L’antifascismo permanente. Un antidoto dentro il conflitto sociale in Italia e in Europa
Sergio Cararo*Sono diventati tanti coloro che stanno cercando di riscrivere la storia del nostro paese e del nostro presente dandone una visione distorta, mistificatoria e opportunistica. Si tenta in tutti i modi di far passare il messaggio che ormai non ci devono essere più differenze, che destra e sinistra sono categorie vecchie, che fascismo e antifascismo sono ormai sorpassati.
E’ una mistificazione talvolta dolorosa con cui fanno i conti gli studenti nelle scuole o i giovani nei quartieri popolari, dove i fascisti cercando di diventare egemoni proprio facendo leva sulla inutilità di una simile contrapposizione. Poi, appena possono, gli “scappa la mano” e partono pestaggi e intimidazioni che mandano un messaggio esplicito: “Questo territorio è nostro, questa scuola è nostra” e guai a chi prova a fare altro, a proporre altri percorsi, a indicare alternative. Che i fascisti e i comunisti siano roba del passato o una estrema e vetusta polarizzazione che ha prodotto tragedie, improduttiva e senza alcuna ragione di contrapposizione, trova – ad esempio - una smentita clamorosa in un documento ufficiale degli apparati dello Stato. I servizi segreti nella loro relazione annuale del 2012 al Parlamento, dedicano una sola paginetta e mezzo ai gruppi neofascisti (di cui una dedicata ai fascisti in altri paesi europei) e ben cinque pagine ai movimenti della sinistra. Un falso senso comune parla di “opposti estremismi” ma – ad esempio – gli apparati dello Stato sembrano molto più impegnati e preoccupati di uno solo di essi: quello della sinistra.
Scorrendo la relazione annuale dei servizi segreti sulla situazione del paese, colpisce anche ad occhio il "doppio standard" applicato nell'analisi sui movimenti di sinistra e su quelli neofascisti.
Ai primi sono dedicate ben cinque pagine dettagliate, in particolare quelle sugli anarchici, ma anche e soprattutto ai movimenti sociali e ai conflitti sul lavoro e nei territori. A cominciare dai movimenti che cercando di allearsi tra loro e che si battono per il non pagamento del debito, per i beni comuni o contro la Tav in Val di Susa e il Muos in Sicilia.
Ai gruppi neofascisti invece è dedicata solo una paginetta e mezzo di cui buona parte occupata da una scheda sui neofascisti... negli altri paesi europei. Non solo. Si afferma che ormai sono orientati soprattutto nel sociale e nell’uso del web “per allargare la loro base militante”. Anche i fascisti nelle tifoserie vengono ritenuti ormai innocui. Curioso. Se i gruppi comunisti o della sinistra si occupano del sociale sono pericolosi per il sistema, se lo fanno i fascisti no. Come a dire che i fascisti in Italia non sono un problema nè un fenomeno da monitorare con attenzione.
Qualcuno dirà? Dov’è la sorpresa? Non c’è alcuna sorpresa infatti. La storia recente del nostro paese conferma che questa è stata sempre la diagnosi e la preoccupazione dei servizi segreti e degli apparati coercitivi dello Stato. Il linkage tra apparati dello Stato e fascisti è stato e rimane fortissimo, contiguo, coltivato, e – quando necessario – attivato come strumento di intimidazione e provocazione contro i movimenti e le lotte parallelo a quello ufficiale.
Non solo. Da quando i fascisti di governo sono al potere (cosa frequente negli ultimi venti anni e vigente tutt’oggi nel governo Letta), gli eredi post-moderni della Repubblica di Salò, i fascisti “militanti” si sono sentiti sempre più al sicuro e legittimati, l’attività di penetrazione dei fascisti e le aggressioni squadriste nel nostro paese si sono moltiplicate. Ma le azioni dei fascisti in doppiopetto non si limitano solo ad una legittimazione e ad una copertura politica dello squadrismo di strada.
A Roma ad esempio, le giunte locali di Alemanno e Polverini (ma potremmo parlare di Cota a Verona o della situazione a Milano e in Lombardia), hanno dimostrato in questi anni di governo di essere assai riconoscenti con i loro camerati che li hanno portati al potere ma che magari sono rimasti fuori dal banchetto. Gli hanno fatto arrivare finanziamenti pubblici, sostegno politico, coperture giudiziarie, sedi e luoghi dove svolgere attività economiche e avere così a disposizione gruppi di squadristi a tempo pieno per svolgere il “lavoro sporco” nelle strade, nelle scuole, nei quartieri.
Questo quadro dipinge esattamente un ruolo dei fascisti organico, che agisce in perfetta sinergia tra tutte le componenti della destra, in un sistema di regime dove ognuno svolge esattamente il proprio ruolo, mettendo in mano le nostre città agli squadristi da strada così come ad un potere politico locale “riconoscente” che opera in favore e in perfetta sintonia con quello economico e finanziario, anche transnazionale.
Per essere antifascisti oggi non serve andare con la memoria al ventennio del secolo scorso. L’orrore del fascismo non furono solo le leggi razziali o l’entrata in guerra come sembra indicare un devastante senso comune. Occorre per esempio avere ben chiaro l’obiettivo delle stragi degli anni ’70 e ’80, la strategia della tensione e la guerra a bassa intensità scatenata all’epoca contro i partiti di sinistra, i sindacati, i movimenti giovanili, come gli assassinii dei nostri compagni dimostrano. Lo dimostra il filo conduttore che lega quegli anni a quelli di oggi, ai “fascisti del terzo millennio” che ritroviamo sistematicamente connessi con le reti della criminalità organizzata.
I fascisti rimangono una forza d’urto che viene lasciata pascolare in pace nel mondo degli affari sporchi (dai quartieri alle curve) utilizzando anche questa leva per il controllo del territorio. Quando serve qualcuno per il “lavoro sporco”, le classi dominanti sanno dove andare a cercare e ad ottenere quello che serve. In una situazione di crisi economica, sociale, morale, politica come quella in corso, la funzione dei fascisti può trovare delle accelerazioni improvvise ma non casuali. Possono infatti essere il detonatore e gli attivisti a tempo pieno di un movimento reazionario di massa. Se c’è il vuoto politico e ideologico nella società e stenta a delinearsi un conflitto sociale come fattore di emancipazione, aggregazione, identità, indicazione di alternative, questo vuoto può essere riempito da chi ha più soldi, uomini svelti a menare le mani, slogan semplici ed efficaci. E’ per questo motivo che occorre oggi concentrarsi sul territorio e nelle scuole, nelle pieghe più incattivite dell’esclusione sociale e dagli effetti della crisi. Questo vuoto è uno spazio politico che va riempito dagli attivisti “rossi” per sottrarlo ai fascisti e trasformarlo in un progetto di emancipazione e non di regressione sociale e culturale .La relazione dei servizi segreti dimostra che gli apparati coercitivi dello Stato e delle classi dominanti lo hanno compreso benissimo. Per questo perseguitano i “rossi” e ci raccontano che i fascisti non sono un problema.
Il lavoro sporco dei fascisti del terzo millennio
Se negli anni della “guerra a bassa intensità” (la stagione delle stragi) i fascisti sono stati usati come manovalanza dagli apparati dello stato e dai servizi statunitensi in funzione anticomunista, i fascisti del “terzo millennio” come amano definirsi, sembrano aver assunto un ruolo di “cerniera” tra il lavoro sporco legale e il lavoro sporco illegale.
Il primo – quello legale - si è materializzato con l'ingresso di moltissimi fascisti in tutti i gangli interni o collaterali al PdL sia a livello locale che nazionale. Il perchè è spiegato molto chiaramente dal fascista di Terza Posizione, Marcello De Angelis in una intervista pubblicata nel recente nel libro di Nalbone e Russo Spena “I ripuliti”. De Angelis, ex direttore della rivista della destra sociale Area e adesso direttore de Il Secolo d'Italia, così spiega l'entrismo di tanti fascisti nel PdL: “Per noi Berlusconi ha avuto un ruolo strumentale. Scherzando – ma neanche troppo – un giorno spiegai ad un ex Pci, deputato alla Camera, che per noi Berlusconi è la dittatura del proletariato, quella situazione teoricamente non auspicabile ma necessaria come passaggio, come momento di transizione, per arrivare “all'anno zero”. Sulla base di questo ragionamento, abbiamo verificato come i vari gruppi fascisti si siano ricollocati dentro i gruppi consiliari, parlamentari o i consigli di amministrazione di società municipalizzate o statali in quota PdL. Altri fascisti si sono invece ricollocati a ridosso di questi ambiti istituzionali ottenendone copertura politica e cospicui finanziamenti. Con questi soldi hanno aperto sedi e circoli in tutto il paese, ma soprattutto hanno potuto assicurare un reddito a decine di attivisti a tempo pieno con i quali riempire l'agenda politica con le loro iniziative “esemplari”. Il fenomeno più emblematico è quello dei nietzscheani di destra di Casa Pound (definiti appropriatamente Cassa Pound) che hanno teorizzato e saputo praticare con una certa efficacia questo collateralismo economico ed istituzionale affiancandolo ad una estetica del gesto molto dannunziana.
Ma se i business-squadristi di Casa Pound tengono a segnare la loro discontinuità con l'attivismo neofascista dei decenni precedenti (che ci riescano è un altro conto), organizzazioni più tradizionaliste come Forza Nuova e Fiamma Tricolore, si muovono invece in piena continuità. La prima dispone di ingenti risorse economiche (sul tesoretto di Fiore & c. esiste una montagna di pubblicazioni) e questo la pone come “primus inter pares” nelle iniziative di “area” (come viene definito il milieu neofascista attivo) e nutre ambizioni politiche a livello nazionale ed europeo. La destra istituzionale “coccola” continuamente Fn come bacino elettorale e spesso gli affida il lavoro sporco nei territori. Uno degli elementi comuni è l’oltranzismo cattolico. Forza Nuova è stata fondata il 29 settembre del 1997. Il 29 settembre è Sant’Arcangelo, una figura religiosa (l’angelo con la spada celebrato come santo) che ha un ruolo iconografico importante nell’area neofascista. Il 29 settembre i fascisti di Forza Nuova festeggiano Sant’Arcangelo con queste parole : “In questo giorno, ogni militante rinnova solennemente la sua dichiarazione di fedeltà alla causa forzanovista, invocando l’intercessione potente del principe della milizia celeste San Michele Arcangelo, che la Tradizione cattolica ci presenta come colui che guida le schiere angeliche fedeli a Dio contro la ribellione di Lucifero. San Michele è, quindi, la guida celeste di quanti si schierano sotto le insegne della Santissima Trinità e combattono per difenderne ed affermarne l’ordine nella società degli uomini, contro i divulgatori di empietà; ma è anche guida ed aiuto per il combattimento che ciascuno di noi è chiamato a condurre interiormente, contro tutto ciò che deturpa la nostra dignità di uomini e di cristiani”.
La Fiamma Tricolore arranca, compete e invidia la prima e imbarca i settori più oltranzisti e ambisce a rappresentare la continuità con il Msi di Almirante. Una operazione analoga a quella de La Destra di Storace e Bontempo che conducono una campagna di logoramento sui fianchi degli ex An transitati nel PdL, e che sono sempre stati nel “cuore” di Berlusconi. Queste organizzazioni non nascondono di voler diventare il perno di un movimento reazionario di massa che possa approfittare delle conseguenze sociali della crisi economica per indicare soluzioni reazionarie di fronte allo strapotere delle banche, delle istituzioni europee e dei governi tecnici.
Il rischio di un movimento reazionario di massa
I fascisti del “terzo millennio”, così si definiscono, puntano a costruire soprattutto nelle metropoli socialmente devastate e conflittuali come Roma e Napoli o nel Meridione, un insediamento stabile per la loro presenza, così come sono riusciti a fare in questi anni in numerose città italiane di piccole o medie dimensioni (in particolare a Verona e in alcuni “cuori neri” della Toscana). Nel Nord invece soffrono la competizione e la concorrenza con il blocco reazionario della Lega,dentro la quale si sono pure riciclati parecchi fascisti in “libera uscita” e che oggi frizionano non poco con la leadership leghista (vedi Tosi a Verona). Come si spiega questa determinazione a voler mettere le mani e i piedi nelle principali aree metropolitane? Casa Pound, ad esempio, in questi anni ha varato un sistema che somiglia molto ad una sorta di franchising, aprendo in molti centri urbani di grandi e piccole dimensioni proprie sedi e coordinandone le attività a livello centrale. Una diffusione capillare che rivela l'estensione della rete nera e la consistenza degli appoggi economici, istituzionali e politici di cui gode.
Ma a cosa possono essere utili i fascisti “nel terzo millennio”? Non essendoci all'orizzonte rivoluzioni proletarie o l'Armata Rossa pronta ad abbeverare i cavalli nelle fontane di piazza San Pietro, come si spiega l'esistenza, il rafforzamento, il sostegno che ricevono i gruppi neofascisti da parte di settori non irrilevanti della borghesia italiana?
Casa Pound è in qualche modo il braccio culturale-militare principale di una rete nera a volte conflittuale e mutevole al suo interno. Lo è, perchè ha costruito un modello efficace di radicamento e penetrazione nel territorio che si fonda sulla estetica del gesto (a metà tra l'azione dannunziana e Nietzsche), occupazioni e stabilizzazione di sedi pubbliche, rastrellamento di cospicui finanziamenti pubblici o “privati” che consentono di avere gruppi di attivisti a tempo pieno, attività culturali spregiudicate e trasversali (alle quali abboccano, a volte e come cretini, anche personaggi noti nella “sinistra”). In sostanza Casa Pound sta operando e si sta candidando – anche in competizione con altre organizzazioni fasciste - ad essere il nerbo di un eventuale movimento reazionario di massa che un pezzo di borghesia italiana - travolta e indebolita dalla crisi e dalla gerarchizzazione in corso nell'Unione Europea – potrebbe voler scatenare nel paese sia contro le forze della sinistra (ritenute nemiche per storia, dna e princìpi), sia contro un altro pezzo di borghesia (come quella aggregatasi intorno al governo Monti) che punta invece ad agganciarsi al nucleo duro franco-tedesco, sacrificando non solo i diritti sociali e dei lavoratori ma anche gli interessi “nazionali” di una parte della borghesia stessa, quella più debole e inadeguata a reggere la competizione globale. Sta in questa contraddizione della crisi sistemica in corso nei paesi capitalisti europei più deboli lo spazio per un movimento reazionario di massa dentro il quale i gruppi neofascisti sembrano essere più organizzati e con maggiori potenzialità qualora la sinistra la sinistra di classe rinunci a dare battaglia a tutto campo su questo terreno decisivo.
Le due facce del “lavoro sporco”
Avere a disposizione una rete organizzata a e diffusa di uomini neri a tempo pieno, pronti a fare il lavoro sporco in tutti i sensi, capace di esercitare un minimo o un massimo di egemonia culturale sui settori sociali colpiti dalla crisi (ed in particolare tra i giovani e le classi medie penalizzate dalla crisi) è il ruolo che è stato affidato ai fascisti. Per questo vanno contrastati in ogni città e in ogni luogo, soprattutto tra i settori popolari oggi fortemente disgregati e privati di una identità di classe decisiva per scegliere una opzione di resistenza alla crisi piuttosto che una reazionaria. Lo abbiamo fatto – e a ragion dovuta – nei decenni scorsi. Dobbiamo continuare a farlo anche dentro questa fase politica caratterizzata da una crisi di civiltà del sistema capitalistico del quale – checchè ne dicano nei loro documenti – i fascisti si sono sempre rivelati alla fin fine uno strumento.
Il mosaico neofascista appare ancora frammentato e rissoso al suo interno. I tentativi di arrivare a momenti unitari sono falliti per l'aspra competizione interna ed è volata anche qualche revolverata alla gambe tra “camerati”, tanto per non smentirsi. Ma l'arruolamento e l'entrismo nel Pdl di molti fascisti, ha in qualche modo sussunto il “lavoro sporco” dentro i livelli istituzionali legalizzandolo dentro gli interstizi del sistema stesso.
Un ruolo diverso hanno invece i fascisti che devono fare da cerniera con il lavoro sporco illegale. E qui si conferma una contiguità tra fascisti e organizzazioni criminali che risale ai decenni precedenti, quando tale contiguità veniva in qualche modo sostenuta e agevolata dagli apparati dello stato impegnati nella guerra sul fronte interno contro comunisti, sindacati e intellettualità progressista.
Emblematico è quanto afferma il fascista Roberto Cavallaro (cooptato dai servizi segreti militari statunitensi e da quelli italiani ad essi collegati) nella deposizione svolta in aula nel 2010 al processo per la strage di piazza della Loggia a Brescia del 1974. Cavallaro ha rivelato ad esempio che “Con l'operazione Blue Moon si voleva promuovere la diffusione di droga per limitare la ribellione dei giovani” e che questa operazione (Blue Moon) era incentivata dai servizi segreti italiani in collaborazione con quelli statunitensi. Una affermazione inquietante ma non certo sorprendente. L'esplosione del mercato dell'eroina in Italia avviene proprio nella seconda metà degli anni '70 e gli effetti furono devastanti su moltissimi militanti e attivisti della sinistra extraparlamentare oltrechè tra i giovani dei quartieri popolari. Che i fascisti avessero un ruolo non secondario nello spaccio dell'eroina già all'epoca fu qualcosa di più che una intuizione. Due giovani militanti milanesi, Fausto e Iaio, sono stati uccisi nel marzo del 1978 proprio perchè avevano compreso e stavano investigando su questa connessione.
Ma il lavoro sporco dei fascisti non si è certo esaurito con gli arresti, le fughe all'estero negli anni Ottanta quando come tutti gli stracci vennero sacrificati dal sistema politico che li aveva utilizzati a piene mani in funzione anticomunista. Nel terzo millennio infatti i fascisti stanno mettendo a profitto le relazioni che hanno intrecciato, le coperture di cui hanno goduto e continuano a godere negli apparati dello stato ma anche le “professionalità” che hanno accumulato nel lavoro sporco in Italia e all'estero (dal Libano alla ex Jugoslavia, dalla Bolivia all'Europa dell'Est fino all'Africa). Negli anni scorsi abbiamo definito questi network come la “rete degli uomini neri”. Adesso arrivano conferme che costoro non erano solo una suggestione ma una realtà con la quale le forze progressiste e gli antifascisti del XXI Secolo devono fare i conti. Gli avvenimenti di cronaca nera degli ultimi quindici mesi possono aiutarci a capire molte cose.
I tentativi di contaminare e inquinare le iniziative antimperialiste e contro l’Unione Europea
La insistente attenzione e iniziativa dei gruppi neofascisti a sostegno della Siria in questi mesi non è una novità, è l'effetto della prevalenza di una visione tutta geopolitica che nega e disprezza una visione di classe della rottura storica in corso a livello internazionale. E' la derivazione di un certo antiamericanismo neofascista (che pure provocò duri scontri nel mondo neofascista tra i nostalgici della RSI e i pragmatici del fronte anticomunista mondiale) che ha sempre agito dentro la realtà italiana. Questa opzione è stata irrilevante quando nella sinistra agiva una visione internazionalista e antimperialista, ha guadagnato spazi (seminando e raccogliendo disorientamento e “disorientati” cronici) quando dentro la sinistra hanno prevalso l'eurocentrismo, l'equidistanza tra le ragioni degli oppressori e degli oppressi (clamoroso il caso della questione palestinese) e il pacifismo collaterale al PD. Difficile dimenticare i consensi di una parte dei movimenti pacifisti alla “guerra umanitaria” di D'Alema nel 1999 in Jugoslavia, il totale silenzio e accettazione della Nato, il sabotaggio delle manifestazioni a sostegno dei diritti dei palestinesi o i devastanti voti in Parlamento sulla missione militare in Afghanistan durante il secondo governo Prodi.
Nel mosaico neofascista agisce da sempre una componente che ha cercato di infiltrare e contaminare la mobilitazione sulle questioni internazionali. Non solo sulla Palestina (dove è più evidente la strumentalizzazione in funzione antiebraica) ma anche sul Nicaragua sandinista, sulla lotta nell'Irlanda del Nord, sull'Iraq. In realtà il “terzoposizionismo” dei fascisti svela la propria natura sulla contraddizione principale: l'Europa. La visione geopolitica dei fascisti parte del presupposto che l'egemonia statunitense (e/o israeliana) vada contrastata con l'emersione di nuovi soggetti forti, di nuove potenze che la contrastino. In tal senso l'idea dell'“Europa nazione” dei fascisti rimane l'idea del “destino comune” dei popoli europei ad emergere come potenza dominante, ispirata ai tradizionali “valori cristiani e occidentali” contro i “valori corrotti statunitensi”, il “complotto giudaico”, “l'influenza islamista” tra gli immigrati nelle metropoli europee. Dunque ogni paese che si oppone all'egemonia statunitense va sostenuto, soprattutto se in questi paesi c'è un'enclave cristiana (Iraq, Egitto, Siria) destinata a perdere l'agibilità di cui ha sempre goduto dentro regimi laici e non islamisti come appunto era l'Iraq e come sono la Siria o l'Egitto del golpe militare. Non a caso in tutti e tre i paesi, le comunità cristiane si sono sempre schierate contro gli interventi militari esterni che destabilizzavano lo status quo.
Una prevalenza della geopolitica ( dove “i nemici dei miei nemici sono miei amici”), l'evidente logoramento dell'egemonia statunitense (ai quali rimane solo l'elemento della supremazia militare, mentre sul piano ideologico ed economico annaspano con evidenza dentro la crisi in corso), il collateralismo con il Vaticano e la difesa della “cristianità minacciata” (dai jihadisti in Siria o in Egitto o dal “complotto ebraico-statunitense”), ha assicurato ai gruppi neofascisti una certa agibilità e visibilità nelle iniziative sulle varie crisi e conflitti internazionali che si susseguono dal 1991 in poi.
Uno dei terreni sui quali i fascisti in Italia (ma anche in Grecia, Francia) cercano di estendere la loro influenza, è quello dell’opposizione ai diktat dell’Unione Europea sui singoli stati nazionali.. Questa posizione ha delle basi oggettive e sociali su cui radicarsi. Buona parte del blocco sociale berlusconiano è decisamente antieuropeista perchè la riorganizzazione monopolista attuata dall’attuazione del Trattato di Maastricht in poi li ha via via marginalizzati. “Il piccolo è bello” o la greppia degli appalti pubblici, sono usciti triturati dalla nuova divisione del lavoro a livello europeo imposta dalle multinazionali. La finanziarizzazione facile dei “prenditori” che ha impoverito e distrutto gli investimenti produttivi, oggi non è più praticabile con le banche strette dai parametri imposti dalla Bce. Ragione per cui restano vuoti i capannoni e invenduti gli edifici. Inoltre le misure di austerity imposte dall’Unione Europea hanno fatto esplodere la disoccupazione di massa mentre l’introduzione dell’euro ha obiettivamente ridotto il potere d’acquisto di salari e pensioni.
Su questa base gli antieuropeisti reazionari e di destra vaneggiano sul ritorno alla lira, sulla sovranità nazionale ma auspicano poi cadono in contraddizione quando ambiscono ad una Europa come potenza politica e militare da contrapporre a Stati Uniti, Cina, Brics etc.. Ma intanto, visto che “a quelli grossi non gli possono menare” se la prendono con i piccoli che hanno a portata di mano: gli immigrati. Non solo. Cercano in tutti i modi di “contaminarsi” con le forze della sinistra per occuparne lo spazio politico. Queste opzioni parlano indubbiamente alla “pancia profonda” di una società preoccupata, rabbiosa, impoverita dalle misure imposte dalla Trojka. Declinano i problemi in chiave populista ma avanzano soluzioni arretrate, nazionaliste e reazionarie.
la parte equivoca e non condivisibile per i comunisti
irriformabile è il capitale non l'unione europea
la parola d'ordine uscire dall'europa e dall'euro
non è una parola d'ordine nè anticapitalista, nè antimperialista
Le forze antifasciste devono e possono contrastare con successo questa influenza neofascista e reazionaria non certo gingillandosi ancora con discorsi sulla riforma della Bce o dell’Unione Europea, la democratizzazione etc. ma – al contrario - facendo crescere la coscienza della irriformabilità dell'Unione Europea, e dalla consapevolezza che dentro di essa non c'è sopravvivenza sociale né democratica. Da qui nasce la proposta di rompere e di uscire con l'Unione Europea come primo passo per un cambiamento politico e sociale credibile e progressista. Questa opzione ha la possibilità di intercettare e organizzare la “pancia profonda della società” meglio di quanto possano fare la destra o gli antieuropeisti da battuta. La sfida dell'egemonia sui processi di rottura dovrebbe essere ben presente nel Dna delle forze antagoniste nella sinistra. Solo una mancanza di coraggio politico o la “paura del popolo” può inchiodarla ad una funzione di mera testimonianza.
Inutile sottolineare come proprio dal 1991 in poi – con la fine del bipolarismo Usa-Urss – si sia approfondito il totale sbandamento della sinistra sulle questioni internazionali. In primo luogo continuando ad alimentare l'illusione di una natura e funzione progressiva dell'unificazione europea - in realtà guidata dai grandi gruppi capitalisti e dal ceto politico che ne rappresenta gli interessi. In secondo luogo rendendosi subalterni al dogma della superiorità del modello eurocentrista, democratico, occidentale. In terzo luogo c'è stato ad esempio l'appiattimento sulla tesi della globalizzazione (versione moderna della tesi del superimperialismo) piuttosto che sulle contraddizioni che venivano emergendo dalla competizione globale (conflittualità interimperialista), una tesi che per anni ha impedito di cogliere la tendenza delle contraddizioni e della crisi In quarto luogo perdendo completamente di vista una analisi dei settori sociali e delle soggettività che spingono il processo storico sulla strada dell'emancipazione piuttosto che su quella della conservazione o della regressione. Emblematici gli schematismi e le sbandate nella lettura dell'Islam politico.
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