“I fronti palestinesi osservano con profonda preoccupazione e totale mobilitazione popolare il crimine sistematico di genocidio che sta subendo il nostro popolo nella Striscia di Gaza, che è parte della guerra della fame, dei bombardamenti su larga scala e dell'assedio totale, perpetrati dal criminale governo sionista occupante di Netanyahu, con l'immediato e oltraggioso sostegno dell'amministrazione statunitense, la vergognosa partecipazione internazionale e il sospettoso silenzio dell'Unione Europea e degli organi istituzionali della comunità internazionale.
Il nostro popolo sta entrando nel suo ventiduesimo mese di guerra aperta e totale, che ha superato bombardamenti, omicidi e distruzione, incluso il ricorso alla fame e all'assedio medico e umanitario attraverso il deliberato blocco del cibo e degli aiuti medici preventivi, nel disperato tentativo di sottometterlo e spezzarne la volontà.
Ciò a cui è sottoposta la Striscia è considerato un crimine di guerra secondo le leggi e i regolamenti internazionali e un crimine contro l'umanità a tutti gli effetti, superando in violenza, criminalità e sadismo i crimini del nazismo e del fascismo.
Di fronte a questi crimini in corso, confermiamo quanto segue:
1. Riteniamo il criminale di guerra Netanyahu e il suo governo fascista pienamente responsabili delle politiche di genocidio e di guerra della fame che stanno conducendo contro oltre due milioni di palestinesi, in un crimine organizzato che costituisce una palese violazione del diritto internazionale umanitario e delle Convenzioni di Ginevra.
2. Riteniamo il governo degli Stati Uniti, in quanto principale partner e sostenitore del governo criminale di Netanyahu, pienamente responsabile del protrarsi di questa brutale aggressione e del fallimento del processo negoziale dovuto alla mancanza di una seria pressione sul governo occupante affinché cessi i suoi crimini.
3. Denunciamo il sospetto silenzio internazionale, in particolare dell'Unione Europea, e crediamo che la debolezza delle Nazioni Unite e l'inerzia della comunità internazionale incoraggino l'occupazione a continuare i suoi crimini contro il nostro popolo assediato nella Striscia di Gaza.
4. Affermiamo che questi crimini rivelano chiaramente le intenzioni del governo occupante, che non cerca né la pace né un accordo, ma mira a svuotare la terra e imporre un piano di sterminio forzato e di sfollamento.
5. Vi avvertiamo che continuare con questo approccio potrebbe avere un impatto negativo processo negoziale e aprire la porta alla possibilità di un'escalation, chiamando a risponderne il governo "israeliano" e i paesi che lo sostengono.
6. Facciamo appello alle masse del nostro popolo palestinese, ovunque si trovino, alla nostra nazione araba e islamica e ai popoli liberi del mondo, affinché intensifichino i loro sforzi popolari, politici, mediatici e di massa, esercitando pressione sui movimenti affinché fermino questo crimine in corso, si ponga fine all'ingiusto assedio e si sventi il piano di sterminio portato avanti dallo Stato occupante con il sostegno degli Stati Uniti e l'inerzia internazionale.
7. Invitiamo tutti gli attivisti solidali con il nostro popolo palestinese in tutto il mondo a intensificare le loro azioni e a unire gli sforzi per fare pressione sui loro governi affinché cessino il loro sostegno e la loro complicità con il governo fascista di Netanyahu e si adoperino per porre fine alle politiche di sterminio e fame utilizzate contro il nostro popolo e per ottenere giustizia e libertà per la Palestina.
8. Alla luce di questa tragica situazione, rinnoviamo il nostro impegno nei confronti delle masse del nostro popolo che, pur condividendo il loro dolore e la loro sofferenza, continueranno i nostri sforzi per porre fine a tutto questo e portare avanti la scelta di una resistenza totale fino alla rottura dell'assedio, per fermare la nostra aggressione e raggiungere gli obiettivi del nostro popolo: liberazione, ritorno e indipendenza.
Movimento di Resistenza Islamica di Hamas Movimento della Jihad Islamica Palestinese Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina Iniziativa Nazionale Palestinese Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina - Comando Generale.
"L'espansione dell'aggressione contro il nostro popolo non sarà una passeggiata: il prezzo sarà alto e doloroso", ha dichiarato Hamas mentre si sta tenendo il gabinetto di sicurezza per decidere sul piano per conquistare Gaza.
Lo riferisce Ynet.
"Le parole di Netanyahu rivelano le vere motivazioni dietro il suo ritiro dall'ultimo ciclo di negoziati, nonostante fossimo vicini a un accordo finale. I suoi piani per espandere l'aggressione dimostrano che mira a liberarsi degli ostaggi e sacrificarli per i propri interessi personali. L'espansione dell'aggressione contro il nostro popolo non sarà una passeggiata", ha aggiunto Hamas.
Il giacimento di gas naturale Leviathan,
al largo delle coste della Striscia di Gaza, su cui Israele ha messo le
mani da tempo, frutterà, per il regime di Tel Aviv, 35 miliardi di
dollari nel più grande accordo di esportazione nella sua storia
coloniale, per la fornitura di gas alla NewMed egiziana.
Il contratto è
stato appena firmato. Reuters ha riferito, citando uno dei
partner del giacimento, che in base all’accordo annunciato giovedì,
Leviathan, situato al largo della costa mediterranea, con riserve di
circa 600 miliardi di metri cubi, venderà circa 130 miliardi di metri
cubi di gas all’Egitto fino al 2040, o fino all’esaurimento di tutti i
quantitativi contrattuali.
Il presidio ai varchi promosso dal
Calp, il collettivo degli autonomi del porto,
per
denunciare l’attività della Barhi Yanbu su cui la procura ha aperto
un’inchiesta. Lunghe code per i veicoli diretti ai traghetti
Nave delle armi, presidio di protesta ai varchi portuali: corteo e falò sotto la sede della Zim
Giornata di protesta per le armi in porto: la
mobilitazione lanciata da Calp e Usb dopo la scoperta del carico di
materiale bellico nella nave Barhi Yambu. I cori contro la guerra e il
massacro a Gaza
La protesta arriva in coda la giornata di mobilitazione di ieri, dove i portuali del Calp insieme a Usb, hanno manifestato sotto la sede di Palazzo San Giorgio,
contro la presenza di un sistema d’arma da caricare sulle navi. Dopo la
manifestazione, però, sono emersi nuovi dettagli non comunicati durante
i colloqui con l’Autorità di sistema portuale grazie ad una serie di
foto che hanno documentato la stiva della Barhi Yambu, attraccata da poco al terminal GMT ricolma di esplosivi, mezzi blindati e munizioni.
Pesanti le ripercussioni sul traffico cittadino di tutta la zona: complice anche la partenza di numerosi traghetti verso le isole, in zona San Benigno fino dalle prime ore del mattino si è verificato un ampio congestionamento,
con mezzi incolonnati sulla Guido Rossa e su Lungomare Canepa,
soprattutto in direzione del centro cittadino. Una situazione che ha
spinto la polizia locale, come fatto in altre situazione simili, a
chiudere al traffico privato la Guido Rossa in direzione Levante.
“Ieri pomeriggio abbiamo presentato immediatamente un esposto a tutte
le autorità competenti affinché verificassero la regolarità della
documentazione e il rispetto della normativa – ha spiegato José Nivoi di
Usb – Ci è stato detto che le armi non sono destinate a Israele
e i documenti sono regolari ma aspettiamo di vedere la documentazione
vista soprattutto la storica alleanza tra Usa e Israele”. In mattinata
poi una delegazione dei sindacalisti oggi in piazza dovrebbe avere
accesso alla documentazione e alla stiva della nave per fare le contro
verifiche del caso.
La Procura apre un fascicolo sulla nave della armi
Sulle
possibili irregolarità sulla documentazione e sulla violazione della
legge 185/1990 la Procura di Genova ha aperto un fascicolo dopo aver
ricevuto ieri l’esposto del sindacato Usb. Si tratta di un fascicolo per
atti relativi, cioè al momento senza ipotesi di reato, per consentire
alla Digos e alla Capitaneria di porto, delegate dai pm, ad effettuare
gli accertamenti necessari.
Proclamato sciopero per tutelare i portuali che non vogliono caricare il cannone
Nel frattempo anche per il cannone italiano destinato alla nave militare di Fincantieri, la cui movimentazione aveva scatenato le protesta di ieri, si sono mossi i sindacalisti di Usb: “Abbiamo indetto uno sciopero per tutelare il singolo lavoratore che decida di astenersi dalla specifica mansione di caricare quell’arma
– ha confermato Nivoi – E rispetto alle rassicurazioni, precisiamo che
se ci hanno tranquillizzato su un fatto specifico, per noi il porto di
Genova non deve diventare un hub logistico del settore militare ma un
hub per il turismo e il commercio. Sul settore armi non ci stiamo”.
Corteo a San Benigno e “falò” davanti alla sede della Zim
A metà mattinata il presidio si è spostato dentro la zona portuale, passando attraverso i tornelli. I manifestanti hanno portato la propria protesta sotto la nave in questione,
con accensione di fumogeni e cori contro la guerra. Dopo pochi minuti,
però, la protesta è tornata nelle strade: organizzati in corteo, gli
attivisti hanno raggiunto il quartiere dirigenziale di San Benigno, dove ha la sede la compagnia di navigazione israeliana Zim,
sotto la quale sono stati scanditi slogan contro la guerra e il
massacro a Gaza, accesi fumogeni e un grande falò fatto di bancali. Alle
11 il presidio è stato sciolto.
Si moltiplicano i segnali
inquietanti sulla cessione della Iveco Idv (Iveco Defence Vehicles) a
Leonardo e della divisione veicoli industriali alla Tata Motors, uno dei
maggiori gruppi indiani con sede a Mumbai, che già possiede i marchi
Jaguar e Land Rover.
Il titolo ha non a caso guadagnato
negli ultimi giorni improvvisamente il 5,2% in Piazza Affari, dopo
che l’agenzia Bloomberg ha ipotizzato un imminente annuncio sulla
cessione, per la quale le trattative sarebbero in fase avanzata .
La vendita di Iveco si inserirebbe
nel quadro degli sforzi di Exor, la holding finanziaria olandese della
famiglia Agnelli/Elkann che controlla Iveco, di diversificare i propri
interessi dal settore automobilistico verso aree come la sanità, i beni
di lusso e la tecnologia.
Il gruppo Iveco ha 14 mila dipendenti in Italia e 36 mila in altri Paesi europei. Di questi, circa 2.600 lavorano a Brescia.
Attorno agli stabilimenti Iveco ci
sono inoltre decine di aziende che formano la filiera. Avendo avuto
Rapper, militante comunista e antifascista, è in carcere dal 16
febbraio 2021 ed è stato condannato a diversi anni di reclusione per
«apologia del terrorismo» a causa dei suoi brani e delle sue posizioni
contro la monarchia e a sostegno dei prigionieri del GRAPO .
Fino al 14 aprile 2027 continuerà a essere detenuto nel carcere di
Ponent per il suo attivismo e la sua musica rivoluzionaria.
Per rompere il suo isolamento, i suoi sostenitori invitano a scrivergli per il suo compleanno.
Nel 2023, il conteggio della
popolazione di Gaza, stilato dall’Ufficio Centrale di Statistica
Palestinese (IPB), riconosciuto a livello internazionale, era di
2.226.544 abitanti. Trump vuole espellere tutti i palestinesi da Gaza e stimail loro numero tra 1,7 e 1,8 milioni:
I calcoli di Steven Donziger confermano ora tale intervallo.
“Ecco gli ultimi dati, aggiornati a ieri (21 luglio): secondo un
modello statistico sviluppato da una prestigiosa rivista medica chiamata
The Lancet, Israele ha ucciso circa 434.800 persone a Gaza da quando
l’esercito del paese ha iniziato ad attaccare il territorio l’8 ottobre
2023. Si tratta del 20,7% dell’intera popolazione di Gaza pre-conflitto.
Oltre la metà sono donne e bambini"
Contestazione nei confronti di Matteo Salvini da parte di alcuni attivisti "no Ponte" presenti nella serata di mercoledì 6 agosto a Torre Faro (Messina) in occasione del punto stampa del ministro delle Infrastrutture sull'approvazione del progetto definitivo dell'opera per lo Stretto di Messina. All'uscita dal locale, gli attivisti hanno cercato di avvicinarsi a Salvini urlando insulti e diversi cori, ma sono stati bloccati dal cordone della polizia. Qualche attimo di tensione si è registrato tra alcuni agenti e un paio di attiviste che avevano provato a inseguire l'auto del ministro.
Giovedì mattina lavoratori in presidio davanti ai cancelli del
terminal GMT e sotto la sede dell’Autorità portuale. In porto è attesa
la Bahri Yanbu, proveniente da Dundalk (Usa), che deve imbarcare
materiale militare prodotto da Leonardo. Tra cui quello che sembra un
cannone imballato
Presidio alle 7 davanti ai cancelli del terminal GMT. Un altro alle 8 sotto la sede dell’Autorità portuale. Torna la protesta contro il transito di armamenti dal porto di Genova, il principale scalo commerciale italiano. Di nuovo nel mirino la compagnia saudita Bahri, da anni al centro di proteste per carichi diretti verso scenari di guerra. All’alba di domani (giovedì 7 agosto) è attesa la Bahri Yanbu,
proveniente da Dundalk (Usa), porto spesso associato all’export
bellico. Oltre a eventuali forniture belliche già presenti a bordo, a
Genova deve imbarcare materiale militare prodotto da Leonardo. Lo mostrano alcune immagini scattate dai
Lo scorso 31 luglio Giorgia Meloni ha effettuato una visita lampo in
Tunisia (poco più di un'ora per poi ripartire immediatamente alla
volta della Turchia) incontrando il presidente della repubblica, e
capo dell'esecutivo de facto, Kais Saied.
Con questa, seppur breve, visita istituzionale che segue quella dello
scorso aprile, il governo italiano riafferma il proprio interesse
strategico a mantenere buone relazioni con il regime tunisino al fine
di favorire i propri interessi non solo in Tunisia ma anche nell'area
del Nord Africa.
Infatti dopo lo scoppio della guerra tra Ucraina e Russia e le
conseguenti sanzioni imposte alla Russia sulle proprie esportazioni
di gas verso i paesi dell'UE, l'Algeria è diventato il primo
esportatore di gas verso l'Italia, tramite due gasdotti della rete
Transmed, uno dei quali passa dalla Tunisia verso la Sicilia (mentre
l'altro dall'Algeria arriva direttamente in Sardegna).
L'interesse dell'imperialismo italiano nei confronti della "sponda
sud del Mediterraneo", utilizzando spesso la formula pomposa di
"Piano Mattei", é quindi crescente.
Tre sono stati i temi centrali del bilaterale: contrasto
all'immigrazione e quote di ingresso di forza lavoro tunisina per
l'Italia, investimenti italiani nel settore energetico, investimenti
italiani nel settore agricolo.
Per quanto riguarda il primo tema nulla di nuovo sotto al sole: il
comunicato ufficiale di palazzo Chigi elogia la Tunisia per
"l'eccellente cooperazione in materia migratoria", e non
potrebbe essere altrimenti dato che il regime Saied negli ultimi due
anni ha usato il pugno duro contro i migranti per garantirsi i
finanziamenti italiani ed europei. Nel paese si sta costruendo un
vero e proprio clima di terrore verso i migranti tramite deportazioni
di massa verso le aree desertiche frontaliere o verso aree agricole
nella regione di Sfax. Quest'ultimo caso é emblematico.
Il regime tunisino, un anno fa, dopo aver deportato migliaia di
migranti da tutto il paese (in particolare
18.430
bambine e bambini smembrati, fatti a pezzi, evaporati per il
calore delle bombe nell’inferno di Gaza.
386 pagine di nomi, vite e sogni. 4.741 di
questi piccoli martiri erano inferiori ai 5 anni. Il 30% del conto
totale degli 60.199 palestinesi
assassinati dal 7 ottobre 2023 al 31 luglio 2025. Circa 215.000
donne, uomini, bambini e bambine. Uccisi, feriti e dispersi per la
colpa di essere palestinesi. Assassinati dalla violenza sionista con
bombe, proiettili, fame, sete, mancanza igiene e di cure come
strumenti del GENOCIDIO pianificato
del popolo palestinese. Gaza
ha tragicamente il primato mondiale di bambine e bambini amputati.
L’industria della difesa italiana ricopre un ruolo di primo piano nello scacchiere internazionale e si prepara, complice la stabilizzazione della conflittualità in Europa, in Medio Oriente e in altre zone calde del globo, a una repentina fase di espansione. Nell’inconsapevolezza (quasi) totale dell’opinione pubblica autoctona, l’Italia è assurta negli ultimi anni a sesto esportatore mondiale di armamenti, dietro le principali potenze segnanti la nostra epoca (Stati Uniti, Francia, Russia, Cina e Germania).
L’invasione russa su larga scala dell’Ucraina nel febbraio del 2022, l’attacco non convenzionale di Hamas a Israele il 7 ottobre e quanto seguito dopo, hanno, necessariamente, imposto una maggiore prontezza al sistema industriale bellico italiano. Tuttavia questi eventi, pur nella loro indiscussa rilevanza, non paiono in grado di “giustificare” un incremento delle attività pari al 138%. Altri fattori concorrono all’exploit militare-industriale italiano, su tutti la penetrazione di nuovi mercati dal potenziale ancora inespresso ma in forte ascesa (Sud-Est asiatico) e la modernizzazione delle Forze Armate italiane.
L’Italia ha esportato effettivamente armamenti per 4.5 miliardi di euro, con un incremento del 14,51% rispetto ai 3.9 dell’anno precedente. Sono arrivati a 90, prima erano 83, i Paesi autorizzati
Come giuristi impegnati contro il genocidio del popolo palestinese abbiamo messo a punto in questi ultimi tragici mesi varie iniziative di stampo giudiziario in sede nazionale, europea e internazionale, incentrate anche e soprattutto sulle sempre più evidenti responsabilità italiane in questo orrendo crimine. Tali iniziative continueranno finché i responsabili israeliani del genocidio e i loro complici internazionali all’interno di governi, a partire dal governo italiano, imprese e media non saranno messi in stato di accusa anche formale in tutte le sedi possibili.
Riteniamo tuttavia che a tali nostra iniziative debba accompagnarsi una mobilitazione popolare di massa e unitaria che abbia al suo centro le seguenti parole d’ordine: basta col genocidio, punizione immediata dei responsabili, fine della complicità con Israele, riconoscimento dello Stato di Palestina.
Rivolgiamo quindi un appello al movimento di solidarietà colla Palestina, ad associazioni, sindacati, partiti ed altre espressioni della società civile affinché siano promosse fin da subito ovunque in Italia iniziative su questi temi per arrivare appena possibile a un giorno di sciopero generale con manifestazione nazionale a Roma.
L’ex giovanissimo operaio della Breda fucine di Sesto San Giovanni,
divenuto poi uno dei dirigenti della colonna torinese e che il 16 marzo
1978, a soli 24 anni, camuffato da stuart dell’Alitalia, prese parte
all’assalto del convoglio che trasportava Aldo Moro, prelevando con le
sue mani imponenti e i modi gentili, «venga con noi presidente», il
massimo esponente della Democrazia cristiana dalla Fiat 130 di Stato,
raccontava – come già altre volte aveva gli era accaduto – il momento
del suo primo ingresso in fabbrica. Il silenzio improvvisamente rotto
dal suono della sirena che lacerava l’aria dando il via al frastuono
indemoniato di macchinari imponenti, «torni e frese enormi, macchine a
controllo numerico, magli che picchiavano forte per modellare l’acciaio
incandescente facendo tremare il pavimento, forni che sputavano colate
d’acciaio, un’organizzazione militaresca della produzione» e
tutt’intorno «operai che lavoravano da oltre trent’anni sulla stessa
machina “innamorati” patologicamente del loro lavoro e della loro
alienazione, operai che svuotavano damigiane di vino per resistere alle
esalazioni delle colate, simili ai soldati della prima linea i quali,
coscienti di essere carne da macello, si offuscavano la mente per andare
al martirio, operai a corto di udito, avevano i magli nella testa come
gli ultras il pallone»(1). «Quel giorno – spiegò quasi fosse ancora
immerso nel fracasso della fabbrica – capii che non avrei mai passato la
mia vita lì dentro». Raffaele Fiore ha incarnato l’antropologia
ribelle, l’irriducibile insubordinazione di quella nuova classe operaia,
migrata per buona parte dal Meridione, che non aveva alcuna intenzione di lasciarsi
disciplinare dal regime della fabbrica taylorista, che non aveva alcuna
voglia di limitare la propria esistenza dentro l’orizzonte oppressivo
della disciplina aziendale e pensava orgogliosamente di poter
Il due agosto abbiamo indetto una manifestazione in Contrada Ulmo,
con partenza dal presidio no muos e arrivo alla base militare della US
Navy, preceduta la sera prima dalla proiezione del film “Valentina e i
MUOStri” in piazza Vittorio Emanuele a Niscemi.
Ci teniamo a raccontare cosa è successo il giorno della
manifestazione per rendere noto a tutti/e come in Contrada Ulmo si vive
in uno stato di polizia. Come da prassi, abbiamo comunicato a chi
dovere l’intenzione di fare una manifestazione, ricevendo le classiche
prescrizioni del caso, questa volte più restrittive rispetto agli anni
precedenti. Quello che abbiamo affrontato sabato in Contrada Ulmo ha
dell’incredibile. Scopriamo solo il giorno del corteo che su tutta la
strada, da tutti gli accessi possibili, che porta dalla statale 10 al
presidio e quindi alla base, è vietato il transito di mezzi propri per
tutta la giornata (dalle 8 alle 22), con l’eccezione delle persone
residenti nella zona. Anche chi è proprietario/a di un terreno, ma ha la
residenza altrove, non può transitare. nche per noi, quindi,
regolarmente proprietari del terreno del presidio è precluso l’accesso.
Anche alle macchine regolarmente comunicate alla questura utili a
svolgere diversi compiti durante la
La
cosiddetta conferenza per la soluzione dei due Stati non è tanto
un’iniziativa di pace quanto il riciclaggio di un’illusione politica che
la realtà ha superato. La conferenza, per formato e tempistica,
assomiglia a un funerale ufficiale per una soluzione che non esiste più
se non nelle dichiarazioni diplomatiche.
Ciò
che viene presentato oggi sotto il titolo di “soluzione dei due Stati”
non costituisce un progetto di liberazione, ma piuttosto una gestione
permanente di una tragedia coloniale.
L’Europa,
compresa la Francia, può ora teoricamente riconoscere uno Stato
palestinese, ma in realtà finanzia progetti di coesistenza con
l’occupazione, finanzia la guerra – che è la madre della bomba nucleare –
ed evita qualsiasi misura reale contro gli insediamenti, l’assedio o la
cessazione del genocidio.
I
palestinesi non hanno bisogno di altre parole, ma di azioni politiche
chiare: il riconoscimento di uno Stato sovrano e indipendente, la
rimozione dell’occupazione e la fine delle partnership coloniali
occidentali con il regime di apartheid “israeliano”.
La
vera soluzione inizia con il cambiamento degli equilibri di potere sul
terreno. Il nostro popolo vuole la fine dell’occupazione… non
un’assoluzione internazionale.
La
maggior parte dei palestinesi – soprattutto la nuova generazione – è
arrivata a considerare questa soluzione una trappola politica. Come si
può parlare di “due Stati” quando ci sono progetti di annientamento,
pulizia etnica, annessione ed espansione, e ci sono più di 700.000
coloni in Cisgiordania?
Dov’è
lo Stato all’ombra di un muro che separa le famiglie e con
attraversamenti gestiti a piacimento dai soldati dell’occupazione?
Non
chiediamo un’entità simbolica sotto la sovranità “israeliana”; vogliamo
piuttosto una vera liberazione, il diritto al ritorno e la giustizia
storica.
La
maggioranza dei palestinesi, in patria e nella diaspora, ha capito che
si tratta di un’illusione. Come possiamo parlare di “due Stati”? La
questione è andata oltre il riconoscimento simbolico e si è trasformata
in una questione di giustizia, di diritto al ritorno e di smantellamento
del sistema di apartheid.
L’Organizzazione
per la Liberazione della Palestina è il prodotto di un’esperienza
nazionale e il fondamento dell’azione nazionale palestinese, e la sua
pandemia nasce da questa base.
Qual è l’alternativa?
L’alternativa
è lo smantellamento del sistema coloniale dalle sue radici.
L’alternativa non è una ricetta pronta, ma un lungo percorso
liberatorio. Inizia, tuttavia, con il riconoscimento che Israele non è
uno Stato “democratico” ma un regime coloniale, come è accaduto in
Sudafrica. Non rifiutiamo la “soluzione a due Stati” perché siamo
radicali, ma perché non è più praticabile.
L’alternativa
è un unico Stato democratico su tutto il territorio, dove tutte le
persone siano uguali senza discriminazioni religiose o etniche. O, come
minimo, un quadro di liberazione che apra le porte a tutte le opzioni,
lontano dalla logica della “pace in cambio di sottomissione”.
La
Palestina oggi è uno specchio per il mondo: tra il diritto
internazionale e la forza delle armi, tra la vittima e la propaganda.
Stare dalla parte della Palestina è una prova di coscienza umana, non
solo una posizione politica. Non vogliamo che il sistema coloniale
utilizzi la proposta di una soluzione a due Stati per sbiancare il suo
passato o la sua inazione.
Ciò
richiede che la sinistra francese si liberi dalla pressione dei media
imperialisti dominanti o dalla paura del ricatto morale. Ci aspettiamo
che la sinistra recuperi il suo linguaggio radicale: che dica che quello
che sta accadendo in Palestina non è un conflitto, ma colonialismo e
genocidio sistematico. E che si schieri con la verità, senza una falsa
equivalenza tra assassino e vittima. Non c’è neutralità di fronte al
genocidio.
Non
chiediamo una solidarietà emotiva, ma un impegno politico e morale. La
Palestina oggi non è solo la causa di un popolo che viene massacrato, ma
una questione universale in cui la nostra umanità è messa alla prova.
Se
la Palestina cade, gli standard internazionali e la giustizia cadono
con lei. Da Parigi a Gaza, la battaglia è una sola: contro il fascismo e
il nuovo razzismo, e contro la memoria coloniale che non è ancora
morta.
Affissione a Bologna in zona universitaria e a Ravenna intervento con comunicato per l'India dei
giovani palestinesi al presidio per la Palestina a Ravenna il 31/07
Un
lavoratore tiene un cartello di picchetto, mentre le persone protestano
durante una protesta dei membri dell'Associazione Internazionale dei
Macchinisti e dei Lavoratori Aerospaziali (IAM) per le trattative
contrattuali, all'esterno dello stabilimento della Boeing, a Berkeley,
Missouri, Stati Uniti, 4 agosto 2025 REUTERS/Lawrence Bryant
Nuovo
sciopero alla Boeing. Questa volta ad incrociare le braccia sono i
lavoratori delle fabbriche della difesa che assemblano, tra gli altri,
gli aerei da combattimento F-15. Non accadeva da 30 anni che i
rappresentanti sindacali respingessero l’offerta contrattuale
dell’azienda. Dalla mezzanotte di domenica, circa 3.200 operai hanno
abbandonato il posto di lavoro dopo aver votato contro un accordo che
prevedeva un aumento dei salari del 20% oltre ad incrementi dei
contributi pensionistici. Il sindacato International Association of
Machinists and Aerospace Workers District 837 ha rifiutato l’offerta
dicendo che serve un contratto adeguato alla «competenza, alla dedizione
e al ruolo che i lavoratori svolgono per difendere la nazione». Il
titolo Boeing dopo un’apertura negativa, a metà seduta guadagnava lo
0,27 per cento.
I volumi
L’azione
sindacale peserà sulla divisione spazio e difesa della Boeing, che
rappresenta più di un terzo del fatturato. Di certo non si tratta delle
dimensioni dello sciopero dello scorso autunno, quando le fabbriche
degli aerei commerciali di Seattle subirono il blocco della produzione
per sette settimane, coinvolgendo 33mila lavoratori e costringendo la
Boeing a un’operazione straordinaria per 24 miliardi di dollari per fare
fronte alla liquidità bruciata nel periodo dello sciopero. «Siamo
preparati e abbiamo attuato un piano di emergenza per garantire i nostri
clienti», ha detto la Boeing in un comunicato.
Il peso per il settore in Usa
Questa
divisione costruisce anche il caccia bimotore F-15, il jet da
addestramento T-7, oltre a missili e munizioni. Si producono anche
componenti per aerei commerciali per il B777X. Lo scorso marzo, il
produttore americano (e uno dei principali esportatori) si è aggiudicato
il contratto per la progettazione e la costruzione del caccia stealth
di nuova generazione degli Stati Uniti, battendo la rivale Lockheed
Martin per il programma multimiliardario denominato F-47.
In
tempi di guerra, la divisione della difesa di Boeing è tornata ad
essere redditizia con un fatturato di 6,6 miliardi di dollari dai 6,0
miliardi dell’anno precedente, con utili operativi in miglioramento
rispetto alle perdite dello scorso anno contribuendo ai risultati della
Boeing che nel secondo trimestre ha visto il passivo ridursi a 611
milioni di dollari dall’1,44 miliardi di dollari dello scorso anno.
Netanyahu, con l'appoggio di Trump, nei prossimi giorni vuole occupare e prendersi tutta la striscia di Gaza.
Netanyahu/Trump vogliono il genocidio, la deportazione di tutto il popolo palestinese - vogliono la grande Israele come braccio militare contro tutti i popoli arabi - parte della preparazione della guerra mondiale imperialista di ripartizione del mondo: risorse energetiche - materie prime - mercati, ecc. - Il governo italiano è alleato e servo di questo piano nell’area.
E’ chiaro che a fronte di questo dobbiamo fare di più nella denuncia e nell’azione a livello nazionale e a Taranto, muoverci secondo piano e su tutti i piani - Ne parliamo con chi vuole esserci e lavorare insieme.
Giovedì alle 18 in via Livio Andronico 47 - sede Slai cobas di appoggio di #iostoconlapalestina.
Lo Slai cobas per il sindacato di classe aderisce all'appello e alle iniziative conseguenti
Come Giovani Palestinesi d’Italia, insieme a 5 sindacati di base,
rilanciamo la campagna per fermare la produzione e la spedizione degli
F-35 e altro materiale militare verso “Israele”.
Dal 2019, la multinazionale Leonardo S.p.A., in collaborazione con
Lockheed Martin, ha effettuato oltre 165 spedizioni di componenti per
F-35 dall’Italia agli USA, tutte trasportate dalle navi Maersk. Questi
jet da guerra raggiungono poi la base “israeliana” di Nevatim, da cui
partono i bombardamenti su Gaza e le operazioni di pulizia etnica in
Cisgiordania. Proprio a Cameri, in Piemonte, si assemblano gli F-35 destinati a “Israele”: l’Italia è parte integrante della catena di morte.
Invitiamo movimenti, sindacati, lavoratori e cittadine/i a: – fare pressione su Maersk per fermare i trasporti militari (inclusi prodotti a duplice uso civile/militare) verso “Israele”; – fermare la produzione, il commercio e la logistica degli F-35 e delle armi di Leonardo S.p.A; – bloccare l’accesso nei porti mediterranei delle navi Maersk Detroit e Nexoe Maersk; – mobilitarsi nei porti, magazzini e hub logistici contro ogni complicità nei crimini “israeliani”; – rispondere all’appello dei sindacati palestinesi per rafforzare le campagne #BlockTheBoat e #MaskOffMaersk.
Plusieurs organisations de soutien aux prisonniers
palestiniens ont annoncé le décès du prisonnier Ahmed Saïd Tazaz’a ce
dimanche 3 août. Âgé de 20 ans et originaire de Jénine, il était en
détention administrative dans la prison de Megiddo depuis le 6 mai
dernier. C’est le 76e prisonnier palestinien qui meurt en détention
depuis octobre 2023, faisant de cette période la plus sanglante de
l’histoire du mouvement des prisonniers.
Nella settimana in
onore dei martiri della rivoluzione indiana sono stati fatti due
interventi nelle zone con una forte presenza di vita e di lavoro di
lavoratori indiani, (con alcuni scambi nei negozi per spiegare la
campagna) con locandine di tre tipi, scritte,e altro in alcune zone
popolari della città; con materiali diffusi tra i lavoratori dello
slai cobas.
Abbiamo portato la
campagna alla manifestazione per la Palestina di Bergamo,con l’appello del comitato ICSPWI e nei nostri interventi abbiamo
portato nel corteo anche la campagna in onore dei martiri della
rivoluzione indiana, che hanno sacrificato la propria vita non solo
per la liberazione dallo sfruttamento dell’India ma del mondo
intero. Con lo spirito internazionalista e proletario, quello del
sostegno alla resistenza palestinese che nonostante le difficoltà
che sta attraversando il PCI (maoista) fin da subito ha portato
dentro le sue attività polico militari, quello dei popoli che
resistono e si danno la mano, dalla Palestina all’India, dall’India
alla Palestina, fino alla vittoria.e massiccia affissione delle locandine durante
tutto il percorso passaggio del corteo
Si è
tenuta a Palermo la riunione di solidarietà internazionalista,
all'interno della settimana internazionale per i martiri della
rivoluzione in India 28 luglio – 3 agosto.
In apertura è stato
fatto un saluto ai e alle martiri della rivoluzione, elencati in
parte nelle foto proiettate e nei documenti del Partico Comunista
dell’India (Maoista) e si è proseguito con la visione di alcuni
video.
Vi è stato poi un
ampio punto che ha focalizzato la situazione in India oggi, sia in
generale sul piano degli interessi dell'imperialismo e della
borghesia burocratico compradora indiana al potere, oggi
rappresentata dal governo fascista hindutva Modi, sia dal punto di
vista della rivoluzione indiana con la guerra popolare guidata dal
partito comunista indiano maoista.
Partendo dalla
centralità data all’India dagli Stati Uniti nella loro strategia
generale e in particolare nell’Asia, sono stati messi in luce i
rapporti tra Stati Uniti e India, militari, economici e politici,
così come gli stretti rapporti soprattutto militari tra Israele e
India (l’India mira con il governo Modi a diventare un enorme
fabbrica di armi e lo scrivono gli stessi giornali borghesi), più
che complice nel genocidio e pulizia etnica dei popolo palestinese, e
infine quelli sempre più stretti tra Italia e India, con il governo
moderno fascista Meloni, con le ripercussioni di pesantissimo
sfruttamento e oppressione del popolo indiano nelle sue diverse
sfaccettature di classe, operai, contadini, giovani, donne, minoranze
etniche…
Ci si è quindi
concentrati sulla ribellione del popolo e sull'organizzazione
rivoluzionaria della ribellione delle masse popolari da parte del
partito indiano maoista che dirige la guerra popolare ... cosa è
oggi la
L'iniziativa a Milano al CS Transiti è stata per conoscere-approfondire nella
prospettiva di costruire iniziative (di studio collettivo dei documenti
del Partito; nel diffondere solidarietà e sostegno alla guerra popolare e contro la
genocida operazione Kaagar; approfondire le questioni e le problematiche
che parlano della situazione indiana ma che ci riguardano - lotta
al moderno revisionismo-opportunismo; ri/avvicinare
principalmente le nuove generazioni al protagonismo
rivoluzionario; centralità del partito per la rivoluzione; lavoro,
principalmente, tra la classe operaia; combattere le derive del movimento
rivoluzionario/antifascista/antimperialista/ecologista/negazioniste delle
situazione rivoluzionaria; quali iniziative creative fare e a chi
rivolgerle; programmare lo studio collettivo dei documenti.
La serata è
stata un'ampia spiegazione della settimana dei martiri a cui si è reso
onore; di denuncia dell'operazione Kagaar; per la liberazione di tutti i
prigionieri politici; della questione Palestina; della solidarietà
internazionalista; e di tutte le questione che ci dicono che l'India ci
parla.
Gli interventi di tutti i compagni/e presenti hanno fatto
riferimento ai vari aspetti e in particolare del ruolo delle compagne
del PCI e delle donne, Adivasi in testa.
L'iniziativa per Milano è stata
un passo avanti frutto del nuovo approccio intrapreso nella situazione
concreta attuale nel coinvolgere nuovi compagni per lavorare insieme su
questo - dobbiamo migliorare, essere più creativi - tenere conto degli
insegnamenti emersi nella serata - nella preparazione/coinvolgimento.
Lanciata
solo pochissimi giorni fa dalla Rete Bergamo per la Palestina, con
Gpi e i Centri Islamici della provincia, con l’appello a scendere
in piazza il due agosto per la Palestina, per la fine del genocidio,
della deportazione, della fame usata come arma di sterminio, a fianco
della sua Resistenza fino alla vittoria, la manifestazione del 2
agosto a Bergamo, ha superato la sfida della partecipazione. Ed anche
quella della sua organizzazione grazie ad un intenso ‘lavoro dietro
le quinte’ di chi ha dato poi la voce al corteo.
In
diverse centinaia hanno risposto alla chiamata e sono scesi in
piazza, associazioni, gruppi, numerose le famiglie e in genere la
presenza della comunità araba, i giovani, per un corteo vivo,
combattivo, con slogan per Gaza, siamo tutti palestinesi, Israele
criminale, via via, Palestina terra mia,
‘ora e sempre resistenza’, Meloni fascista complice
sionista. E tanti interventi al microfono, che per tutta la
durata della manifestazione con rabbia, passione, spazzando il campo
dalla rassegnazione, hanno denunciato le terribili e senza precedenti
condizioni della guerra genocida che lo stato di tipo nazi sionista
di Israele porta avanti con l’appoggio dei paesi imperialisti,
contro IDF assassino e violentatore, il ruolo del governo fascista
Meloni complice a tutti i livelli di Netanyahu e del genocidio.
Denunciato l’apparato militare italiano, gli interessi di Eni, la
propaganda strumentale come per la montatura mediatico parlamentare
‘dell’autogrill’ per far passare da antisemita chi lotta contro
il sionismo, del livello crescente della repressione, fin da subito
mirata verso il movimento di solidarietà con la Palestina. Portati i
recenti esempi dei daspo a Como per aver esposto la bandiera
palestinese allo stadio, fino alle denunce e perquisizioni per il 25
aprile a Bergamo, per aver resistito alla polizia che voleva cacciare
dal corteo la Rete Palestina e difendere i sostenitori di Israele
giustamente contestati fino alla loro uscita. E ancora per Anan
libero, ora in carcere su richiesta israeliana nel tentativo di
mettere sotto processo e delegittimare la Resistenza.
Queste
alcune delle voci:
‘denunciamo
il recente vertice tra nazioni arabe e i paesi europei che vuole
distruggere la causa palestinese come causa politica, ma noi
rifiutiamo la pace senza giustizia’
‘contro
il sionismo, ma non solo, contro tutto l’imperialismo, che stanno
affamando Gaza, che sta morendo perché l’obiettivo fin da subito è
stato quello del genocidio’
‘Gazia
sarà liberata dalla resistenza armata del popolo palestinese, oggi
chiedono a chi si difende di deporre le armi mentre il mondo intero
si sta armando’
‘non
importa quanti leader moriranno, la resistenza è radicata e
sopravviverà, onore ai martire per la liberazione della Palestina’.
‘la
resistenza è compatta è il popolo è unito, da questo dobbiamo
prendere esempio, non possiamo permettere che la repressione ci
divida, che i governi europei ci convincano che c’è una soluzione
senza la resistenza’.
‘Palestina
libera, vuol dire liberi tutti, accanto agli sfruttati contro gli
sfruttatori, e di fronte agli oppressi noi
parteciperemo sempre per smantellare
tutti gli apartheid che avete creato non solo in Palestina,
fino ad allora avremo solo la resistenza nel cuore, viva la
resistenza, rivoluzione fino alla vittoria’.
E
con l’appello del comitato ICSPWI e nei nostri interventi abbiamo
portato nel corteo anche la campagna in onore dei martiri della
rivoluzione indiana, che hanno sacrificato la propria vita non solo
per la liberazione dallo sfruttamento dell’India ma del mondo
intero. Con lo spirito internazionalista e proletario, quello del
sostegno alla resistenza palestinese che nonostante le difficoltà
che sta attraversando il PCI (maoista) fin da subito ha portato
dentro le sue attività polico militari, quello dei popoli che
resistono e si danno la mano, dalla Palestina all’India, dall’India
alla Palestina, fino alla vittoria.
il testo del volantino diffuso a tutta la manifestazione
Innanzitutto
con la Resistenza palestinese,
speranza
dei senza speranza
La
guerra genocida condotta
dallo Stato sionista di Israele, con il sostegno diretto e indiretto
dell’imperialismo americano, con la complicità di tutti i governi
dei paesi imperialisti, di tutti i governi reazionari di borghesia
asservita nei paesi oppressi dall’imperialismo, in primis
americano, ha
raggiunto uno stadio senza precedenti.
Le
migliaia di morti sotto ogni veste, con tanti bambini, utilizzando la
corsa, a volte disperata, del popolo palestinese e delle masse
palestinesi agli aiuti umanitari, ha superato ogni livello di crimini
di guerra, almeno negli ultimi cinquant’anni. A fronte di questo è
necessaria una continuità
della mobilitazione proletaria, popolare, antiimperialista
in
tutto il mondo e nel nostro paese, così come è necessaria ogni
forma di pressione contro le istituzioni e tutti gli enti
para-istituzionali e associativi che possono fare qualcosa e giocare
un ruolo.
Le
parole d’ordini generali sono: basta
con il genocidio; no alla deportazione del popolo palestinese;
cessate il fuoco permanente; massicci e liberi aiuti umanitari alla
popolazione distribuiti attraverso le organizzazioni del popolo
palestinese, nella
prospettiva della cacciata dai Territori occupati dalle truppe
sioniste, nella marcia per la “liberazione della Palestina dal
fiume al mare”.
In
questa generale mobilitazione è fondamentale affermare con chiarezza
che il
popolo palestinese per
liberarsi dall’oppressione sionista genocida dello Stato di
Israele deve
innanzitutto contare sulle proprie forze, così come sta di fatto
facendo.
Contare
sulle proprie forze significa contare sulla
forza della resistenza. Per
questo la denuncia di tutto questo, l’appello e l’azione per
metter fine all’orrore senza fine che si consuma a Gaza va rivolta
a tutti e tutti coloro che lo fanno giocano un ruolo positivo. Ed è
fondamentale per noi comunisti, internazionalisti, proletari
avanzati, antiimperialisti e anti sionisti coerenti, considerare come
principale il sostegno alla resistenza palestinese.
La
resistenza palestinese è il presente, è la prospettiva per il
futuro del popolo palestinese.
Il
presente perché senza la resistenza il popolo palestinese non
esisterebbe e il piano di genocidio e deportazione sarebbe attuato
dall’oggi a domani, dato che comunque lo Stato sionista, comunque
l’imperialismo conta sulla quinta colonna in seno al popolo
palestinese, sia nella striscia di Gaza e ancora più in
Cisgiordania, rappresentata dall’autorità governativa, l’ANP,
che sempre di più svolge un ruolo di intermediario tra il regime
sionista e il suo piano genocida e di deportazione, e il popolo
palestinese. Esso è alleato nell’idea, assolutamente da
respingere, che cancellando la resistenza palestinese, la lotta
armata del popolo palestinese, i palestinesi potranno avere uno
Stato, una libertà, dei diritti. Questo è un inganno atroce che fa
da sponda a tutti i falsi amici del popolo palestinese, che sono in
generale i parlamenti degli stati imperialisti, i regimi asserviti
all’imperialismo e gli stessi Stati arabi, che in una maniera o
nell’altra, con profonde contraddizioni anche al loro interno, alla
fine a questa soluzione accedono o accederebbero.
Servono
manifestazioni in cui si affermi chiaro che il
futuro della Palestina dipende dal popolo palestinese e il futuro del
popolo palestinese dipende dalla forza della sua resistenza.
Sempre
più si impone come unica strada la resistenza; non per una pura
difesa dagli attacchi genocidi, massacratori e criminali del popolo
condotti dal Stato sionista e dalle sue forze armate, ma secondo una
strategia e una tattica capaci di fare il tesoro delle esperienze
passate e future e che riescano a ricostruire la forza della
resistenza su basi rinnovate e più avanzate di quelle che pur
eroicamente si attuano attualmente. Ed è l’eterna e irrinunciabile
via della guerra di popolo di lunga durata, applicata a una realtà
assolutamente anomala e particolare come quella della Palestina oggi.
In
questo senso noi vogliamo che nelle prossime manifestazioni sia forte
il sostegno alla resistenza palestinese e che ogni ambiguità si
rompa su questo.
Serve che si levi netta e chiara la voce della resistenza, sia
direttamente attraverso le organizzazioni palestinesi che anche in un
paese come il nostro, comunque ad essa si rifanno, sia attraverso il
fatto che tutte le forze proletarie, comuniste, realmente
antimperialiste e solidali diano voce alla resistenza.