sabato 14 gennaio 2012

pc 14 gennaio - Disoccupati salernitani occupano Duomo

comunicato/volantino del movimento
al Prefetto, al Presidente della Provincia, al Sindaco di Salerno!

Difendere la dignità umana! Per non andare, per non tornare in galera! Per garantire un futuro migliore per noi e i nostri figli! Verità e Giustizia per i Corsisti Salernitani del Progetto Conoscenza e Lavoro!
La vertenza dei disoccupati dell’ex progetto conoscenza e lavoro deve avere la stessa priorità delle altre vertenze che vedono protagonisti i precari e interinali impiegati nelle varie società miste/bacino.

Neanche uno dei disoccupati dell’ex progetto, seppure formato e specializzato, ha avuto il piacere di effettuare almeno un’ora di lavoro né nelle Società Miste né in altri ambienti lavorativi salernitani.

Al danno derivato dai vari processi, denunce ed intimidazioni per acquisire e reclamare il diritto al lavoro e al reddito si aggiunge anche la beffa che i disoccupati di Salerno non vedranno neanche un euro del Piano Regionale per il Lavoro destinato alle imprese disposte ad assumere gli stessi, in quanto, a marzo i fondi saranno esauriti perché erogati in tutte le provincie e città della Regione Campania tranne che a Salerno. Sono quasi 3 anni che il Movimento dei Disoccupati dell’ex Progetto Conoscenza e Lavoro chiede, reclama giustizia!!!

Sono quasi 3 anni che il Movimento si rivolge ai rappresentanti delle principali istituzioni ed enti della nostra città.

Come è possibile che, a quasi 3 anni dal termine della prima parte del Progetto e dopo aver effettuato 400 ore di formazione, ottenuto un attestato di qualifica e dopo aver sostenuto un esame difronte le commissioni regionali, nessuno ha spiegato perché non è stato completato il percorso d’inserimento lavorativo con le Work Experience in azienda, come da Decreto (Burc n.51 del 24/09/2007) e da decreto dirigenziale (A.G.C. 17 del 30/11/2009).

Che fine hanno fatto i 2.500.000 di euro dei Fondi Europei 2007/2013 (Burc n.51 del 24/09/2007) destinati a completare il percorso formativo con le Work Experience in azienda?

Perché sulla nostra denuncia (pubblica e su carta) di avvenuta “distrazione dei fondi pubblici europei destinati ai corsisti salernitani” ipotesi avvalorata anche dall’Assessorato al Lavoro della Provincia di Salerno (giunta Cirielli), che affermava addirittura la sparizione ed il furto dei Fondi Europei destinati al progetto; la Procura della Repubblica di Salerno che ha ricevuto la denuncia (ai sensi di legge sulla trasparenza 241/90) non ha preso nessun provvedimento?

Sono quasi 2 anni, anche con la nuova giunta regionale Caldoro/Nappi, che il movimento chiede ai principali rappresentanti delle istituzioni di utilizzare i fondi del Piano Regionale per il Lavoro. Questi fondi sono ad esaurimento (Marzo 2012) e, mentre a Napoli e Provincia sono più di un migliaio le imprese che hanno aderito, nella città di Salerno neanche una, con la conseguenza che, come al solito, la nostra città resta fuori da ogni tipo di finanziamento europeo.

I nostri appelli cadono nel vuoto, come se a Salerno il problema lavoro/reddito non esistesse. Anche quando si tratta di utilizzare fondi europei destinati all’occupazione, così da permettere alle imprese/cooperative di assumere senza spendere un euro per occupare questa mano d’opera disponibile per lavori legati al riassetto idrogeologico per la difesa del territorio salernitano, nell’ambito della prevenzione, per evitare sciagure e disastri.

Un esempio di impiego può essere quello legato agli interventi in difesa e per il ripascimento del litorale del Golfo di Salerno, tra la foce del fiume Picentino e Torre San Marco, lavori per un importo di 70 milioni di euro.
Basterebbe solo un po di buon senso e responsabilità da parte delle Istituzioni per affrontare le varie emergenze, da quella ambientale a quelle storiche – emergenze abitative, lavoro/reddito, sociali e sanitarie! Basterebbe solo un po di buon senso da parte degli Enti Pubblici che, nella riduzione dei danni provocati dalle varie manovre finanziarie scellerate, potrebbero utilizzare i fondi del Piano Regionale per il Lavoro che giacciono a Napoli e che rischiano non solo di sparire ma di essere destinati magari nei bacini elettorali delle forze politiche che governano la regione Campania e le province.

pc 14 gennaio - La FIAT sta avvelenando 500 lavoratori - denuncia dello slai cobas alfa arese

Alfa Romeo di Arese: La FIAT sta avvelenando 500 lavoratori
Oggi lo Slai Cobas ha presentato un esposto penale alla Procura di Milano e ai CC contro la FIAT denunciando che 500 lavoratori del palazzo del Centro Tecnico FIAT sono a rischio avvelenamento perchè i fumi delle caldaie entrano direttamente nelle prese d'aria dell'impianto di condizionamento e dei ricambi d'aria di tutto il palazzo e di tutti i 5 piani.

Fino all'altro ieri il Centro Tecnico della FIAT era ad emissioni zero, essendo teleriscaldato con servizio fornito dalla centrale termica dell'Alfa.
Ma ora la FIAT, dato anche che vuole vendere il Centro Tecnico, ha deciso di avere un impianto di riscaldamento autonomo ed ha impiantato delle nuove caldaie a metano.

I camini dai quali fuoriescono i fumi delle caldaie (SCO, NOX, CO2, ecc..) sono quasi allo stesso livello delle prese d'aria dell'impianto di condizionamento. La situazione è intollerabile in condizioni climatiche normali; quando c'è bassa pressione o quando i venti vanno in particolari direzioni la situazione diventa drammatica come si può chiaramente vedere da un filmato dello Slai Cobas.

All'interno del Centro Tecnico lavorano circa 500 persone, in maggior parte del call center FIAT, oltre che di altre aziende FIAT e collegate (impiegati, mensa, pulizia, sirio, ecc..), lì è ubicata la mensa e sempre lì vi sono gli uffici ove almeno una volta al mese si devono recare gli ultimi 140 cassintegrati.

La FIAT ad Arese è oggi ufficialmente proprietaria di 200mila mq dell'area (centro tecnico, museo, centro direzionale e area limitrofa).

Da qualche mese la FIAT si è insediata nei 300mila mq dell'area del SILOS di Arese Automotive.
La FIAT inoltre, secondo LaRepubblica, controlla anche tutta l'area ABP (AIG-); 260mila mq di questa area sono stati venduti a fine anno dalla immobiliare della famiglia Agnelli, Cushman & Wakefield, alla società TEA, come da nostro comunicato qui sotto allegato del giorno 12 gennaio 2012 scorso.

E un uomo Fiat, Luigi Arnaudo, comanda in tutte le altre società (Brunelli ed
EUROMILANO) proprietarie dell'area di Arese.

Arese, 14 gennaio 2012

Slai Cobas Alfa Romeo

pc 14 gennaio - AL C.A.R.A. DI BARI: POI NON PIANGETE SE C'E' UNA NUOVA RIVOLTA

Al Centro di "accoglienza" degli immigrati di Bari, la repressione c'è stata e continua, in maniera pesantissima, con prime gravi condanne contro gli immigrati che ad agosto si sono ribellati e hanno fatto una rivolta per essere visibili e chiedere i loro diritti; ma invece nessun intervento vi è stato a difesa delle condizioni degli immigrati e delle loro richieste di permesso di soggiorno.
Questo centro, come altre strutture che dovrebbero essere temporanee per gli immigrati, è un vero e proprio CIE.
In queste condizioni una nuova rivolta non può che essere giusta, legittima e inevitabile!


Riportiamo dalla Gazzetta del Mezzogiorno di oggi:

"la situazione del Cara è invece peggiorata. È il Cara di sempre. Forse peggiore rispetto a quello lasciato prima della rivolta di agosto e prima della circolare-bavaglio di Maroni che ha inibito l’accesso ai giornalisti. I segni della battaglia dei binari che a metà estate paralizzò Bari sono ancora visibili: «moduli abitativi» bruciati e mai più riattati.

Una famiglia camerunense è censita per metà. Manca la bimba di poco più di un anno. Non c’è nell’elenco che ogni giorno, gli operatori del Centro d’accoglienza per richiedenti asilo, i lucani dell’«Auxilium», stilano. La piccola è un fatasma per gli «imprenditori dell’accoglienza» che, pure, ai numeri tengono eccome: non figura tra i 1.199 del Cara che scoppia e che in punta di legge ne dovrebbe ospitare meno della metà. Ma il nuovo appalto di gestione è stato vinto con un ribasso pari a 24 euro e 60 per ogni «ospite» al giorno: più ne sono, più i guadagni sono alti e le spese ammortizzate. Se si scende di numero, i professionisti dell’aiuto non fanno più business.

Faoruk aspetta un po’ prima di raccontare: «Sono del Dafour, conoscono tutti che cosa succede lì, nel Sud Sudan. Sono dovuto andare via e come tanti e mi sono rifugiato in Libia. Ma la vostra Commissione ha dato esito negativo alla mia richiesta di asilo. Non è vero che è stato considerato il Paese di origine, tutti sanno che inferno c’è nel Sud Sudan».

Due nigeriani precedono una donna incinta e s’affrettano a chiamarla: il pancione che una maglietta di cotone rosso leggero copre appena, non sfugge. «Non ha avuto il permesso di soggiorno», dice uno dei due, quello con una busta di plastica riempita di farina doppio zero, latte e polveri piccanti che assicurano la cena in «casa». L’altro nigeriano si toglie la corona del rosario che aveva al collo e alza la voce: «Mi hanno dato esito negativo, ma io non posso tornare da nessuna parte, ho perso la mia famiglia in mare, durante la traversata per Lampedusa».
Un 24enne senegalese esce dal modulo di un amico afgano e invita a entrare: otto persone in neanche quattro metri quadrati. E così ovunque. «È vero, vengo dal Senegal, ma ci sono problemi pure lì, hanno ammazzato tutta la mia famiglia. Se torno sono morto».

Il resto delle voci del Cara tornato «libero» alla stampa è una sequela di storture. Le solite. Menù in cui abbonda solo la pasta, indumenti forniti una volta ogni tre-cinque mesi. Fortuna che il pocket money (2 euro e 50) al giorno è distribuito: il clima si è rasserenato. Difficile andare avanti per mesi interi con l’acqua della docce che non è mai calda, uno shampoo al mese e un kit di indumenti che non viene quasi mai rinnovato..."

venerdì 13 gennaio 2012

pc 14 gennaio - Dal Molin: la base militare di Vicenza sempre più al centro degli interessi dell'imperialismo USA



USA. Panetta, ‘in Europa lasceremo solo 2 brigate di combattimento’ (di cui una a Vicenza)

gen 13th, 2012
Adnkronos/Washington Post, 13 gen 12 –

L’amministrazione Obama ha deciso di rimuovere due della quattro brigate dell’Esercito rimaste in Europa, nell’ambito dei risparmi varati al Pentagono per tagliare 487 miliardi di dollari dal budget della Difesa nei prossimi 10 anni. E’ quanto ha confermato Leon Panetta, sottolineando che gli Stati Uniti manterranno una forte presenza nella regione attraverso la rotazione delle unita’. “Nei colloqui che stiamo avendo con gli europei, abbiamo chiarito che vi sara’ una presenza a rotazione per condurre le esercitazioni”, ha detto il capo del Pentagono, intervistato a Fort Bliss, in Texas. “In realta’ – ha poi aggiunto – vederanno piu’ americani nell’ambito della nuova strategia, perche’ le brigate che erano li’ in effetti combattono in Afghanistan e quindi non ci sono. Quello che avremo saranno due brigate piu’ una piu’ larga presenza a rotazione”. Secondo quanto riporta il New York Times, gli Stati Uniti ritireranno un’altra brigata di combattimento dalla Germania, mossa che rientra nella nuova strategia che ha spostato il focus delle operazioni nella zona dell’Asia-Pacifico. Gia’ nel 2004, l’amministrazione Bush aveva ordinato che il numero delle brigate di combattimento in Europa fossero ridotte a due, ma lo scorso anno l’amministrazione Obama aveva stabilito di mantenerne tre. Ora invece e’ tornata sui suoi passi ed ha deciso di lasciarne solo una in Germania ed una in Italia, la 173esima Brigata Aviotrasportata di stanza a Vicenza. La riduzione delle forze militari statunitensi in Europa e’ destinata a preoccupare gli europei – sottolinea il Washington Post – che “temono che una minore presenza americana rifletti una diminuzione di interesse nella partnership Usa-Nato in Europa”. Il taglio delle brigate rientra poi nel piano del Pentagono di ridurre l’Esercito dalle attuali 560mila unita’ a 490mila, come richiesto dalla nuova strategia di difesa che richiede forze piu’ piccole, piu’ veloci ed agili, oltre che a puntare al gia’ citato spostamento del focus nella regione asiatica per controbilanciare una Cina super attiva che sta investendo in sottomarini, caccia e missili di precisione. Il taglio delle due brigate portera’ ad una riduzione di circa 10mila-15mila soldati degli 80mila attualmente presenti, in tutti i servizi, in Europa, e l’amministrazione Obama, sottolinea ancora il Post, avrebbe scelto questa opzione perche’ destinata a generare minori proteste al Congresso di tagli di basi militari negli Stati Uniti, con i conseguenti problemi per l’economie di indotto che si sviluppano intorno alle basi. Panetta ha naturalmente insistito sugli aspetti strategici, e non quelli di necessita’ di risparmio economico, della decisione: “se possiamo dispiegare queste innovative presenze a rotazioni ovunque, saremo nella posizione di coprire di fatto non solo arere su cui abbiamo un’attenzione cruciale – il Pacifico e il Medio Oriente – ma copriremo il mondo”, ha detto illustrando ancora la nuova strategia. In quest’ottica, ha detto ancora Panetta, il Pentagono si prepara ad inviare unita’ dell’Esercito in aree dell’America Latina e dell’Africa per esercitazioni militari, missioni finora condotte dai Marine Corps e dalle Army Special Forces.


pc 13 gennaio - da Napoli una denuncia ... peggiora la repressione

Sotto la giunta De Magistris e il governatore della casa del fascio Caldoro è peggiorato il clima di repressione contro i precari “Bros” e i movimenti di lotta per il lavoro
Inserito il 13 gennaio 2012 alle ore 13:39 da BROS UNO DI VOI!!!!!!
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Con un provvedimento importante sia giuridicamente che politicamente, il Tribunale di Napoli ha rigettato la proposta dell’ex questore Giuffrè di applicazione della misura di prevenzione personale nei confronti di uno dei delegati storici dei disoccupati, Salvatore Landolfi, chiudendo, di fatto, un primo capitolo della gravissima ondata repressiva di stampo neofascista che ha letteralmente cercato di distruggere o quantomeno intimidire i precari “Bros” e i movimenti di lotta per il lavoro in generale, ma soprattutto gli esponenti più rappresentativi da un anno a questa parte.
La repressione

Dall’ultimo anno del mandato della neopodestà DC Iervolino, fino ai primi sei mesi dell’investitura del “rivoluzionario arancione” De Magistris a palazzo S. Giacomo, vi è stata una vera e propria escalation repressiva senza precedenti contro i precari “Bros” che, oltre a non aver ricevuto nessuna risposta per un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato da parte dal governatore della Campania della casa del fascio, Stefano Caldoro, hanno visto togliersi, in estate, anche il misero sussidio che li sosteneva nella preparazione dei corsi di formazione per la raccolta differenziata. Fatti gravissimi che hanno fatto scattare la giusta e sacrosanta rabbia dei disoccupati e dei precari, i quali hanno inscenato manifestazioni, presidi, occupazioni, blocchi stradali sia nel centro napoletano che in periferia. Le istituzioni borghesi in camicia nera, con il questore Giuffrè e la ex neopodestà Iervolino in prima linea, hanno convocato il famigerato “Comitato per l’ordine e la sicurezza” per scatenare una delle più violente repressioni degli ultimi dieci anni contro il movimento di lotta. Arresti, intimidazioni, provocazioni, pestaggi hanno caratterizzato questo ultimo anno raggiungendo il culmine con la vergognosa carica nell’aula del consiglio comunale da parte dei vigili urbani agli ordini del loro capo, il fascista Sementa, che ha avuto mani libere dall’assessore alla “tolleranza zero” Narducci e dal nuovo podestà De Magistris, nel manganellare i senzalavoro che chiedevano un incontro con il megalomane e narcisista ex pm. Un accanimento particolare è emerso nei comportamenti dell’ex questore Giuffrè e del suo fido capo della Digos Trocina (da poco trasferito), che spesso reprimeva direttamente e personalmente i disoccupati: famosa la foto
con la quale cinge alla gola con un manganello un senzalavoro al momento di un arresto. Il questore, rispolverando la vecchia disposizione delle misure di prevenzione di epoca fascista, chiedeva una serie di provvedimenti diretti alla sorveglianza speciale nei confronti di diversi rappresentanti storici dei disoccupati appartenenti alle tante sigle e liste dei movimenti di Napoli e provincia. Per la prima volta, inoltre, veniva costituito da parte della Procura di Napoli, in estate, un pool contro i disoccupati, coordinato dal procuratore aggiunto Giovanni Melillo, e composto dai pubblici ministeri Urbano Mozzillo, Monica Campese e Raffaele Tufano. Il 14 novembre, dopo la giusta e salutare contestazione al neopodestà De Magistris di appena dieci giorni prima da parte dei precari “Bros”, scattavano decine di perquisizioni contro gli attivisti storici dei disoccupati di Napoli e pro-
vincia, tra cui Salvatore Annuale, Paola Bianco, Luigi Volpe, Antonietta Terracciano, Cuono De Maria, che venivano indagati addirittura per associazione a delinquere perché “si associavano tra loro e con altre persone in via di identificazione al fine di commettere una
pluralità di delitti contro l’incolumità pubblica, l’ordine pubblico, la persona, il patrimonio e la pubblica amministrazione mediante atti incendiari, danneggiamenti, invasione di edifici, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale”. Un atto particolarmente grave, unico nella storia del movimento dei disoccupati organizzati, di inaudita repressione e che si concludeva con un messaggio filtrato nel decreto di perquisizione, cioè che l’attacco alla “pubblica amministrazione” non può essere tollerato dalle istituzioni borghesi in camicia nera: ossia, chi tocca la giunta De Magistris verrà perseguito.


Il rigetto totale delle misure di prevenzione

Con il silenzio connivente della giunta, i delegati storici dei disoccupati hanno affrontato i primi procedimenti per l’applicazione della misure di prevenzione della sorveglianza speciale, spesso scortati dalla polizia in borghese o in divisa fino all’aula di udienza, in un clima di intimidazione molto grave e con nessun rispetto persino verso gli avvocati della difesa. Nel giro di un anno tra decine di udienze, migliaia di carte bollate e numerose richieste da parte della questura napoletana, venivano respinte tutte le misure di pre-
venzione da parte del Tribunale di Napoli, presieduto prima dal giudice Francesco Menditto e poi dalla dottoressa Beatrice Sasso che accoglievano i rilievi della difesa e le dichiarazioni, molto spesso toccanti, dei disoccupati incentrate sulla loro esigenza, finalmente, di lavorare. Particolarmente significativa è stata la vicenda di Salvatore Landolfi, cui la questura ha riservato una particolare quanto inquietante “attenzione”: sempre scortato dalla “forze dell’ordine”, nonostante non avesse nessuna misura restrittiva; una richiesta da parte della questura accompagnata da centinaia di pagine che ripercorrevano le giuste lotte di Landolfi senza effettivi riscontri concreti, ma piene di meri sospetti, illazioni e congetture; circa una sessantina di allegati che dovevano provare che Landolfi doveva essere un “sorvegliato speciale”, misura che generalmente viene comminata agli appartenenti alla criminalità organizzata camorristica. Il 19 dicembre scorso, con un provvedimento di rigetto della proposta di applicazione delle misure di prevenzione nei confronti di Landolfi, il Tribunale di Napoli accoglieva gli assunti della difesa e le dichiarazioni che aveva reso lo stesso Landolfi, rispedendo al mittente la proposta avanzata nel novembre 2010. Gli avvocati della difesa (Francesco Mario Passaro, Mauro Buono e Felice Consoli) hanno tra l’altro affermato, nelle loro arringhe conclusive, che “se la lotta per il lavoro a Napoli presenta delle vivacità interessanti, talvolta violente e che possono scandalizzare o preoccupare i cittadini o l’incolumità pubblica, come afferma il questore, chiediamo al Tribunale se non ci debba essere la stessa vivacità, lo stesso interesse, lo stesso sdegno, la stessa violenza, lo stesso scandalo nel vedere che un milione di cittadini, un quinto dell’intera Campania, sono ancora senza lavoro”. Certo è che la battaglia dei disoccupati organizzati non deve fermarsi alle importanti vittorie ottenute nelle aule di giustizia ma ha necessità di sprigionarsi nuovamente nelle piazze, con assemblee generali e manifestazioni che ricompattino il movimento di lotta affinché diventi unico e organizzato. I disoccupati stanno provando sulla loro pelle il grave clima neofascista che si vive nella Napoli della giunta De Magistris e nella Campania del governatore PDL Caldoro e del suo giannizzero assessore al “non lavoro” Nappi (UDEUR) che non hanno dato una sola risposta concreta sul tema della disoccupazione al pari dei loro predecessori Iervolino e
Bassolino. Su De Magistris e Caldoro ormai sono cadute le illusioni di “rivoluzione” o “cambiamento” di cui cianciavano i loro sostenitori; si sono dimostrati incapaci di risolvere, assieme ai rifiuti, il problema che stringe Napoli e la Campania in una morsa soffocante: la mancanza, ormai atavica, di un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato

pc 13 gennaio - a fianco delle rivolte arabe per la libertà dei prigionieri politici maoisti nelle carceri marocchine

pc 13 gennaio - dal canada alla spagna, dalla francia all'italia, dalla svezia all'austria a sostegno della GP in india

pc 13 gennaio - campagna di informazione sulla guerra popolare in India



assemblee a firenze cpa 14 gennaio- a ravenna 17 gennaio - a taranto 18 gennaio
milano- palermo in settimana

giovedì 12 gennaio 2012

pc 13 gennaio - Roma: Ennesima inutile retata contro i senegalesi

I carabinieri si sono presentati in forze questa mattina all'alba, nelle case abitate da senegalesi a via Campobasso, al Pigneto. Dicono di cercare i due fuggiaschi, responsabili del duplice assassino di Torpignattara, uno dei quali dovrebbe aver lasciato, come sostengono gli inquirenti stessi, Roma da giorni. Dicono inoltre che stanno facendo controlli in tutte le aggregazioni di immigrati o nei posti dove gli stranieri si incontrano, sempre accompagnati da troupe televisive e da giornalisti. COSÌ CHI ACCENDERÀ LA TV, ALL'ORA DI PRANZO, POTRÀ SENTIRSI RASSICURATO NEL VEDERE UNA DOVIZIA DI CONTROLLI SUGLI STRANIERI. Anche se è inutile perquisire per l'ennesima volta le case di chi con armi, droga e rapine non ha niente a che fare I CARABINIERI HANNO MESSO IN ATTO L'ULTIMA PUNTATA DI UNA PERSECUZIONE CHE VA AVANTI DAL 2004. Continui controlli alla ricerca di armi e droga che si sono sempre rilevati inutili e che anzi generano tensioni nel quartiere. 12 i senegalesi portati via per l'identificazione sotto le luci delle telecamere, tutti in via di rilascio tranne i quattro privi di documenti. All'uscita della caserma non ci sono telecamere perchè il fatto che questi cittadini siano del tutto estranei alle ragioni del blitz non interessa nessun media.

Domani italiani e immigrati con il permesso di soggiorno e senza, assieme ai lavoratori africani di Rosarno, di Nardò e del resto d'Italia saranno in piazza dalle ore 14.00 (Piazza dell'Esquilino) contro lo sfruttamento nelle campagne italiane e nelle metropoli e contro le leggi sull'immigrazione. La comunità senegalese di via Campobasso sarà in piazza per denunciare la persecuzione a cui sono sottoposti.



■Comitato di Quartiere Pigneto
■Osservatorio Antirazzista Pigneto Torpignattara
■Comunità senegalese di Via Campobasso
■CSOA ExSnia
■ www.6antirazzista.net


■Podcast radio: http://www.ondarossa.info/newsredazione/su-la-testa-da-rosarno-roma-piazza-il-13-gennaio-allesquilino-ore-1400

pc 13 gennaio - "Saccheggi, stupri, violenze.. in somalia

Human Rights Watch denuncia: "Saccheggi, stupri, violenze, ecco come i 'liberatori' kenioti martirizzano la Somalia e i suoi abitanti!"






Come mostra eloquentemente questa foto, l'esercito keniota é stato addestrato dagli Usa, nell'ambito della loro campagna imperialista contro i popoli dell'Africa.

pc 13 gennaio - Afghanistan, video mostra soldati Usa che urinano su cadaveri di afghani


Le truppe reazionarie imperialiste non sono solo assassine ma pure bestie alle quali auguriamo di essere colpite senza pietà dalla resistenza del popolo afghano!
L'Italia imperialista è complice dell'occupazione.
Morte all'imperialismo!

pc 12 gennaio - gli operai della Fincantieri di Genova bloccano l 'autostrada, la lotta si estende all'indotto

Partiti dallo stabilimento di Sestri Ponente, in via Soliman, gli operai hanno bloccato la Sopraelevata a Sampierdarena e la rampa di accesso all'autostrada.

Li hanno raggiunti i lavoratori della ditta di allestimenti navali Gerolamo Scorza, che devono fare i conti con 66 posti di lavoro in meno proprio in seguito alla crisi Fincntieri.La manifestazione ha avuto pesanti ripercussioni sul traffico cittadino e su quello autostradale. Solo un paio d'ore dopo, i lavoratori di Fincantieri hanno tolto il blocco. Domani è prevista l'assemblea dei lavoratori all'interno dello stabilimento per decidere ulteriori forme di lotta

pc 12 gennaio - Anonymus attacca un sito del governo e oscura anche le pagine web dei fascisti di Casa Pound

Noi preferiamo gli attacchi di massa reali, noi vogliamo la rivolta proletaria e popolare con uomini in carne ossa.. ma siamo contenti se comunque il potere e i fasci vengono attaccati via web


Anonymus attacca un sito del governo
"Parlate di equità, ma non si è vista"Oscurate dalla rete internazionale di hacker anche le pagine web dei neofascisti di Casa Pound. L'azione contro palazzo Chigi rivendicata con un comunicato: "Siete sotto osservazione, non basteranno quattro buoni propositi"

ROMA - Anonymous, la misteriosa sigla dietro la quale si cela una rete informale di hacker di tutto il mondo che si è attribuita in passato diversi "blitz" informatici, ha annunciato oggi un attacco contro www.italia.gov.it 1, uno dei siti del governo italiano. "A distanza di quasi un anno dall'ultimo attacco contro il governo, siamo tornati", annuncia un comunicato diffuso online. Nel pomeriggio collegarsi con il dominio di Palazzo Chigi risultava effettivamente impossibile.

Fuori servizio anche il sito 2 dei neofascisti di Casa Pound 3, ma in questo caso la comunicazione non è passata attraverso un comunicato "ufficiale", ma solo attraverso il tam tam sui socialnetwork.

"Il nuovo governo - recita ancora la nota - si è presentato con l'aspetto frigido di chi non avendo mai praticato la politica dovrebbe risultare esente dalle tentazioni che noi italiani ben conosciamo. Sventolando parole a lungo agognate quali equità, giustizia sociale e rigore. Ebbene di queste non s'è ancora vista l'ombra, escluso il contegno con cui vi presentate ai media. Sappiate che siete sotto osservazione da più parti, e che non basteranno quattro buoni propositi".

Anonymus se la prende poi anche contro i "media sempre più invasivi" che "ci hanno resi succubi del potere, plagiando le nostre famiglie, rendendoci sempre più spettatori e meno partecipi nella presa di decisioni di interesse pubblico". "Anonymous e tutti i cittadini liberi e consapevoli non resteranno a guardare", conclude il comunicato.

Le ultime azioni di hackeraggio compiute dalla componente italiana della rete internazionale di Anonymus avevano preso di mira al sito web dell'Enel, colpevole "di perseguire i propri interessi in modo indegno" e quello dell'Autorità garante per le comunicazioni 4, nel nome della libertà per Internet. Sotto accusa era in particolare l'intenzione dell'Agcom di "istituire una procedura veloce e puramente amministrativa di rimozione di contenuti online considerati in violazione della legge sul diritto d'autore".

pc 12 gennaio - La maggioranza parlamentare nelle mani della camorra ! bisogna spazzare via governo e parlamento con la forza della rivolta popolare

Il governo Monti un governo di pupi di pezza nelle mani dei padroni e delle banche
mentre le cosche affaristico-camorristico-mafiose mantengono nelle mani le ricchezze e la gestione reale delle città da Napoli a Milano da Palermo a Torino
questo stato è in grado di scaricare la crisi su operai e masse popolari, ma tratta con i guanti bianchi e protegge specuzione evasione fiscale e malavita
solo una rivolta li seppellirà


proletari comunisti
gennaio 2012

Radicali e Lega di bossi mosche cocchiere del governo e della malavita
casini abbozza


ROMA - L'Aula della Camera ha bocciato, con voto a scrutinio segreto chiesto dal Pdl, la richiesta di arresto nei confronti del deputato Nicola Cosentino (Pdl) con 309 no, 298 sì. Non appena il presidente della Camera ha letto il risultato del no dell'Aula alla richiesta d'arresto, tutti i deputati del PdL sono scattati in piedi e si sono diretti al posto di Nicola Cosentino per abbracciarlo e congratularsi con lui. Lungo è stato l'abbraccio tra lui e Alfonso Papa. Ma saluti e strette di mano sono arrivate da tutti gli altri colleghi di partito. Silvio Berlusconi, invece, è rimasto seduto al suo posto, pur esprimendo soddisfazione con Cicchitto e Alfano. Umberto Bossi non ha partecipato alla votazione. Il leader della Lega, pur essendo alla Camera, non ha mai fatto ingresso in Aula. Nel verdetto finale è stato determinante il voto contro l'arresto dei 6 deputati radicali. Sono stati ventidue i deputati che non hanno partecipato al voto.

Le reazioni. ''Ero convinto che questa sarebbe stata la decisione del Parlamento che non poteva rinunciare alla tutela di se stesso. È una decisione giusta, in linea con la Costituzione. Il processo continuerà regolarmente e senza intoppi e il parlamentare lo affronterà da uomo libero come è giusto che sia'': così Silvio Berlusconi ha commentato il voto. ''Per me è un errore politico, ma ovviamente è legittimo'' il voto dell'Aula, ha detto il leader dell'Udc, Pierferdinando Casini. Dopo la proclamazione del risultato, tra i deputati del Carroccio è stato visibile il gelo. Tra gli uomini vicini a Roberto Maroni e quelli dell'Aula più bossiana la tensione non è svanita dopo l'animata riunione che ha sancito la libertà di coscienza pur con un orientamento al 'si'. "La storia della Lega non è mai stata forcaiola", ha detto il leader della Lega, Umberto Bossi (dimenticando, forse, la seduta del 16 marzo 1993, quando Luca Leoni Orsenigo, deputato della Lega Nord, sventolò nell'aula di Montecitorio un cappio FOTO 1, nell'esplicito riferimento alla necessità di fare pulizia di una classe politica corrotta che aveva indebitato il Paese oltre misura, ndr).

Gli elettori leghisti capiranno? "Non lo so", risponde Maroni, deluso per l'esito del voto: "Ho ricevuto molti messaggi negativi" rispetto alla posizione di libertà di coscienza, "e di apprezzamento per la mia chiarezza: io non ho cambiato idea". E ancora: "Non ho condiviso la posizione della libertà di coscienza, ma l'ho accettata perché era la posizione espressa dal gruppo. Ma non c'è nessun disaccordo con Bossi. Molti voti a favore di Cosentino e cioè contro il suo arresto sono arrivati dall'Udc e dal Pd. Sono pochi - prosegue - i leghisti che lo hanno salvato''. Non la pensa così Luca Paolini, il deputato del Carroccio che ha sempre definito "fragile" il quadro accusatorio contro il coordinatore del Pdl campano:"Almeno 25-30 leghisti hanno votato 'no' all'arresto di Nicola Cosentino. Sono molti - aggiunge - quelli che non se la sono sentita di dire 'si' alle manette. Molti di più di quelli che si vogliono far credere. Bisogna fare i conti pensando alle dichiarazioni di voto...".

''Ovviamente non c'è alcun nesso tra la decisione della Consulta 2 e quella dell'Aula (entrambe sono pienamente legittime), ma ho l'impressione che l'indignazione popolare contro le Istituzioni sarà fortissima perché esse appaiono capaci di difendere l'indifendibile, sia il Porcellum o l'impunità di un deputato'', dice Italo Bocchino, vicepresidente di Futuro e Libertà.

Di ulteriore ombra su "un Parlamento privo di legittimazione" parla Nichi vendola, leader di Sel. "Mi vergogno, è la prova che la legge non è uguale per tutti". Dello stesso parere è Angelo Bonelli, presidente dei Verdi: "Con il voto di oggi il Parlamento ha sancito che la legge non è uguale per tutti e che per i potenti non valgono le stesse regole che valgono per i cittadini. Il voto che salva Cosentino dall'arresto -aggiunge- è un colpo fortissimo alla democrazia, alla giustizia e demolisce ogni residuo di fiducia dei cittadini nel Parlamento".

"È ovvio che ci sono voti che arrivano dall'altra parte'', sottolinea Osvaldo Napoli (Pdl), al termine della votazione sulla richiesta di arresto nei confronti di Nicola Cosentino, bocciata dall'Aula della Camera. "La spaccatura è dall'altra parte'', dice ancora Napoli riferendosi alle fila della 'vecchia' opposizione per aggiungere che ''questo dimostra che il Pdl era compatto''. "La vergognosa Lega, con l'ipocrita richiamo al voto di coscienza dimostra, ancora una volta, di essere al servizio di Berlusconi e dei suoi stallieri", ha affermato in una nota il portavoce dell'Italia dei valori, Leoluca Orlando. Secondo il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, che attacca anche Napolitano, oggi a Montecitorio c'è stato un "mercato del voto per garantire l'impunità a Cosentino. Questo è un Parlamento che non è in grado di rispettare le leggi e la Costituzione, non c'è più titolo morale, etico, politico per cui ogni parlamentare di questo Parlamento resti al proprio posto: prima si va alle elezioni e meglio è".

Prima del voto. Entrando a Montecitorio, il deputato aveva annunciato: ''Un minuto dopo l'esito del voto e indipendentemente dal risultato rassegnererò le mie dimissioni da coordinatore regionale del Pdl'', smentendo quanto aveva dichiarato stamani nel corso della trasmissione "La telefonata di Belpietro" su Canale 5. Nel suo intervento il deputato aveva respinto le accuse: "Contro di me - ha detto Cosentino a Belpietro - è stata fatta una forzatura enorme. Sono accusato solo da una parte che non mi ha nemmeno voluto interrogare per molto tempo. Vorrei essere giudicato almeno in primo grado prima di andare in carcere".

FOTO - Cosentino in Aula 3

Per quanto riguarda il cambio di linea di Bossi 4, che ieri aveva anticipato la libertà di coscienza nel voto (VIDEO 5) per l'arresto, decisione confermata in una riunione dai toni molto animati del gruppo alla Camera della Lega, Cosentino aveva detto: ''Non so se si è aperto uno spiraglio dopo l'apertura di ieri di Bossi. Posso solo dire che confido molto nella libertà di coscienza di ogni parlamentare. Sono stato difeso più da quelli delle altre forze politiche''.

La rissa nella Lega. La riunione del Carroccio alla Camera ha avuto attimi di vera tensione. Ad un certo punto Roberto Paolini ha citato Enzo Carra e il caso delle 'manette spettacolo'. Un riferimento storico (il portavoce di Arnaldo Forlani fu arrestato per falsa testimonianza e quelle immagini delle manette fecero il giro del mondo) per avvalorare la tesi della necessità di respingere gli 'arresti facili' che ha provocato la reazione di un gruppo di leghisti. Ma è vero che ti ha chiamato Berlusconi?, è stata la 'risposta' di alcuni deputati. È così che si è sfiorata la rissa tra i due, con alcuni esponenti del partito di via Bellerio, come Davide Caparini, intervenuti per dividerli. La discussione è stata molto animata. Umberto Bossi - riferiscono fonti parlamentari del Carroccio - ha preso inizialmente la parola spiegando che dalle carte non si evince nulla nei confronti del coordinatore campano del Pdl. Il 'Senatur' ha premesso che la gente del nord è per l'arresto, ma che occorre lasciare libertà di coscienza, proprio perché a suo dire non c'è alcuna prova di colpevolezza. Poi a prendere la parola è stato Roberto Maroni che, spiegano fonti del Carroccio, si è limitato a raccontare gli esiti della segreteria della Lega di lunedì, sottolineando di non essere stato l'unico a voler votare sì all'arresto del deputato Pdl. Bossi ha tirato le somme, evidenziando che non c'è alcun 'fumus persecutionis' ma ribadendo che ogni parlamentare potrà decidere autonomamente in Aula. "Si gioca sul filo dei voti, abbiamo recuperato più di trenta parlamentari", dicono dal Pdl.

pc 12 gennaio - Da Ravenna a sostegno della Guerra Popolare in India

PC 12 GENNAIO - OPERAI FINCANTIERI A PALERMO DI NUOVO IN PIAZZA

report di un compagno di proletari comunisti presente al corteo.

Dopo l'incontro deludente tra sindacati, azienda e ministro dello sviluppo Passera lo scorso Martedi a Roma, gli operai Fincantieri dello Stabilimento di Palermo tornano in piazza a centinaia dando vita ad un corteo dai cancelli del cantiere navale fino alla Prefettura.
Sostanzialmente il ministro a nome del governo, ha confermato il pieno appoggio al piano industriale Fincantieri che prevede oltre un migliaio di esuberi di cui 140 nel capoluogo siciliano, con ricadute su centinaia di operai dell'indotto.
Questa mobilitazione segue a 20 giorni di scioperi e cortei selvaggi che la scorsa settimana hanno paralizzato la città costringendo il prefetto a "supplicare" gli operai di smetterla di creare disagio e convocando le parti in prefettura nella giornata di ieri.
il corteo ha attraversato l'arteria principale della città, via Libertà scandendo slogan quali " Il cantiere non si tocca, lo difenderemo con la lotta" e "lavoro,lavoro,lavoro".
Al fianco degli operai in lotta anche una delegazione di studenti universitari molti dei quali appartenenti al Collettivo Universitario Autonomo.
Presenti anche le solite delegazioni di partiti della sinistra ex parlamentare elettoralista che dopo latitanze prolungate ai cancelli delle fabbriche fanno capolino a cortei tipicamente sindacali e "tradizionli" come questo, per non parlare anche della comparsa di un paio di militanti e dirigenti locali di Sel con l'evidente intento di diffondere false promesse in vista delle imminenti elezioni locali.
Giunti davanti il palazzo della prefettura un delegato sindacale ha denunciato a gran voce il piano industriale Fincantieri che in nome della produttività prevede la chiusura degli stabilimenti di Genova, Castellamare di Stabia e Palermo ma anche le politiche del nuovo governo dei padroni Monti che al di là della facciata si è dimostrato subito per quello che è: un governo prettamente politico che è andato subito all'attacco della classe operaia e lavoratrice in particolare con la messa in discussione dell'art 18 dello statuto dei lavoratori, aumento di tasse e accise, altro che governo tecnico!
Tutti gli operai hanno gridato in coro "l'articolo 18 non si tocca, lo difenderemo con la lotta!"
Non è mancata anche questa volta la denuncia e gli epiteti all' "amato" sindaco di Palermo Diego Cammarata, noto a tutti per la sua assenza permanente e da qualche mese anche a livello nazionale per gli scandali di corruzione e favoritismi.
l'incontro è durato circa 8 ore mentre sotto gli operai presidiavano l'ingresso respingendo con forza e determinazione provocazioni da parte di digos e sbirri che più volte hanno preteso che gli operai sciogliessero momentaneamente il presidio per il passaggio di auto blu.

il risultato del tavolo di ieri, che ha scongiurato momentaneamente il licenziamento di 140 lavoratori dello stabilimento, è dovuto in parte alle proteste spontanee e cortei selvaggi dei giorni scorsi da parte degli operai fincantieri che ancora una volta davanti alla possibilità del licenziamento scavalcano le dirigenze sindacali e impongono una linea di protesta più radicale, cosa che ad esempio fino all'ultimo giorno non è avvenuta a Termini Imerese con il risultato che tutti conosciamo.

In secondo luogo tale risultato è dovuto alla presa di posizione netta della Regione Sicilia che dopo aver investito oltre 56 milioni di euro nello stabilimento per la ristrutturazione dei bacini, non ha accettato che tale piano industriale si esegue con i tempi e modi previsti da Fincantieri.

Bono così come Marchionne, con un piano industriale del genere intende imporre un fascismo padronale in barba ai diritti fondamentali dei lavoratori, scavalcando le "regole" e attaccando il sindacato in quanto tale. Altra analogia fra i due padroni che si nota chiaramente in questo caso, è quella di incamerare fondi pubblici per poi chiudere gli stabilimenti appellandosi alla "scarsa produttività", quindi invece di investire i soldi come dovrebbe essere logico negli stabilimenti, la azienda li intasca sicuramente non destinandoli al miglioramento della "produttività" intesa come capitale fisso, dato che contrariamente a quanto spesso dicono i padroni che fanno questo tipo di operazioni, il "capitale umano", gli operai sono molto specializzati e professionali, lo dimostra il fatto che per decenni Fiat e Fincantieri hanno lavorato in questi stabilimenti facendo enormi profitti.

Raccogliendo i malumori di alcuni operai abbiamo ribadito che a tale livello dello scontro tra fascismo padronale e classe operaia non basta più la lotta sindacale basata sulla concertazione-sfilata- concertazione, ancor più in una fase in cui il moderno fascismo incarnato da Monti attacca anche il concetto di "concertazione tra le parti" ed in senso "tecnico" prosegue per la sua strada, bensì serve innanzitutto l'organizzazione operaia al di fuori dei sindacati confederali e "ufficiali" perchè le uniche vittorie che si possono ottenere su questo terreno, come dimostrano anche i recenti avvenimenti dell'ultimo anno nel gruppo fincantieri, si hanno solo grazie alla fuoriuscita dagli argini della lotta operaia che avviene "guarda caso" sempre in contrapposizione alle dirigenze sindacali.
In questo senso più volte è stato fatto l'invito a partecipare alla manifestazione del giorno 27 a Roma al primo sciopero generale contro il governo Monti con l'obiettivo di assediare i palazzi del potere contrariamente a quanto successo lo scorso 21 Ottobre dove a fronte degli attacchi padronali una Fiom talmente inadeguata ha confinato operai venuti da tutto il paese a piazza del popolo.

pc 12 gennaiio - Savoia, profanata la tomba dell’anarchico Passannante

Savoia, profanata la tomba
dell’anarchico Passannante



Profanata nel primo pomeriggio di ieri la tomba di Giovanni Passannante nel cimitero di Savoia di Lucania. La lapide è stata presa a martellate da ignoti e gravemente danneggiata. Ad accorgersi dell’atto vandalico contro la sepoltura all’anarchico che il 17 novembre 1878 attentò alla vita di re Umberto I utilizzando un temperino, sono stati alcuni cittadini intorno alle 16.30. Entrando nella cappella dell’ossario comune, che si trova sulla sinistra all’ingresso nel cimitero, si sono subito accorti del marmo danneggiato e hanno denunciato l’accaduto.

«È un fatto gravissimo - ha commentato l’attore lucano Ulderico Pesce appena è stato informato della profanazione -. È un atto ancor più grave se si tiene conto del fatto che avviene nel momento in cui la comunità di Savoia di Lucania si sta organizzando per indire il referendum sul cambio del nome, da Savoia di Lucania a Salvia». I resti di Giovanni Passannante furono trasferiti dal Museo criminologico di Roma al cimitero del suo paese natale il 10 maggio del 2007, ma da allora non si era mai verificato alcun episodio di violenza contro la sepoltura fortemente sostenuta dall’attore lucano Pesce che con un suo lavoro teatrale ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale la triste vicenda del cuoco lucano, che è stata poi portata anche sul grande schermo. E per protestare contro gli autori della profanazione della tomba di Passannante oggi, alle 17 nel Convento di Sant’Antonio a Rivello sarà proiettato proprio il film sull’anarchico cui seguirà un dibattito pubblico che sarà l’occasione per presentare le ragione del comitato «Pro Salvia» impegnato a chiedere il ritorno al nome originario del paese, da Savoia di Lucania a Salvia. Un cambio evidentemente non gradito a qualcuno.

Salvia diventò Savoia di Lucania per farsi perdonare, dai reali, l’oltraggio di aver dato i natali al regicida mancato. Non poterono cercare scampo in un cambio di nome invece la madre e i fratelli dell’ana rchico che vennero rinchiusi nel manicomio di Aversa. Lo «sguattero infame» (come lo definì la stampa dell’epoca) fu condannato a morte e poi all’ergastolo da scontare in un buco di cella scura a Portoferraio, sotto il livello del mare, con una catena di 18 chili al piede, consumato da scorbuto e salsedine, costretto a cibarsi dei propri escrementi. Lui, alto un metro e 60, rinchiuso in una cella di due metri per uno, alta uno e 50. Se ne sta per oltre dieci anni al buio. Non può incontrare esseri umani. Diventerà cieco. Solo la tenacia di un deputato socialista, Agostino Bertani, lo farà trasferire nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino, dove morirà a 61 anni il 14 febbraio del 1910. Raggela la crudeltà della condanna inflitta al «mostro» venuto dal Sud, al «parricida » costretto a vivere (sopravvivere) dieci anni in quelle inumane condizioni denunciate dall’on. Agostino Bertani e dalla giornalista Anna Maria Mozzoni.





08 Gennaio 2012
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mercoledì 11 gennaio 2012

pc 12 gennaio - Il debito e le spese militari

La borghesia italiana rafforza sempre più il suo apparato militare da impiegare nella contesa interimperialista e contro i popoli oppressi.
Tutti i governi hanno tagliato le spese sociali per i lavoratori e le masse popolari per finanziare il budget della difesa.
L'attuale governo Monti continua su questa linea ma va anche oltre: nomina un ammiraglio alla difesa per rappresentare meglio gli interessi della classe dominante cambiando la natura dello Stato imperialista per trasformarlo sempre di più in senso reazionario.
Contro questo Stato, questo governo e la sua manovra antioperaia e antipopolare, solo l'uso della forza dei proletari e delle masse per rovesciarli


(il seguente articolo è tratto da Guerre&Pace – 06/01/2012 )


In queste ultime settimane tra i tanti articoli sulla crisi economica, sulla manovre e i provvedimenti governativi, sulla necessità di cospicui tagli al bilancio dello Stato – si è affacciato un inizio di dibattito sul peso delle spese militari sullo stesso bilancio pubblico e sulla possibilità di riduzioni del bilancio della difesa, con particolare riferimento al programma di acquisto di 131 caccia F35 Strike fighter (spesa prevista intorno ai 15 miliardi di Euro).

Di questo ne siamo ben lieti: da quando abbiamo fondato la rivista Guerre&Pace nel “lontano” 1992, non è passato anno senza articoli, analisi, proposte sui temi delle spese militari e nette prese di posizione per un loro drastico taglio.

Purtroppo non ci pare sia davvero un dibattito serio, perché non sembra affrontare le questioni fondamentali e politicamente più rilevanti riguardo il bilancio militare: a cosa servono queste spese, il loro legame con i debito pubblico e l’intreccio tra imprese, banche e forze armate (in fondo si tratta ancora del “complesso militare-industriale” – ora più finanziario – di cui parlava il presidente Eisenhower).

Intendiamoci: quando le spese militari e il bilancio della difesa verranno tagliati, qualsiasi sia il motivo e l’entità, saremo comunque favorevoli. Non ci convince però – anzi ci preoccupa – che questo terreno venga affrontato da due punti di vista per noi insufficienti o addirittura fuorvianti: da una parte la polemica sulla “casta militare”, indubbiamente esistente – ma che rischia di mettere in secondo piano le più preoccupanti responsabilità politiche e di banche e imprese (con Finmeccanica in primo piano); dall’altra il rischio di assecondare la tendenza alla “razionalizzazione” delle spese militari, per avere comunque forze armate più efficienti. E qui sta la questione di fondo: efficienti per fare cosa? Le forze armate italiane sono state costruite negli ultimi 20 anni per fare la guerra – ed è quello che fanno le missioni internazionali (dall’Afghanistan alla Libia), dentro il quadro di un’Alleanza atlantica che ha assunto via via il ruolo di regolatore dell’ordine mondiale e di poliziotto che si auto-autorizza a applicare sanzioni a chi viola le sue regole.

L’esempio più lampante di queste tendenze è fornito dall’articolo di Repubblica intitolato “Monta la protesta contro i caccia F35: ‘Costano troppo, il governo non li compri’” .

Nessun ripensamento sul ruolo di quei cacciabombardieri o di altri sistemi d'arma (perché gli Eurofighter è bene che li compriamo? Il programma di questi ultimi è più costoso, tra l’altro... e della seconda portaerei, la Cavour, davvero non possiamo farne senza?), ma solo l’idea di qualche “aggiustamento”. E il meglio di sé lo da la senatrice del PD Roberta Pinotti, già presidente della Commissione Difesa della Camera tra il 2006 e il 2008, che dichiara: "Non servono 131 caccia, il governo potrebbe ridurre l'acquisto a 40-50'', in buona compagnia con il dipartimento esteri dei democratici che “suggerisce a Monti una fase di "sospensione" e "ripensamento"”....

Ora, la sen. Pinotti, da sempre favorevole a tutte le guerre dell’Italia e quindi corresponsabile dei loro crimini, e sostenitrice degli aumenti delle spese militari (anche come supporto finanziario alle imprese come Finmeccanica) dovrebbe ricordarsi che la firma in fondo al «memorandum» del 2007 dell’accordo con gli Usa per gli F35 è quella del suo compagno di partito on. Forceri, uomo di Finmeccanica e già sottosegretario del governo Prodi (il governo che maggiormente aumentò le spese militari...) e che pensare di comprare 40/50 aerei inutili e dannosi non è una riduzione del danno, ma una sonora presa per i fondelli.

I DATI DELLE SPESE BELLICHE

Per discutere l’argomento è prima di tutto capire di quali cifre stiamo parlando.

Secondo gli ultimi dati disponibili del Sipri, uno dei più autorevoli centri di ricerca internazionali sulle armi, l’Italia ha speso nel 2010 circa 26,6 miliardi per la difesa militare – a fronte dei 20,3 miliardi dichiarati dal ministero della difesa - posizionandosi ancora una volta al decimo posto nella classifica dei paesi che maggiormente spendono per i loro eserciti. Ma non si tratta di un’eccezione; sempre leggendo i dati Sipri l'Italia del nuovo millennio ha speso in media ogni anno circa 25 miliardi di euro per le spese militari. Molti di più di quanto dichiarato ufficialmente.

Per il 2012 il bilancio della Difesa è pari (con l'approvazione del bilancio dello Stato il 12/11/2011) a 19.962 milioni di euro suddivisi in 14,1 miliardi per esercito, marina e aeronautica e 5,8 miliardi per i Carabinieri. A questi numeri va aggiunto che nello stato di previsione del ministero dell'Economia è presente il fondo per le missioni internazionali di pace, incrementato con 700 milioni di euro dalla Legge di stabilità, raddoppiati poi dalla manovra Monti. Lo stato di previsione del ministero dello Sviluppo Economico comprende poi 1.538,6 milioni di euro per interventi agevolativi per il settore aeronautico e 135 milioni di euro per lo sviluppo e l'acquisizione delle unità navali della classe Fremm. La Legge di Stabilità proroga al 31 dicembre 2012 l'utilizzo di personale delle Forze armate per le operazioni di controllo del territorio per una spesa complessiva di 72,8 milioni di euro.

Si arriva così a una spesa complessiva - verificata - di oltre 23 miliardi di euro, come riportato da il manifesto.

UN BILANCIO PER LE GUERRE

Ma a cosa servono queste spese? Lo ripetiamo, questo è l’argomento centrale.

Non si tratta solo dell’inutile aereo F35, un aereo da attacco dalle caratteristiche tecniche tali che lo rendono adatto ad una guerra contro altre superpotenze militari; questi soldi vengono bruciati anche per mantenere un carrozzone di 180.000 uomini (e donne) in cui, come rileva il rapporto di Sbilanciamoci 2012, i graduati (in aumento) sono più della truppa (in diminuzione) e i generali sono in proporzione più di quelli statunitensi. Una struttura con molti marescialli in soprannumero e magari inadatti, anagraficamente, alle nuove necessità operative.

La questione va molto oltre.

L’Italia, tra i membri fondatori, partecipa da sempre a pieno titolo alle attività della Nato. Il contributo economico diretto all’Alleanza Atlantica piazza l’Italia al 5° posto tra i paesi finanziatori (nel 2007 è stato di 138 milioni di euro su un totale di 1.874,5 milioni di euro, pari al 7,4% dei contributi totali versati dagli alleati) collocandola subito dopo Usa, Regno Unito, Germania e Francia.

Per adeguarsi ai requisiti della Nato l’Italia ha dato vita già da tempo ad un ampio programma di riarmo, attualmente in atto, che si traduce nell’acquisto di 121 caccia Eurofighter per un costo totale di 18 miliardi di euro, 6 miliardi per elicotteri da attacco e da trasporto, più di 7 miliardi per 12 fregate, 1,4 miliardi per la nuova portaerei, 1,9 miliaardi per 4 sommergibili, 1,5 miliardi per 249 blindati. Più ovviamente obici, siluri, missili, radar e tutto quanto serve per operare in guerra fuori dal territorio nazionale.

Mezzi che non sono solo risorse sprecate ma che fanno danni quando vengono impiegati per le guerre della Nato. Se negli ultimi anni le truppe impegnate all’estero si aggiravano tra gli 8000/8500 uomini, più della metà sono stati impegnati in missioni Nato (l’Italia è il 4° paese per contributi alle operazioni a guida Nato).

Tra queste non ultimo l’Afghanistan, dove l’Italia è presente con circa 4.000 soldati (3.918 a inizio settembre) con armamenti e attrezzature al seguito, che sono costati nel 2011 più di 800 milioni di euro, che porta il totale per i dieci anni di permanenza al seguito dell’alleato statunitense a circa 3,5 miliardi di euro (mentre il totale dei fondi destinati alle missioni militari nazionali dal 2001 si aggira sui 13 miliardi di euro).

L’ITALIA NELLA DIVISIONE DEL LAVORO BELLICO

In questo ambito l’Italia si occupa anche di quella che, nella divisione internazionale del lavoro militare all’interno della Nato, viene riconosciuta come un’eccellenza italiana, cioè la gestione dell’ordine pubblico attraverso le forze di polizia ad ordinamento militare. Questo attraverso due “centri” collocati a Vicenza e gestiti dall’Arma di Carabinieri: il Comando della Gendarmeria Europea, una forza di pronto intervento formata da diverse polizie militari europee pronta ad intervenire in missioni di “pace” a supporto degli eserciti nelle fasi di occupazione dopo la guerra. E il CoESPU, una scuola di polizia per forze armate del terzo mondo dove viene formato personale per le varie missioni di pace. Non per niente i carabinieri protagonisti di Genova 2001 venivano dalle guerre della Somalia e del Kossovo e oggi gli Alpini passano direttamente dall’Afghanistan alla Val di Susa

Soprattutto di questo dovremo discutere quando parliamo di spesa militare. In questo quadro crediamo sia quindi indispensabile chiedere una riduzione delle spese militari non solo e non principalmente in funzione di eliminare sprechi, spese inutili, o privilegi di casta. Questo è certo necessario ma non sufficiente a definire una diversa politica della difesa improntata alla pace e non più alla guerra.

Già nei precedenti governi di centrosinistra e centrodestra che hanno preceduto l’attuale era ben presente l’insostenibilità economica dell’apparato militare. Pur senza arrivare a nulla di fatto e senza avviare una discussione pubblica, questi governi hanno cercato di operare per arrivare a “forze armate ancora più efficaci e adeguate ai nuovi compiti, razionalizzando i costi, adeguando le risorse e ammodernando la concezione stessa di Forze Armate”, come ha affermato La Russa nell’aprile 2009; o come si era espresso prima di lui il sottosegretario alla difesa Forcieri nel settembre 2006 arrivando a delineare uno strumento militare con meno marescialli e con più strumenti per le missioni militari.

IL DEBITO PUBBLICO E LE SPESE MILITARI

L'enorme debito pubblico italiano, come quello degli altri paesi europei, è il risultato delle scelte politiche neoliberiste - come gli articoli pubblicati sul sito www.rivoltaildebito.org hanno già più volte mostrato.

Per l'argomento che trattiamo ci sembrano due le questioni connesse: da una parte l'aumento del budget della difesa, malgrado la riduzione di altri capitoli di bilancio, come conseguenza di un rilancio dell'uso della forza militare come strumento connesso alla presenza economico-politica internazionale (come già recitava il Nuovo modello di difesa del 1991); dall'altra il sostegno pubblico all'industria bellica, in particolare alla galassia di Finmeccanica.

Come dicevamo, questa non è una caratteristica solamente italiana. La Grecia, pur in bancarotta, ha continuato a destinare il 3,2% del Pil alle spese militari (oltre dieci miliardi di dollari l'anno).

L'Italia, come abbiamo visto, non è da meno, e con undebito pubblico di oltre 1900 miliardi di euro continua ad avere il bilancio militare di cui abbiamo parlato - che ci ha fatto spendere negli ultimi 10 anni più di 200 miliardi di euro per la guerra secondo i dati ufficiali, ma ben 280 miliardi secondo il Sipri.

E' chiaro che queste forte spesa militare ha contribuito al deficit pubblico e che il bilancio della difesa ha subito tagli decisamente ridicoli o inesistenti, ancora più scandalosi se confrontati con quelli subiti dai servizi pubblici.

L'altro elemento è quello del sostegno pubblico mascherato all'industria bellica. L'industria militare è per sua natura un settore che dipende dalla commesse pubbliche, e anche se in questi ultimi 20 anni si sono susseguiti accordi internazionali, acquisizioni, joint-venturs, una società come Finmeccanica non potrebbe sviluppare il settore militare senza forti commesse pubbliche e senza un sostegno diretto e indiretto alle proprie produzioni.

Questo è quanto avvenuto, nello stesso periodo in cui entra in crisi la produzione civile di Fincantieri e la stessa Finmeccanica è in procinto di dismettere completamente la produzione di treni (vedi l'articolo di Marco Panaro (Meno treni e più armi. La death economy di Finmeccanica).

Il sostegno a questa impresa a capitale prevalentemente pubblico si è intrecciata nel nostro paese alle politiche di dismissioni industriali, agli scandali legati alla «cricca-economy» e in generale al legame tra politiche neoliberiste e guerre.

Un legame che viene messo in luce persino da un uomo come Innocenzo Cipolletta, già direttore di Confindustria e autore del libro «Banchieri, politici e militari» (Ed. Laterza), che in un convegno a Trento ha affermato: «Non si può comprendere la crisi del petrolio del 1974 senza la guerra del Vietnam e le tensioni in Medio Oriente. Analogamente la bolla finanziaria del 2008 è intimamente legata alle modalità con cui si è entrati in guerra contro il terrorismo internazionale. Il debito infatti si ingigantisce, e come nell'Antica Roma, chi è debitore è schiavo: in questo caso noi siamo schiavi dei mercati finanziari (le misure della BCE per esempio) che ci dicono come comportarci e quali correttivi introdurre, perdendo così la nostra sovranità».

Su questi legami crisi-guerre-spese belliche-debito vogliamo tornarci prossimamente.

UN ALTRO MODELLO PER LA “DIFESA”

Arriviamo allora al punto che più ci interessa. Le spese militari italiane (ed europee) vanno drasticamente ridotte come conseguenza di una scelta politica precisa: non vogliamo più un modello di “difesa” pensato e strutturato per fare la guerra. Sia che si tratti di quello attuale con sprechi, privilegi e spese inutili; sia che si tratti di quello più “efficace” nel fare le guerre che vorrebbero il ministro Di Paola o il gen. Roberta Pinotti (e La Russa, prima di lei).

Non vogliamo più la partecipazione italiana alle guerre illegittime e alle missioni militari della Nato; vogliamo che l’Italia esca dalla Nato e questa “obsoleta” alleanza militare venga sciolta – o comunque che l’Europa scelga una postura internazionale pacifica e di cooperazione e co-sviluppo con il Mediterraneo, l’Asia, l’America latina e l’Africa.

È sulla base di queste scelte politiche che affrontiamo il nodo del taglio alle spese militari.

Non per arrivare a forze armate più pronte ed efficenti nel partecipare alle guerre della Nato, ma per un diverso modello di difesa.

Un modello di difesa che tenga conto che con l’equivalente di 15 giorni di guerra Emergency ha realizzato in Afghanistan tre centri chirurgici, 28 ambulatori e un centro di maternità e che l’intero programma di Emergency in Afghanistan si mantiene con l’equivalente di due giorni di presenza militare italiana.

Un modello di difesa che tenga conto, come ci ricordano i dati della campagna Sbilanciamoci, che con la stessa somma impiegata in dieci anni di missioni militari si potrebbero costruire, ad esempio, 3.000 nuovi asili nido che servirebbero un’utenza di 90.000 bambini, creando 20.000 posti di lavoro; inoltre installare 10 milioni di pannelli solari per 300.000 famiglie con la relativa creazione di 80.000 posti di lavoro e infine, sempre con la stessa cifra, mettere in sicurezza 1.000 scuole di cui beneficerebbero 380.000 studenti creando così altri 15.000 posti di lavoro

Un modello di difesa che tenga conto del peso delle armi sullo sviluppo economico nazionale, come ci ricorda la ricerca della Brown University (Usa) che mostra come per ogni milione di dollari investito nel settore armi si creano 8 posti di lavoro, gli stessi posti che si otterrebbero con lo stesso investimento in programmi di sviluppo legati all’energia rinnovabile (solare, eolico, biomasse). Che però diventerebbero 14 con lo stesso investimento nell’assistenza sanitaria, nel trasporto pubblico o nelle ferrovie; e che sarebbero 15 se l’investimento avvenisse nel sistema educativo pubblico e soltanto 12 se investito nella climatizzazione delle abitazioni.

Si può naturalmente partire dalla cancellazione dei programmi più scopertamente vergognosi e scandalosi – come quello che riguarda gli F35 – come, appunto, punto di partenza di una consapevolezza di una necessaria riconversione delle politiche e del sistema militare-industriale – non come strumento di razionalizzazione delle spese stesse, cercando pure il consenso in tempi di crisi e di ristrettezze di bilancio.

Tra l'altro, come hanno dimostrato più volte la rivista «Alteconomia» e il suo redattore Francesco Vignarca, non è prevista alcuna penale per l'uscita da quel programma - e gli stessi Usa stanno profondamente rivedendolo.

NON PAGARE IL DEBITO, TAGLIARE LE SPESE MILITARI

In questo senso l’approccio è analogo a quello della campagna “Rivolta il debito”: il problema non è più principalmente “chi deve pagare il debito”, ma la consapevolezza che il debito pubblico che si è formato in Italia (come nel resto d'Europa) è in gran parte illegittimo e per questo non deve essere pagato affatto.

Lo stesso vale per il bilancio della difesa: va drasticamente tagliato perché si può e si deve fare a meno dello strumento delle forze armate come concepito dal “pensiero unico della difesa” che ha visto sempre concordi le forze politiche da An al Pd (con brutti scivoloni anche di Prc e dintorni...).

E una parte del debito pubblico si è formato anche per permettere di tenere alte le spese della difesa, come chiedevano la Nato e gli Usa: interessante al proposito uno studio del 1999 del Government Accountabilty Office del Congresso statunitense (Nato: implications of European Integration for Allies’defense spending) che sosteneva: «Essendo le spese per la difesa una porzione relativamente piccola del bilancio dello stato, dovrebbero essere facilmente protette dai tagli. Comunque, anche se il sostegno per i tagli alla difesa è minimo, potrebbe diventare un obiettivo attrattivo: la pressione per ulteriori aumenti per le pensioni e la sanità dovute all'invecchiamento della popolazione metteranno a rischi i bilanci futuri in molti paesi europei. Una forte crescita economica è chiaramente la chiave per fornire ai governi la flessibilità necessaria a equilibrare bisogni e risorse». La storia di questi anni ci racconta come è andata: la crescita è stata debole, la spese per pensioni e sanità è diminuita e le spese militari sono aumentate - per la gioia dei nostri «alleati» statunitensi - e intanto aumentava il debito pubblico.

La campagna contro il pagamento del debito e quella contro le spese militari sono profondamente connesse; per questo una parte dell’audit dei cittadini sul debito pubblico dovrà riguardare le spese militari come forma specifica di illegittimità della destinazione dei fondi con cui si è formato il debito pubblico.

pc 11 gennaio - locandina da firenze

pc 11 gennaio - la campagna di solidarietà internazionale con la guerra popolare in india - Firenze 14 gennaio al CPA

Settimana di Solidarietà con la Guerra Popolare in India

SABATO 14 GENNAIO 2012

INIZIATIVA - DIBATTITO

ORE 18.30

Video intervista a Arundhati Roy la nota scrittrice antimperialista e un
video sulla guerra popolare in India fino agli ultimi avvenimenti -
l'assassinio del leader maoista Kishenji, responsabile dell'esercito
popolare, i suoi funerali, lo sciopero generale realizzato il 3-4 dicembre

mostra fotografica e altro materiale informativo diretto in italiano e in
altre lingue sulla lotta di liberazione guidata dai naxaliti indiani


0RE 19.30
INTERVENTO DI UN ESPONENTE DEL COMITATO INTERNAZIONALE DI SOSTEGNO ALLA
GUERRA POPOLARE IN INDIA

Nel corso dell'assemblea sarà letto un messaggio ai partecipanti del Partito
Comunista Indiano maoista

A SEGUIRE CENA POPOLARE E CONCERTO TRIBUTO A BOB MARLEY

CPA FI-SUD VIA VILLAMAGNA 27A

www.cpafisud.org

Bus 3,8,23,32,33
_______________________________________________

pc 11 gennaio - manifestazione antifascista a saint denis parigi

dal giornale prolosso dai maoisti francesi 'la cause du peuple'


dimanche 8 janvier 2012
Compte rendu de la manif' antifasciste à St Denis
Nous étions aujourd'hui à la manifestation contre le meeting du Front National à St Denis.
Après un premier tour du centre ville, la manif' s'est dirigée vers Porte de Paris où un autre groupe l'a rejointe.
La Manif' s'est ensuite dirigée vers la Plaine St Denis où avait lieu le meeting de la "galettes des rois"organisé par le FN avec la présence de Marine Le Pen. Arrivés sur place, les militants antifasciste ont (évidemment) trouvé porte close et comité d'accueil.

Un cordon, puis des barrières ont alors été déployés afin de physiquement barrer la route au Front National, ce qui a généré quelques bousculades pour empêcher d'entre les frontistes sous les slogans, "Le Pen dégage, à St Denis on veut pas de toi !", "Le Pen milliardaire, à St Denis t'as rien à faire" et autres "Le fascisme c'est la gangrène, soit on l'élimine soit on en crève !"




A 15h30, heure de début du meeting, les flics se sont fait bien plus pressant. La manif' a alors rebroussé chemin.
Cette manif' fut dynamique et combattive, avec la volonté de ne laisser aucun frontiste passer la barrière. Tout le monde est resté sur place malgré quelques individus qui appelaient 5mn après être arrivés à repartir sur St Denis. Le surnombre policier et la souricière dans laquelle se trouvaient les manifestants a obligé tout le monde à repartir sous la pression policière.


La Cause du Peuple

Des nouvelles du campement de St Denis
Les familles expulsées de St Denis en plein hiver par la préfecture sous prétexte que leur logement était insalubre risquent à nouveau de se faire expulser de leur campement. Après l'expulsion, elles avaient chercher refuge auprès de la mairie et avaient ainsi installé un campement sur le parvis. Mais la mairie de St Denis a saisi le tribunal administratif pour demander le démantèlement du campement. Evidemment, aucune solution de relogement n'a été proposée...


Après La Courneuve et Montreuil, ce nouveau campement témoigne de l'ampleur de la "crise" du logement qui existe en Seine St Denis. En réalité, cette crise bénéficie aux promoteurs car elle maintient artificiellement des prix bien trop élevés. Résultat, ce sont les travailleurs et travailleuses qui en souffrent. Rappelons qu'il existe au moins 50 000 logements vides rien que dans le 93 !


Face aux expulsions, élargissons la résistance !


La Cause du Peuple

pc 11 gennaio - indagati ad alessandria per presidio no tav

Alessandria: comunicato stampa indagati presidio No Tav
"ORA E SEMPRE NO TAV"
Nei primi giorni del 2012 ci sono stati recapitati alcuni avvisi di garanzia
con l'accusa di partecipazione/ organizzazione di manifestazione non
autorizzata. Il riferimento è al presidio davanti alla Prefettura di
Alessandria svoltosi l'estate scorsa, in modo del tutto spontaneo, in seguito
allo sgombero violento ( 27 giugno 2011) della Maddalena in Val Susa e ai duri
episodi di repressione di cui sono stati fatti oggetto i valsusini in una Valle
militarizzata, in quel giorno e nei giorni successivi. Presidio di solidarietà
spontaneo ed improvvisato, come tanti altri che si svolgevano in quei giorni in
tutta Italia.

Veniamo accusati di avere organizzato la manifestazione (o anche di avervi
semplicemente partecipato!) in riferimento ad un "regio decreto" di epoca
fascista (1931).

Ci si accusa di avere in quell'occasione esposto lo striscione storico dei
comitati contro l'alta velocità nell'alessandrino, il Terzo Valico; di aver
volantinato e scandito slogans a favore della lotta all'alta velocità ed in
sostegno ai no tav valsusini, come per es. "ORA E SEMPRE NO TAV".

Gli spazi di libertà si vanno sempre più restringendo pericolosamente anche
nel nostro territorio: vogliamo porlo all'attenzione di tutti.

Gli avvisi di garanzia arrivano a distanza di 6-7 mesi dal presidio ma la
tempistica è molto chiara: arrivano dopo pochi giorni dall'annuncio dello
stanziamento dei fondi per i lavori del Terzo Valico, tratta alta velocità MI-
GE, e a cavallo tra le due partecipate assemblee no tav svoltesi nel tortonese
di recente, occasioni in cui in tanti, provenienti da tutta la provincia, si
sono ritrovati per ribadire la contrarietà ad un'opera inutile, fortemente
impattante sull'ambiente e pericolosa per la salute delle popolazioni.

Un' opera ormai oggi in via di attivazione e per cui verranno spesi oltre 6
miliardi di euro, l'equivalente del taglio alle pensioni, in un momento in cui
vengono imposti gravi sacrifici economici alle fasce sociali più deboli.

L'avviso è stato recapitato solo ad alcune persone, con una scelta non
casuale, che mira a colpire alcune delle realtà che hanno praticato lotte
sociali nel territorio negli ultimi anni: membri di comitati che hanno
partecipato a lotte in difesa dell'ambiente nella nostra zona,esponenti delle
realtà anarchiche della provincia, membri di Rifondazione, un operatore di
una nota comunità locale, un consigliere comunale.

Lo riteniamo un gesto grave, di stampo intimidatorio ed in chiave "preventiva"
per i mesi a venire ed in vista dell'avvio dei lavori.

Ribadiamo il nostro pieno sostegno alla lotta dei valsusini ed il nostro
impegno sui territori in quella contro il progetto del Supertreno Milano-Genova
-Terzo Valico: crediamo che esprimere il dissenso sia un diritto, ed è quello
che abbiamo fatto e che faremo, insieme alle numerose realtà ed ai cittadini
che non sono convinti dell'utilità di questa "Grande" opera

pc 11 gennaio - una denuncia antifascista da bologna

Bologna, 20/12/2011



A TUTTE LE COMPAGNE ANTIFASCISTE

A TUTTI I COMPAGNI ANTIFASCISTI



La sera dello scorso 7 dicembre si sono aggirati per ore (4 o 5 ore!), nel comprensorio di via del Pratello, tre loschi personaggi provenienti dagli ambienti dell'estrema destra FASCISTA che, da varie testimonianze oculari, risultano aver messo in atto comportamenti assolutamente CONTRARI ALLA DIGNITÀ INDIVIDUALE della popolazione, storicamente antiautoritaria, della zona in questione.

Si parla, in particolare di donne (cui sono stati rivolti epiteti quali “puttana comunista”) ed immigrati (ad uno dei quali pare addirittura sia stata spenta una sigaretta in testa!).



Questo fino a quando, verso le 3 della stessa notte, un compagno, esasperato da quello spettacolo indegno, ha deciso di porvi fine sparando un colpo d' arma da fuoco che ha colpito uno dei suddetti individui alla gamba.



Riportiamo pubblicamente questi fatti poiché sembra incredibile, a chi ha vissuto lungamente la città di Bologna, che non si sia riusciti a trovare una soluzione più tempestiva e partecipata che non tollerare per lunghe ore ed aspettare che un compagno si giocasse la libertà vedendosi costretto ad ingaggiare una solitaria lite conclusasi con un colpo d' arma da fuoco.



Via del Pratello è da lunghissimo tempo una roccaforte del pensiero antifascista, degli stili di vita antiautoritari, dell' organizzazione del dissenso, della libera socialità: NON PUO' NÈ DEVE TOLLERARE CHE FATTI DEL GENERE SI RIPETANO, è necessario uno sforzo d' autocritica e d' organizzazione.



In questi frangenti ci troviamo a dover porgere all'unica persona che sia riuscita a fare qualcosa quella notte (e che ora si trova in stato di carcerazione preventiva) la nostra più sentita solidarietà: a ben vedere la responsabilità per la sua prigionia è anche di tutti noi.



Quando ci sottraiamo all' organizzazione collettiva per resistere a chi non ha rispetto per l' altrui libertà, diversità, individualità ci rendiamo responsabili delle conseguenze drammatiche che, in un modo o nell'altro, ciò potrà causare.



Pensiamo che via del Pratello non possa essere solo aperitivi: la libertà va difesa con costanza, non può essere vissuta solo nelle circostanze e nei modi più comodi e leggeri ma anche nelle sue necessarie implicazioni di lotta.



Collettivo Malasorte

Bologna

pc 11 gennaio - Palermo, Crisi e sciopero del 27 gennaio... il dibattito continua

il Circolo di proletari comunisti di Palermo partecipa al

2° appuntamento … sulla crisi e verso lo sciopero generale del 27 gennaio 2012

MERCOLEDI' 11 GENNAIO ORE 17
PRESSO UNIONE SINDACALE DI BASE
VIA MICHELE CIPOLLA 74


... Dopo il primo appuntamento tenutosi all'interno dell'istituto Regina Margherita occupato prima della pausa natalizia, ecco il secondo appuntamento di confronto e di azione di realtà del sindacalismo di base, collettivi territoriali, centri sociali, collettivi universitari e studenti medi per continuare un ragionamento unitario per la costruzione di un percorso di lotta nei quartieri popolari e nella città.


Unione Sindacale di Base
Slai Cobas per il sindacato di classe
Circolo Proletari Comunisti
RedBlock
Partito Comunista dei lavoratori
Collettivo P.zza Tenente Anelli in lotta contro le antenne killer
Comitato di Lotta per la casa 12 luglio
Coordinamento Studenti Medi Palermo
Laboratorio Occupato "Vittorio Arrigoni"
Studentato Autogestito Anomalia
Collettivo Universitario Autonomo

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Riportiamo alcuni interventi di cui abbiamo preso qualche nota del primo incontro

A seguito della giornata di lotta studentesca a ridosso delle vacanze natalizie, a Palermo si è tenuta al liceo psicopedagogico occupato Regina Margherita, un'assemblea di movimento promossa dagli studenti medi che hanno posto la necessità di allargare la discussione sulla crisi del sistema del capitale ad altri settori sociali, sindacati di base…

Studenti medi: è necessario riappropriarsi degli spazi, per sviluppare altri saperi e attività… dopo il corteo degli studenti abbiamo deciso di occupare per affermare questo e subito ci siamo trovati il preside contro che ha provato a non farci entrare…
Il tema della crisi/debito sovrano imposto dall'alto offre diversi spunti di riflessione su come riuscire a mettere in campo trasformazioni sociali da parte di chi la crisi la sta pagando. Le contraddizioni di questa società stanno venendo fuori, vedi le rivolte arabe, wall street ecc.

Anomalia: Si tratta di un percorso che prova ad avere un'accelerazione in questa fase, un salto di qualità, la "luna di miele" Monti/popolo è destinata a scontrarsi con la realtà dei tagli, della riforma delle pensioni e del lavoro. Il Ministro Profumo ha detto che "la riforma Gelmini non si tocca" in piena continuità con il governo Berlusconi.
Difficile mobilitare, far capire che la crisi è pesante, ma occorre provare a far uscire tematiche che prendono in termini di massa. No quindi ad un linguaggio astratto, bisogna riuscire in questa fase a parlare con un linguaggio toccabile con mano, che le realtà antagoniste in lotta si mettano attorno ad un tavolo, permanente, di analisi e di discussione per arrivare a costruire una piattaforma di lotta cittadina all'altezza della situazione, guardando all'importanza degli interventi nei quartieri popolari (su cui si è iniziato a discutere con altre realtà come lo Slai Cobas per il sindacato di classe e l'Usb), al passaggio della mobilitazione relativa allo sciopero dei sindacati di base il 27 gennaio, Equitalia/Serit è tra le più odiate da tutti i settori non solo proletario ma anche commercianti ecc, alla questione lavoro/salario garantito, case e servizi sociali.
Una piattaforma quindi più comprensibile e accessibile in un contesto di quartieri popolari per sfociare in una mobilitazione collettiva per iniziare un percorso di lotta dandosi dei tempi.

Usb: questa riunione è importante e spero che non sia come altre volte che tutto si è perso nel vuoto… questi momenti di analisi sono importanti, la situazione è veramente difficile e si rischia che poi sia tardi, lo sciopero del 27 può essere un passaggio significativo… Si potrebbe anche dire che òa crisi è "falsa" , quasi che i padroni se la inventano per i loro scopi e profitti…

Collettivo P.zza Tenente Anelli in lotta contro le antenne killer : la crisi rafforza il sistema capitalistico, ma che la crisi sia stata provocata a tavolino non esiste… il proletariato esiste, bisogna vedere come affrontare la crisi e costruire l'alternativa. Bisogna partire dall'autorganizzazione come abbiamo fatto nel nostro quartiere, dal basso ci si incontra e ci si organizza contro il "nemico" in questo caso i ripetitori. Monti è frutto della politica economica… sono d'accordo con le proposte.

Studentessa Cua: Con la fine del Berlusconismo vi è stato calo di fase delle mobilitazioni, la gente in generale non identifica più in una persona la causa dei problemi ma inizialmente ha avuto sete di fiducia e nuove speranze nel nuovo governo. Oggi tra la gente si discute di problemi più veri, è uno spazio che ci si apre davanti. Lavorare sulla base del malcontento che viene fuori. Possiamo ragionare su potenzialità maggiori. Partire dai territori, dal lavoro quotidiano.


Anomalia: aggiungo a proposito che con la fine di Berlusconi non si parla più esclusivamente di escort ecc. ma di temi più concreti, lavoro pensioni. Ora c'è il governo capitalisticamente migliore. Questione di classe.

Comitato lotta per la casa 12 luglio: è un piacere partecipare al tavolo permanente, condivido il percorso. Oggi abbiamo deciso di essere qui e non in un altro raggruppamento. Purtroppo il Comitato senza casa è ridotto ai minimi termini. In generale ho notato da un lato un atteggiamento arrendevole (sarà perché a Palermo ci saranno le elezioni), e dall'altro lo sciacallaggio… Ora più che mai bisogna fare questo lavoro nei quartieri, nei territori, provare a riprendere (la questione casa si è aggravata), guardo con simpatia all'esperienza del quartiere Santa Rosalia.
Questo è il periodo della malapolitica e del malaffare, la gente si sta cominciando a ribellare. Ci sono esperienze, come quello del quartiere Santa Rosalia, da portare fuori da quel quartiere in collegamento con la questione lavoro, disoccupazione… il governo Monti è il frutto malato di una politica marcia da destra e da sinistra, a Palermo espressione trasversale.
Sciopero generale del 27 momento di passaggio, organizzare un momento forte contro la politica marcia, anche dormendo dentro il palazzo del comune, bloccando il consiglio comunale…

Pcl: Con Monti il livello dello scontro aumenta, si vuole far passare l'idea di un volto dal capitalismo umano, che arriva a commuoversi mentre fa la macelleria sociale. È molto pericoloso. Elemento in più di governo di tecnici/professori che si presentano "bene" alla gente. Passaggio al governo Monti con il concorso dei poteri forti. Il fronte unico nazionale borghese è la comunione trasversale degli interessi.
Rendiamo permanente e capillare a livello locale questo tipo di riunioni… condivido il di lavorare sui quartieri… Il peggio non è passato ma deve ancora arrivare. Darsi dei programmi, il coordinamento che nasce oggi spero che non vada a vuoto.

Redblock: Il luogo dove stiamo facendo questa riunione è di buon auspicio. Unità sì ma senza principi no, si può costruire ma su una base comune. Le pratiche devono essere più chiare, i cortei studenteschi, gli scioperi selvaggi, l'occupazione della scuola… sono una buona base da cui partire.
Quello Monti è per loro il miglior governo della borghesia possibile… dalle pratiche che si mettono in pratica si pongono le differenze con chi dice di opporsi: blocco/sciopero o bivacco come davanti al teatro Massimo?
Il 15 ottobre è servito per schierarsi. È necessario il fronte unito in questa fase contro il governo "presentabile". Partire dalle esperienze concrete come il villaggio Santa Rosalia è importante.

Slai cobas per il sindacato di classe: questa occupazione è un segnale positivo, altro segnale positivo la manifestazione che abbiamo fatto il 2 dicembre in collegamento con le altre realtà, si tratta di piccoli segnali contro il nemico principale, il governo Monti di unità nazionale, non si poteva aspettare e il 2 dicembre abbiamo fatto la nostra parte… il governo sta andando rapido, e nel frattempo è stato pure firmato il contratto unico per il settore auto, un altro passo verso il fascismo padronale. No fare lo sciopero significa non capire…, di fatto c'è il tentativo di abolizione della Fiom che dovrà fare una lotta durissima…
Questo governo parla di futuro dei giovani, ma il futuro non c'è… hanno rubato pure il sogno del futuro…
L'austerity era una parola in voga negli anni '70 per dire che c'era la crisi e l'abbiamo conosciuta tanti anni fa, e il capitale l'ha superata. Le crisi il capitale le supera se non lo si impedisce con la lotta giusta. "Tavolo" momento opportuno per approfondire.
La borghesia è ben organizzata, altro che tavoli permanenti, ha un tavolone permanente e noi al loro tavolo dobbiamo contrapporre il nostro…
La crisi va presa sul serio: Napolitano dice che "anche i poveri devono pagare", le lotte dei Cantieri Navali e Pomigliano sono segnali di protesta, il periodo di "luna di miele" passerà rapidamente.
Quello che ci accomuna qui dentro è la lotta concreta. Per noi va bene vederci costantemente: un obiettivo comune di lotta può essere quello della lotta alla disoccupazione e per il salario minimo garantito, una parola d'ordine che prima era solo nostra e adesso la dicono anche i padroni e il governo… e che bisogna saper utilizzare.

martedì 10 gennaio 2012

pc 10 gennaio - ALL’ILVA DI TARANTO FIM,FIOM,UILM E AZIENDA FIRMANO UN ACCORDO SUL CAMBIO TUTA ILLEGALE – RIVA COME MARCHIONNE.

L’accordo firmato da tutti e tre, fim, uilm e fiom, all’Ilva di Taranto, nella più grande fabbrica d’Italia con circa 12 mila operai, costituisce un precedente pericoloso.
Da un punto di vista economico dà una miseria. In sintesi dà 1,95 euro lordi per giornata di presenza – che tassate del 10% diventano 1,75, e una tantum di 1.750 euro in due tranches: 1000 con la busta paga di gennaio 2012 e 750 con quella di settembre 2012; viene imposta la firma di una liberatoria per bloccare ricorsi in corso o futuri; le somme date non saranno computati ai fini del ricalcolo di istituti retributivi diretti e/o indiretti, tra cui il TFR.
L’una tantum di 1.750 euro viene riconosciuta per intero solo agli operai con “anzianità aziendale minima di cinque anni”, tutti gli altri la riceveranno in proporzione alla loro anzianità – quindi soprattutto i giovani operai vengono ulteriormente penalizzati. Infine, i lavoratori che hanno fatto ricorso non solo devono rinunciarvi, ma devono anche farsi carico delle spese legali che superino le 300 euro.

Ma ciò che è più grave è che questo accordo scambia un diritto retributivo certo per una concessione aziendale.
Invece di parlare di un diritto previsto da leggi e sentenze anche della Cassazione che l’Ilva ha violato in tutti questi anni, si parla di “premio di presenza”, una sorta di “indennità” data dall’azienda sulla base dell’accordo del 20.5.1989 sulla produttività, e – come è scritto nell’accordo - “in assenza di obblighi specifici”. Col rischio che in futuro, essendo non una parte della retribuzione certa ma appunto un “incentivo legato alla produttività”, l’Ilva potrà anche toglierlo.
Questo è illegale! Leggi, sentenze anche della Cassazione hanno ormai acclarato che il cambio tuta è a tutti gli effetti orario di lavoro, e quindi è una parte della retribuzione.

Ma l’illegalità non finisce qui. Per la prima volta un accordo sindacale che deve riguardare tutti gli operai, prevede che ogni operai per avere l’indennità e le 1750 euro devono sottoscrivere una liberatoria, altrimenti niente! Questo è fuori da ogni norma sindacale. E’ come se l’aumento stabilito a seguito di un rinnovo contrattuale venisse dato solo agli operai che firmano una “liberatoria-transazione” individuale e agli altri, No, facendo passare una illegale discriminazione tra gli operai.
E’ chiaro che essa ha un senso solo ed esplicitamente ricattatorio verso gli operai (già gli operai denunciano che alcuni capi vanno dicendo che a chi non firma faranno vedere i “sorci verdi”); usando un diritto per rinnovare il clima di strapotere, perenne minaccia che ha sempre attuato padron Riva, e permesso da fim, uil, con la Fiom al massimo lamentosa.
E’ chiaro d’altra parte che questa liberatoria individuale è anche di fatto una sconfessione della rappresentanza sindacale. Ma per Fim e Uilm non c’è problema, visto che all’Ilva di Taranto sono stati sempre più servi dei servi, facendo carriera nazionale (vedi l’ex segretario uilm Palombella, ora segretario nazionale); per la Fiom siamo alla sceneggiata penosa: prima aveva detto che non avrebbe assolutamente firmato, poi ni, e infine ha firmato l’accordo e ora arriva anche a far passare come tutela della volontà dei lavoratori la firma della liberatoria, che è invece una vera e propria estorsione aziendale.

In questa situazione, è l’azienda che tira le fila. E all’Ilva di Taranto va in atto in questi giorni una specie di replay di quello che è avvenuto alla Fiat di Pomigliano e di Mirafiori.
E’ padron Riva che mette delle locandine di avvisi in fabbrica; che, continuando nello stravolgimento, parla di “accodo relativo al miglioramento dell’efficienza e della produttività” (quindi, che fine ha fatto il cambio tuta?); è padron Riva, come Marchionne, che propaganda il referendum che si tiene in questi giorni (dal 9 al’11 gen); è sempre padron Riva, e i suoi capi, che consegna i moduli della “liberatoria” e che stabilisce le modalità e i tempi della riconsegna firmata da parte degli operai.

Come si vede, senza opposizione, il fascismo padronale avanza e va oltre.
Ora l’Ilva di Taranto – che già, come disse Palombella Uilm, aveva fatto scuola per il contratto Pomigliano (su turni, riposi, ecc.), oggi rischia di fare scuola anche su questo diritto del ‘cambio tuta’, ma soprattutto sulla “liberatoria”. A quando gli operai dovranno passare per le forche caudine della firma di una liberatoria tombale per avere uno straccio di aumento contrattuale?

pc 10 gennaio - SI VA AD UN ABBRACCIO TRA FORNERO-CGIL, CISL, UIL- MARCEGAGLIA

E' un coro unico: gli incontri finora tra Min. Fornero e OO.SS sono andati bene. Tutti concordi sul fatto che non si vuole parlare (per ora) formalmente della cancellazione dell'art. 18, e tutti disponibili a rivedere le norme contrattuali.
Abbiamo già mostrato ieri, sull'art. 18, come in realtà lo si tocca eccome nelle proposte in discussione in questi giorni: per 3 anni le aziende hanno, se passa la riforma del mercato del lavoro indicata dalla Fornero, il via libera a licenziare.
Abbiamo già denunciato l'ipocrisia di affermare che questa riforma favorisce l'occupazione dei giovani, quando è evidente invece che si potranno contare sulle dita di una mano i passaggi a Tempo Indeterminato dopo i 3 anni del "lungo periodo di prova", perchè i padroni preferiranno sempre licenziare e prendere altri da sfruttare per altri 3 anni, piuttosto che stabilizzare.
Ciò che è già in discussione è, quindi, la libertà di licenziare, di attuare una flessibilità del mercato del lavoro; non la possibilità di aumentare le assunzioni!
D'altra parte non è affatto vero che viene sospeso l'art. 18 solo per i nuovi assunti; Pdl e la parte "pensante" del PD, rappresentata da Pietro Ichino dice che per tutti i lavoratori l'art. 18 resta solo per i licenziamenti discriminatori e invece sparisce se fatto per "motivi economici" - quindi per tutti i lavoratori
Ma - tutti - in questi giorni hanno un unica parola: non si sta mettendo mani all'art. 18...

Sulla riforma del mercato del lavoro, per cui l'ipotesi in campo è il contratto di apprendistato come principale forma di assunzione, l'unanimità è poi assoluta.
"Camusso, Bonanni e Angeletti sono d'accordo nel fare del contratto di apprendistato il principale canale di accesso ai giovani al lavoro" (CdS 10.1.12).
Non c'è dubbio che sarà d'accordo anche la Confindustria visto che "Con l'apprendistato le aziende avrebbero il vantaggio di un costo del lavoro più basso e di poter licenziare il lavoratore nei primi tre anni" (CdS); e di una forte riduzione degli oneri previdenziali.

Così tutti: governo, sindacati confederali, confindustria vanno "giulivi cantando" verso il Tavolo comune.

I lavoratori, le lavoratrici, i giovani (che oltre il danno devono subirsi la beffa) non possono certo aspettare che questa "sacra alleanza" partorisca un ulteriore e grave passo avanti nell'attacco alle condizioni di lavoro e ai diritti fondamentali dei lavoratori. Occorre rompere questo loro bel "disegno".
Lo sciopero e la manifestazione nazionale a Roma del 27 gennaio indetta dai sindacati di base deve essere espressione di questa necessità di rottura!

pc 10 gennaio - assemblea a pioltello, buona partecipazione ma conclusioni assai discutibili

il comunicato ufficiale conclusivo/ il report di un compagno dello slai cobas per il sindacato di classe milano presente all'assemblea/ un nostro commento

comunicato ufficiale

L'assemblea di domenica 8 gennaio a Pioltello, che ha visto la presenza di oltre 150 persone, provenienti da varie cooperative (Esselunga-Pioltello, Ortofin - Settala/Liscate, Fiege - Brembio, Tnt-Piacenza, Sda-Carpiano, DHL-S.Giuliano, il Gigante-Basiano) e fabbriche (Jabil, Maflow, Marcegaglia), e in rappresentanza delle varie forze che stanno sostendendo il presidio permanente davanti a Esselunga, ha definito i seguenti punti di lavoro e di azione unitaria


1) Piena solidarietà alla lotta ad oltranza messa in piedi dagli operai delle cooperative dell'Esselunga di Pioltello
Dopo gli attacchi al presidio di inizio anno e la risposta di giovedì notte, è fondamentale rafforzare la presenza davanti ai cancelli e produrre nuove azioni di lotta capaci di mantenere la pressione su Esselunga e sulle cooperative ad essa affiliate. Inoltre va rilanciata la battaglia, finora vincente, per una cassa di resistenza che permetta agli operai in lotta di mantenere l'attuale posizione.
Per definire un adeguato calendario di mobilitazione: assemblea venerdì 13 gennaio alle ore 21 davanti ai cancelli. Seguirà volantinaggio al cambio turno


2) Unifichiamo le diverse esperienze di lotta che la classe operaia e l'insieme dei lavoratori stanno mettendo in campo
Le risposte concrete agli attacchi specifici e generali che i proletari stanno subendo in questa fase son ol a premessa. Di particoalre importanza è proseguire sulla strada, che ha cominciato a esprimersi attivamente nell'assemblea di domenica, di unificazione del movimento di lotta nelle cooperative con le battaglie di resistenza che stanno producendo gli operai di diverse fabbriche in crisi.
Da questo punto di vista si è decisa la partecipazione con la più ampia delegazione possibile all'assemblea indetta dai licenzaiti della Wagon-lits convocata per mercoledì alle 16 al binario 21 della stazione centrale. L'appuntamento per tutti i sostenitori della lotta dell'Esselunga è alle ore 15,30 di mercoledì nell'atrio della stazione


3) Indiciamo per il giorno 27 gennaio una giornata di sciopero con manifestazione a MIlano
Pensiamo ad una manifestazione capace di mettere in campo la prospettiva di cui sopra e di unificare, in piazza, le forze che intendono percorrerla. Pur con tutte le perplessità che derivano dell'ennesimo sciopero generale indetto dal sindacalismo di base che rischia di essere velleitario e auto-procalmatorio, si ritiene possa esere un'occasione utile per scendere in campo con una prospettiva politica di unificazione delle lotte reali, come già avvenuto il 16 novembre 2011
Nei prossimi giorni verrà quindi prodotto un appello che va in questa direzione, su cui puntare a organizzare assemblee diffuse tra i lavoratori dei diversi comaprti e in diverse città della regione, per giungere ad un'assemblea unitaria che definisca i contenuti specifici e le forme della mobilitazione qui proposta



Report assemblea Esselunga a Pioltello:
Il posto dell’assemblea è nel
cuore del quartiere Satellite, una sorta di centro civico dove vi sono
allocati bar, bocciodromo, campo sportivo e sale riunioni.
Ma se il
posto scelto per l’assemblea era ottimale fuori e intorno ad essa è
andata in scena quello che sarà il leitmotiv che si prospetta per ogni
iniziativa dei lavoratori (e che questo governo di tecnici, dalla
faccia “pulita”, userà come unica risposta alla difesa del lavoro,
salario, ecc.) :lo stato di polizia. Infatti in bella mostra di sé un
comitato “d’accoglienza” costituito da 4 cellulari della celere, una
macchina di carabinieri e una di polizia, 5/6 auto della digos e una
ventina di questi soggetti, a chiarire il tutto. Cosa che ha fatto dire
alle persone dentro i bar intorno alla struttura “ma c’è una
manifestazione” e quando gli è stato detto che era un’assemblea
pubblica dei lavoratori dell’esselunga un poco si sono straniti.

Nonostante il cordone sanitario l’assemblea è stata molto partecipata,
in tutto circa 150 in una sala che al massimo ne poteva raccogliere 70,
e che ha visto la presenza di molti lavoratori di molte cooperative,
oltre Esselunga, della TNT-SDA-Bennet provenienti da altre province; le
realtà che animano il presidio permanente davanti la logistica e altre
realtà che sono state presenti alle varie iniziative di sostegno a
questa lotta.
L’assemblea è stata introdotta da un rappresentante del
comitato, che ha spiegato il modo di procedere che si era scelto:
apertura di spiegazione degli obiettivi dell’ass., poi interventi dei
lavoratori delle cooperative, a seguire le altre realtà in lotta e per
finire le altre realtà sindacali e politiche presenti.
Primo
intervento: questa assemblea non vuol ripercorrere il solco delle altre
assemblee fatte per discutere e decidere le iniziative specifiche all’
Esselunga, ma fare il quadro della situazione generale e costruire i
passaggi unitari per incidere. Ha poi ripercorso i vari passaggi, a
partire da Origgio, sottolineando che si sono raggiunte delle vittorie,
ma che alla fine si sono mostrate come vittorie di Pirro, perché
isolate e perché le varie sigle che seguivano queste lotte lo facevano
in un ottica soggettiva. Ha quindi ripreso il volantino di convocazione
ed ha sintetizzato il tutto in due proposte: 1) uno sciopero grosso in
Esselunga da sostenere tutti per dare un “calcio nei denti” a Caprotti
(è stato spiegato che la data la si comunicava in separata sede per
evitare i problemi che si sono presentati cioè il fatto che l’azienda
sapeva in tempo dello sciopero e cambiando la turnazione è riuscita a
farlo fallire); 2) il 27 gennaio una giornata di mobilitazione a Milano
per dare un segnale e che mostri la costruzione di un reale
coordinamento di lotte e di sostegno alle lotte. In questo senso si è
proposto una delegazione che mercoledì 11 vada all’assemblea dei
lavoratori dei Wagon Lits in stazione .
2) operaio licenziato
Esselunga: la nostra lotta non è solo contro questo sistema
(capitalista), ora questo sistema è vero imperialismo (finanziario); in
Italia stanno facendo quello che hanno fatto 30 anni fa in Sud America.
Poi ha parlato di alcuni aspetti : la solidarietà di classe (nel loro
piccolo loro non si sono sentiti soli); l’unita della classe operaia è
la cosa più importante, l’azione è principale.
3) operaio della TNT di
Piacenza : ha spiegato in maniera parziale la loro lotta, ha
sottolineato che per vincere hanno contato due aspetti –forza e
determinazione-, ha concluso col sostegno pieno ai lavoratori
Esselunga.
4) Operaio Jabil: ha letto un messaggio di solidarietà ai
lavoratori esselunga e ha spiegato la loro vicenda che li ha condotti
ad occupare la fabbrica contro i licenziamenti.
5) delegato rsu UBS: si
è presentato come critico dentro la cgil e che condivideva l’
impostazione che è stata data alla lotta nelle cooperative e le
critiche alla cgil. Ha detto che era necessario andare oltre le
rispettive organizzazioni, resistere e allargare. E visto che
logistiche e ferrovie sono le aziende che ancora fanno profitti per
incidere occorre fare scioperi che blocchino la circolazione delle
merci.
6) operaio metalmeccanico: visto che era stato posto il
superamento dei vecchi coordinamenti, ha cercato di spiegarne le
ragioni di questi fallimenti, dicendo che la ragione era il fatto che
non si era riusciti a dare continuità ai percorsi di lotta e unità. Ha
continuato dicendo che era necessario costruire un coordinamento e
allargare ad altre realtà in lotta questa proposta, iniziando mercoledì
11 andando in delegazione in Stazione Centrale, MI, dai lavoratori
licenziati da FS.
7) compgno del presidio permanente: il suo è stato un
discorso tutto politico centrato sulla prospettiva di lottare per un
cambiamento dell’esistente e che la lotta in esselunga mette in luce,
insieme alla prospettiva di costruire l’unità che serve (ovvero unità
dal basso, poche parole e molti fatti)
8) delegato cgil esselunga:
anche lui si è detto critico dentro cgil e che è stato vicino ai
lavoratori delle cooperative mettendo in bacheca i loro volantini
togliendo la firma SiCobas; ha poi spiegato le difficoltà degli altri
lavoratori esselunga a scendere al fianco di quelli delle cooperative
spiegando il sistema Caprotti (sistema ottocentesco, da padre/padrone)
per depotenziare le lotte e mettere gli uni contro gli altri.
9)
rappresentante del comitato di sostegno i familiari e operai dell’
Eureco: ha parlato dell’Eureco, non per mettere in luce la battaglia
per la sicurezza, ma per parlare di cassa di resistenza e parlando dei
lavoratori Eureco senza lavoro.
Conclusioni: in sintesi oltre a
sottolineare le due proposte, la necessità e ruolo della cassa di
resistenza (le contraddizioni in seno alle famiglie dei lavoratori
licenziati), ha criticato alcuni degli intervenuti – da quelli della
cgil a quelli dei vagoni letto (se rimango sulla torre e non scendono a
bloccare i binari, non danno fastidio ma non ottengono niente lo
stesso) a chi solidarizza ma non si schiera- e col sindacalismo di base
che indice scioperi generali che tali non sono (loro hanno aderito al
27 col mal di pancia), ha concluso con un’analisi politica che di fatto
era un’esaltazione dell’autorganizzazione e lotta anticapitalista per
il cambiamento dell’esistente, ma non ha chiarito e non entrando nel
merito dei passaggi da fare per costruire la forza politica/sindacale
dei lavoratori e dei proletari.

un nostro commento

segnalato e apprezzato tutto il significato positivo di questa assemblea - 10 100 mille di queste assemblee in ogni città italiane - non condividiamo il terzo punto
del comunicato ufficiale
laddove si indice proprio per il 27 gennaio una manifestazione a milano, in contemporanea con la manifestazione nazionale indetta dalle varie forze del sindacalismo di base il 27 gennaio a Roma
non la condividiamo innanzitutto come metodo - la manifestazione a milano è fattibile in una altra data senza alcun problema - se la si vuole fare a milano è perchè oggettivamente ci si vuole smarcare dalla manifestazione nazionale indetta a roma - questo appare contradittorio con il fatto che il SI cobas che è la forza principale che ha promosso l'assemblea di Milano risulta essere almeno sulla carta
uno dei sindacati di base promotori dello sciopero e della manifestazione di roma
- si parla di unificazione delle lotte, ma a quanto pare per i compagni di milano, le lotte da unificare si fermano a milano- perchè anche la manifestazione di roma ha l'obiettivo di unificare le lotte,ma a livello nazionale, dato che la maggior parte delle realtà che sarà a roma speriamo è formata da chi organizza le lotte a livello nazionale al nord come al sud - saranno molto infatti i lavoratori, precari, disoccupati che saranno a roma dalle città del sud - lo slai cobas per il sindacato di classe di taranto e palermo ad esempio - le realtà in lotta di napoli ad esempio ecc.
- lo sciopero generale per quella data indetto dai sindacati di base viene poi definito ennesimo velleitario autoproclamatorio, lungi da noi dall'esagerare la vera portata di questo sciopero, però non si tratta di ennesimo, ma casomai il primo sciopero indetto contro il governo Monti e nella situazione nuova delineatasi e quindi la prima risposta organizzata a livello nazionale per offrire un punto di riferimento a tutto il movimento di lotta dei lavoratori - velleitario .. in base a cosa e da chi viene definito così - se per velleitario lo è anche quello del SI COBAS che lo proclama e poi .. se si pensa ai suoi obiettivi..lo sono anche e come quelli della manifestazione di milano, che è altrettanto velleitaria secondo questi criteri - autoproclamatorio.. detto da chi presente all'assemblea fa da sempre quasi solo e sempre quelli della FIOM è pura demagogia--
accuse facili facili a tutela di vera autoreferenzialità locale !
la scelta dell'asssemblea di milano è una scelta sbagliata

proletari comunisti
ro.red@libero.it
10 gennaio 2012