Stellantis, Melfi: “Col metodo dei francesi lavoriamo da schifo”
La voce di una lavoratrice, dopo l’ultimo turno prima delle ferie. “Con Stellantis organizzazione pessima, qualità pure. Sembra una caserma, tempi decisi a tavolino e operai che girano sulla linea come trottole. Così non andremo lontano”
Per andare di fretta “bisogna poi perderne altro, di tempo, per recuperare i particolari che mancano”. Chi non si adatta “viene scartato e la settimana successiva resta a casa rimpiazzato dal collega che tace e
acconsente”. Dicevamo, si lavora male. “Molto spesso – sottolinea – ci si ferma perché ci sono poche scorte è si è legati ai pezzi che arrivano da fuori, anche dall’estero, mentre i nostri indotti, che potrebbero facilitarci nei tempi, perdono commesse e sono quasi fuori gioco”. Quindi è “l’organizzazione del lavoro imposta dai francesi” a finire sotto la lente.Altro aspetto penalizzante, poi, “l’assenza di capi che siano dei veri leader, che sappiano motivare. I giovani hanno bisogno di essere motivati e gratificati per rendere meglio”. E fa un esempio. “Quando eravamo giovani noi e siamo entrati in questa fabbrica c’erano ingegneri molto competenti, anche umili, che si confrontavano con gli operai della linea”. Invece oggi “c’è solo una gestione verticistica, c’è poco confronto e tutto viene impostato dall’alto, senza quel confronto utile con chi le auto le produce davvero. E i risultati si vedono. Ritmi da impazzire, sempre meno manodopera sulla linea, e qualità scarsa”. Atro aspetto a non convincere, mai come oggi, è la scommessa sulle auto elettriche. “Ci sarebbe bisogno di utilitarie, macchine alla portata di tutti, e invece stiamo producendo Ds8, Compass, e gli altri modelli del futuro, che costano troppo e non entreranno mai nel mercato di massa”. Se si pensa all’ammiraglia (Ds8), il cui costo base sfiora i 60mila euro, si capisce bene a cosa si riferisca. Quindi, sotto traccia, l’operaia vede quasi una strategia a voler “ridimensionare”, se non proprio “chiudere” Melfi. “Non mi sorprenderebbe se tra qualche anno i vertici ci verranno a dire che le vendite non vanno, quindi bisogna chiudere lo stabilimento”. E via con altre delocalizzazioni.
Si pensi al Marocco e allo stabilimento di Kenitra, ad esempio, aperto nel 2019 e dove si stima che tra qualche anno, tra paghe da fame, e tasse irrisorie, Stellantis produrrà più lì che in tutti gli stabilimenti italiani messi insieme. “Le premesse non sono affatto buone – chiosa la nostra interlocutrice – qui Stellantis sfrutta gli incentivi dello Stato, la Cassa integrazione, ma non è escluso che tra qualche anno ci darà anche il benservito”. Chiudiamo con un dato. Da 7100 operai che operavano a Melfi fino a qualche anno fa, ora siamo scesi ben al di sotto dei 5000. E con gi incentivi all’esodo che galoppano, a breve il numero degli occupati ‘diretti’ potrebbe scendere ancora. Staremo a vedere. Rientro al lavoro, nel frattempo, a S. Nicola di Melfi, il prossimo 25 agosto. Tempo di vacanze, quindi. Ma si fa per dire, vista la tanta Cassa integrazione che alleggerisce le buste paga e sconsiglia viaggi troppo impegnativi.
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