, più vicini ai palazzi del
potere”. Di questo passo
anche i fedeli che domenica andranno dal Papa in Vaticano, se qualche
sparuto gruppo di camerati sarà in giro da quelle parti a sventolare il
tricolore, corrono seriamente il rischio di venire etichettati come
forconi. Siete avvertiti… anche voi potreste essere dei 'rivoluzionari
italiani'!
Provo a mettere nero su bianco quanto ho visto nelle due ore in cui
ho partecipato al presidio di protesta dei Forconi in piazzale Loreto,
nel tardo pomeriggio di mercoledì 11.
Tornando a casa dal lavoro mi ritrovo bloccato in un ingorgo in zona
Loreto. L’attesa si fa lunga, decido di parcheggiare e andare a buttare
un’occhiata al presidio più avanti.
Due/trecento persone dietro un grande striscione nero scritto a
caratteri in stile fascista, contro le banche e il governo, viene
esposto al traffico di C.so Buenos Aires bloccato: agli automobilsti che
riescono a passare uno a uno gridano “devi leggere lo striscione!”. Di
contorno qualche fumogeno, tre/quattro tricolori, un paio di troupe tv,
un pupazzo appeso a un lampione.
Il blocco è mobile, si sposta da una delle grandi arterie del rondò a
un’altra, cinque/dieci minuti e via alla prossima. Il grande striscione
è sostenuto da giovani poco più che maggiorenni, che Pasolini
chiamerebbe “ragazzi de’ borgata”. Questi giovani compongono circa il
60% dei partecipanti al presidio. Di politica, a parte pochi sparuti,
non sanno nulla.
Infatti aggirandomi tra la gente ho modo di parlare con diversi di
questi: “non siamo nè di destra nè di sinistra” e il resto del
repertorio grillino più qualunquista. Scambio qualche opinione con un
giovane alunno della scuola di giornalismo, lui poi intervista un uomo
“distinto”, decisamente fuori dal target della piazza, dato che oltre ai
ragazzi di cui sopra, il resto è fatto di quello che a prima vista
appare un ceto medio che non se la passa bene. Dopo tutta una filippica
contro i corrotti e i disonesti (solo politici, ovvio), alla domanda
“Chi ha votato in passato?” il tipo “distinto” replica accusando il
giornalista di provocarlo…
Si distinguono quattro/cinque capetti (uno ieri compariva in un video
di Torino), che vanno a prendere ordini da un paio di persone sulla
cinquantina e poi li diffondono al resto dei presenti. Questi puzzano da
lontano di fascisti, e la cosa mi verrà confermata in seguito.
Intanto il presidio, che piano piano cala di numero, si sposta
freneticamente per il rondò bloccando le strade. I ragazzi si infilano
tra le macchine e invitano con le buone le persone a scendere e unirisi a
loro. Ogni tanto scoppia qualche diverbio con gli automobilisti
incazzati, e allora interviene la polizia.
Perchè c’è anche la polizia! Abbiamo detto circa trecento
partecipanti? Beh, a fronteggiarli ben dieci (sì, dieci) agenti, senza
bardature casco manganello scudo, nessuna camionetta a vista d’occhio. E
un paio di vigili tanto per far presenza. Nel frattempo mezza Milano è
bloccata…
Alla mia domanda “Perchè non siete qui con casco e manganello?” un
giovane agente mi risponde “Ci è stato detto che sarebbe stata una
manifestazione tranquilla. Quindi non ce n’era bisogno”. Ora, io l’ho
fatta qualche manifestazione, e anche in quelle tranquille
primaduranteedopo, la polizia l’ho sempre vista bardata di tutto punto.
Boh!
Giro a lungo tra i partecipanti alla ricerca di un volantino.
Incrocio pochissimi anziani, i membri di Vox Populi al completo, qualche
nordafricano, non riconosco nemmeno un compagno. Infine me ne procuro
uno. Il ragazzo mi avverte che il volantino è valido fino a un certo
punto, dove compaiono le sigle organizzatrici della protesta a livello
nazionale (Forconi, LIFE, Cobas latte, ecc.). Loro infatti sono il
Comitato 9 dicembre e con quelli non c’entrano. Gli sfugge che il
Comitato 9 dicembre è la denominazione che raccoglie quelle sigle da cui
prende le distanze…
Chi sono queste persone? Perchè stanno occupando le piazze di mezza Italia in questi giorni? Cosa vogliono?
Non bastano due ore in un presidio per rispondere a queste domande,
posso provare a raccogliere tutti quegli elementi che ho raccolto
(chiacchiere, facce, espressioni, ecc.) , le sensazioni suscitate da
questa breve esperienza, e mettere per iscritto quello che mi frulla per
la testa.
Qui a Milano, la piazza si divide in due anime: quella
neo-fascista/ultras, preponderante in numero e muscoli (cervello
veramente poco), che trascina la seconda, minoritaria e qualunquista.
Quest’ultima, la parte spontanea e sostanzialmente a-partitica, sembra
composta da under 50 appartenenti ai ceti medio-bassi (o se preferite
piccolo-borghesi), che intravvedono in questa protesta un’occasione
innanzitutto per sfogarsi. Un modo per manifestare la propria
frustrazione, per denunciare la crisi che stanno vivendo. Lanciano un
grido d’allarme.
Il resto è lì per far casino, per godersi i propri 15 minuti di
celebrità, la pacca sulla spalla il giorno dopo al bar, la foto su
facebook, magari ci scappa un’inquadratura di sfuggita al tg. Questi
sono il braccio, le menti dettano la linea a distanza.
fin qui cose giuste.. il resto sono stronzate
Non sono conclusioni ottimistiche le mie. Evito di cadere nelle
facili sempificazioni. Non sono piazze fasciste (almeno se mi baso su
quella di Milano). Ma sono piazze dove i fascisti sono ben presenti,
camuffati, senza ostentazioni. Quelle persone spontanee, senza una
bussola, nella loro convinzione che tutti i politici facciano schifo
uguale, rischiano seriamente di essere utilizzate per fini che non sono
quelli che li hanno portati in piazza.
Per questo credo che sia necessario non sottovalutare la cosa. Anzi,
occorre approfondirla, raccogliere informazioni, appurare se come sembra
qualcuno tiri i fili di una protesta spuntata dal nulla, organizzata da
sigle sconosciute ai più, estesasi a macchia d’olio e con rapidità in
tutta Italia. Roba così non si improvvisa.
Oggi, 12 dicembre, ricorre l’anniversario della Strage di Piazza
Fontana. La madre della Strategia della tensione, con il suo corollario
di vittime innocenti, neofascisti, depistaggi, apparati dello Stato
deviati.
Non facciamo l’errore di liquidare i Forconi con un’alzata di spalle,
pensando che ci penserà qualcun’altro a porre rimedio (magari la
polizia…), ma mobilitiamoci, riprendiamoci le piazze, diamo una prova
tangibile che ci siamo. Non per difendere questo governo o questa classe
politica. Non per contrapporsi ai Forconi. Ma per pretendere dal
Governo e da chi oggi lo contesta il rispetto della Costituzione nata
dalla Resistenza. Perchè la crisi è di là da finire, la temperatura
sociale sale giorno dopo giorno, e non vorremmo mai che questa protesta
si risolvesse con una prossima stretta repressiva.
Vi invito quindi a partecipare alle manifestazioni di oggi - giovedì
12 dicembre, ore 16.00 – in Piazza Fontana, e di sabato 14, alle 14.30
in Porta Venezia. * Segretario di Circolo del Prc, Milano
ora che la polizia ha attenuato l'azione di proteggerli e favorirli
a bari sfilano in circa 50 tutti ben noti fascisti
Il corteo in centro a Bari La protesta dei forconi
raggiungere il cuore di Bari, dove una cinquantina di manifestanti si
sono radunati in piazza Prefettura, prima di partire per un corteo per
le vie del centro. I partecipanti hanno sfilato e urlato slogan, e
chiesto ai negozi di chiudere le loro attività. Al momento la situazione
è comunque tranquilla, nel pomeriggio la contromanifestazione e il
presidio antifascista.
Studenti ancora in corteo fermati otto aderenti a Askatasuna
Otto aderenti al centro sociale
Askatasuna che si erano uniti al corteo degli studenti sono stati
fermati dalla polizia in corso Inghilterra e portati in Questura. Le
accuse sono
resistenza a pubblico ufficiale, corteo non autorizzato e blocco
stradale. Il corteo stava proseguendo senza una meta precisa nel centro
di Torino, causando forti disagi al traffico. Alla manifestazione, che
si era formata in piazza Castello e si era è fermata per alcuni minuti
davanti al Municipio scandendo slogan contro la politica, si sono uniti
gruppi di antagonisti dei centri sociali. Gli studenti hanno poi
nuovamente bloccato il traffico tra piazza Statuto e corso Francia I
manifestanti hanno occupato la strada, controllati dalla polizia
municipale che sta deviando la circolazione di
auto e mezzi pubblici. Un gruppo di loro ha tentato di proseguire il
corteo in corso Inghilterra ma è stato bloccato da un cordone di
polizia. Si è creata una situazione di stallo in cui una cinquantina di
manifestanti sono rimasti bloccati tra due cordoni di polizia. I ragazzi
di fronte alla polizia continuano a urlare "giù i caschi" mentre quelli
rimasti dall'altro lato del cordone gridano "fateli uscire". E qui si
sono verificati i fermi
le cronache sono tratte da contropiano Roma. Cariche contro gli studenti che contestano Letta e Napolitano
In piazza stamattina
a Roma non c’erano “i forconi”, ma gli studenti dei collettivi. E
quindi i celerini questa volta i caschi li hanno tenuti, ed hanno
lavorato di manganello. Ripetute e violente
cariche questa mattina nella capitale contro il corteo, composto da
alcune centinaia di studenti universitari, che era stato organizzato dai
collettivi della Sapienza legati alla rete "Atenei in Rivolta" per
contestare la annunciata presenza del presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano e del primo ministro Enrico Letta ad un convegno a
proposito di "green economy". Forse perché hanno impegni più seri e
impellenti, forse per non incappare in antipatiche contestazioni, i due
vip non si sono presentati. Ma gli studenti hanno deciso giustamente di
mantenere la mobilitazione e così hanno sfilato all'interno della città
universitaria contro governo, tagli e austerity. “Le più alte cariche
dello stato vorrebbero venire a farsi riprendere dai telegiornali della
sera mentre parlano della salvaguardia dell’ambiente, per farsi
pubblicità e dare un’immagine di serenità e tranquillità” avevano
denunciato ieri i collettivi in un comunicato. “Ma l’università che
viviamo tutti giorni è ben lontana dalla tranquillità che vorrebbero
mostrarci le istituzioni di turno; è un’università messa in ginocchio da
anni di tagli e privatizzazioni; un’università-azienda terreno fertile
per i profitti e le speculazioni dei privati; un’università messa in
scacco dall’odiosa retorica del merito e dallo smantellamento del
diritto allo studio”. “Fuori
i signori dell’austerity dall’Università. Letta e Napolitano non siete i
benvenuti”, le parole d’ordine di questa giornata di mobilitazione
degli studenti della Sapienza. Che evidentemente non sono piaciute ai
tutori dell'ordine, che quando i manifestanti hanno rimosso alcune delle
transenne che blindavano gli ingressi del Rettorato - al cui interno si
svolge il convegno alla presenza di varie autorità, tra le quali l
ministri Saccomanni, Orlando, Lorenzin e Giovannini - hanno caricato
ripetutamente il corteo, mentre alcuni studenti rispondevano lanciando
uova e petardi contro la facciata dell'edificio. Non contenti, alcuni
poliziotti hanno rincorso i manifestanti e hanno continuato a
manganellarli nonostante ormai non costituissero più 'un pericolo' per i
vip riuniti a convegno. Si parla di alcuni studenti fermati - sembra
siano tre - e di parecchi feriti e contusi. I testimoni parlano di
caroselli della polizia a bordo delle jeep e dei furgoni lanciati a
forte velocità contro gli studenti che scappavano.
Nonostante
le botte il concentramento degli studenti e delle studentesse è ancora
in corso: i manifestanti affermano che non lo scioglieranno finché tutti
i fermati non saranno rilasciati. Intanto altri gruppi di studenti
hanno realizzato dei cortei interni ad alcune facoltà - Lettere e
Matematica - occupando momentaneamente alcune aule e bloccando la
didattica.
Sempre nel corso della mattinata alcuni studenti sono saliti sul
tetto della facoltà di Fisica esponendo uno striscione. Tra gli studenti
che protestano diversi specializzandi di Medicina che lamentano i tagli
alle borse di studio. «Questa è l'ennesima passerella odiosa - spiegano
- un incontro vergognoso, mentre la ricerca è asservita agli interessi
dei privati».
Ma a protestare oggi alla Sapienza non ci sono sono solo gli
studenti, ma anche i lavoratori della National Service, la ditta che ha
in gestione alcuni servizi dell'università tra cui quelli di vigilanza e
di pulizia. Il 10 dicembre scorso avrebbe dovuto tenersi un incontro
tra il direttore generale della Sapienza, Musto D'Amore, e una
delegazione del sindacato Usb, ma l'incontro fu annullato. E così per
oggi i lavoratori hanno indetto uno sciopero con presidio dalle 10 sotto
la statua della Minerva. A Napolitano la richiesta: "Presidente, siamo
ancora in una Repubblica fondata sul Lavoro?". Già un anno fa la
rappresentante dell'Usb della ditta denunciò le inadempienze del
capitolato d'appalto da parte della società, in termini di mancati
pagamenti per centinaia di euro mensili e della mancata formazione
prevista per i lavoratori.
"Prendiamone qualcuno". Le cariche all'università. Guarda il video
12 dicembre: studenti caricati anche a Milano
Un tempismo perfetto: cariche contro gli studenti a Roma, cariche
contro gli studenti a Milano. E la giornata non è ancora finita...
La breve cronaca dal sito di Radio Onda d'Urto: Oggi, 12 Dicembre, anniversario della strage fascista di Stato e
della Nato di Piazza Fontana, corteo studentesco anche a Milano. In piazza il Coordinamento dei collettivi studenteschi di Milano e
provincia, legato al Centro Sociale Cantiere, che ha mobilitato alcune
centinaia di studenti al grido di “Chi semina tensione raccoglie
sollevazione”. “Seminare paura serve a giustificare la repressione di
ogni forma di dissenso, tensione, resistenza e cambiamento” scrivono gli
studenti in un comunicato. Il corteo è terminato in Piazza Fontana. Da qui uno spezzone No
Tav composto da circa 200 persone si è diretto verso la Statale ma è
stato caricato a freddo. Ci sarebbero diversi feriti e un ragazzo è
stato portato via.
Dopo
lo sciopero delle donne del 25 novembre e l'iniziativa in piazza Immacolata a
Taranto,
ieri alla Biblioteca comunale la significativa e "dura" mostra della
bravissima fotografa "Impact Pics".
(E' in preparazione un servizio delle immagini della mostra)
La
stessa realizzazione delle foto della mostra è parte della battaglia delle
donne, della loro ribellione, di voler dire "basta" a vivere da sole le violenza
sessuali, di voler uscire dal ruolo di "vittima"; foto costruite con un lavoro
collettivo, per sbattere in faccia "ai mostri" di questa società, agli "uomini
che odiano le donne", il grido forte delle donne.
Il
prossimo anno vogliamo portare questa mostra nelle scuole, all'Università,
insieme alle studentesse che hanno fatto a Taranto lo sciopero delle donne, e
chiediamo l'appoggio delle insegnanti, delle artiste, intellettuali...
Chi
sostiene che la battaglia contro femminicidi e stupri debba essere portata
avanti soprattutto (o solo) sul campo culturale, che basti cambiare la cultura
- noi pensiamo invece che non basti affatto, perchè la violenza contro le donne
è sistemica e che la battaglia vada fatta su tutti i campi strutturali e
sovrastrutturali, a 360° - bene, ora si faccia avanti, dia un contributo; ora,
dopo lo sciopero delle donne, si deve e si può passare dalle parole ai
fatti.
Su
questo ieri l'attrice di "Teatro del Mare" ha annunciato la preparazione di una
nuova piece teatrale.
Le
ragazze del gruppo "Infernal revolution" di Statte stanno preparando per il
prossimo carnevale un carro contro i femminicidi e chiedono il nostro appoggio.
Ieri
sera, a conclusione della mostra vi è stato un momento di assemblea con la
partecipazione soprattutto di tante lavoratrici, ma anche tante ragazze, con
proiezione di foto delle lotte su tutti i terreni delle donne, delle tante
mobilitazioni a Taranto, in tante città e a livello nazionale delle compagne del
movimento femminista proletario rivoluzionario, a cui sono seguiti video sullo
sciopero delle donne del 25 novembre da Bologna, a L'Aquila a Palermo, ecc.
Mentre è in preparazione il video fatto allo sciopero delle donne di
Taranto.
Nell'assemblea
è stato detto che dopo lo sciopero delle donne, che partito come una scintilla
ha creato decine e decine di fuochi, in cui le "donne più accese" sono state sia
a Taranto, sia a livello nazionale, le operaie, le lavoratrici e la fresca
ribellione delle studentesse, dobbiamo dire "mai più"! Anche nella nostra città
uccisioni, violenze contro le donne, come la doppia violenza che viene fatta nei
processi, devono vedere la mobilitazione immediata, una risposta molto più forte
delle donne - a partire dalla prossima udienza finale al processo contro gli
stupratori di Carmela, la ragazzina di 13 anni stuprata dagli uomini e uccisa
dallo Stato (presumibilmente a gennaio) e dall'impedire che il nuovo processo
contro l'assassino di Ilaria di Statte lo faccia passare come "vittima".
Ma,
poichè i femminicidi e stupri sono la punta di iceberg più tragica e barbara
dell'intera condizione di vita e di lavoro delle donne - che trova proprio nella
nostra città uno spaccato esemplare con lavoratrici in condizioni umilianti di
lavoro, con una disoccupazione delle donne e un impoverimento che offende la
dignità delle donne e impedisce l'indipendenza delle donne, e, non ultima, con
ragazze che per avere qualche euro, devono fare anche le belle statuine, essere
guardate per il corpo, alle conferenze stampa del Sindaco - rilanciamo la lotta
delle lavoratrici, delle disoccupate (che a Taranto sono state e sono in prima
fila nelle rivolte per il lavoro, la casa, ecc.), alla luce della piattaforma
dello sciopero delle donne, che intreccia le ragioni di classe e le ragioni di
genere.
Il 12 dicembre, anniversario della strage di piazza
Fontana resta per i comunisti, gli antifascisti, i proletari
d'avanguardia una scadenza da non dimenticare: la strage di Stato,
rimasta impunita, ha segnato profondamente la storia del nostro paese.
La borghesia, il suo Stato, i suoi apparati repressivi, la sua mano nera
fascisti e servizi usarono quella strage per fermare il movimento
rivoluzionario del biennio rosso '68/'69, dimostrando che non avrebbero
usato tutte le proprie armi per impedire l'avanzata di quel movimento. Ma
il movimento comunista e rivoluzionario accettò la sfida, rispose a
quella strage sia difendendo le libertà democratiche sia cercando di
alzare il livello di organizzazione e lotta per rispondere allo Stato
borghese. L'esperienza storica di quella risposta e le
organizzazioni che ne sono state protagoniste hanno lasciato lezioni
positive e negative valide tuttora per noi comunisti e per tutti coloro
che si battono per rovesciare il potere dei padroni e il sistema del
capitale. Oggi il capitale, il suo Stato, i suoi governi, senza per
ora stragi, comunque marciano verso un regime di dittatura aperta sempre
meno mascherata dalla democrazia parlamentare. Oggi si scarica la
crisi del capitale cancellando le conquiste e i diritti dei lavoratori e
delle masse popolari conquistate con la lotta dal dopoguerra in poi, e
si tratta di diritti sociali, elementari, il salario, il lavoro, la
salute, la casa, l'acqua, l'aria. E pur di imporre la salvaguardia del
capitale finanziario e dei profitti dei padroni non esitano a usare
Stato di polizia, leggi repressive.. e alimentano nuove forme di fascismo di bande o 'popolare' per perseguire il disegno di sempre
Per
questo, anche questo 12 dicembre ci richiama all'essenziale: il potere del
capitale è sempre miseria, oppressione e repressione per i proletari; lo
Stato borghese si abbatte e non si cambia; la sola soluzione alla crisi
del capitale è la rivoluzione, e il primo passo di essa è il partito
della rivoluzione. Costruire questo partito è il modo migliore per
lottare realmente contro la crisi e per onorare tutti quei compagni che
negli anni '70 hanno pagato con il carcere e con la vita il loro
mettersi al servizio della causa proletaria, per un mondo senza crisi,
guerra e repressione e vita senza sfruttamento e oppressione, che si
chiama comunismo.
In un convegno
organizzato dalla FIOM a Bologna Susanna Camusso ha affermato che lo
sciopero generale non basta più. Siccome è difficile credere che con ciò
la segretaria della CGIL volesse annunciare il passaggio a forme di
lotta rivoluzionarie, è probabile che sia giusta la interpretazione che
ne ha voluto dare la stampa: basta con lo sciopero generale. Ma quanti
scioperi generali ha fatto la CGIL in questi ultimi anni? L'ultimo che
tutti i lavoratori ricordano con rabbia è quello di tre ore per non
fermare la riforma Fornero delle pensioni. Uno sciopero finto, fatto per
circostanza e con la chiarissima intenzione di non procurare difficoltà
al governo Monti appena insediato. Nessuno sentirà la mancanza di
lotte come questa, fatte solo per far guadagnare spazietti nei
telegiornali, lotte che i lavoratori hanno imparato a disertare. Gli
ultimi scioperi di quattro ore di CGIL CISL UIL, sparpagliati in
giornate e territori diversi, sono stati semiclandestini. È fallito
anche lo sciopero proclamato dalla FIOM in Emilia la scorsa settimana:
poche centinaia di persone in piazza a Bologna. È colpa delle
persone che non hanno più voglia di lottare? No è colpa dei gruppi
dirigenti sindacali, che proclamano lotte che servono solo a far vedere
che si esiste e che hanno la sola funzione di creare frustrazione ed
impotenza in chi le fa. Nella più grave crisi economica del
dopoguerra la CGIL vivacchia tra un convegno e l'altro, senza pensare al
conflitto vero, quello che i lavoratori son ancora disposti ad
affrontare con grande coraggio, come hanno mostrato i tranvieri di
Genova. Che questa CGIL sia ora spaventata e affascinata dalla nuova
leadership del PD è evidente e anche questo è un segno della sua
profonda crisi. Accantonato e dimenticato il goffo tentativo della SPI
di sostenere Cuperlo, ora tutto il gruppo dirigente della confederazione
spera in una legittimazione da Renzi. Il più lesto è stato Maurizio
Landini, che al convegno di Bologna si è ben guardato dal polemizzare
con la segretaria della CGIL sugli scioperi, e invece ha parlato tanto
del sindaco di Firenze. Che incontrerà nella sua città in un convegno
tempestivamente organizzato dalla FIOM locale. Tra Camusso e Landini
si è quindi aperta la gara a chi si presenti più innovativo e
corrisponda di più al messaggio delle primarie del PD. La grande
informazione ha subito colto il segnale e si prepara a misurare i
dirigenti della CGIL in termini di maggiore o minore affinità con il
renzismo. Peccato che le due principali figure della CGIL si siano
messe d'accordo di fare il congresso sulla stessa posizione, come se nel
PD non si fossero svolte le primarie e ci fosse stata una intesa
preventiva di vertice sulla composizione dei gruppi dirigenti. In
mancanza di un confronto trasparente sulla guida del principale
sindacato italiano, la contesa andrà avanti a convegni e
controconvegni, indici di gradimento, battute di corridoio.....
A tutte le realtà di
solidarietà coi prigionieri politici; alle realtà di movimento in
lotta per i diritti all’abitare-al diritto alla salute e contro la
devastazione ambientale; alle realtà antifasciste e antimperialiste;
alle organizzazioni rivoluzionarie che sostengono
l’autodeterminazione dei popoli; alle organizzazioni sindacali che
lottano contro il fascismo di padroni e governo; a tutti quelli che
hanno a cuore la sete di libertà e cambiamento, il Circolo di
Proletari Comunisti di Milano/Bergamo propone a co/promuovere un
Presidio sotto il Consolato Turco di Milano per il 19 dicembre,
raccogliendo l’appello internazionale, che, in occasione delle
stragi del 19 dicembre 2000 nelle carceri turche ha lanciato una
mobilitazione internazionalista per denunciare il vecchio e nuovo
fascismo del regime turco che continua nella repressione dei
prigionieri politici così come reprime e uccide le nuove realtà
giovanili-donne-lavoratori che sono scesi in campo nei mesi scorsi.
Noi
non dimenticheremo i prigionieri rivoluzionari che furono brutalmente
assassinati il 19 dicembre 2000 nelle prigioni in Turchia!
Nel
dicembre 2000, le forze di sicurezza dello Stato fascista turco hanno
iniziato una sanguinosa operazione contemporaneamente in 22 carceri,
che è sfociata nell'uccisione di 28 prigionieri rivoluzionari. La
direttiva di questa sanguinosa operazione è stata data dal governo
di coalizione di allora DSP, ANAP e MHP, e durante l'operazione
centinaia di prigionieri sono stati feriti. Nelle carceri come quelle
delle province di Diyarbakir, Buca, Ümraniye e Ulucanlar venne messo
in atto, dopo il 19 dicembre, il sistema di celle di Tipo-F (sistema
di isolamento) - che era stato pianificato da tanto tempo. Dal
momento della messa in funzione del sistema carcerario di Tipo-F e
fino ad oggi è continuata la repressione contro i prigionieri
rivoluzionari.
Le
prigioni di Tipo-F significano: isolamento, "rieducazione"
mentale, una politica di controllo del pensiero e della mente dei
prigionieri rivoluzionari per farli arrendere. Il sistema di Tipo-F
non era solo una politica contro le carceri ma una politica contro
l'intera società. È stato soprattutto il prodotto di una strategia
a lungo termine della politica imperialista per controllare e
sopprimere la società. Nonostante tutta l'oppressione e i massacri i
prigionieri rivoluzionari non si sono piegati al sistema di
isolamento. Anche se hanno perso diritti conquistati hanno mostrato
un atteggiamento deciso nella loro resistenza, nonostante tutte le
grandi difficoltà. Dopo la strage del 19 dicembre, 122 persone sono
morte per lo sciopero della fame fino alla morte dentro e fuori le
carceri, centinaia sono diventate disabili permanenti a causa
dell'intervento forzato.
Il
periodo delle prigioni di Tipo-F, iniziato con il massacro del 19
dicembre, continua fino ad oggi. Il governo fascista AKP da 11 anni
al potere - pratica e impone il sistema delle prigioni di Tipo-F:
isolamento, divieto di visite, divieto di libri e riviste, divieto di
lettere; i prigionieri sono sotto sorveglianza video, si attuano
trasferimenti arbitrari verso altre prigioni senza informare i
parenti o i loro avvocati e gli esuli. I prigionieri politici si
trovano ad affrontare tutti i tipi di trattamenti inumani e le
torture. Inoltre, molti prigionieri hanno ricevuto l'ergastolo da
quando l'AKP è salito al potere. Come risultato di queste politiche
oppressive e repressive, 162 prigionieri soffrono di malattie
terminali e 544 sono malati. A causa di questo trattamento arbitrario
il ministero della giustizia e le amministrazioni carcerarie stanno
bloccando i trattamenti urgenti per i prigionieri malati.
Mentre
la fame, la povertà, la miseria e la disoccupazione sono in aumento
ogni giorno nel paese, il governo AKP si fa avanti con le bugie come
il "pacchetto democratico" da imporre alla società, ma
continua con nuovi massacri. Nel 13° anniversario del massacro del
19 dicembre noi ancora una volta condanniamo le politiche fasciste,
razziste e oppressive del governo dell'AKP. Facciamo appello a tutte
le organizzazioni e istituzioni rivoluzionarie e democratiche ad
essere attivi contro la repressione nelle carceri.
Rilascio
immediato di tutti i prigionieri malati e immediato inizio delle cure
sanitarie!
Fine
delle punizioni disciplinari nelle celle!
Fine
delle torture e cure sanitarie!
Mettere
fine al sistema di celle di Tipo-F - Libertà per tutti i prigionieri
politici!
Noi
non abbiamo dimenticato e non dimenticheremo la Strage del 19
dicembre!
Marianna Madia apre il nuovo corso "renziano" in Parlamento
La verità è nei dettagli. Fra i
tanti “simboli” della conquista del Nazareno da parte di Matteo Renzi
(dalla segreteria convocata alle 7 del mattino al niet a candidare
Massimo D’Alema e Rosy Bindi alle Europee) c’è un particolare in grado
di esemplificare plasticamente il cambio degli equilibri interno al Pd
dopo le primarie: l’intervento di Marianna Madia in rappresentanza del
partito nella discussione sulla fiducia al governo Letta.
Una scelta non casuale, visto che la Madia non è l’unica deputata nella
nuova segreteria....
“Porterò la mia inesperienza in Parlamento.” Il 2 ottobre 2009 Marianna Madia era in aereo
verso il Brasile (“per accertamenti clinici”) mentre nello stesso
giorno, in Parlamento, passava lo scudo fiscale, anche per la colpevole
assenza di 22 parlamentari del PD. Marianna Madia ha le idee chiare: “Io sono cattolica praticante,
e credo che la vita la dà e la toglie Dio, noi non abbiamo diritto di
farlo […] se si parla di famiglia io penso a un uomo e una donna che si
sposano e fanno dei figli. Scegliendo per la vita.” Marianna Madia ha un
profilo Twitter dal quale difende la Cancellieri e retwitta i pensieri
di Fassino. Marianna Madia si è astenuta sull'emendamento Tabacci, che rimetteva in discussione
il finanziamento pubblico ai partiti. Marianna Madia invitava i
cittadini a votare Pdl piuttosto che M5S. Marianna Madia veste con
giacche nere e lupetti di cachemire, pantaloni dal taglio classico,
abiti di seta azzurra firmati Prada. Marianna Madia è figlia della Roma
bene. Sul terremoto in Abruzzo, Marianna Madia ha detto che “il governo e
Bertolaso stanno facendo un ottimo lavoro […] Berlusconi sta facendo
bene.” Marianna Madia è la nuova responsabile per il Lavoro e non sembra
aver lavorato neanche un giorno in vita sua. Marianna Madia forse
ancora non lo sa ma è di destra, perché ha capito che l’unico modo di
vincere le elezioni in Italia è smettere di essere di sinistra.
Al di là del
risultato “ a macchia di leopardo” della mobilitazione lanciata il 9
dicembre da una serie di sigle diverse, giornalisticamente tradotte come
“movimento dei forconi”, il risultato mediatico è stato forte.
La lettura delle poche immagini televisive provenienti da Torino ci
fa vedere un ultracinquantenne che con il braccio teso nel saluto romano
urla “viva il re” contro i poliziotti, un personaggio con una forca e
il cappio al collo che dice testualmente “andiamo, non siamo mica
comunisti qui”, tifoserie di destra scagliare pietre contro la polizia,
tante bandiere italiane che sventolano sulla testa di alcune migliaia di
persone diverse (studenti, immigrati, bottegai e commercianti,
disoccupati, camionisti, marginali).
Immagini che danno il senso di una regia sicuramente raffazzonata, ma
che ha colto nel segno: una grande metropoli del Nord è stata messa al
centro dell’attenzione mediatica, con i poliziotti che prima resistono
blandamente al lancio di mattoni e che poi si tolgono il casco in segno
di fiducia verso quella piazza. “Casualmente” la scena si ripete, in
contemporanea, in altre zone e presidi, con poliziotti, carabinieri e
guardia di finanza che baciano il popolo, si tolgono i caschi, marciano
insieme ai manifestanti. Qualcuno ricorda negli ultimi quaranta anni
scene del genere, interpretate dalle forze “dell’ordine” italiane?
La costruzione di un movimento di massa reazionario, in una fase di
così grande indeterminatezza politica del paese (un governo al servizio
dell’Unione Europea ma delegittimato dalla Corte Costituzionale, una
crisi economica profonda e in fase di ulteriore aggravamento, che
lambisce fasce sociali molto diverse) non può ovviamente maturare in
forme lineari. Il 9 dicembre ha fatto un passo, agglutinando
pericolosamente strati eterogenei di popolazione.
In questo percorso appena iniziato i soggetti politici in campo sono stati pochi.
In primis forze reazionarie e chiaramente fasciste che si sono mal
celate dietro alla costruzione del 9 dicembre.
Poi i mass media, che cavalcano la notizia diffondendo un’immagine
dei fatti che alterna preoccupazione e giustificazione di un fenomeno di
piazza che comunque “rappresenta un malessere che nel paese esiste”.
Perché telegiornali e carta stampata non usano la stessa attenzione
per le tante di mobilitazioni che quotidianamente si susseguono in ogni
angolo del paese, portate avanti dal sindacalismo di classe, da
movimenti sociali e studenteschi per la casa, il reddito, il lavoro, il
diritto allo studio, agitando parole d’ordine e obiettivi antagonisti
alle politiche del sistema capitalista e della Troika europea? Domanda
ovviamente retorica, finalizzata a esaltare ancora di più agli occhi del
lettore la potenza dello strumento informativo nel creare un’aurea di
forza e “oggettiva” legittimazione per un fenomeno ancora informe,
fomentato e organizzato da fascisti (che però durante le ore del picco
di mobilitazione, non sono mai citati, in primis nelle cronache di
RAINews24to, che ho seguito attentamente).
Infine, le forze dell’arco “costituzionale”, che non sono andate
oltre a dichiarazioni altisonanti su “ordine e sicurezza”, mentre le
loro forze di “sicurezza” si toglievano i caschi e marciavano sotto le
bandiere tricolori dei manifestanti….
......Gramsci:
“Avviene quasi sempre che a un movimento «spontaneo» delle classi
subalterne si accompagna un movimento reazionario della destra della
classe dominante, per motivi concomitanti: una crisi economica, per
esempio, determina malcontento nelle classi subalterne e movimenti
spontanei di massa da una parte, e dall’altra determina complotti dei
gruppi reazionari che approfittano dell’indebolimento obbiettivo del
governo per tentare dei colpi di Stato”.
Non è un caso che il sostegno
esplicito venga dalla Lega e da Forza Nuova. Come anche il togliersi il
casco da parte di CC, Finanza e Polizia viene giustificato come un atto
di solidarietà con i manifestanti da UGL e SIULP, apprezzato da Grillo e
dal sen. Stefano Esposito (PD) famigerato sostenitore della TAV e
fustigatore delle comunità ecoresistenti della Val di Susa.
Se
non rilanciamo la mobilitazione di classe, nei quartiere, nelle scuole,
nei posti lavoro, nella società diffusa, se a tutto ciò non seguono
alleanze di fase con settori aggrediti dalla crisi, allora le
manifestazioni partite il 9 possono trovare il consenso sociale
trasversale per una svolta reazionaria con il sostegno popolare.
Insomma, non si deve sottovalutare il fenomeno. Non è un caso che le
motivazioni, vanno dirette alla pancia della popolazione italiana. Non
scordiamoci che per anni la retorica qualunquista e la demagogia
populista, ha fatto breccia, in assenza di una organizzazione di classe e
di una forte alternativa anticapitalista.
"Le
classi medie, i piccoli industriali, il piccolo commerciante,
l'artigiano, il contadino, combattono tutte quante la borghesia per
preservare dalla rovina la loro esistenza di classi medie. Dunque, esse
non sono rivoluzionarie, ma conservatrici. Ancora peggio esse sono
reazionarie, perché cercano di riportare indietro la ruota della storia.
Se sono rivoluzionarie, è perché temono nel loro imminente passaggio
nel proletariato; in quanto essi difendono in tal modo i loro interessi
futuri, non quelli attuali; abbandonano il proprio punto di vista per
assumere quello del proletariato." K. Marx, F. Engels. Manifesto del
Partito Comunista.