domenica 8 dicembre 2013

pc 8 dicembre - FIOM E RSU ILVA: L'ACCUSA DELLA RETE 28 APRILE

Riportiamo sotto un commento/bilancio fatto dalla Rete 28 aprile sul crollo della Fiom alle recenti elezioni all'Ilva di Taranto, attualmente la più grande fabbrica del paese. 
Prima ricordiamo la breve analisi fatta dallo Slai cobas per il sindacato di classe di Taranto nel primo commento ai risultati delle votazioni: 

"...3) La Fiom è crollata e deve dare la colpa solo a sé stessa perchè:
- non è stata in tutta la vicenda né carne né pesce sia a livello locale che nazionale;
- ha contrastato negli anni i delegati più radicali fino alla fuoriuscita o espulsione (Rizzo oggi Usb, Ranieri e Battista oggi Liberi e pensanti, ecc.) e ora si lamenta delle “lacerazioni interne”;
- è stato il “principale alleato” dell'azienda (come ha detto Vendola) per fare dell'Ilva una della fabbriche più arretrate a livello nazionale dal punto di vista della lotta di classe e del contrasto fino al 2 agosto, ma agendo sempre in unità e alla coda di Fim e Uilm; a parole differente da Uilm e Fim sulla questione magistratura, difesa aziendalista dell'Ilva, nei fatti, nella quotidianità alla coda di questi sindacati; la Fiom poi non ha quel potere in fabbrica che per esempio invece permette alla Uilm di avere un ruolo verso i problemi quotidiani degli operai, mentre la Fim ha un potere “occulto” che le intercettazioni stanno rendendo palese - sembra Archinà il segretario reale della Cisl che detta e concorda ogni decisione importante, perfino quella di chi è meglio che sia segretario...
- la Fiom locale ha un personale dirigente di burocrati catapultati a Taranto - da Rappa dalla Sicilia all'odierno oscuro Stefanelli dal regionale, personaggi sconosciuti agli operai e ben presto squalificati e manifestamente incapaci; delegati onesti ma di scarso attivismo e scarsa presa, che hanno trovato nella linea Fiom la giustificazione per non far nessuna battaglia.
Né è andata meglio quando Landini si è occupato dell'Ilva, non facendo nulla ma attaccando ferocemente gli operai che si erano ribellati il 2 agosto, o con la CGIL provinciale, il cui segretario Gino D'Isabella è nella intercettazioni come dialogante, e forse più, con il faccendiere Archinà...". 


La Rete 28 aprile mette sottoaccusa il ruolo nell'Ilva della Fiom

12.2013 - ILVA E VIRGOLA di Sergio Bellavita

Nell'agosto del 2012 davanti alla pesante contestazione da parte di centinaia di lavoratori dell'Ilva di taranto del comizio di Cgil Cisl Uil, mi permisi di invitare ad una riflessione profonda il sindacato e a non sottovalutare quel segnale. Quell' invito venne liquidato da Landini, dalla segreteria di Taranto e dalla maggioranza del gruppo dirigente Fiom come un regalo a teppisti da stadio e delinquenti comuni e divenne parte del processo che di li a pochi mesi opero' la mia destituzione da segretario nazionale con la rottura  della maggioranza congressuale che aveva retto la Fiom dal 2002.  Si e' incaricato  il voto degli operai Ilva della scorsa settimana di mostrare quale fosse  la reale portata di quel segnale.
Oggi gran parte del gruppo dirigente che ha gestito negli ultimi tre anni l'acciaieria di Taranto, a partire dal segretario Landini, ammette la sconfitta e non potrebbe essere diversamente. Tuttavia  per la fiom
 il risultato delle elezioni rsu all'Ilva di Taranto non e' solo una semplice, per quanto dura, sconfitta in un rinnovo della rappresentanza sindacale di fabbrica. Non e' un infortunio, un evento che può essere circoscritto a un territorio o a un settore.
Se per l'Usb e il sindacalismo di base il risultato dell'Ilva e' una vittoria senza precedenti nel settore metalmeccanico privato, per la Fiom e' il primo vero pesante crollo di consenso tra gli operai negli ultimi vent'anni e come tale ha un valore generale. Ciò accade a tre anni di distanza dal referendum di Mirafiori, da quel no della Fiom a Marchionne che, su Pomigliano e quella resistenza operaia, aveva costruito la straordinaria manifestazione del 16 ottobre 2010 conquistando un consenso tra i lavoratori che andava ben al di la' dei metalmeccanici. E' quindi in questi tre anni di storia sindacale e politica che vanno ricercate le ragioni di una debacle di  tali dimensioni.
La Fiom non e' sconfitta  in quanto incompresa e persino contrastata da un sottoproletariato, anch'esso parte del sistema clientelare costruito dai Riva a suon di milioni di euro, che non  ha riconosciuto la radicalità e determinazione del sindacato, ipotesi a cui qualche dirigente allude. Un'idea alquanto bizzarra che auto assolve i gruppi dirigenti e che  prevede come unica soluzione la sostituzione degli operai... La Fiom e' sconfitta perchè vissuta dai lavoratori come parte del palazzo, parte di un teatrino della politica ormai logoro e privo di ogni credibilità, specie quando il teatrino e' condito dalla pubblicazione delle intercettazioni telefoniche che palesano il consociativismo della sinistra politica e sociale cortigiana. Si paga il prezzo dell'accettazione della Fiom dei tanti provvedimenti dei governi a difesa degli interessi dei Riva contro i magistrati,  che, per l'acciaio e non solo, hanno derogato al diritto alla salute dei lavoratori e della popolazione consentendo di continuare a produrre, inquinare e uccidere.
Dialoganti con i governi e i potentati ma durissimi nella gestione della vita interna all'organizzazione, sino al punto da cancellare, destituire parte di  delegati e iscritti  Fiom all'Ilva. In una vicenda certamente complessa, delicata e tutt'altro che trasparente che, ho gia' avuto modo di richiedere nelle sedi formali, andrebbe indagata con una commissione interna, allo scopo di rendere evidente, una volta per tutte, al comitato centrale della Fiom quanto accaduto a Taranto. Quello che sappiamo con certezza e' che c'e' stato un grande consenso dei  lavoratori ai delegati cacciati dalla Fiom e oggi raccolti sotto le bandiere dell'Usb, un'organizzazione che nell'ultimo anno a Taranto ha sostenuto scioperi anche a oltranza, proteste e manifestazioni per il diritto alla salute, alla sicurezza, al lavoro, rivendicando l'esproprio ai Riva dell'Ilva senza demonizzare la questione del reddito.
Quello che sappiamo con certezza e' che la parte cacciata e' stata considerata per anni il riferimento di fabbrica della Fiom,
il volto barricadero all'Ilva che ha subito licenziamenti, provvedimenti disciplinari e mobbing da parte dell'azienda.
Se questo e' il quadro, non e' difficile capire le ragioni del tracollo di consensi tra gli operai e il travaso di voti dalla Fiom all'Usb.
Quando un'organizzazione si mostra cosi slegata dalla citta', cosi incapace di misurarsi  con la inevitabile complessita' e contradditorieta' di quel rapporto citta' fabbrica, quando i proclami di un nuovo modello di sviluppo si infrangono sulle polveri di un'acciaieria il risultato e' certo. Proprio per queste ragioni il voto Ilva assume un carattere generale. In un quella che poteva essere una vertenza esemplare su salute, ambiente, diritto al lavoro e al reddito, contrasto alle politiche del Governo, nuovo intervento pubblico in economia, denuncia del malaffare padronale e del suo vasto sistema di corruzione la Fiom e' mancata clamorosamente o peggio e' apparsa complice.
La sostanza e' che siamo di fronte al primo esplosivo segnale del mesto rientro della maggioranza del gruppo dirigente Fiom in quella normalità "confederale" che e' esattamente la negazione di 15 anni di battaglie dentro e fuori la Cgil.
Anche chi non e' addentro ai tecnicismi sindacali comprende senza difficoltà che le parole e le azioni della Fiom di Genova 2001, dei 21 giorni di Melfi, delle lotte per il contratto nazionale, della battaglia contro il protocollo del welfare nel 2007, dell'alterita' alla deriva Cgil consacrata in due congressi su posizioni alternative e cementata da una pratica contrattuale coerente sono ben altra cosa di quelle che accompagnano l'abbraccio all'accordo del 28 giugno che accoglie le deroghe e di quello all'accordo del 31 maggio che cancella le libertà sindacali.
I nodi prima o poi vengono al pettine. Il ripetuto utilizzo dell'orgoglio operaio del no a Pomigliano e Mirafiori di tre anni fa non paga più per la semplice ragione che parla di un ricordo appunto, non dell'attualità, non di una pratica che ancora tenta di rispondere alla condizione dei lavoratori in una fase difficilissima. Il ricordo di una radicalità e di una determinazione oggi sacrificata al pragmatismo, alla responsabilità ed al realismo rassegnato dei gruppi dirigenti. Con il voto Ilva e il rientro nella maggioranza Cgil al congresso si certifica la chiusura della lunga stagione Fiom che, dal 1996 al 2011,
seppur in maniera contraddittoria, ha segnato la storia sindacale di questo paese impedendo la normalizzazione del quadro sindacale e la corporativizzazione del sistema puntando su democrazia,indipendenza e conflitto.
Emendare il documento Camusso e' apporre una qualche virgola a un testo che rivendica la bonta' della propria linea sindacale di questi anni. Guarda caso quella che ha consentito la distruzione del sistema di protezione sociale senza colpo ferire. Virgole significative certo, ma pur sempre virgole. Il sindacato e' un'altra cosa. 
[www.rete28aprile.it]


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