Verso la 2° Conferenza del Comitato per la Liberazione dei Prigionieri Politici
14-15
dicembre, Muslim Institute, Rafi
Kidway Road, Kolkata
Status di prigionieri
politici per tutti quanti sono stati incarcerati per le loro convinzioni politiche e l’amore disinteressato per il bene del popolo!
Liberazione incondizionata di tutti i
prigionieri politici!
Abrogazione di tutte le leggi repressive, comprese cui AFSPA & UAPA!
Quelle sulle sbarre della mia cella non sono solo croste di ruggine,
Quelle scaglie sono le ferite della sospirata libertà.
--Pinpin, dalla prigione di Camp Vicente Lim, Filippine
Dalla stretta finestra della mia
piccola cella,
... vedo gli
alberi sorridermi e
Le cime affollate dalla mia famiglia.
E le finestre piangono e pregano per me.
Dalla stretta finestra della mia
piccola cella –
Posso vedere la vostra grande cella!
--Samih al Qasim - End
of a Talk with a Jailer
Ci avviciniamo alla Seconda Conferenza del CRPP a Calcutta
il 14-15 dicembre 2013, un momento significativo per la lotta per i diritti dei
prigionieri politici in particolare e della più ampia lotta per i diritti
civili e democratici per il popolo del subcontinente indiano in generale. La
situazione attuale nel subcontinente è caratterizzata da due aspetti: in primo
luogo, la crescita della miseria del popolo per gli attacchi aggressivi delle
politiche varate dai vari governi, sotto forma di liberalizzazione, privatizzazione
e globalizzazione (GPL) fin dagli anni 90 in nome dello sviluppo; in secondo
luogo, la risposta dello Stato alle crescenti istanze di protesta dei popoli
per la propria vita e sostentamento, per la dignità, per un tetto, per le loro
aspirazioni politiche, contro le politiche di bottino e il saccheggio delle
risorse del popolo. Quale che fosse il motivo delle proteste, la risposta dello
Stato è stata fondamentalmente e principalmente la repressione, armata da leggi
draconiane della peggiore specie, probabilmente nella convinzione e, quindi, politica
che il pugno di ferrò avrebbe assicurato le proteste sempre più attenuate e la
quasi totale attuazione delle già dette politiche del regime che badano più al mercato
che al popolo. Questo ha portato a sempre più casi di impunità che passano
inosservato – sempre in nome degli ‘interessi nazionali’ – e, nonostante i numeroso
interventi della Corte Suprema dell'India, nella forma di direttive alla
polizia e paramilitari, quando si tratta di gente comune, quasi nessuna
garanzia è rispettata. Livelli allarmanti di morti in carcere, di stupri e
torture sono segnalati anche dalle agenzie statali, come le commissioni per i
diritti umani. È in aumento anche la violenza sulle donne detenute o in custodia
preventiva. Inutile dire che la condizione di adivasi e dalit nelle carceri è
andata di male in peggio.
Centinaia di migliaia di persone sono dietro le sbarre.
Molti imputati trascorrono anni in carcere a causa della criminale lentezza dei
processi. Molti sono stati implicati in montature solo perché si sono rifiutati
di uscire dalla loro terra, dalle loro foreste, dai loro campi; ghetti,
colline, fiumi, per aver protestato per difendere non solo le loro terre, l’acqua,
colline e foreste, ma anche per la loro cultura, il loro modo di vita, e molti
anche per aver sognato un futuro migliore, senza sventramento delle loro
colline, inondazione delle loro foreste, devastazione delle loro terre, dove l'etica
e la bellezza della vita era nella condivisione, per dirlo con le parole del
poeta, di vivere in libertà come un albero singolo, e in fraternità come gli
alberi di una foresta. Ogni aspirazione politica e desiderio del popolo di
pensare e vivere per un mondo che assicuri loro benessere, dignità, e un futuro
nelle proprie mani è considerato dallo Stato un ‘atto di guerra’ ‘l’interesse
nazionale’. Perfino la memoria di tutte le dure lotte combattute per i loro
diritti viene calpestata. Con l’apertura di tutti i settori strategici dell'economia
agli investimenti diretti stranieri, la vita del cittadino comune nel
subcontinente indiano è esposta all’arbitrio speculativo del mercato azionario.
Ogni diritto del popolo è subordinato ai capricci speculativi del mercato
azionario. La sempre più profonda crisi economica e la proiezione del’India
come destinazione ideale dei super-profitti per il capitale speculativo ha sprofondato
sempre nella miseria e penuria tutto il popolo, nelle zone rurali come nei
ghetti urbani. In nome della crescita e dello sviluppo, sono negati non solo i
diritti fondamentali del popolo, ma anche il diritto a riunirsi, organizzare e agire
contro questa negazione delle loro libertà, cose che sono criminalizzate e
bollate come ‘atto di guerra’ contro lo Stato.
La politica e l'ideologia di questa criminalizzazione e denigrazione
hanno trovato un interlocutore ideale nella cosiddetta ‘guerra al terrorismo’ lanciata
dagli Stati Uniti. Sotto l'ombrello della ‘guerra al terrorismo’ lo Stato
indiano ha adottato una quantità esagerata di normative, in forma di leggi di
sicurezza interna, che hanno ulteriormente violentato la vita di centinaia di
migliaia di persone. Le politiche di criminalizzazione, comunitarizzazione e denigrazione
sono diventate un’arma micidiale nelle mani dello Stato indiano per dividere e dominare
il popolo, attaccando in particolare intere comunità, per stigmatizzare screditarle
e isolarle. Il resto della popolazione diventa quelli di cui ‘conquistare’ cuori
e menti devono. Ogni legge repressiva, ogni atto di impunità viene presentato al
popolo come atto legittimo dello Stato per il bene del popolo. Orientare la
percezione, grazie ai media sempre servizievoli, diventa così strumento utile
per rappresentare i bersagli della denigrazione e per fabbricare il consenso
per ogni atto di impunità dello Stato. Lo straordinario diventa normale,
l'impunità diventa la legge, la violenza strutturale diventa senso comune.
Il Centro Nazionale Antiterrorismo (NCTC), la National
Investigation Agency (NIA) e gli ampi poteri attribuiti a questi organi hanno fatto
del subcontinente indiano uno stato caserma, uno Stato penale. Musulmani,
musulmani kashmiri, Manipuri, Naga, Assamese, dalit e adivasi, bollati come
maoisti o altrimenti, hanno riempito le prigioni nel subcontinente indiano.
Diventano bersagli specifici per le loro convinzioni politiche, per l’amore per
il loro popolo, le loro azioni disinteressate per il bene della società, per il
benessere di tutti – tutti questi principi, l'etica e la sua pratica per un
mondo nuovo – sono diventati la maggiore minaccia per sicurezza interna, espressione
di disaffezione, sedizione, tradimento, e perciò ‘anti- nazionali’. Questi sono
i prigionieri politici, incarcerati per le loro convinzioni e attività
politiche tra le masse per costruire un nuovo mondo libero da ogni forma di
oppressione, sfruttamento, abuso e discriminazione. Un mondo libero da ogni
forma di violenza, sopraffazione e assassinio. Le peggiori leggi repressive mai
adottate, come la UAPA e AFSPA – come leggi di sicurezza specifiche adottate
dai diversi stati – sono spudoratamente utilizzate per incarcerare tutta questa
gente. Anche i difensori dei diritti umani che si fanno avanti per difenderli
sono presi di mira. Molti dei giornalisti onesti che hanno osato scrivere di
loro si sono guadagnati l'ira dello Stato. Neanche gli avvocati che li
rappresentano vengono risparmiati. In Jharkhand, Chhattisgarh, Orissa, Bihar,
Andhra Pradesh, West Bengal, non meno di 25.000 adivasi sono dietro le sbarre,
la maggior parte di loro accusati di essere maoisti / naxaliti. Oltre a loro,
ci sono anche centinaia di migliaia i musulmani, dalit e gente delle
nazionalità oppresse. Contro ognuno di loro pende più di un procedimento, cosi
da assicurarsi che non verranno mai fuori dalle quattro mura in cui sono
reclusi. Per le loro convinzioni politiche sono discriminati rispetto agli
altri detenuti. I cittadini anziani detenuti soffrono una discriminazione
particolare legata ai problemi di età e salute. La loro vita in prigione è
ulteriormente minacciata a causa del trattamento disumano con nessun riguardo
per la loro età e fragile costituzione. Le prigioniere politiche subiscono
condizioni più pesanti in quanto donne, figuriamoci per le loro convinzioni
politiche. La maggior parte delle carceri nel subcontinente indiano sono
sovraffollate e malsane. Le carceri indiane sono considerati tra le peggiori al
mondo. La rivendicazione del diritto a essere riconosciuti come prigionieri
politici è nella tradizione di Shaheed Bhagat Singh e compagni, che nel carcere
centrale di Lahore erano iniziarono lo sciopero della fame contro
l'amministrazione coloniale per ottenere lo status prigioniero politico. Bhagat
Singh ed i suoi compagni seguivano l’esempio del digiuno fino alla morte fatto
allora dai nazionalisti irlandesi per i loro diritti. Infatti, il digiuno fino
alla morte dei nazionalisti irlandesi avevano guadagnato 'attenzione a livello
mondiale. Nel 1970 anche i detenuti naxaliti chiesero lo status di prigionieri
politici contro l'isolamento e la tortura.
Mentre la crisi dell'economia del subcontinente indiano peggiora
di giorno in giorno, anche la condizione di prigioniero politico si va ampliando,
con diversi settori di popolo che affollano le carceri. Ciò accade in un
momento in cui la classe dirigente del subcontinente indiano cerca di spendere l'immagine
di ‘grande democrazia’ della regione, favorevole agli investimenti
internazionali. In questa situazione, la Seconda Conferenza del CRPP assume
maggiore importanza come evento decisivo per raggiungere una posizione comune
contro la crescente tendenza all’illegalità da parte dello Stato indiano, per
dimostrare oltre ogni dubbio che una vera democrazia non può disprezzare o
sopprimere le sincere aspirazioni politiche del popolo, la sua visione di un
mondo migliore, la sua determinazione ad assumere il controllo del proprio
destino, non si può trasformare il subcontinente in una prigione delle
aspirazioni del popolo per erigere una casa di vetro per pochi ricchi sfondati protetta
da una classe consumista nella fede di emulare i suoi padroni. Fin dalla sua
nascita, per aver levato la sua voce in nome dei poveri, degli oppressi e
discriminati, per dato l’immagine delle lotte del popolo così come le viveva, contro
la propaganda dominante che lo Stato vorrebbe far credere a tutti, il CRPP è
divenuto oggetto di denigrazione e criminalizzazione da parte dello Stato e dei
suoi apparati. Questa è un'ulteriore prova che le questioni sollevate dal CRPP
riflettono la volontà generale del popolo lavoratore del subcontinente e la
lotta per i diritti del prigioniero politico è indissolubilmente legata al grande
disegno di esercitare la volontà generale dei popoli del subcontinente!
Basta galere!
Lottiamo per un mondo libero dalle prigioni!
Lottiamo per un mondo libero dalle prigioni!
COMMITTEE FOR THE RELEASE OF POLITICAL
PRISONERS
Contact:
983631854 9810149990 9810081228
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