sabato 15 gennaio 2011

pc quotidiano 15 gennaio - tunisi.. cade il regime reazionario e corrotto di BEN ALI ma ..la rivolta continua



Il fascista Ben Ali va via da Tunisi dopo 23 anni al potere, sostenuto dalle
pseudo-democrazie d'Europa e dalla UE.

Il tiranno fugge in modo vile dopo aver constatato che lo scioglimento del suo governo e la sua promessa di indire elezioni anticipate non facevano terminare le proteste della popolazione.

La repressione ha causato in meno di un mese, oltre 60 morti, secondo la Federazione internazionale dei diritti umani.

Il Presidente tunisino è stato costretto a lasciare il paese davanti alle proteste.

La fuga di Ben Ali Zine El-Abidine non cancella le incertezze del futuro della Tunisia.

Il potere è formalmente nelle mani del primo ministro, ma ieri sera, nonostante il coprifuoco, sono continuati i disordini nella capitale.

Il Presidente Zine El-Abidine Ben Ali, al potere per 23 anni, ha lasciato la Tunisia ieri, dopo una rivolta senza precedenti contro il suo regime che è stata repressa nel sangue, mentre il primo ministro uscente ha preso le redini temporaneamente.

Mohammed Ghannouchi, primo ministro uscente ha annunciato ieri sera in televisione che ha assunto la presidenza in temporanea sostituzione di Ben Ali.

Ha inoltre lanciato un appello per l'unità a tutti i Tunisini sensibili.
"Chiedo a tutti i tunisini di ogni colore politico e regionale di mostrare patriottismo e unità", ha detto solennemente. Si è inoltre impegnato a "rispettare la Costituzione".

Poco prima, due fonti vicine al governo hanno annunciato la partenza del capo di Stato all’estero.

Accerchiato da migliaia di manifestanti nella capitale e nel resto del paese, che chiedevano le sue dimissioni immediate giovedi stesso, il Presidente Ben Ali ripeteva, senza esito, gli annunci di riforma per cercare di fermare un mese di scontri e dimostrazioni represse dalle forze di sicurezza.

I manifestanti continuavano a chiedere le dimissioni immediate di Ben Ali, in quanto non soddisfatti con le sue promesse, fatte nella notte di giovedi, di lasciare il potere a conclusione del suo mandato nel 2014.

Il governo tunisino annunciò di aver dichiarato lo stato di emergenza in tutto il paese con il coprifuoco 18,00-6,00, il divieto di assembramento in strada e autorizzando l'esercito e la polizia a sparare su "ogni sospetto" che rifiutasse di obbedire agli ordini.

Poco prima, il Primo Ministro Mohammed Ghannouchi, citato dall’agenzia di stampa ufficiale TAP ha detto che il presidente Ben Ali ha deciso "nel contesto delle misure annunciate giovedi, di destituire il governo e proclamare le elezioni anticipate entro sei mesi '.

Ha aggiunto che egli era stato incaricato di formare un nuovo governo.

Violenti scontri hanno continuato a verificarsi nel pomeriggio tra gruppi di manifestanti e poliziotti in tenuta antisommossa.

I principali partiti di opposizione Tunisini, sia legali che clandestini, hanno chiesto venerdì "le dimissioni di Ben Ali e l'istituzione di un governo provvisorio incaricato di organizzare libere elezioni in sei mesi" in una dichiarazione congiunta presentata a Parigi.

"Vi capisco", ha insistito Ben Ali nella notte di giovedi nel suo terzo intervento televisivo dall'inizio della rivolta, soprattutto sollecitando le forze di sicurezza a smettere di sparare proiettili veri contro i manifestanti.

”No a Ben Ali”, "Rivolta permanente'" o "Preferiamo la fame a Ben Ali", gli hanno risposto ieri centinaia di manifestanti nella capitale, che si sono riuniti davanti al ministero degli Interni. La polizia ha sparato gas lacrimogeni per cercare di disperdere i manifestanti.

La rivolta contro il potere di Ben Ali è iniziata dopo il suicidio a metà dicembre di Bouazizi Mohammed, uno dei tanti laureati disoccupati in Tunisia e che la polizia aveva fermato per impedirgli di lavorare come venditore ambulante con la motivazione che non aveva la licenza. I disordini hanno preso progressivamente un carattere politico, si sono diffusi in tutto il paese e
hanno raggiunto la capitale.

L'agitazione ha colpito anche il turismo, un settore chiave dell'economia tunisina, dopo giovedì ci sono stati atti di saccheggio nella località balneare di Hammamet. Il giorno successivo, ieri, i turisti europei hanno cominciato a rientrare nei loro paesi.

Tra la diaspora tunisina a Parigi, scene di gioia, seguite alla fuga di Ben Ali. Circa 200 persone si sono radunate davanti all'ambasciata tunisina. Nel quartiere popolare di Barbes, dove la comunità tunisina è ben rappresentata, il sentimento di gioia era superiore alla preoccupazione per il futuro del paese.

pc quotidiano 15 gennaio - bruciano le bandiere Fim cisl .. alla fiat mirafiori



e ora la lotta contro padroni e sindacati collaborazionisti
per fermare il fascismo padronale in fabbrica e nel paese


proletari comunisti

pc quotidiano 15 gennaio - processo ThyssenKrupp

PROCESSO THYSSENKRUPP: UDIENZA DEL 14 GENNAIO(Di seguito la cronaca scritta
per Facebook da Elena del gruppo dell'Agenda Rossa, che ringrazio per la
gentile concessione)

Poca gente tra il pubblico, vicino a me siede un ex dipendente Thyssen che
mi ha dato delle informazioni utilissime.
Ricapitolo, per memoria, quanto richiesto dalla Procura della Repubblica il
14 dicembre:
16 anni e sei mesi per l'A.D. Herald Espenhahn
13 anni e sei mesi per: Gerald Prigneitz, Marco Pucci, Giuseppe Salerno,
Cosimo Cafueri
9 anni per Daniele Moroni
La Regione Piemonte ha chiesto 6 Milioni di euro di risarcimento.
La Corte, entra alle 9.50 - il Giudice, a nome della corte, si scusa del
ritardo dovuto ad un imprevisto.
Apre l'udienza l'avvocato Vallere, come rappresentante del Sindacato
Unitario di Base, costituitosi parte civile, in quanto soggetto danneggiato.
Facendo riferimento all'art. 2043 Risarcimento per fatto illecito:
''Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto,
obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno (Cod. Pen.
185)''.
L'Avv. Vallere ripercorre tutte le mancanze presenti nello stabilimento:
enormi quantità di carta imbevuta d'olio,
mancanza di pulizia - la carta NON veniva rimossa causa carenza personale
* norme anti infortunistiche non rispettate,
* mancanza della centratura automatica dei coils, con conseguente
sfregamento sulla carenatura metallica
* sfregamento che provocava surriscaldamento e ''scintille''
* flessibili oleodinamici fessurati - flessibili a 140 atmosfere!
* pulsantiere non a norma - non solo non fatte con lo standard richiesto
ma addirittura protette da ghiere metalliche, quindi, non facilmente
raggiungibili
* cartelli anti infortunistica di 20 anni fa (risalenti ancora alla
precedente proprietà Fiat)
* centralina idraulica ridotta ad un colabrodo - gli allarmi di perdita
di pressione erano costanti (ricordo che la perdita mensile era tra gli 8 e
le 12 tonnellate di olio al mese)!!! La sera stessa dell'incendio la
centralina idraulica era stata rabboccata tre volte!
* mancanza di istruzioni sui macchinari presenti
* mancanza di dispositivi di arresto d'emergenza
* pulsantiere NON a norma e difficilmente riconoscibili
* nonostante il blocco della linea l'olio continuava ad essere pompato
nei tubi aumentando la pressione con rischio esplosione
* pavimenti sdrucciolevoli e coperti da carta e residui oleosi - la
normativa di sicurezza prevede la pulizia accurata per evitare i ''carichi
fuoco''
* manutenzione difficilissima anche dovuta al fatto che gli spazi erano
troppo esigui
* i corridoio di passaggio non erano separati tra pedoni e i ''muletti''
che trasportavano materiale
* porte di sicurezza grandi azionate elettronicamente, quindi in
mancanza di corrente (come nella notte dell'incendio) NON si potevano
aprire, rinchiudendo di fatto, gli operai dentro in caso di pericolo
* porte piccole di soccorso con apertura manuale, non segnalate e spesso
intralciate da macchinari o materiale
* enorme spazio da percorrere in caso di incendio, la legge prevede
15-30 m. loro ne avevano 150-200 m con una sorta di percorso ad ''ostacoli''
e a volte il passaggio si riduceva a 30 centimetri
Per tutti i motivi sopra citati, la Federazione dei lavoratori
Metalmeccanici Uniti, sentendosi, per il comportamento tenuto dalla Thyssen,
defraudata e danneggiata in termini di perdita di credibilità - nonostante
le pressioni fatte per risolvere i problemi appena elencati - chiede agli
imputati - penalmente responsabili - in risarcimento la somma di euro 225
mila , più una nota separata cadauno. Tale denaro verrà utilizzato dalla
Federazione per progetti formativi per il lavoro in ambito di sicurezza.
Ore 12.30 inizia l'avvocato Signora Galliate come rappresentante di
''Medicina Democratica''
Ripercorre le ''anomalie'' sopra riportate dall'avvocato Signor Vellere,
stressando sulle dimensioni ridotte degli spazi di azione da parte del
personale, per interventi manutentivi.
(n.d.r. - come mi è stato detto dal Sig. Corazza - gli spazi ridotti sono
dovuti al fatto che la linea 5 è una linea ''nata zoppa''! Era un prototipo
europeo all'avanguardia per il recupero del calore, e fatta con i
contributi della Comunità Europea, in pratica , pur di prendere i contributi
dalla comunità, hanno ''creato'' lo spazio per la nuova linea 5, MA lo
spazio non era sufficiente nè in altezza nè in pianta, ma tant'è... fu
fatta ugualmente - ecco perchè gli spazi sono così ''miseri'')
L'avvocato Galliate ricorda ancora la distanza da percorrere, in caso di
pericolo, per raggiunger le uscite di sicurezza ed accedere alle ''zone
sicure'': Per zone sicure si intende l'esterno dello stabilimento invece, in
questo caso, la zona sicura era la linea 4!
Infatti i soccorsi sono potuti intervenire solo da quella porta.
Le altre due, aprendosi solo grazie all'energia elettrica, NON funzionavano.
Mentre parla non posso fare a meno di pensare alla ''fine del topo'' e mi
vengono le lacrime agli occhi...
Ricorda che giornalmente si spegnevano incendi, per cui sarebbe stata
INDISPENSABILE una revisione dei sistemi di sicurezza.
Ribadisce che la mancanza di centratura automatica dei coils, con il
risultato di sfregamento, provocava scintille, dato il carico fuoco
presente... carta e olio a pressione... non è difficile immaginare i
risultati!
Ricorda che i pavimenti avrebbero dovuto essere in pendenza per raccogliere
l'olio residuo della laminazione - altamente infiammabile - in apposite
canaline di scolo, tale olio invece rimaneva sul pavimento, rendendo
difficile sia la deambulazione normale, ma soprattutto aumentando il
''carico fuoco''!
Nessuna direttiva CEE era rispettata. Mentre in tutti gli altri stabilimenti
Thyssen, sia in Germania che a Terni lo erano!
Ricorda che i flessibili, contenenti l'olio dell'impianto idraulico,
avrebbero dovuto essere protetti da ghiere e, soprattutto avrebbero dovuto
avere dei sistemi per ''captare'' le fuoriuscite d'olio prima che si
potessero trasformare in una sorta di pulviscolo di olio ad altissima
pressione e... altamente infiammabile! (Flash Fire) (Cosa effettivamente
successa! Secondo la testimonianza di un sopravvissuto si parlava di ''muro
di fuoco'')!
Ricorda che la situazione ''estintori'' era drammatica. (Parlando con il
signor Corazza - ho appreso che gli estintori erano tenuti in un magazzino
accessibile solo dopo aver ritirato le chiavi dai guardiani - ci volevano
circa due ore per togliere i vuoti, andare a prendere quelli nuovi in
magazzino, firmare le bolle di consegna, ritornare sul posto dove
posizionare i nuovi e tornare al posto di lavoro! Semplicemente NON c'era
abbastanza personale per farlo! Ecco perchè molti estintori erano appesi al
muro semivuoti, se non peggio ancora vuoti)!
L'avvocato conclude ricordando che non esisteva un impianto di rilevazione
automatica degli incendi non esisteva un impianto di spegnimento a pioggia,
non esisteva un impianto automatico rilevazione calore, non c'era protezione
dei ''flessibili'' contenenti olio a pressione, non c'era un allarme
acustico anomalie.
Tutte queste ''anomalie'' necessarie e approvate furono semplicemente
declassate da: lavori da attuare sulla linea 5 TORINO
a lavori da attuare sulla linea 5 FROM TORINO.
Quindi lo sapevano, le avrebbero fatte... MA nella nuova allocazione della
linea. Non era quindi il caso di spendere più nulla per Torino... in quanto
stabilimento in ''dismissione''.
L'avvocato, dopo aver elencato i nomi delle vittime:
Antonio Schiavone, 36 anni,
Rosario Rodinò di 26 anni,
Rocco Marzo di 54 anni,
Roberto Scola di 32 anni,
Angelo Laurino di 43 anni,
Bruno Santino di 26 anni,
Giuseppe De Masi di 26 anni.
Chiede a nome dell'associazione Medicina Democratica - Lavoro e Salute, in
quanto frustrati e sminuiti nella loro attività di miglioramento
dell'attività lavorativa, la somma di lire 250 mila Euro.
La cosa che mi ha colpita di più è stata la frase riportata dall'avvocato
Galliate, che citando le testuali parole dell'imputato Salerno ha detto:
''Ma d'altronde... non si poteva mica fermare lo stabilimento...'' In quel
momento avrei voluto gridare SIIIIIII , SIIIIII, SI DOVEVATE FERMARLO!
Sono morti in 7! Per cosa? Per il vostro guadagno? Per i vostri profitti!
Perchè non era un ''regalo'' quello, che la Thyssen faceva a quegli operai!
Erano gli operai a fare un regalo alla Thyssen! Un regalo pagato con la
VITA!
Esco sempre da quel tribunale con le lacrime agli occhi e con un senso di
frustrazione terribile!
Mentre torno a casa penso allo stabilimento Fiat di Mirafiori... il
contratto Marchionne e mi chiedo: ''dove stiamo andando''?Torino, 15 gennaio
2011
Stefano Ghio - Rete sicurezza Torino

pc quotidiano 15 gennaio - fiat mirafiori..l'intervento di proletari comunisti

Proletari comunisti ai cancelli di Mirafiori nel giorno del Referendum

Arrivati in anticipo e visto che il clou si sarebbe svolto alla Porta 2,
abbiamo fatto il giro delle altre portinerie, per l’intero perimetro
della fabbrica, per attacchinare le locandine. Le altre entrate, dove
sarebbero entrati gli operai, erano chiuse, e le abbiamo messe dove si
capiva che la presenza operaia sarebbe stata certa, in queste erano
visibili manifesti e piccoli striscioni che invitano a votare no e
assenti quelle del si erano le uniche alle entrate impiegati. Quindi
siamo tornati alla 2 che praticamente era un suk, con decine di TV-
giornalisti-fotografi, camper di USB, furgone dello Slai con presenza
sia di Arese che di Pomigliano bandiere della Fiom con
tutto l’apparato- una delegazione dalla Ferrari (striscione della RSU a
cui erano state messe dei cerotti per oscurare Fim e Uilm) e super
visione di Airaudo, bandiere e striscioni di sinistra critica e di altre forze politiche Il tutto
circoscritto in uno spazio molto ristretto che scoraggiava, ad un primo
approccio, a dare visibilità alla nostra posizione ma anche il fastidio
per la tolleranza verso la presenza dei sindacati gialli. Nonostante
questi “problemi” abbiamo messo nei punti giusti (le locandine (due erano ingrandimenti da essere dei veri manifesti (super fotografati); le bandiere che sventolavano nei punti caldi (entrata degli operai); ma la cosa principale che ha dato una marcia in più alla nostra presenza, è stato un comizio che ha sintetizza la nostra propost sui i punti essenziali: il fascismo padronale rappresentato
dal piano Marchionne; la necessità di accettare lo scontro frontale con
questo sistema come hanno iniziato a fare gli studenti;i
sindacalisti venduti sono essi stessi fascisti e vanno cacciati; ma
anche un’accusa aperta alla stampa che nei giorni del referendum
assediano-assillano-inseguono gli operai per estercergli una
dichiarazione, e quando gli operai si ammalano per gli effetti del
piano Marchionne non ci sono con riferimento anche all' articolo apparso sul nostro blo). Il nostro comizio ha zittito tutti, ha catalizzato l’attenzione di tutti, ha di fatto cacciato quelli di Fismic ecc, ha indotto i dirigenti Fiom a
richiamare alcuni operai che si erano lasciati coinvolgere e che
avevano gridato “fascisti” all’indirizzo dei venduti (letteralmente
“vieni dove ci sono le nostre bandiere, che lì il clima è caldo”). Dopo
questo passaggio il clima nei nostri confronti è stato ancora più colloquiale e il volantone veniva preso con convinzione (alcuni che poco prima non l’avevano preso, sono venuti a chiederlo) anche per il modo come lo davamo da quelli della Fiom ma,
principalmente, dagli operai. Altro dato significativo è stato l’
atteggiamento delle operaie che esprimevano orgoglio di classe-convinzione nel No-determinazione a continuare nella lotta.

i compagni di proletari comunisti intervenuti



primo comunicato nazionale

proletari comunisti saluta e sostiene il massiccio no operaio al referendum del
13-14 gennaio contro il referendum è illegittimo e ricattatorio
cionostante il no operaio è stato alto, e incoraggia la lotta dei lavoratori
il fascismo padronale di marchionne nonostante l'appoggio esplicito dei sindacati dei padroni, del governo berlusconi-sacconi e di quasi tutti i partiti parlamentari compreso l'atteggiamento ambiguo e conciliante rappresentato dalla cgil della camusso
non può cantare vittoria
la lotta alla fiat e nelle fabbriche in generale deve muoversi ora sempre più lungo la linea dello scontro frontale e del braccio di ferro contando sulle masse operaie e contribuendo ad organizzarle per la lotta, su basi autonome e di classe
sul piano sindacale e politico
ogni altra linea e attività non serve ai lavoratori

proletari comunisti
15- 1 - 2011

pc quotidiano 15 gennaio - massiccio No operaio al piano marchionne

massiccio No operaio al piano marchionne


Gli operai della Fiat Mirafiori hanno detto NO in maniera massiccia e determinata,
Il SI vince tra gli operai per soli 9 voti, ma considerando il 5% di astenuti, più nulli e bianche che certo non sono voti per il sì, il no operaio ha prevalso.
Il risultato della vittoria del sì è dovuto a servi impiegati e capi.Il risultato ottenuto in un clima di dittatura padronale e ricatto occupazionale è importante e grandioso. Esso incoraggia la lotta e l'organizzazione di classe dei lavoratori, se si comprende che la lotta e il rafforzamento dell'unità per il sindacato di classe sono la vera risposta al piano Marchionne e al fascismo padronale che comprende i sindacati firmatari dell'accordo.
Ora bisogna sconfiggere la linea della Cgil di costringere la Fiom ad accettare l'accordo. Il sindacato antioperaio e collaborazionista nelle file operaie del no è la Cgil di Camusso.
Lo sciopero del 28 a Torino e in tutto il paese è una prima risposta, purchè non sia uno sciopero rituale.
Il 14 dicembre degli studenti ha indicato la strada di una lotta vera e generale;
questa strada è necessaria e determinante ora per trasformare in NO in fatto reale che possa incidere e bloccare il piano Fiat e di tutti i padroni, il governo Berlusconi e ogni governo dei padroni.

slai cobas per il sindacato di classe
coordinamento nazionale
cobasta@libero.it
347-5301704
15 - 1 -2011

_______________________________________________
In prima pagina di Repubblica di oggi foto piccola - il comizio volante e
l'agitazione di proletari comunisti ieri a Mirafiori, da parte del compagno
Sebastiano Lamera operaio della Dalmine Bergamo, appartenente sindacalmente allo slai cobas
per il sindacato di classe

pc quotidiano 15 gennaio - fiat...Nei seggi numero 9, 8, 7 e 6 l'accordo è bocciato I sì prevalgono nel 5, quello degli impiegati.




Nei seggi numero 9, 8, 7 e 6 l'accordo è bocciato (video). I sì prevalgono nel 5, quello degli impiegati.

Dopo lo scrutinio dei 4 seggi principali e di oltre la metà dei voti, al referendum sull'accordo dello stabilimento Fiat di Mirafiori i no sono il 53,2% (1.576) e i sì sono il 46,8% (1.386).

Gli operai delle linee, quelli più coinvolti dalle modifiche previste dall’accordo del 23 dicembre, respingono, quindi, l’intesa

venerdì 14 gennaio 2011

pc quotidiano 14 gennaio - Operai licenziati in Sata in 107 secondi di film

Operai licenziati in Sata in 107 secondi di film

Ieri sera a Roma la proiezione del docufilm della marcia di Barozzino, Lamorte e Pignatelli
14/01/2011 ROMA – Centosette secondi è il tempo che un operaio ha a disposizione alla catena di montaggio per effettuare la sua operazione. “107 secondi. Operai del Sud” è il titolo del documentario che racconta la storia di Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, i tre operai della Fiat Sata di Melfi licenziati lo scorso luglio con l’accusa di aver bloccato alcuni macchinari durante un corteo interno all’azienda, poi reintegrati dal giudice ma senza aver più avuto la possibilità di tornare in fabbrica a lavorare.

Una storia il cui prossimo capitolo verrà scritto proprio tra pochi giorni, il 18 gennaio, data prevista per l’udienza d’appello. «A Melfi in un referendum come quello di Mirafiori o Pomigliano vincerebbe il sì, si tratta di un 'referendum-ricattò», ha detto ieri sera marco Pignatelli. «Ti levano il diritto di protestare se le cose vanno male - ha aggiunto - ed escludono chi non firma dalla rappresentanza sindacale». Il video racconto, girato dal giovane regista Bruno Federico e prodotto dalla casa di produzione indipendente Suttvuess in collaborazione con gli operai tedeschi di Stiftung Menschenwurde und Arbeitswelt, documenta il tour dei tre metalmeccanici per gli stabilimenti del Lingotto nel sud Italia.

Una marcia intrapresa «per difendere il diritto al lavoro e il rispetto della legalità» che da Melfi, a Cassino, passando per Foggia e Roma li ha portati ad incontrare migliaia di lavoratori, a confrontarsi con quel meridione operaio stretto tra la necessità del lavoro e la minaccia della disoccupazione. Sono storie, volti, esperienze, paure e disillusioni ripresi dalle telecamere in viaggio con gli operai tra settembre e ottobre 2010, prima e dopo il referendum di Pomigliano. Una marcia che si è conclusa con la grande manifestazione della Fiom svoltasi il 16 ottobre scorso a Roma.

pc quotidiano 14 gennaio - Napoli --nuova capitale delle morti sul lavoro

Napoli nuova capitale delle morti sul lavoro

3 morti in due giorni, napoli capitale del lavoro nero e dello sfruttamento, già da un anno è la città con più morti sul lavoro..ora il ritmo si va intensificando da sempre la rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro, denuncia questi fatti e invita a mobilitarsi costruendo seriamente la rete a Napoli.
Si sono fatte delle iniziative , ma sono restate episodiche. Alla rete aderiva dall'inizio il sindacato lavoratori in lotta, che nel primo anno ha fatto iniziative e ha partecipato a iniziative nazionali ma dopo questo è praticamente cessato- l'indirizzo puramente propagandistico sviluppato ha portato a una assenza di iniziativa ma la rete nazionale è necessaria a napoli e nelle prossime settimane una nuova proposta sarà lanciata in questo senso rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro.
bastamortesullavoro@gmail.com

riferimento per il sud
nodo di taranto
cobasta@libero.it


Schiacciato da una gru

Muore un operaio, Franco La Motta, 39 anni, stava lavorando nella ditta autotrasporti 'Francesco Russo' di via Botteghelle di PorticiTragedia sul lavoro alla periferia di Napoli, dove un uomo è rimasto schiacciato da una gru. L'incidente è avvenuto in una ditta di Ponticelli, alla periferia di
Napoli. Secondo una prima ricostruzione, Franco La Motta, 39 anni, stava lavorando nella ditta autotrasporti 'Francesco Russo' di via Botteghelle di Portici, quando è rimasto schiacciato da un autoelevatore di container. Sul posto sono intervenuti il 118 e la polizia.

(13 gennaio 2011)


Capri, operaio muore in cantiere abbandonato su ciglio della strada
Si è sentito male mentre trasportava materiali pesanti, ma poichè era senza contratto i compagni di lavoro lo hanno sposato all'esterno dove un'ambulanza del 118 lo ha poi soccorso. Ma Raffaele Buonocore 44 anni non ce l'ha fatta.

Un operaio a Capri è morto in cantiere, ma i suoi compagni di lavoro lo hanno lasciato sul ciglio della strada perché era da poco tempo al lavoro in quel luogo e, probabilmente, senza contratto regolare. Raffaele Bonocore, 44 anni, si è accasciato al suolo mentre trasportava materiale di risulta all'interno del cantiere; altri operai l'hanno portato sul ciglio della strada, dove lo ha poi prelevato il 118. L'uomo però non ce l'ha fatto ed è arrivato cadavere all'ospedale isolano. La polizia, intuendo dagli abiti e dallo stato dei vestiti che probabilmente l'uomo aveva svolto compiti
pesanti, ha interrogato gli operai dell'unico cantiere presente nelle vicinanze risalendo all'identità dell'uomo. Sul fatto proseguono gli accertamenti ed è stata aperta un'inchiesta

(12 gennaio 2011)


Camionista muore a Poggioreale schiacciato da un cancello
Alessandro Benvenuto, un autotrasportatore di 31 anni, è morto nel quartiere napoletano di Poggioreale a causa, secondo quanto accertato dai carabinieri, del malfunzionamento di un cancello di ingresso che ha travolto l'uomo.
L'incidente si è verificato in via Galeoncello 28, nell'autorimessa della società 'Sa. da. meridionale s. r. l. depositi e trasporti'. I militari hanno accertato che Benvenuto, dopo aver effettuato le operazioni di chiusura del cancello d'ingresso dell'autorimessa è stato travolto dal cancello carraio che, dopo esser fuoriuscito dalla guida, gli è cascato addosso schiacciandolo. Sebbene subito trasportato all'ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, l'uomo è morto a causa delle gravi lesioni riportate.

(12 gennaio 2011)

pc quotidiano 14 gennaio - 204 operai della Keller di Carini (Palermo) licenziati con un fax

Questa mattina gli operai della Keller sono in sit-in ancora una volta davanti alla Regione Siciliana a protestare contro l’assurda vicenda che si trascina da 15 anni e che conferma nei fatti il progressivo smantellamento delle fabbriche, del poco apparato produttivo, in Sicilia.

***

“Keller, l'azienda sbaracca in Sicilia, licenziamento collettivo per 204

Fine delle speranze per i lavoratori di Carini: diventa realtà il provvedimento anticipato nel piano industriale 2010-2013 presentato a giugno. La Fiom accusa: "La comunicazione data via fax, atto unilaterale e di arroganza. La Regione intervenga"

PALERMO - Dopo mesi di stipendi in ritardo prima, di cassa integrazione poi, i 204 dipendenti della Keller di Carini, in provincia di Palermo, sono stati licenziati in massa e messi in mobilità con decorrenza 5 gennaio. La notizia viene dalla Fiom regionale siciliana secondo la quale la comunicazione sull'avvio della procedura di licenziamento collettivo da parte dell'azienda elettromeccanica è arrivata oggi via fax.

Nella stessa ora si era aperta, al tavolo ministeriale sulla vertenza, la trattativa fra azienda e ministero per lo sviluppo economico sull'ipotesi di un finanziamento di 15 milioni per l'insediamento di Villacidro, in Sardegna, dove secondo il piano industriale 2010-2013 presentato a giugno - lo stesso che anticipava l'intenzione di cessare l'attività in Sicilia - sarà concentrata la produzione.

"Un atto unilaterale e di arroganza - accusa Giovanna Marano, segretario regionale della Fiom - testimoniata anche dal non essersi attenuti a nessun principio di corrette relazioni sindacali. Del resto - aggiunge Marano - abbiamo già in tutte le sedi fatto rilevare l'inaffidabilità di un'azienda che abbiamo anche denunciato per appropriazione indebita. Fino all'ultimo, infatti, ha proposto scenari futuri poco credibili, come le ultime evoluzioni dei fatti dimostrano".

La Fiom chiede al presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, di convocare un incontro sulla vicenda già per domani: dalle 9, i lavoratori della Keller terranno un presidio davanti palazzo d'Orleans.

(13 gennaio 2011)

la repubblica-palermo”

pc quotidiano 14 gennaio - da milano lavoratori con gli studenti

AL fianco degli studenti
contro la repressione


All'indomani delle entusiasmanti lotte degli studenti contro il ddl Gelmini che sancisce il diritto all'istruzione su base classista, e dopo gli arresti e le denunce nel corso delle manifestazioni, puntuali, proprio durante la pausa delle vacanze natalizie, a Milano arrivano le denunce a carico di studenti “rei” di aver occupato scuole, partecipato alle numerose, prolungate giornate di lotta, non senza l'immancabile e sempre uguale-qualsiasi sia il tema- dichiarazione del vicesindaco-sceriffo di Milano che invoca il pugno di ferro e preannuncia l'immancabile costituzione parte civile del comune.

Gli studenti hanno mostrato grande determinazione, fantasia nella lotta contro un presente di incertezza, precarietà e un futuro di disoccupazione certa, di sfruttamento sino alla morte. Hanno saputo trasformare lo slogan “Noi la crisi non la paghiamo” in “Noi la crisi ve la creiamo” intervenendo direttamente nella politica degradata, squalificata corrotta di questo paese con la compravendita aperta di voti per tenere in piedi questo governo.

Gli studenti hanno avuto la capacità di mettere in piedi un movimento che non fa sconti a nessuno, sono intervenuti su tutti gli aspetti ed i fronti della lotta: dalle contestazioni a Bonanni a quelle alle testate giornalistiche che hanno demonizzato la loro lotta, alla interlocuzione con pezzi di lavoratori in lotta-compresa la manifestazione della Fiom del 16 ottobre a Roma- portando la parola d'ordine dello sciopero generale, subito! Chiamando a raccolta i lavoratori, precari, disoccupati. Purtroppo poche sono state le risposte in tal senso.

Da subito il tentativo è stato di demonizzarli, di dividerli in buoni e cattivi, non permettiamolo! La stessa disponibilità dichiarata del segretario della Cgil di Milano a mettere a disposizione il collegio di difesa degli avvocati se ci dovesse essre un processo va in tal senso, dice, infatti, Rosati:”....Ovviamente non siamo intenzionati a coprire le devastazioni ingiustificate...”

I lavoratori, in primis, devono schierarsi al fianco dei loro figli, non permettere che vengano criminalizzati, repressi, ma difenderli e solidarizzare con loro “senza se e senza ma”, facciamo sentire loro la solidarietà, stringiamoci al loro fianco, costruiamo un comitato in loro sostegno.




Slai cobas per il sindacato di classe- Milano


per contatti: cobasdiclasse.mi@gmail.com
cell:3387211377

martedì e giovedì dalle 16.30 alle 18
c/o coa Transiti via Transiti, 28 MM1 Pasteur

pc quotidiano 14 gennaio - Fiat...LA FATICA DI LAVORARE ALLA FIAT..anche prima del piano Marchionne

LA FATICA DI LAVORARE ALLA FIAT

Nessuno ne parla ma i carichi di lavoro negli stabilimenti di Marchionne sono già aumentati con un impatto pesante sulle patologie muscolo-scheletriche e rischi sempre crescenti per la salute.

Nel 2007, 68 ex-manager e dirigenti di FIAT Auto finirono sotto inchiesta a Torino a seguito della denuncia di 187 operai della Carrozzerie di Mirafiori che avevano contratto malattie per sforzo ripetuto. Non trovando soluzione per via negoziale gli operai si rivolsero al giudice e quei manager decisero di patteggiare la pena. Soluzione avallata dal tribunale anche perché nel frattempo l’ azienda aveva modificato l’ organizzazione del lavoro in linea. L’ ipotesi di reato era piuttosto grave: lesioni gravi e gravissime poiché gli operai, tra il 1992 e il 2002, hanno accusato disturbi a mani, spalle e braccia dovuti alle modalità di lavoro nelle linee di produzione.

Il fatto risale solo a pochi anni fa e nel frattempo la FIAT ha iniziato ad adottare, dal 2006, la metodologia ERGO-UAS che consente di valutare il rischio di sovraccarico biomeccanico di tutto il corpo. Un sistema molto sofisticato dotato di tabelle e di una metrica delle funzioni operative sezionate movimento per movimento in modo da definire il tempo esatto che una certa funzione richiede e il tempo di riposo necessario per evitare di pesare sulla salute degli operai.

Inutile dire che tale sistema è considerato unilaterale dalla FIOM che ha realizzato una serie di studi (a cura di Franco Tuccino) per certificare come l’ obiettivo della FIAT di far lavorare di più i suoi operai, riducendo i tempi morti o quelle operazioni “a non valore aggiunto”, alla fine pesano moltissimo sulla salute. Del resto basta ascoltare le testimonianze degli operai stessi.

In un’ inchiesta della stessa FIOM, a cura di Eliana Como e basata su interviste realizzate con 100.000 operai, nel 68% dei casi si lamentano i movimenti ripetuti delle braccia e delle mani mentre il 32% (ma la percentuale sale al 44% tra gli operai di 3° livello) lamenta posizioni disagiate che provocano dolore. Soprattutto, il 40% degli intervistati, 47% tra le donne, ritiene che la propria salute sia stata compromessa dalla condizione di lavoro.

E questa “percezione” in realtà è suffragata da alcuni dati. I lavoratori con ridotte capacità lavorative, prodotte dalle mansioni, sono, secondo i dati prodotti dalla FIOM e non smentiti dalla FIAT, 1.500 sui 5.500 dello stabilimento di Mirafiori e addirittura 2.200 su 5.500 nello stabilimento di Melfi. Le patologie più diffuse sono quelle muscolo-scheletriche: discopatie lombosacrali, tendiniti, etc.

Secondo un’ ulteriore indagine effettuata dal patronato CGIL INCA, su un campione di circa 400 operai di Melfi, con età media di 38 anni, le patologie sono state riscontrate nel 45% dei casi.

Basta parlare con gli operai per rendersi conto della situazione. “In fabbrica io sono addetto allo smistamento dei pezzi – ci dice Pasquale Loiacono di Mirafiori – e questi pesano 6 o 7 chili l’ uno. La mansione è sempre la stessa, tutto il giorno per otto ore e il mio non è il lavoro peggiore”. Montare il pezzo sulla linea di montaggio, infatti, sottopone a un altro tipo di stress, quella della ripetitività e della monotonia.

E’ la stessa INAIL ad aver realizzato delle tabelle in cui si afferma la correlazione tra determinate attività lavorative e alcune patologie: tendinite alla spalle da lavoro al montaggio o alla saldatura, tendinite mano-polso per lavorazioni meccaniche, sindrome tensiva del collo per compiti ripetitivi legati all’ uso della forza.
Esistono poi alcune condizioni lavorative che, se presenti, possono determinare il superamento delle soglie minime di rischio per l’ acquisizione di determinate patologie: ad esempio, operazioni di durata di 45 secondi per un’ ora continuativa; sforzo delle mani una volta ogni cinque minuti per due ore complessive, e così via.

Movimenti che in una fabbrica come Melfi, Pomigliano o Mirafiori sono la norma. “Noi lavoriamo in piedi tutto il tempo”, aggiunge Loiacono, “e il montaggio di una boccola alla scocca dell’ auto si ripete con movimenti lenti delle mani e delle dita per ore e ore”.

Il problema non è solo della FIAT, ma europeo. Secondo i dati della Fondazione europea di Dublino sulle condizioni lavorative, il 57% della forza lavoro effettua movimenti ripetuti degli arti superiori e il 33% lo fa in modo intenso; sono 44 milioni (il 30%) i lavoratori in Europa che accusano dolori alla schiena e il 17% alle braccia. Il costo totale dei dolori muscolo-scheletrici in Europa oscilla tra lo 0,5 e il 2% del PIL, quindi si tratta di un costo sociale rilevante che ricade non solo sulle stesse aziende ma anche sulla collettività per il tramite dell’ assistenza sanitaria.

Ovviamente tutto ciò è noto alle imprese che infatti sviluppano sistemi di valutazione degli sforzi e della condizione lavorativa come nel caso del sistema ERGO-UAS che la FIAT sta applicando. Spiegare come funziona è piuttosto complicato, ma sostanzialmente si tratta di applicare alle funzioni operative dei modelli standard che indicano la tempistica di lavoro da rispettare con alcuni scostamenti determinati proprio dalla necessità di evitare le patologie. Per applicare il sistema ERGO-UAS la FIAT ha disdetto l’ accordo del 1971 che regolava i ritmi di lavoro, aumentando però di circa il 5% i carichi sugli operai.

La spiegazione è che migliorando le caratteristiche ergonomiche di una postazione di lavoro la riduzione delle pause non comporta maggiori rischi. Ovviamente il sistema è contestato dalla FIOM che chiede una maggiore scientificità dell’ analisi dei rischi e una sperimentazione più ampia e meglio confrontata con altri metodi e sistemi.

Per capire il problema è sufficiente un esempio: applicando il sistema ERGO-UAS la FIAT arriva a ridurre le pause a 30 minuti nell’ arco delle 8 ore lavorative. Secondo un altro modello, l’ OCRA (OCcupational Ripetitive Actions), le pause dovrebbero essere di 10 minuti ogni 50 minuti continuativi di lavoro, quindi almeno il doppio.

di Salvatore Cannavò, da Il Fatto quotidiano

pc quotidiano 14 gennaio - il voto referendario alla fiat

il voto referendario per il SI alla fiat è quello della 'maggioranza silenziosa' reazionaria e fascista, ingrandito dal ricatto occupazionale non deve far paura nè deve sfiduciare
se si sviluppa la lotta e l'esercizio della forza anche verso questa maggioranza silenziosa, la situazione cambia

proletari comunisti

notizia da torino

ZERO CONVENUTI

Scrive il Televideo Rai - non certamente un covo di comunisti - che l'assemblea convocata ieri mattina alla parrocchia del Redentore dal fronte del sì al ricatto di Markionne è andata deserta, zero convenuti.
Chissà cosa speravano i sindacalisti venduti - Chiarle, Fim, Peverato, Uilm, Aragona, Fismic, Faili, Ugl: non penso che credessero di fare l'en plein.
Lo zero per cento dei lavoratori è un ottimo viatico: essere schiavi dei padroni evidentemente non piace a nessuno, neppure agli iscritti ai sindacati collaborazionisti.
Ora però occorre fare un passo in più: oltre a cacciare i sindacalisti collaborazionisti da tutte le assemblee operaie, occorre contemporaneamente smascherare l'atteggiamento ambiguo della Fiom che invita i lavoratori a votare NO, ma poi cincischia a fronte di posizioni che, nel partito sedicente democratico, sono uguali o contigue a quelle dell'extracomunitario canadese.
Sta ai lavoratori riconoscere, e sputtanare, l'aristocrazia operaia: questo sempre nel quadro della costruzione di un vero sindacato di classe nelle mani dei lavoratori.

Torino, 14 gennaio 2011

pc quotidiano 14 gennaio - 90° anniversario della fondazione del partito comunista d'Italia- iniziativa a torino

pc quotidiano 14 gennaio - napoli.. menzogne contro i disoccupati organizzati

Il seguente comunicato è stato rilasciato ai maggiori quotidiani locali il 12 gennaio 2010 dopo l'attacco e la criminalizzazione subita dai mass-media dopo l'incontro con l'Ass. Nappi il 10 gennaio







Ancora un nuovo attacco ai disoccupati organizzati

Contro le menzogne la verità sull’incontro del 10 gennaio con l’assessore Nappi



Ecco che ci risiamo. E’ bastato arrivare al fatidico incontro del 10 gennaio con l’Assessore Nappi per rileggere i soliti titoloni su presunte aggressioni dei precari Bros. E pensare che giorno 7 avevamo scelto di andare in corteo direttamente alle sedi delle principali testate giornalistiche per anticipare i contenuti che avremmo portato a quel tavolo, ben consapevoli che proprio quell’incontro avrebbe segnato l’apertura di una nuova fase della vertenza che ci riguarda. Abbiamo perciò recapitato ai giornali una documentazione corposa delle proposte che non solo abbiamo fatto negli anni ai signori amministratori, vecchi e nuovi, ma che in maniera ancor più dettagliata avremmo riproposto quel giorno all’Assessore Nappi. L’abbiamo accompagnata ad una lunga missiva ai direttori dei quotidiani in cui criticavamo il loro atteggiamento di acquiescenza, se non di servilismo, verso i politici di turno, chiedendo di stupirci con uno scatto di indipendenza e di “vera” informazione, dando spazio alle ragioni della nostra lotta ed alle proposte di cui ci facevamo portatori. Lo “scatto” è durato lo spazio di un giorno e di un trafiletto. Ma si sa, volete mettere come tira il facinoroso in prima pagina ed il “pianto” del politico vittima, a fronte della dimostrazione, per mano di mille (così dice Nappi) disoccupati, dell’inettitudine di un Assessore che, dall’alto della sua laurea in giurisprudenza, dei suoi innumerevoli incarichi istituzionali e non, delle sue protezioni politiche, dei trascorsi di navigato avvocato per salvare le chiappe dei propri amici da inchieste scomode, si erge, ormai, a reuccio di Napoli?

Ed, infatti, di quell’incontro è stata data la sola versione dettata dall’Assessore: «Così mi minacciano: o ci dai subito il posto fisso oppure non esci vivo da qui» (Corriere del Mezzogiorno); “Napoli, Mastella aggredito e minacciato dai disoccupati del progetto Bros” (il Mattino); “Disoccupati, assedio alla Regione minacce a Nappi e a Mastella” (la Repubblica).

Quindi: una presenza dei disoccupati sotto la regione, normale alla luce del fatto che in quell’incontro si discuteva del destino di migliaia di famiglie, diventa un assedio ed un raid; la tensione seguita alla mancanza di risposte precise dell’assessore a domande precise dei rappresentanti dei disoccupati sulla collocazione lavorativa di un bacino che aspetta da 13 anni, diventa aggressione e minacce; così come aggressione e minacce diventa l’incontro casuale con Mastella avvicinato ed interpellato (per sua ammissione) in modo pacato da alcuni Bros a cui, però, qualche nuovo arrivato (chi ha detto che era un disoccupato Bros?) lancia qualche insulto.

Dobbiamo dire che, questa volta, la bandiera della faziosità va senza dubbio al Corriere che accoglie l’intervista di Nappi, senza essere sfiorato nemmeno lontanamente dal dubbio che possa esserci un’altra versione dei fatti, visto quanto da noi consegnato al suo direttore e vista la presenza –e che presenza!!- di forze dell’ordine. Per nostra duratura esperienza sappiamo con quanta “professionalità” lavorano le forze dell’ordine che per molto meno non hanno risparmiato a nessun disoccupato una passeggiata in questura. E’ davvero strano che 20 esponenti della digos presenti alla presunta minaccia a Nappi “non esci vivo da qui” si siano persi l’occasione di fare un’unica incarrettata dei presunti aggressori. O che di fronte a minacce alla sua famiglia ed allo stalking di cui sarebbe vittima resta a guardare. Ovviamente non abbiamo dubbi che dopo i suddetti articoli siano stati chiamati a fare il “loro dovere”, come dimostrano le prime dichiarazioni del questore Giuffrè in cui si fanno accostamenti impropri e pericolosi con situazioni, realtà e modalità di lotta che nulla hanno a che fare con il movimento dei disoccupati organizzati Bros.



In mancanza di amore per la verità di Simona Brandolini, autrice dell’intervista del Corriere all’assessore Nappi, e solo a lui, e dei suoi colleghi di altre testate, ci tocca fare qualche precisazione su quanto dichiarato dallo stesso. Come anticipato negli incontri con esponenti di quelle stesse testate e nella documentazione a loro consegnata (basta andarsela a rileggere), la nostra delegazione all’incontro del 10 non ha affatto preteso “il posto nel pubblico”. Di fronte all’inconsistenza delle misure previste dal piano per il lavoro, al meccanismo di utilizzo e di affidamento alle sole agenzie interinali, alle difficoltà - riconosciute anche dagli imbecilli- di una crisi economica che produce più licenziamenti che occupazione, sono state poste domande precise: in che modo e dove la platea degli organizzati Bros sarebbe stata collocata lavorativamente, se si trattasse di una vera stabilizzazione o solo di contratti precari, se fosse previsto il ripristino del sussidio economico anche con l’avvio di lavori socialmente utili fino all’avverarsi di uno sbocco lavorativo. L’Assessore non ha dato risposte, limitandosi ad illustrare il funzionamento del bando apparso sul sito regionale lo scorso 27 dicembre 2010 e spiegando che questa platea avrebbe avuto la possibilità di accedere al mondo del lavoro al pari delle altre centinaia di migliaia di disoccupati campani. Gli abbiamo fatto notare che dopo anni di formazione, e alla luce delle convenzioni tra tutti gli organi di governo, nazionale e regionale, e delle delibere regionali volte alla stabilizzazione dei precari Bros, riconosciute dallo stesso piano per il lavoro, bisognava mantenere gli impegni presi e favorire, anche attraverso questo piano, uno sbocco lavorativo stabile per i Bros, non più rinviabile.

A questo proposito abbiamo reiterato le nostre proposte di avvio di progetti nel settore ambientale chiedendo di indirizzare in questa direzione anche parte (e abbiamo indicato quali) dei fondi previsti dallo stesso piano per il lavoro per la creazione di nuove imprese ed il sostegno di quelle esistenti, oltre quelli già disponibili per l’impiantistica sui rifiuti e per le bonifiche. L’assessore Nappi mente, sapendo di mentire, quando dice che l’unica nostra rivendicazione è quella di entrare nella raccolta differenziata e questo perché avrebbe fin troppe difficoltà, come le ha avute durante l’incontro, a spiegare a noi ed a tutta la cittadinanza che non c’è alcuna volontà politica di mettere in campo una gestione dei rifiuti alternativa ed una riqualificazione ambientale che, oltre a garantire la salute dei campani, avrebbe una ricaduta nella creazione di una filiera industriale per il recupero ed il riciclo dei materiali e della bonifica del territorio, offrendo migliaia di posti di lavoro.

La sua fuga da quell’incontro più che dovuta ai toni che si sono andati accendendo di fronte all’assenza di ogni risposta e di rifiuto di ogni interlocuzione sulle soluzioni poste sul tavolo dalla nostra delegazione, è dettata dalla chiara volontà di mettere sul piano dell’ordine pubblico la soluzione alla nostra vertenza al solo scopo di porre fine ad un movimento organizzato che ostacola il tranquillo tran tran delle solite e quotidiane operazioni clientelari con cui si dà lavoro in questa città.


Se non fosse così tragico, ci sarebbe da ridere quando il caro assessore Nappi rivendica per sé e per il leader del suo partito Mastella, di “voler cambiare le cose”, di “stare cambiando il vecchio sistema”. Come a dire che, a differenza di chi li ha preceduti, rappresentano la fine di una gestione allegra e degli accordi clientelari con i movimenti. Allora è il caso di ricordare ai giornalisti di corta memoria e a tutti quelli che sostengono l’operato dell’assessore, che appena nel 2009, questo cavaliere senza macchia e senza paura ha difeso Sandra Lonardo Mastella in una inchiesta per tangenti e malaffare, che lo stesso Mastella è stato indagato. L’inchiesta sul cosiddetto “modello Mastella” riguardò “63 persone (tra gli indagati anche due consiglieri regionali in carica, i mastelliani Nicola Ferraro e Fernando Errico) legate agli affari dell´Udeur e racconta con cifre e dati impressionanti «il fervore lottizzatorio» con cui il partito-famiglia gestiva il potere sul territorio. È un´inchiesta lunga mille pagine e una lista di “raccomandati” con 655 nomi”. ..”La svolta arriva quando gli 007 del Nucleo tributario trovano nella segreteria di Capobianco un file con 655 nominativi: la maggior parte di essi sono accompagnati dalla segnalazione di un esponente politico, dell´Udeur – ma non solo -, che li avrebbe raccomandati. Dai riscontri incrociati dei finanzieri, è emerso che 136 di quei «segnalati» hanno ottenuto assunzioni o incarichi professionali «con ingiusto vantaggio patrimoniale ed elettorale» incassato dagli inquisiti. Secondo la Procura in tre anni, dal 2005 al 2008, il 90% di quelle raccomandazioni andò a segno. (dall’articolo di Conchita Sannino del 22 ottobre 2009 su la Repubblica Napoli).

Ci sarebbe da dire: da che pulpito viene la predica, quando si citano le assunzioni clientelari all’Astir che noi, e solo noi, abbiamo denunciato con tanto di nome e cognomi sui muri di questa città.
Ci sembra chiaro, allora, che quando l’assessore nell’intervista al Corriere del Mezzogiorno dice che: “ Il lavoro è un diritto, ma non è un diritto che decida tu quando lavorare e come farlo”, vuole dire che spetta a quelli come lui decidere chi, come, quando ed in cambio di cosa puoi andare a lavorare. Con le modalità di attuazione del piano per il lavoro: bandi, affido alle agenzie interinali, chiamate nominative, ecc. ecc., ci si appresta a continuare a gestire in maniera clientelare anche quest’altra manna. E’ questa volontà ed esigenza che sta dietro alla mancata risposta ai movimenti e alla necessità di eliminarli dalla piazza. Noi ne siamo consapevoli. Vigileremo come abbiamo sempre fatto e non permetteremo né a Nappi né ad altri di continuare a fare le proprie fortune, elettorali e non, sulla pelle dei disoccupati. Non abbiamo speranza che altri lo facciano per noi.

Riteniamo che chi ha questi trascorsi, chi rifiuta, con arroganza, di dialogare con i movimenti, chi provoca ed invoca solo la repressione, non può essere interlocutore di nessuno né assolvere al compito di dare soluzione al grave problema occupazionale di questa regione: deve dimettersi!!
Di sicuro non smetteremo di lottare affinchè quel diritto al lavoro e a campare non ci venga scippato ancora una volta dai galoppini della politica.


Movimento di lotta per il lavoro Banchi Nuovi


Napoli 12/01/11

giovedì 13 gennaio 2011

pc quotidiano 13 gennaio - il metodo Marchionne in Argentina -- il salario della paura

l'articolo tratto dal 'Quotidiano della Basilicata'... deve essere aggiustato nei suoi refusi ma è davvero interessante.

Il sogno argentino Non si uccidono così anche i cavalli?
Con lo spauracchio di punizioni e licenziamenti fatti passare per dimissioni volontarie accetta turni di lavoro e straordinari umanamente insostenibili con le minacce che più di frequente ritornano nelle interviste con gli operai fiat di Cordoba.

Non si uccidono così anche i cavalli? è un film di Sidney Pollack del 1969. Nell'America in crisi degli anni '30 un gruppo di persone, costrette a fare di tutto per vivere, partecipa ad una maratona di ballo in vista di un premio in soldi. Ballare per ore e ore, muoversi melanconicamente per necessità fino allo sfinimento; alcuni dopo ore si ritirano, altri stramazzano al suolo. Da
qui la domanda: non si uccidono così anche i cavalli?
Pensate ora ad un operaio Fiat argentino, costretto a lavorare anche per dodici ore al giorno, per sei giorni a settimana, con i tendini infiammati,la schiena a pezzi e lacrime che scorrono giù lungo il viso per il dolore. Ma non si uccidono così anche i cavalli?
Veniamo al caso italiano, al nuovo contratto Fiat per gli operai di Mirafiori, dopo quello di
Pomigliano, e alle analogie e differenze con il caso argentino.
Marchionne ha in testa un modello di governabilità del tipo “obbedire per competere”, che somiglia molto a quello argentino, e lo ha imposto di forza anche in Italia con la compiacenza di Cisl e Uil.

E' necessario tenere presente, che l'esperienza degli anni '90 ha lasciato la sua impronta nella memoria collettiva dei lavoratori. Con livelli di disoccupazione che superavano il 13% della PEA (Popolazione Economicamente Attiva) nel 1999 e la pauperizzazione crescente di milioni di lavoratori, il "miedo", la paura, diventò un'arma fondamentale del capitale per imporre le sue condizioni di sfruttamento.
Anche così, oggi, nonostante il peso di quel passato e l'aggiunta di incentivi per favorire la fidelizzazione all'impresa,quel regime di prestazione psico-fisica, fatto di attenzione e forza fisica, che sfiancherebbe anche un giocatore di rugby,fa sì che il controllo della forza-lavoro vacilli di frequente.
Quasi ogni mese, spiega un operaio, la politica del “miedo” viene ribadita con le punizioni esemplari, ovvero, i licenziamenti utili non solo per allontanare le “pecore nere” ma anche per riportare alla docilità gli altri operai.
I licenziati, però, non devono comparire come tali ma come dimissionari, perché la Fiat, nell'accordo siglato con il governo di Cordoba -in base alla legge 9727 del programma di promozione e sviluppo industriale della provincia- si impegnava a non licenziare in cambio di consistenti agevolazioni, come, ad esempio, un forte sconto sul costo dell'energia elettrica.
Fatta la legge trovato l'inganno: gli operai vanno via, nella maggior parte dei casi, con un foglio di dimissioni e un po' di soldi in tasca, una sorta di incentivo all'uscita.
Ma cerchiamo di capire come si è arrivati a questo e quali altre similitudini presenta il caso argentino con quello italiano.
Nei primi anni '90, in Argentina,sempre in tempo di crisi, così come in Italia oggi, si mandarono al macero una parte dei diritti sul lavoro per attrarre gli insediamenti delle multinazionali favorendo le contrattazioni di secondo livello, quelle aziendali. Da lì in poi le multinazionali dell'auto Fiat, Peugeot, Volswaghen, hanno potuto fare a Cordoba il bello e il cattivo tempo, ognuna con il suo contratto e con un solo sindacato (SMATA),che registra molti tesserati ma pochi
consensi. Anche in Argentina in quegli anni prevalse ildiscorso sull'efficacia degli investimenti per la ripresa economica ed occupazionale, trasformando gli sfruttatori in benefattori; anche lì si gonfiarono i dati sulla presunta ricaduta occupazionale e si dragarono in cambio vantaggi e incentivi.
In fondo tutti sanno, operai, sindacalisti e sociologi del lavoro, che in quelle fabbriche- dove il sistema di produzione è stato adeguato al World Class Manifacturing WCM), il nuovo cavallo di troia ideato dai padroni del settore auto per ampliare controllo e disciplina sotto l'apparente
neutralità delle esigenze produttive- le condizioni di lavoro sono peggiorate. In linea, come racconta un operaio, per stanchezza capita di addormentarsi con la saldatrice in mano; e gli incidenti da accumulo di fatica aumentano di giorno in giorno.
L’operaio ideale rinuncia al diritto di sciopero per non perdere definitivamente il posto di lavoro. Per tamponare questi ed altri danni, la Fiat ha in loco delle cliniche e perfino un ospedale collocato proprio di fronte alla fabbrica d'auto. Questa rete di luoghi di cura è molto utile anche per contenere le informazioni e oscurare i dati sullo stato di salutedegli operai, cosa che può sempre tornare utile nel caso in cui qualcuno si decida ad uscire allo scoperto e denunciare.

Questo è lo scenario che gli operai Fiat di Pomiglianoe Mirafiori si troveranno a vivere nei prossimi mesi. Anche se è prevedibile che questo regime disciplinare sia destinato a provocare resistenze, dallo sciopero generale alle proteste fabbrica per fabbrica, rimane il fatto che spremere come limoni migliaia di operai per favorire un settore decotto come quello dell'auto sia una scelta strategia catastrofica non solo in termini economici ma anche e soprattutto umani.
Fuori dai piedi, quindi, i vecchi diritti, con l’imposizione della mordacchia per la riluttante Fiom; e via libera alla flessibilità spazio-temporale e al disciplinamento stretto degli operai.
In tempo di crisi, anche se la Fiat ha infilzato all'amo un piccolo investimento di 700 milioni di euro,non pochi sono disposti ad abboccare. E dal momento che il manager fa bene il suo lavoro, e sa che, minacciando di spostare la produzione verso nuovi “paradisi” dello sfruttamento, avrà più possibilità di imporre ciò che vuole ad un’italietta sempre pronta a genuflettersi ai piedi di un imprenditore globale, non c'è da meravigliarsi dei risultati dei referendum.
Ma, al di là di questo vecchio vizio d'arroganza della casa automobilistica, cerchiamo di capire
quali sono le conseguenze dell'accordo sulla vita degli operai.
L'operaio ideale che dovrebbe uscire dalla disciplina Marchionne dovrà parzialmente rinunciare al diritto di sciopero, accettare turni di lavoro umanamente insostenibili e straordinari sotto il ricatto di punizioni e licenziamenti,come già accade in Argentina.
A differenza dell'Italia, lì, però, gli operai sono pagati con un salario che per la realtà Argentina è alto: circa 4000 pesos è quello base (un maestro ne guadagna quasi 3000) che con gli straordinari arriva a circa 7000, quasi 1400 euro. Tuttavia, quel salario, ha un costo umano
enorme; a spiegarcelo sono gli stessi operai Fiat di Cordoba: anche se il contratto prevede otto ore giornaliere,con due pause da 15 minuti a cui si sommano i trenta della mensa a fine turno, gli straordinari sono diventati di ordinaria amministrazione.
Lo straordinario, secondo quanto stipula il contratto collettivo di lavoro e la legge laboral vigente, sono opzionali. Però in pratica, si utilizzano sottili meccanismi di pressione, che obbligano i lavoratori a sottomettersi a giornate di lavoro prolungate. In questo modo si viene inghiottiti dalla fabbrica alle sei del mattino e se ne esce dopo 12 ore; poi il tempo di tornare a casa, cenare e via a dormire, ogni giorno per sei giorni a settimana.
Dopo un po' di tempo iniziano i malanni fisici anche nel caso di operai giovani; sicché molti sono
quelli che, nonostante i dolori lancinanti, non lasciano la linea per paura di perdere il posto.

Prima di assecondare il modello Marchionne, come fanno Chiamparino, Fassino e altri invasati del tardo industrialismo, ci si dovrebbe chiedere quali saranno le conseguenze tanto sui produttori
quanto sui consumatori. Su questo tema, nonostante le attente segnalazioni di Guido Viale, le mancanze riguardano anche il sindacato e la classe operaia, incapace di immaginare un modello diverso da quello esistente. Se si segue la discussione di questi giorni, tra le colpe imputate
alla Fiat dallaFiom troviamol'assenza di investimenti in ricerca e sviluppo, ovvero la mancanza di nuovi modelli di auto.
Questo è vero, ma a ben guardare si tratta di osservazioni che sottendono la condivisione di un modello conservatore che individua nello sviluppismo e nell'aumento della produzione una risposta
alla crisi globale. Il punto nevralgico della questione,che purtroppo viene deltutto oscurato in questi giorni, è piuttosto il tentativo di individuare una strategia d'uscita dal pantano del ricatto Fiat.
Se la discussione rimarrà imbrigliata sulla rivendicazione del diritto al lavoro e non sull'esodo da lavori disumani, in quel pantano si rischierà di affogare, accettando uno sfruttamento accresciuto, indignandosi di tanto in tanto per i diktat del manager e le strette disciplinari. In fondo, se si stagna in questa situazione è anche per i ritardi accumulati dall'Italia in termini di welfaree misure redistributive.
Basti pensare che solo di recente, con gran ritardo, a bassa voce, a seguito dell'acuirsi della crisi e della disoccupazione, una parte della sinistra, e ivi compresa la Fiom, ha inserito nell'ordine del discorso una timida rivendicazione per il salario di cittadinanza, soldi sganciati
dal lavoro per i giovani, dopo che l'argomento quasi gli era stato soffiato via da Brunetta.
Eppure la storia insegna, non reagire in tempo ad una violenza comporta dolorose conseguenze. Non aver ragionato in tempi utili sulle strategie di esodo dalla grande impresa e più in generale dallo sviluppismo è una colpa che da qui in poi si dovrà pagare.
Lorena Capogrossi
Università di Cordoba-Argentina,
Elisabetta Della Corte

pc quotidiano 13 gennaio - docufilm sui licenziamenti operai fiat sata

Oggi la presentazione a Roma
Verrà presentato questa sera a Roma, a partire dalle 19 e 30, presso il
Nuovo Cinema Aquila il docufilm realizzato da un giornalista indipendente
de l’Unità sul viaggio compiuto dai tre operai licenziati alla Fiat di Melfi in
quattro stabilimenti italiani del gruppo. Alla presentazione saranno presenti
Antonio Lamorte e Marco Pignatelli.

pc quotidiano 13 gennaio - fiat Zastava...Licenziamenti di massa in Serbia

Licenziamenti di massa in Serbia




A febbraio del 2010 la fabbrica serba di automobili ZASTAVA era stata divisa in due parti:



La Fiat Auto Serbia (FAS) proprietaria degli stabilimenti di produzione delle auto che aveva assunto con un nuovo contratto individuale circa 1000 lavoratori.

La Zastava Auto che risultava in pratica una scatola vuota, rimasta di proprietà pubblica a cui venivano affidati i restanti 1.600 lavoratori non assunti dalla Fiat.

Il governo Serbo, a ridosso della fine dell’anno, ha improvvisamente dichiarato la chiusura totale della Zastava Auto e la conseguente messa in mobilità di tutti i lavoratori a partire dal 5 gennaio.



Tutto ciò contrariamente a quello che a questi lavoratori si era prospettato precedentemente ovvero che dato che la Fiat Auto Serbia avrebbe dovuto arrivare ad avere circa 2.500 dipendenti alla fine del 2011, i dipendenti ancora sospesi dal lavoro sarebbero stati chiamati man mano ad entrare in FAS.

Con il licenziamento effettuato dal governo serbo, la Fiat non ha nessun obbligo contrattuale rispetto alla riassunzione dei lavoratori Zastava in mobilità.



I lavoratori hanno reagito immediatamente entrando in sciopero ed effettuando anche un tentativo di occupazione del comune di Kragujevac, località in cui il tasso di disoccupazione è elevato ed in cui sarà difficilissimo per questi lavoratori essere ricollocati.

La Fiat ovviamente se ne è lavata le mani sostenendo che la questione riguardava il governo nonostante siano stati i suoi esperti a fare dei tests di ammissione agli operai.

Peccato che di questi test i lavoratori non abbiano mai ricevuto i risultati e il sindacato serbo non abbia mai avuto informazioni di quanti lavoratori li avessero passati.



È evidente che la Fiat ha ottenuto tutto quello che gli occorreva:

La cancellazione del marchio Zastava

La proprietà degli impianti

Finanziamenti del governo serbo a pioggia

Un ampio serbatoio di lavoratori a cui attingere a seconda delle necessità produttive

Una Newco a cui conferire produzioni e stabilimenti, mentre al governo resta una bad company su cui si scaricano i debiti ed i lavoratori eccedenti.

pc quotidiano 13 gennaio - Palombella .. noi lo conosciamo bene..ma non lo combattiamo mai

il blog di Operai contro è uso pubblicare corrispondenze operaie, a volte efficaci, a volte puramente anonime e demagogiche di operai che lanciano il sasso e nascondono la mano;
a Operai contro questo va bene, agli operai dotati di coscienza di classe e ai comunisti no, anzi questa attitudine fa leggermente schifo
E' il caso della lettera che operai contro pubblica oggi che riportiamo.

PALOMBELLA, NOI LO CONOSCIAMO BENE

L’accordo antioperaio imposto dalla Fiat e firmato dagli accondiscendenti sindacati
padronali, Cisl, Uil, Fismic e Ugl, non è un fulmine a ciel sereno, ma l’ultima tappa
dell’attacco da anni condotto dai padroni agli operai per sfruttarli sempre più
aspramente, peggiorandone ulteriormente le condizioni di lavoro e di vita. Al ricatto
di Marchionne gli operai devono, uniti, rispondere un fermo “no”.
Ma a noi operai dell’Ilva di Taranto per dire “no” a tale accordo infame sarebbe
bastato anche soltanto leggere, tra i firmatari, il nome di Rocco Palombella,
segretario generale della Uilm. Noi lo conosciamo bene, Palombella: dal 2003 al 2009
è stato segretario provinciale della Uilm di Taranto, per anni ha collaborato con il
padrone Emilio Riva a incrementare lo sfruttamento degli operai, a diminuire le
condizioni di sicurezza e ad aumentare il numero di incidenti, spesso mortali, a
intimorirli, a impedire che scioperassero e manifestassero tutta la loro rabbia. Noi
ricordiamo quando davanti ai cancelli si è più volte affannato a placarci, dopo la
morte di uno o più nostri compagni, cercando di venderci che da allora in poi le cose
sarebbero cambiate. Palombella è di quei sindacalisti che hanno costruito una
splendida carriera sulla pelle e sul sangue degli operai. Queste cose bisogna dirle,
fare nome e cognome. Perciò gli accordi firmati da tali sindacalisti non li
accettiamo. E i sindacalisti che firmano tali accordi non li vogliamo più, né dentro
né davanti alla fabbrica. Addirittura Palombella, dalle colonne del “Riformista”,
dopo aver lanciato un appello alla Fiom perché torni a essere un sindacato serio, ha
ammonito che “Se a Mirafiori vince il sì un eventuale rientro della Fiom nell’accordo
passa per un nostro via libera che non è scontato”. Ma chi crede di essere? Via dalle
fabbriche, vada a zappare il mare!
Operai di Mirafiori, siate uniti contro tutti i sindacalisti venduti al padrone,
aperti e mascherati. Noi siamo dalla vostra parte.

SALUTI OPERAI DALL’ILVA DI TARANTO

questo tipo di operai che mandano lettere infuocate ai giornali ma che poi in fabbrica tacciono e non lottano apertamente, anzi quando qualcuno denuncia e lotta realmente, tacciono ancora di più, anche noi li conosciamo bene.
la battaglia contro palombella in questa fabbrica l'ha fatta solo e sempre lo slai cobas per il sindacato di classe, la stessa fiom ha finto di farla ma ha firmato la gran parte degli accordi negli anni 2003-2009 insieme alla uilm proprio negli anni di ascesa e consolidamento del sig.Palombella.
L'azione fortemente incisiva dello slai cobas per il sindacato di classe porta Palombella a denunciare i dirigenti di questo sindacato per diffamazione con richiesta di un miliardo di risarcimento.. la causa gli andrà male , ma a fronte di questa intimidazione dirigenti fiom e attivisti allineati, tra cui abbondano questo tipo di operai anonimi, si guardano bene dall'uscire allo scoperto, consolidando tra gli operai l'idea che Palombella è troppo forte e che bisogna parlare zitti, zitti.
Lo slai cobas porterà poi in tribunale l'Ilva in una grande causa per truffa ed estorsione ai danni di 320 operai della nuova siet che in larghissima maggioranza si schiereranno con lo slai cobas. Altribunale Palombella sarà chiamato come testimone a favore dagli avvocati di RIVA.
Cercherete invano un comunicato fiom o RSU fiom che denunci il fatto..
E l'elenco potrebbe continuare a lungo..
Palombella deve le sue fortune all'Ilva di taranto .. e anche al tipo di operai che scrivono lettere a operai contro ma non lo hanno combattuto.
Infine è facilissimo essere solidali con gli operai fiat mirafiori, ma ci si guarda bene dal fare qualcosa di serio all'ILVA, dove alcuni punti dell'accordo fiat sono già in atto frutto di accordi di Palombella, Fim e ...Fiom.

slai cobas per il sindacato di classe
taranto

Palombella nuovo segretario nazionale della uilm
il coronamento di una onorata carriera al servizio di Padron Riva

Palombella è il segr, prov. della Uilm Taranto eletto al congresso nazionale Uilm nuovo segretario nazionale, è divenuto in questi anni l'uomo forte del sindacato metalmeccanico all'Ilva di Taranto,
arrivando al 45% delle RSU, con un sindacalismo interno fondato sul rapporto di potere con la direzione dell'impresa, di cui è divenuto negli anni una sorta di portavoce tra i lavoratori.
A lui tocca ogni volta, ancor prima dell'azienda, giustificare scelte e decisioni aziendali, avallare cassaintegrazione ordinaria e straordinaria, creare allarmismo e ricatto occupazionale per far passare tutto in azienda, avallando e legittimando i piani del padrone ma conquistando per i lavoratori che lo seguono privilegi e piccoli risultati, determinandosi come sindacato serio che conosce i problemi, conta e li risolve in compatibilità stretta con i piani della azienda e il comando di fabbrica.
Alcune perle della sua attività

Due delegati fiom organizzano uno sciopero per la sicurezza, il reparto si ferma, l'azienda reagisce e licenzia i due delegati e colpisce altri sette lavoratori in sciopero.
Palombella organizza una dichiarazione di dissociazione di alcuni degli operai per isolare i due delegati e far passare i licenziamenti, i lavoratori lo smaschereranno e la manovra non passerà.

La nuova Siet - grande azienda dell'appalto ILVA - viene assorbita dall'Ilva ma i gli operai vengono dequalificati in un accordo capestro che fa perdere loro livelli e diritti - accordo firmato dai tre sindacati confederali e osteggiatp dallo slai cobas per il sindacato di classe.
Uilm primo sindacato alle rsu di fabbrica, all'atto del passaggio Palombella invita i lavoratori a firmare il contratto, pena il licenziamento.
L'accordo viene impugnato e lo slai cobas per il sindacato di classe con un esposto porta la vicenda a processo che in primo grado si conclude con una condanna per 4 anni per RIVA. Palombella testimonia a favore dell'azienda contro i 150 lavoratori nuova siet costituitisi parte civile.

A fronte delle ripetute accuse di collusione con l'azienda fatte dallo slai cobas per il sindacato di classe, Palombella denuncia i dirigenti cobas per diffamazione chiedendo 1 miliardo di danni.
Purtroppo per lui la querela viene archiviata, perchè quello dello slai cobas è legittimo diritto di critica.

Ultima perla: insieme alla fim la uilm firma un accordo per tagliare fuori dalla cig gli operai interinali e 600 di loro vengono buttati fuori.

Questi grandi meriti nel condurre una politica filo padronale, nella furibonda battaglia anti slai cobas lo portano alla segreteria nazionale della uilm


proletari comunisti
ro.red@fastwebnet.it
16-2-2010

pc quotidiano 13 gennaio..il regime reazionario tunisino scatena la repressione.. arrestato il portavoce del Partito Comunista degli operai tunisini

da tunisi in spagnolo in via di traduzione, più comunicato in italiano


Hamma Hammami, ex director del diario Alternatives, prohibido por las autoridades, y portavoz del Partido Comunista de los Obreros Tunecinos, ha sido detenido, en la mañana del 12 de enero de 2011, cuando se encontraba en su domicilio.

Según su esposa Radia Nasraoui : « La policía ha irrumpido, la mañana del miércoles y detenido a Hamma. Varios policías han forzado la puerta de nuestro apartamento, que han registrado y destrozado, antes de detener a Hamma delante de su hija” ha contado. Se trata del primer dirigente político detenido desde el inicio de las revueltas.

Hamma había emitido la víspera un discurso difundido por Facebook, instando al presidente de la Republica tunecina Zine el Abidine Ben Alí a que abandonase el poder frente a la amplitud de la contestación social y a la ausencia de una respuesta por parte de las autoridades más allá de la represión.

Hamma Hammami había salido a finales del 2010 de varios meses de clandestinidad tras un asunto de derecho común orquestado contra él. En septiembre de 2009, fue violentamente agredido por policías en el aeropuerto, cuando regresaba de Francia, donde había realizado varias entrevistas muy críticas contra el presidente Ben Alí en vísperas de las “elecciones presidenciales” del 25 de octubre de 2009.

El periodista de Radio Kalima, Nizar Ben Hassen también ha sido detenido en su domicilio, en la ciudad de Cheba, el martes 11 de enero por unidades especiales de la presidencia de la República tunecina. Siendo conducido a un lugar desconocido.

El ministro tunecino del Interior ha decretado el miércoles en un comunicado oficial un toque de queda nocturno en Túnez y su periferia tras los disturbios en “algunos barrios”.
La polizia politica arresta Hamma Hammami, portavoce del
Partito Comunista degli Operai di Tunisia (PCOT)
Stamattina Hamma Hammami è stato arrestato dalla polizia politica che ha fatto
irruzione nel suo domicilio. Questo arresto si inserisce nel quadro della messa in atto
delle minacce proferite da Ben Alì nel suo ultimo discorso. Difatti, un'ondata di arresti si
è verificata in differenti regioni del paese, colpendo sindacalisti, militanti politici e
giovani, tra cui militanti e simpatizzanti del PCOT.
.
Questo arresto avviene all'indomani dell’appello rivolto dal PCOT al popolo
tunisino e alle forze democratiche, incitandoli ad unire gli sforzi attorno ad un'alternativa
comune al regime dispotico, chiamando alla cacciata di Ben Alì, allo scioglimento delle
istituzioni fantoccio del regime attuale ed alla instaurazione di un governo nazionale
provvisorio incaricato di organizzare elezioni libere e trasparenti. Queste elezioni
permetteranno di instaurare una costituente incaricata di elaborare una nuova
costituzione che stabilisca le basi di una Repubblica realmente democratica, che
riconosca la sovranità del popolo, che garantisca il rispetto dei diritti umani,
l'uguaglianza e la dignità. Ciò permetterà una nuova politica economica e sociale,
nazionale e popolare. Ciò garantirà al nostro popolo il lavoro e le risorse necessarie per
una vita dignitosa e metterà fine alla corruzione, all'arbitrio e alle disparità regionali.
Il Partito Comunista degli Operai della Tunisia esige la liberazione immediata dei
suoi dirigenti Hamma Hammami ed Ammar Amroussia, dei suoi militanti così come
tutte le persone arrestate. Ritiene le autorità responsabili degli eventuali attentati alla
loro integrità fisica.
Questi arresti non dissuaderanno il nostro partito dall’assumere tutte le
responsabilità nei confronti del nostro popolo nella lotta contro la dittatura.
Infine, il Partito Comunista degli Operai di Tunisia rinnova il suo appello ad unire
le forze per estromettere Ben Ali ed instaurare un regime democratico al servizio degli
strati popolari.
Partito Comunista degli Operai di Tunisia
Tunisi, 12 gennaio 2011

pc quotidiano 13 gennaio - studenti torinesi con gli operai fiat del NO

Referendum a Mirafiori: la lungimiranza degli universitari torinesi

Nella calda mattinata che precede il voto/referendum a Mirafiori, Radio
Popolare Milano manda in onda un breve servizio che riporta una sorta
di sondaggio tra gli universitari torinesi su “come la vedano, la
percepiscano, ma anche cosa ne sanno” della battaglia che si sta
combattendo alla Fiat.
I ragazzi intervistati, potrebbero, “stupire”,
per così dire, tutti coloro che li vorrebbero omologati anziché
ignoranti o utilizzarli come massa di manovra anziché rassegnati, e via
di questo passo. E invece no. Tranne l’eccezione di uno studente che
dice “non ne sono molto, mi devo informare”, che potrebbe nascondere un
certo imbarazzo di chi magari, ha votato questo governo e nel momento
che percepisce sulla propria pelle gli effetti delle menzognere
promesse a fronte di un devastante attacco al proprio futuro, annaspa
in cerca di una giustificazione; tranne questo intervento “fuori
luogo”, tutti gli intervistati esprimono un sentire comune: “il piano
Marchionne non riguarda solo gli operai, ma anche a noi e non solo”.

Così c’è chi lega la NewCo alla riforma Gelmini come “riforma” che
cancella i diritti sia agli studenti che agli operai, in maniera
arbitraria e arrogante; c’è chi vede un modello sociale che va dalle
fabbriche alle università/scuole, che si espande ai precari sino al
pubblico impiego; c’è chi rimarca la necessità di chi, nonostante una
situazione di attacchi senza precedenti, non vuole arrendersi; o chi
“semplicemente” si sente dalle stessa parte della barricata, operai
studenti, e di conseguenza si schiera, è sarà, al fianco degli operai
di Mirafiori, perché c’è necessità di questa unità. In sostanza si
possono affermare due cose: 1) che questo sentire, questo “sapere”, non
alberga solo tra gli studenti torinesi, ma è stato, ed è, visibile in
quasi tutte le mobilitazioni, che hanno mostrato a tutti che non solo
è necessario resistere, ma che è possibile attaccare per cambiare sul
serio; 2) che questa generazione di giovani, anche se non la fa in
maniera compiuta, veda il nesso tra politica e fatti del governo e
politica e fatti del padrone, che marciano verso lo stesso obiettivo –
instaurazione di un regime di moderno fascismo – come unica risposta ai
diritti.
Concludendo e contro -opportunisti-delusi-diffidenti-
avversatori- “grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è
eccellente”.
Circolo proletari comunisti Milano
prolcom.mi@tiscali.it

13-01-11

pc quotidiano 13 gennaio - PER LE OPERAIE FIAT UN DOPPIO NO

PER LE OPERAIE FIAT UNA DOPPIA RAGIONE PER VOTARE NO AL REFERENDUM

PERCHE': “...l'officina (che già dal '94 è organizzata sui 18 turni di Pomigliano!) prevede un regime lavorativo di tre turnazioni alternate settimanalmente (dalle 6 alle 14, dalle 14 alle 22 e dalle 22 alle 6). Nell'ultimo anno la direzione aziendale ha assunto posizioni molto rigide riguardo all'organizzazione del lavoro e alla flessibilità dell'orario, particolarmente nei confronti di noi mamme... Le somme che dovrei pagare per gestire i bambini attraverso l'utilizzo di una babysitter... sarebbero maggiori dello stipendio che percepisco...” - dalla lettera a Marchionne dell'operaia Stefania della Fiat di Termoli.
Con l'accordo Mirafiori tra turni, aumento dell'orario, straordinari triplicati, le donne si devono “ammazzare” per riuscire a lavorare.

PERCHE': Per la Fiat: “Un operaio robusto vale 9 punti. Uno resistente 8. Uno giovanile 7. Un corpo normale 6. Se è obeso 5. Delicato 3. Gracile 1... per essere un buon operaio, non basta lavorare. Bisogna essere robusti e ricercati...”
Quanto non vale per la Fiat un'operaia?

PERCHE': “...per le lavoratrici i movimenti ripetuti, forzati, i ritmi intensi di lavoro, la stanchezza di ore ed ore di lavoro sempre nelle stesse posizioni, legati all'insieme della condizione di vita, al fatto di poter cambiare di meno l'orario di lavoro, i turni (perchè devono conciliarsi comunque con i “tempi familiari”), al mancato riposo e all'altro lavoro in casa, comportano in più gravi problemi all'apparato riproduttivo, con disfunzioni del ciclo mestruale (che talvolta sparisce anche per mesi), problemi legati alla maternità, mal di testa sempre più frequenti, ecc. Le operaie della Fiat Sata dicono di accusare una “indescrivibile stanchezza” anche mentale, di sentirsi sempre sull'orlo dell'esaurimento nervoso, di sentirsi precocemente vecchie..” - da un'inchiesta delle lavoratrici slai cobas per il sindacato di classe alla Fiat di Melfi.
Il sistema Ergo Uas, allegato all'accordo di Mirafiori, porta ad una pesante intensificazione dei ritmi e dei movimenti.

PERCHE': L'azienda potrà chiamare chi le pare e imporre la scelta: o firmi o vieni licenziata. E quali saranno i criteri di selezione?
Succederà alla Fiat di Torino quello che è successo all'Alitalia, in cui le lavoratrici in maternità o con figli piccoli sono state “fatte fuori” o messe in condizioni di rinunciare – con tanto di accordo sindacale.

pc quotidiano 13 gennaio - editoriale - referendum fiat.. non è il giorno del giudizio..

FIAT NO all’accordo-ricatto di Marchionne
perchè è un attacco a tutta la classe operaia e deve essere respinto con la lotta di tutta la classe operaia.
L’accordo punto per punto sul blog.


Oggi e domani invitiamo gli operai che partecipano al voto a esprimere un forte no
al referendum Marchionne.
Quanto più alto sarà il no, tanto più sarà di incoraggiamento alla lotta.
Domani proletari comunisti, con i compagni di Torino del CCP che aderiscono a proletari comunisti, sarà alla portineria per distribuire il nostro volantino di analisi dell'accordo FIAT, che è sul blog e si può scaricare facilmente. Si tratta di una analisi puntuale e completa, migliore e più corretta di quelle diffuse da Fiom di Torino e nazionale, perchè parte da un giudizio di classe, per il sindacalismo di classe e per l'avanguardia proletaria di questa fabbrica e di questo paese. Esso viene diffusa in altri stabilimenti Fiat da Termini Imerese alla Fiat Sata di Melfi ma anche in altre importanti fabbriche di questo paese, perchè la lotta alla Fiat e la lotta di tutta la classe operaia contro il fascismo padronale che dalla Fiat raggiunge tutte le fabbriche di questo paese.
Ma l'analisi critica dell'accordo non è sufficiente per capire la situazione e orientarsi. Ciò richiede l'approfondimento, teorico, politico, contenuto negli "Speciali Fiat" e raccolti in un opuscolo, in parte pubblicato sulla rivista marxista-leninista-maoista 'La Nuova Bandiera'.
Questo opeuscolo traccia una netta discriminante con il gruppo dirigente Fiom, con la sinistra oppurtunista, così come con i gruppi operaisti ed economicisti, che pure affollano le portinerie in questi giorni.
Naturalmente questo opuscolo e questo materiale è su altro piano rispetto alla caricatura stereotipata, codista e puramente autopropagandista dell'azione comunista marxista-leninista-maoista, costituita dai Carc-(n)Pci.

Segnalare tutto questo non è certo settarismo, ma necessità di classe per evitare confusione e ciarlataneria che nella questione Fiat e nella lotta di classe di oggi
fanno naturalmente danno all'unità di classe contro padroni e governo e alla formazione dell'avanguardia operaia comunista senza la quale nessun avanzamento reale è possibile e che è necessario cotruire nel fuoco dello scontro di classe e in stretto legame con le masse operaie.

Ma per tornare e questi due giorni.
Il referendum è fondato su un ricatto ed è una aperta manifestazione di fascismo padronale nella più generale tendenza al regime moderno fascista nel nostro paese
- Berlusconi è sceso in campo in prima persona in queste ore appunto per questo.
Il moderno fascismo non si affronta e nè si sconfigge con le opinioni giuste o con il voto o con l'appello alla democrazia - questa è una tragica illusione.
Il verdetto del referendum non va accettato comunque.
Anche se vince il no e ciò sarebbe positivo e incoraggiante, è la lotta e non il voto
la sola questione e la sola arma che può sconfiggere il piano, il fascismo padronale e il moderno fascismo.
Lotta al moderno fascismo e al fascismo padronale richiede l'indispensabile e obbligato esercizio della forza, violando le regole della democrazia borghese, sia sul piano della lotta in fabbrica sia sul piano della necessaria lotta politica.
Portare chiarezza e organizzare questo è il compito principale, essenziale e discriminante dei comunisti alla Fiat come in tutto il paese.

Non è che l'inizio.

proletari comunisti-PCm Italia
13 gennaio 2011

pc quotidiano 13 gennaio - fincantieri palermo - giustizia per gli operai morti contro i padroni assassini

Mercoledì 12 Gennaio 2011,udienza in tribunale

Quelle morti per tumore degli operai della Fincantieri sono state provocate dall’esposizione all’amianto e i dirigenti dei cantieri navali di Porto Marghera finiti sotto accusa hanno tutti precise responsabilità nell’accaduto per non aver adottato le necessarie misure di sicureza a tutela della salute dei lavoratori.
Il sostituto procuratore generale Antonio De Nicolo ha chiesto la sostanziale conferma della sentenza di primo grado con la quale, nel luglio del 2008, il giudice di Mestre, Barbara Lancieri, ha inflitto complessivamente 21 anni di reclusione per omicidio colposo, liquidando provvisionali pari a 3 milioni di euro in attesa della quantificazione esatta del risarcimento danni, di cui si dovrà occupare il Tribunale civile.
A conclusione della sua requisitoria, nell’aula bunker di Mestre, il rappresentante della pubblica accusa ha chiesto alla Corte d’Appello, presieduta da Giandomenico Gallo, di confermare le condanne nei confronti di Corrado Antonini, Mario Bigi, Enrico Bocchini, Antonino Cipponeri, Rinaldo Gastaldi e Marcello Olivi (amministratori e direttori dello stabilimento dal 1971 al 1996), riducendo leggermente le pene loro inflitte dal Tribunale monocratico a seguito dell’intervenuta prescrizione di alcune ipotesi di reato e dell’esclusione di un’aggravante: quella di aver agito nonostante la previsione dell’evento. Complessivamente la pena richiesta è di poco meno di 17 anni. Nei confronti del settimo imputato condannato in primo grado, Carlo Maria Ramacciotti, è stato chiesto il non doversi procedere in quanto è deceduto.
Il pg ha chiesto la sostanziale conferma anche dei risarcimenti accordati, chiedendo alla Corte di condannare gli imputati a pagare ingenti somme ad Inail, Regione Veneto, Comune e Provincia di Venezia e Ministero dell’Ambiente, nonché ai familiari delle vittime.
Dopo le arringhe della difesa, la parola passa ai giudici: sentenza è prevista per il pomeriggio di domani.

a cura
rete nazionale sicurezza sui posti di lavoro nodo di palermo

pc quotidiano 13 gennaio - IL RICATTO DI MIRAFIORI E LA SALUTE DEI LAVORATORI

IL RICATTO DI MIRAFIORI E LA SALUTE DEI LAVORATORI

Del famigerato accordo che Marchionne, complici CISL e UIL, vuole imporre ai lavoratori dello stabilimento FIAT di Mirafiori se ne sta giustamente parlando in abbondanza in questi giorni.

Da tecnico della sicurezza sul lavoro voglio mettere in evidenza gli aspetti decisamente negativi che i contenuti dell’ accordo avrebbero anche sulla salute dei lavoratori delle linee di produzione.

Lo faccio riportando un interessantissimo articolo ripreso da Il Punto Rosso dal quotidiano Il Fatto Quotidiano, a cui rimando per le considerazioni di carattere generale, aggiungendo alcune mie valutazione sulle questioni puramente normative.

Relativamente alla tutela della salute dei lavoratori relativamente alla movimentazione manuale dei carichi, gli obblighi per il datore di lavoro sono sanciti, all’ interno del Titolo VI “Movimentazione manuale dei carichi” del D.Lgs.81/08, dall’ articolo 168, che recita:

“1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie e ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, tenendo conto dell’ allegato XXXIII, ed in particolare:
a) organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione assicuri condizioni di sicurezza e salute;
b) valuta, se possibile anche in fase di progettazione, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione tenendo conto dell’ allegato XXXIII;
c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie dorso-lombari, adottando le misure adeguate, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell’ ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base all’ allegato XXXIII;
d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all’ articolo 41, sulla base della valutazione del rischio e dei fattori individuali di rischio di cui all’ allegato XXXIII.
3. Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento per le finalità del presente articolo e dell’ allegato XXXIII, ove applicabili. Negli altri casi si può fare riferimento alle buone prassi e alle linee guida.”

Il richiamato allegato XXXIII riporta le seguenti indicazioni.

“ALLEGATO XXXIII MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
La prevenzione del rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari, connesse alle attività lavorative di movimentazione manuale dei carichi dovrà considerare, in modo integrato, il complesso degli elementi di riferimento e dei fattori individuali di rischio riportati nel presente allegato.
ELEMENTI DI RIFERIMENTO
1. Caratteristiche del carico.
La movimentazione manuale di un carico può costituire un rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi:
il carico è troppo pesante;
è ingombrante o difficile da afferrare;
è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi;
è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato a una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco;
può, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto.
2. Sforzo fisico richiesto.
Lo sforzo fisico può presentare rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi:
è eccessivo;
può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco;
può comportare un movimento brusco del carico;
è compiuto col corpo in posizione instabile.
3. Caratteristiche dell’ ambiente di lavoro.
Le caratteristiche dell’ ambiente di lavoro possono aumentare le possibilità di rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari nei seguenti casi:
lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento dell’ attività richiesta;
il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o è scivoloso
il posto o l’ ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale di carichi a un’ altezza di sicurezza o in buona posizione;
il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del carico a livelli diversi;
il pavimento o il punto di appoggio sono instabili;
la temperatura, l’ umidità o la ventilazione sono inadeguate.
4. Esigenze connesse all’ attività.
L’ attività può comportare un rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari se comporta una o più delle seguenti esigenze:
sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati;
pause e periodi di recupero fisiologico insufficienti;
distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto;
un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore.
FATTORI INDIVIDUALI DI RISCHIO
Fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in tema di tutela e sostegno della maternità e di protezione dei giovani sul lavoro, il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi:
inidoneità fisica a svolgere il compito in questione tenuto altresì conto delle differenze di genere e di età;
indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore;
insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione o dell’ addestramento
RIFERIMENTI A NORME TECNICHE
Le norme tecniche della serie ISO 11228 (parti 1-2-3) relative alle attività di movimentazione manuale (sollevamento, trasporto, traino, spinta, movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza) sono da considerarsi tra quelle previste all’ articolo 168, comma 3. “

Giova ricordare che la non osservanza dei commi 1 e 2 dell’ articolo 168 del D.Lgs.81/08 è punito penalmente dall’ articolo 170 del medesimo Decreto con l’ arresto da tre a sei mesi o con l’ ammenda da 2.500 a 6.400 euro.

Ovviamente, se dalla non osservanza degli obblighi sopra citati derivano danni alla salute dei lavoratori, il reato diventa quello di lesioni personali colpose, come sancito dall’ articolo 590 del Codice Penale:
“Chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro. Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 a 619 euro; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 a 1.239 euro. Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da 500 a 2.000 euro e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni”.

E’ evidente che quanto proposto nell’ accordo, cioè di adottare la metodologia ERGO-UAS per aumentare le cadenze produttive è in palese violazione con quanto stabilito dall’ articolo 168 e dall’ allegato XXXIII del Testo Unico.

Innanzitutto la metodologia ERGO-UAS proposta (a proprio uso e consumo) da FIAT non rientra tra quelle previste dal comma 3 dell’ articolo 168 e indicate nell’ allegato XXXIII, che sono invece le norme della famiglia ISO 11228 (parti 1-2-3), all’ interno delle quali rientra la metodologia OCRA richiamata dall’ articolo de Il Fatto Quotidiano.

A parte l’ aspetto formale, da un punto di vista sostanziale la metodologia ERGO-UAS sottostima il rischio da movimentazione ripetuta degli arti superiori rispetto al metodo OCRA.

Oltre a questo, il concetto proposto da FIAT è in totale disaccordo col principio di riduzione continua del rischio grazie all’ evoluzione della tecnica, richiamato dal comma 2 dell’ articolo 168, che impone che “il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi”.

Secondo tale principio, prima di tutto occorre valutare l’ attuale situazione di rischio per la movimentazione manuale dei carichi lungo le linee di produzione degli stabilimenti FIAT, secondo metodiche consolidate e richiamate dal testo di legge
Tenendo conto dei dati riportati dall’ articolo de Il Fatto Quotidiano, tale rischio è evidentemente alto. Come d’ altro canto è confermato da quanto affermato dall’ allegato XXXIII del Testo Unico, quando afferma che “L’ attività può comportare un rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari se comporta una o più delle seguenti esigenze: sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale troppo frequenti o troppo prolungati; pause e periodi di recupero fisiologico insufficienti; un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore”.
A seguito di fattori di rischio alti per la salute dei lavoratori, FIAT dovrebbe adottare tecnologie per ridurre o eliminare la movimentazione dei carichi (cioè investimenti negli impianti) o, in alternativa, ridurre la velocità della linea. Infatti è evidente che il rischio da movimentazione è direttamente proporzionale alla frequenza dei movimenti e quindi alla cadenza produttiva della linea.

Quello che propone FIAT è invece l’ esatto contrario: aumentare la cadenza della linea, fino ad arrivare a raggiungere il massimo sforzo ammissibile per i lavoratori, utilizzando, tra l’ altro, per valutare tale massimo sforzo, metodiche non riconosciute a livello scientifico, né normativo.

E’ evidente che la filosofia FIAT di sfruttare i lavoratori fino al massimo consentito dall’ organismo umano è assolutamente contrario, oltre che a ogni principio etico e morale (ma nessuno dubita che Marchionne e soci conoscano questi termini), anche a quanto previsto dalle leggi dello Stato e dalle Direttive comunitarie.

Chissà cosa ne pensano gli RLS CISL e UIL di Mirafiori ? !

Marco Spezia
rete nazionale sicurezza sui posti di lavoro

pc quotidiano 13 gennaio - Milano riprende il movimento degli studenti, proposta e intervento di proletari comunisti

dopo aver lanciato questo appello il circolo di proletari comunisti di milano ha cominciato una attività concreta per concretizzarlo in iniziativa di lotta
segue all'appello che rilanciamo un breve report

appello

una ondata di denunce e intimidazioni a milano contro il movimento studentesco
proletari comunisti fa appello a una immediata mobilitazione di tutte le forze
comuniste, proletarie, rivoluzionarie, antagoniste e democrtiche a scendere in lotta
con gli studenti contro la criminalizzazzione del movimento
proponiamo da subito una mobilitazione al tribunale e al comune di milano a fronte
delle dichiarazioni di Di Corato che vuole portare il comune a costituirsi parte civile contro il movimento degli studenti
il movimento degli studenti non si ferma certo con la repressione

proletari comunisti - circolo di milano

In mattinata del 12 gennaio abbiamo iniziato con volantinaggio all’Istituto Tumori milano, dove organizziamo il cobas per il sindacato di classe
nel primo pomeriggio in occasione di due assemblee degli studenti, una del
Coordinamento dei collettivi al Cantiere e l’altra in Statale di area
mista (dalla Stamperia a corsari) abbiamo
portato la proposta, in forma di volantino dell’articolo del blog su
difesa legale promessa dalla Cgil. Per quanto riguarda quella della
Statale, era “aperta” in quanto lanciata
come assemblea metropolitano incentrata in un Odg su 3 punti: 1)
bilancio del 14 dicembre; 2) lo sciopero Fiom del 28; 3) la
repressione. Per tempi e modi di lancio la
presenza è stata più che dignitosa, dai 70 in su, gli studenti oltre
quelli della Statale erano anche di Scienze Politiche e tutti
universitari, oltre a noi di proletari comunisti e dello slai cobas per il sindacato di classe scuola e istituto tumori erano presenti rappresentanti del Comitato Immigrati (Antirazzista; Cobas Scuola; SEL; e Noexpo.

In estrema sintesi la discussione,molto articolata e interessante,
conferma le nostre valutazioni
1) il 14 è una linea di demarcazione ed è un errore non aver fatto a Milano quello che è stato fatto a Roma
2) lo sciopero del 28, con una buona disamina del piano Marchionne e del ruolo della Cgil (leggi Camusso) e lo sciopero del sindacalismo di base, sono visti come
un punto di riferimento – la stessa parola d’ordine “lo sciopero
generale”) le iniziative più significative si prevedono a Torino e Roma,
gli studenti presenti hanno comunque deciso di essere
in piazza a Milano con le forme delle loro mobilitazioni (occupazioni
simboliche e altro, insomma non la solita sfilata che immortali operai
e studenti che si prendono a braccetto ad uso e consumo di qualche
fotografo, ma la costruzione di un percorso comune);
3) sulla repressione non si è parlato molto, da un lato perché siamo ancora
di fronte a sole notizie di stampa e perché in parte banalizzano e non comprendono ancora i caratteri effettivi di essa nei confronti del movimento studentesco dopo il 14 dicembre, nella fase del moderno fascismo in sviluppo ma su questo avranno modo di comprendere nelle prossime settimane e mesi, l'importante è che in questa assemblea sia stato ribadito di non avere paura
Siamo intervenuti sull’ordine del giorno in maniera sintetica 1) su valutazione del 14 abbiamo visto con piacere le forme messe in campo dagli
studenti e il fatto che l’assemblea era partecipata avevano fatto la
cosa giusta, lanciando un segnale a tutti (operai, immigrati, precari),
e sono stati invitati a visitare il blog quotidiano di proletari comunisti e conoscerci meglio; 2) sul 28 condividiamo il loro approccio e
partecipazione ed ho sottolineato il fatto che quel giorno si
incroceranno le uniche realtà che vogliono lo sciopero generale, non
quello rituale ma quello che blocca effettivamente il paese; 3) sulla repressione abbiamo spiegato il volantino che avevo distribuito. A caldo il nostro intervento ha
ricevuto un’accoglienza attenta ed alcuni negli interventi
successivi “l’hanno - per cosi dire - ripreso”.
Il comitato antirazzista era presente ma si è limitato achiamarli alle loro iniziative; il Cobas scuola non è intervenuto; un compagno appartenente all'area Noexpo è intervenuto facendo un pessimo intervento sul 14 “elogiando”
le mobilitazioni e criticando il fatto che volessero fare come a Roma
(la violenza); il Comitato Immigrati ha in sostanza fatto un discorso
incentrato sulla necessità di costruire un percorso e unità tra operai-
studenti-immigrati e in questo senso il 28 è una tappa, di fronte ad un
sistema che agli studenti nega il futuro-agli immigrati nega l’
esistenza-ai lavoratori nega il lavoro va cambiato.


proletari comunisti circolo di milano
12-1-2011