Mercoledì 16 aprile, alla vigilia della giornata del prigioniero palestinese, si terrà a L’Aquila la seconda udienza del processo “italiano” contro Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh, accusati di terrorismo per il loro presunto sostegno alla resistenza palestinese in Cisgiordania, contro l'occupazione militare israeliana.
Il virgolettato non è casuale, ma è significativo di un processo sommario, degno di uno stato sionista, e non, come l’Italia continua a definirsi, di uno “Stato di diritto, democratico e sovrano”.
Siamo davanti a un processo contro la resistenza e l'esercizio del diritto all’autodeterminazione dei popoli, riconosciuto anche dal diritto internazionale, ma che il sistema giudiziario italiano vuole condannare sotto l’infima accusa di "terrorismo", legittimando invece la violenza imperialista e coloniale agita sotto gli occhi di tutti dall’alleato israeliano, e che in queste ultime settimane si è fatta ancora più aggressiva e sanguinaria, con un bilancio di 1.522 martiri e 3.834 feriti dal 18 marzo di quest’anno e solo a Gaza.
Un processo che non è un atto di giustizia, ma mera farsa, destinata ad emettere una sentenza già scritta, come d’altronde si evince dall’articolo sul Messaggero di oggi, dal titolo “Terrorismo palestinese investigatori promossi”.
Un processo che è una condanna preordinata, perché si negano ai palestinesi gli strumenti per difendersi in aula e si legittimano crimini di guerra e tortura, utilizzando come prove i verbali degli "interrogatori" dello Shin Bet, che associazioni come Amnesty International, Human Rights Watch e Addameer denunciano da anni per l'uso sistematico della tortura su prigionieri palestinesi, interrogati senza difesa legale, sotto legge marziale, deportati nelle carceri israeliane e detenuti in condizioni disumane. Del resto è la stessa Corte Costituzionale israeliana, e quindi il governo israeliano amico dell’Italia, a consentire la pratica della tortura esentando da ogni responsabilità gli agenti dei servizi segreti.
“Prove” ottenute da crimini di guerra e contro l’umanità, che i legali dei tre palestinesi imputati non potranno neanche contestare, perché la Corte di Assise dell’Aquila ha deciso di affidare la ricostruzione dei fatti, che si sarebbero svolti in Cisgiordania, alla sola Digos dell’Aquila, e di privare la difesa di testimoni e consulenti fondamentali, ammettendone solo 3, di scarsa o nulla rilevanza, e riferiti ad un solo imputato, con ciò violando anche la Costituzione italiana, art. 24 e 111, che garantisce il diritto alla difesa e a un giusto processo.
Non solo, anche la scelta dell’interprete, egiziana, sembra stata studiata per negare ad Anan il diritto alla difesa e più in generale di parlare della questione palestinese. Quando Anan ha chiesto di far leggere al suo avvocato la traduzione italiana della sua dichiarazione spontanea gli è stato risposto che non serviva e che bastava metterla agli atti. Quando allora ha deciso di leggerla lui è stato frequentemente interrotto dalla Corte (come del resto gli avvocati) e le sue parole travisate da una traduzione non proprio fedele.
A coronamento del tutto la direttiva della digos, che ha imposto al personale di vigilanza di non far entrare dentro bandiere palestinesi anche se indossate o in borsa, e la serie di udienze fissate a distanza ravvicinata, con una media di due al mese per logorare e scoraggiare la solidarietà.
Ma la vera vittima di questo processo è la verità, e quindi la giustizia. Come è possibile che in un Tribunale italiano, dove si processano tre palestinesi per fatti che sarebbero avvenuti in Palestina non si debba parlare di Palestina? Come è possibile che nei futuri libri di storia del nostro paese non si dovrà parlare della storia dei paesi che abbiamo oppresso e continuato a opprimere come paese imperialista? Come è possibile che con gli odierni mezzi di informazione venga legittimato e normalizzato un genocidio proprio da chi, con quei mezzi ogni giorno trae profitti accusando di terrorismo un popolo vittima del terrorismo?
Mentre nelle nostre TV si trasmettevano le immagini pompose dei reali britannici sbarcati in Italia per “rinsaldare l’amicizia” tra stati guerrafondai, in tre giorni sono state filmate e diffuse via social scene orribili di violenza a Gaza, tra corpi scaraventati in aria dalla furia dei bombardamenti israelo-americani, al personale paramedico giustiziato dalle forze israeliane dopo un agguato, per finire, si fa per dire, con un giornalista palestinese bruciato vivo nella tenda dove stava lavorando. Si chiamava Ahmed Mansour, ed è stato il 257° giornalista ucciso da Israele dal 7 ottobre 2023 (https://stopmurderingjournalists.com/).
Ieri è stato rilasciato dopo 10 anni di prigionia Ahmed Manasra. Aveva 13 anni quando i coloni e l'esercito israeliano lo hanno investito e pestato quasi a morte prima di arrestarlo, sottoponendolo poi a duri interrogatori in assenza dei genitori o degli avvocati, sotto costanti minacce, urla e privazioni del sonno. Un video degli interrogatori e tutta la sua storia sono visibili su questo link (https://palinfo.com/news/2025/04/10/947175/). In tutti questi anni ha potuto stringere il dito di sua madre una sola volta dopo il suo arresto, ed è stato tenuto in costante isolamento. E' uscito dal carcere visibilmente denutrito, con numerose cicatrici alla testa per i traumi cranici riportati in seguito ai pestaggi e conseguenze devastanti a livello psicologico, come schizofrenia, deliri psicotici e grave depressione accompagnata da pensieri suicidi (da un rapporto pubblicato da Amnesty International il 21 giugno 2022).
Si può ancora definire Israele uno stato democratico? E con quale faccia tosta la Corte di Assise dell’Aquila si appella al principio di “reciproca fiducia tra Stati” (Italia/Israele) per giustificare l’ammissibilità nel processo di prove ottenute da crimini di guerra e contro l’umanità?
Come Slai Cobas per il sindacato di classe facciamo appello a tutti i lavoratori e le lavoratrici, ma in primo luogo a quelli della stampa italiana, a denunciare questi crimini e a condannarli, perché raccontare la verità è il primo passo verso la libertà.
Facciamo inoltre appello ad essere presenti alla prossima udienza, mercoledì 16 aprile dalle ore 9:30, non solo perché anche questa volta saremo in presidio insieme a varie realtà solidali con la Palestina, ma perché, ora più che mai, è necessario rendere una testimonianza onesta di quanto sta accadendo al Tribunale dell’Aquila.
Comunichiamo inoltre che saremo presenti alla manifestazione nazionale a Milano del 12 aprile contro il genocidio in Palestina e la complicità del governo italiano nel genocidio e nella repressione della resistenza palestinese.
Al fianco di Anan, Ali e Mansour
LA RESISTENZA NON SI ARRESTA!
LA RESISTENZA NON SI PROCESSA!