L’accordo firmato da tutti e tre, fim, uilm e fiom, all’Ilva di Taranto, nella più grande fabbrica d’Italia con circa 12 mila operai, costituisce un precedente pericoloso.
Da un punto di vista economico dà una miseria. In sintesi dà 1,95 euro lordi per giornata di presenza – che tassate del 10% diventano 1,75, e una tantum di 1.750 euro in due tranches: 1000 con la busta paga di gennaio 2012 e 750 con quella di settembre 2012; viene imposta la firma di una liberatoria per bloccare ricorsi in corso o futuri; le somme date non saranno computati ai fini del ricalcolo di istituti retributivi diretti e/o indiretti, tra cui il TFR.
L’una tantum di 1.750 euro viene riconosciuta per intero solo agli operai con “anzianità aziendale minima di cinque anni”, tutti gli altri la riceveranno in proporzione alla loro anzianità – quindi soprattutto i giovani operai vengono ulteriormente penalizzati. Infine, i lavoratori che hanno fatto ricorso non solo devono rinunciarvi, ma devono anche farsi carico delle spese legali che superino le 300 euro.
Ma ciò che è più grave è che questo accordo scambia un diritto retributivo certo per una concessione aziendale.
Invece di parlare di un diritto previsto da leggi e sentenze anche della Cassazione che l’Ilva ha violato in tutti questi anni, si parla di “premio di presenza”, una sorta di “indennità” data dall’azienda sulla base dell’accordo del 20.5.1989 sulla produttività, e – come è scritto nell’accordo - “in assenza di obblighi specifici”. Col rischio che in futuro, essendo non una parte della retribuzione certa ma appunto un “incentivo legato alla produttività”, l’Ilva potrà anche toglierlo.
Questo è illegale! Leggi, sentenze anche della Cassazione hanno ormai acclarato che il cambio tuta è a tutti gli effetti orario di lavoro, e quindi è una parte della retribuzione.
Ma l’illegalità non finisce qui. Per la prima volta un accordo sindacale che deve riguardare tutti gli operai, prevede che ogni operai per avere l’indennità e le 1750 euro devono sottoscrivere una liberatoria, altrimenti niente! Questo è fuori da ogni norma sindacale. E’ come se l’aumento stabilito a seguito di un rinnovo contrattuale venisse dato solo agli operai che firmano una “liberatoria-transazione” individuale e agli altri, No, facendo passare una illegale discriminazione tra gli operai.
E’ chiaro che essa ha un senso solo ed esplicitamente ricattatorio verso gli operai (già gli operai denunciano che alcuni capi vanno dicendo che a chi non firma faranno vedere i “sorci verdi”); usando un diritto per rinnovare il clima di strapotere, perenne minaccia che ha sempre attuato padron Riva, e permesso da fim, uil, con la Fiom al massimo lamentosa.
E’ chiaro d’altra parte che questa liberatoria individuale è anche di fatto una sconfessione della rappresentanza sindacale. Ma per Fim e Uilm non c’è problema, visto che all’Ilva di Taranto sono stati sempre più servi dei servi, facendo carriera nazionale (vedi l’ex segretario uilm Palombella, ora segretario nazionale); per la Fiom siamo alla sceneggiata penosa: prima aveva detto che non avrebbe assolutamente firmato, poi ni, e infine ha firmato l’accordo e ora arriva anche a far passare come tutela della volontà dei lavoratori la firma della liberatoria, che è invece una vera e propria estorsione aziendale.
In questa situazione, è l’azienda che tira le fila. E all’Ilva di Taranto va in atto in questi giorni una specie di replay di quello che è avvenuto alla Fiat di Pomigliano e di Mirafiori.
E’ padron Riva che mette delle locandine di avvisi in fabbrica; che, continuando nello stravolgimento, parla di “accodo relativo al miglioramento dell’efficienza e della produttività” (quindi, che fine ha fatto il cambio tuta?); è padron Riva, come Marchionne, che propaganda il referendum che si tiene in questi giorni (dal 9 al’11 gen); è sempre padron Riva, e i suoi capi, che consegna i moduli della “liberatoria” e che stabilisce le modalità e i tempi della riconsegna firmata da parte degli operai.
Come si vede, senza opposizione, il fascismo padronale avanza e va oltre.
Ora l’Ilva di Taranto – che già, come disse Palombella Uilm, aveva fatto scuola per il contratto Pomigliano (su turni, riposi, ecc.), oggi rischia di fare scuola anche su questo diritto del ‘cambio tuta’, ma soprattutto sulla “liberatoria”. A quando gli operai dovranno passare per le forche caudine della firma di una liberatoria tombale per avere uno straccio di aumento contrattuale?
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