Sotto la giunta De Magistris e il governatore della casa del fascio Caldoro è peggiorato il clima di repressione contro i precari “Bros” e i movimenti di lotta per il lavoro
Inserito il 13 gennaio 2012 alle ore 13:39 da BROS UNO DI VOI!!!!!!
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Con un provvedimento importante sia giuridicamente che politicamente, il Tribunale di Napoli ha rigettato la proposta dell’ex questore Giuffrè di applicazione della misura di prevenzione personale nei confronti di uno dei delegati storici dei disoccupati, Salvatore Landolfi, chiudendo, di fatto, un primo capitolo della gravissima ondata repressiva di stampo neofascista che ha letteralmente cercato di distruggere o quantomeno intimidire i precari “Bros” e i movimenti di lotta per il lavoro in generale, ma soprattutto gli esponenti più rappresentativi da un anno a questa parte.
La repressione
Dall’ultimo anno del mandato della neopodestà DC Iervolino, fino ai primi sei mesi dell’investitura del “rivoluzionario arancione” De Magistris a palazzo S. Giacomo, vi è stata una vera e propria escalation repressiva senza precedenti contro i precari “Bros” che, oltre a non aver ricevuto nessuna risposta per un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato da parte dal governatore della Campania della casa del fascio, Stefano Caldoro, hanno visto togliersi, in estate, anche il misero sussidio che li sosteneva nella preparazione dei corsi di formazione per la raccolta differenziata. Fatti gravissimi che hanno fatto scattare la giusta e sacrosanta rabbia dei disoccupati e dei precari, i quali hanno inscenato manifestazioni, presidi, occupazioni, blocchi stradali sia nel centro napoletano che in periferia. Le istituzioni borghesi in camicia nera, con il questore Giuffrè e la ex neopodestà Iervolino in prima linea, hanno convocato il famigerato “Comitato per l’ordine e la sicurezza” per scatenare una delle più violente repressioni degli ultimi dieci anni contro il movimento di lotta. Arresti, intimidazioni, provocazioni, pestaggi hanno caratterizzato questo ultimo anno raggiungendo il culmine con la vergognosa carica nell’aula del consiglio comunale da parte dei vigili urbani agli ordini del loro capo, il fascista Sementa, che ha avuto mani libere dall’assessore alla “tolleranza zero” Narducci e dal nuovo podestà De Magistris, nel manganellare i senzalavoro che chiedevano un incontro con il megalomane e narcisista ex pm. Un accanimento particolare è emerso nei comportamenti dell’ex questore Giuffrè e del suo fido capo della Digos Trocina (da poco trasferito), che spesso reprimeva direttamente e personalmente i disoccupati: famosa la foto
con la quale cinge alla gola con un manganello un senzalavoro al momento di un arresto. Il questore, rispolverando la vecchia disposizione delle misure di prevenzione di epoca fascista, chiedeva una serie di provvedimenti diretti alla sorveglianza speciale nei confronti di diversi rappresentanti storici dei disoccupati appartenenti alle tante sigle e liste dei movimenti di Napoli e provincia. Per la prima volta, inoltre, veniva costituito da parte della Procura di Napoli, in estate, un pool contro i disoccupati, coordinato dal procuratore aggiunto Giovanni Melillo, e composto dai pubblici ministeri Urbano Mozzillo, Monica Campese e Raffaele Tufano. Il 14 novembre, dopo la giusta e salutare contestazione al neopodestà De Magistris di appena dieci giorni prima da parte dei precari “Bros”, scattavano decine di perquisizioni contro gli attivisti storici dei disoccupati di Napoli e pro-
vincia, tra cui Salvatore Annuale, Paola Bianco, Luigi Volpe, Antonietta Terracciano, Cuono De Maria, che venivano indagati addirittura per associazione a delinquere perché “si associavano tra loro e con altre persone in via di identificazione al fine di commettere una
pluralità di delitti contro l’incolumità pubblica, l’ordine pubblico, la persona, il patrimonio e la pubblica amministrazione mediante atti incendiari, danneggiamenti, invasione di edifici, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale”. Un atto particolarmente grave, unico nella storia del movimento dei disoccupati organizzati, di inaudita repressione e che si concludeva con un messaggio filtrato nel decreto di perquisizione, cioè che l’attacco alla “pubblica amministrazione” non può essere tollerato dalle istituzioni borghesi in camicia nera: ossia, chi tocca la giunta De Magistris verrà perseguito.
Il rigetto totale delle misure di prevenzione
Con il silenzio connivente della giunta, i delegati storici dei disoccupati hanno affrontato i primi procedimenti per l’applicazione della misure di prevenzione della sorveglianza speciale, spesso scortati dalla polizia in borghese o in divisa fino all’aula di udienza, in un clima di intimidazione molto grave e con nessun rispetto persino verso gli avvocati della difesa. Nel giro di un anno tra decine di udienze, migliaia di carte bollate e numerose richieste da parte della questura napoletana, venivano respinte tutte le misure di pre-
venzione da parte del Tribunale di Napoli, presieduto prima dal giudice Francesco Menditto e poi dalla dottoressa Beatrice Sasso che accoglievano i rilievi della difesa e le dichiarazioni, molto spesso toccanti, dei disoccupati incentrate sulla loro esigenza, finalmente, di lavorare. Particolarmente significativa è stata la vicenda di Salvatore Landolfi, cui la questura ha riservato una particolare quanto inquietante “attenzione”: sempre scortato dalla “forze dell’ordine”, nonostante non avesse nessuna misura restrittiva; una richiesta da parte della questura accompagnata da centinaia di pagine che ripercorrevano le giuste lotte di Landolfi senza effettivi riscontri concreti, ma piene di meri sospetti, illazioni e congetture; circa una sessantina di allegati che dovevano provare che Landolfi doveva essere un “sorvegliato speciale”, misura che generalmente viene comminata agli appartenenti alla criminalità organizzata camorristica. Il 19 dicembre scorso, con un provvedimento di rigetto della proposta di applicazione delle misure di prevenzione nei confronti di Landolfi, il Tribunale di Napoli accoglieva gli assunti della difesa e le dichiarazioni che aveva reso lo stesso Landolfi, rispedendo al mittente la proposta avanzata nel novembre 2010. Gli avvocati della difesa (Francesco Mario Passaro, Mauro Buono e Felice Consoli) hanno tra l’altro affermato, nelle loro arringhe conclusive, che “se la lotta per il lavoro a Napoli presenta delle vivacità interessanti, talvolta violente e che possono scandalizzare o preoccupare i cittadini o l’incolumità pubblica, come afferma il questore, chiediamo al Tribunale se non ci debba essere la stessa vivacità, lo stesso interesse, lo stesso sdegno, la stessa violenza, lo stesso scandalo nel vedere che un milione di cittadini, un quinto dell’intera Campania, sono ancora senza lavoro”. Certo è che la battaglia dei disoccupati organizzati non deve fermarsi alle importanti vittorie ottenute nelle aule di giustizia ma ha necessità di sprigionarsi nuovamente nelle piazze, con assemblee generali e manifestazioni che ricompattino il movimento di lotta affinché diventi unico e organizzato. I disoccupati stanno provando sulla loro pelle il grave clima neofascista che si vive nella Napoli della giunta De Magistris e nella Campania del governatore PDL Caldoro e del suo giannizzero assessore al “non lavoro” Nappi (UDEUR) che non hanno dato una sola risposta concreta sul tema della disoccupazione al pari dei loro predecessori Iervolino e
Bassolino. Su De Magistris e Caldoro ormai sono cadute le illusioni di “rivoluzione” o “cambiamento” di cui cianciavano i loro sostenitori; si sono dimostrati incapaci di risolvere, assieme ai rifiuti, il problema che stringe Napoli e la Campania in una morsa soffocante: la mancanza, ormai atavica, di un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato
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