sabato 15 settembre 2012

pc 15 settembre - Il nuovo numero di proletari comunisti

In questo numero:
  • Con gli operai Alcoa in lotta la risposta del governo è solo la polizia!
  • I provvedimenti del governo sul lavoro
  • Faccina rossa o faccina nera? Contro la scuola del governo Monti/Profumo
  • Sempre più tasse, selezione e sfigati: un breve commento dal CAU
  • Seminario nazionale di proletari comunisti: risoluzioni
  • Siria: Imperialisti e reazionari: giù le mani dalla Siria!
  • India: campagna nazionale verso la conferenza internazionale di sostegno alla guerra popolare il 24 novembre ad Amburgo
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pc 15 settembre - nuovo blog a Taranto


pc 15 dicembre - morti sul lavoro e inquinamento a partire dall'ilva - riunione nazionale della rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro

E' convocata Riunione nazionale della Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro

La riunione è aperta a tutti gli interessati,
SABATO 6 OTTOBRE dalle 10.00 alle 15.00
   presso i locali del Consiglio Metropolitano
   via Giolitti 231 (vicino alla stazione termini)
 
OdG: - relazione Taranto su questione Ilva di Taranto
            con proposta iniziativa nazionale (manifestazione o convegno) a Taranto (si propone 4 novembre)
          - la lotta attuale contro le morti bianche e le nuove iniziative della RETE
          - questione aggiornamento nome, struttura, bollettino, relazioni con tutte le realtà

Rete nazionale
bastamortesullavoro@gmail.com
bastamortesullavoro,blogspot.com
bastamortesullavoro@domeus.it

pc 15 settembre - sciopero generale in Nepal contro il governo Prachanda/Battarai indetto dal nuovo Partito Comunista del Nepal - maoista

Protest against price hike disrupts life in Nepal
sciopero di 12 ore paralizza il paese






Convocato dal Partito Comunista del Nepal maoista per protesta contro il l'aumento dei prezzi dei generi di prima necessità alimentari e carburanti. Lo sciopero ha avuto successo e ha paralizzato  importanti fabbriche di Katmandu così come nelle principali città del paese, le scuole, mercati, commercio e trasporti. Lo sciopero è un duro colpo al governo del revisionista Battarai che ha aumentato tutti prezzi per effetto dell'aumento di 5 volte in un anno dei prezzi derivati dal petrolio

Kathmandu, 14.09.12

pc 15 settembre - manifestazione di sostegno alla Freedom Flotilla II a Napoli il 4 ottobre



Il 4 ottobre getterà l’ancora nel porto di Napoli la Estelle to Gaza
Chiunque è sempre capace di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo, ne siamo certi, il 4 Ottobre sarà con noi ad accogliere il veliero Estelle.

Il porto di Napoli sarà l’ultimo porto toccato prima di affrontare il lungo e rischioso viaggio alla volta di Gaza City.
Il 4 Ottobre quelli che sono sempre capaci di sentire nel più profondo qualunque ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo, ne siamo certi, saranno al porto di Napoli. E’ in quel giorno che il veliero Estelle getterà la sua ancora nel porto della nostra città prima di ripartire alla volta di una destinazione lontana, Gaza City. La Estelle fa parte della Freedom Flotilla, la coalizione internazionale che dal 2010 cerca di raggiungere via mare la Striscia di Gaza, la sottile regione costiera in cui vivono in stato d’assedio quasi 2.000.000 di palestinesi. Alla popolazione di Gaza non solo è del tutto preclusa la libertà di movimento, ma le più semplici azioni della vita quotidiana sono resi impossibili: per lunghi mesi Israele ha vietato l’ingresso a Gaza dei più innocui prodotti adducendo non precisati “motivi di sicurezza”. Come se la quotidiana ingiustizia dell’assedio non fosse sufficiente, a cavallo tra il 2008 e il 2009, Gaza ha subito una durissima offensiva militare israeliana, l’operazione Piombo Fuso, che ha causato in tre settimane 1457 morti, di questi 1444 palestinesi e 13 israeliani (di cui 4 uccisi dal fuoco amico).
Messi difronte all’arrendevolezza e alla vera e propria complicità, di Stati e Istituzioni internazionali, centinaia di attivisti internazionali hanno deciso di “sfidare” l’assedio illegale israeliano dal basso, dare vita alla Flotilla della Libertà, con la quale arrivare a Gaza senza chiedere “permesso” ad Israele, la più grande potenza militare del Mediterraneo. Flotilla I e II non sono riuscite ad arrivare a Gaza: nel maggio del 2010 una delle navi che componeva la prima Flotilla, la turca Mavi Marmara, venne attaccata in acque internazionali dalla Marina israeliana: le vittime furono undici e centinaia gli attivisti arrestati. Israele si dimostrò incurante degli occhi del mondo puntati sulla Flotilla –quegli stessi occhi troppo spesso chiusi di fronte agli orrori quotidiani in Palestina- riservando agli attivisti internazionali lo stesso trattamento riservato al popolo palestiese da oltre sessant’anni: “uso sproporzionato dell’uso della forza”, un bagno di sangue.
Nel giugno del 2011 viene lanciata la Freedom Flotilla II – “Stay Human”, questa volta dedicata alla memoria di Vittorio Arrigoni, attivista italiano assassinato a Gaza nell’aprile del 2011. Dieci barche con a bordo oltre 400 persone di 22 nazionalità diverse, tra questi attivisti e giornalisti, avrebbero dovuto raggiungere il porto di Gaza per consegnare oltre 3.000 tonnellate di aiuti umanitari. Difronte alla determinazione della solidarietà internazionalista, le “democrazie mediterranee” rispondono compatte alle richieste Israeliane; la Grecia, scelta come base di partenza per la Flotilla e che intanto gasava centinaia di migliaia di proletari greci in lotta con i lacrimogeni Made in Israel, impedisce alle barche della Flotilla di partire. Si applica il codice navale greco di guerra per fermare le barche ed arrestare i capitani. Tutto il Mediterraneo è sotto scacco delle pressioni israeliane.
Anche quest’anno la Flotilla ci riprova: anche quest’anno, ne siamo consapevoli, non sarà un viaggio di piacere. Non sarà senza rischi. Già migliaia di persone hanno accolto la Freedom Flotilla III nei porti svedesi, danesi, baschi e francesi; il 4 Ottobre, giorno in cui la Estelle getterà l’ancora nel porto di Napoli, invitiamo a partecipare tutti coloro che pensano che 60 anni di occupazione, apartheid, razzismo, sionismo in Palestina siano troppi!
Speriamo nel contributo di tutti, perché solo con l’aiuto di tanti si riuscirà a “spingere” le Estelle in mare fino farla arrivare lontano, fino a rompere l’assedio di Gaza. Con Vik e la Palestina nel cuore, Restiamo Umani.

Iniziative in programma a Napoli
22 Settembre: LIVE for PALESTINE ( Indubstry, Slivovitz, Rione Junno, Bisca, Napoli Rockers Sindycate e OSPITI SPECIALI!)
4/5/6 ottobre la Estelle al porto di Napoli
rimani aggiornato sulle iniziative su
Spaziometi.org
https://twitter.com/SpazioMeti

pc 15 settembre - Varese 13 ottobre manifestazione a varese - niente armi ad Israele

SABATO 13 OTTOBRE 2012 - VENEGONO (Varese)
MANIFESTAZIONE NAZIONALE: NESSUN M346 A ISRAELE
Dedicato a Stefano Ferrario*
Fin dal 2005 è operativo uno scellerato accordo di “cooperazione militare”, economica e scientifica tra il nostro Paese ed Israele. Un accordo che non è stato scalfito neppure dall’ “Operazione piombo fuso” del dicembre 2008 – gennaio 2009, che ha visto Israele colpire con il suo “potere aereo” la popolazione palestinese civile inerme (1400 uccisi, di cui ca 400 bambini). Un’ azione militare brutale, senza giustificazioni, nella quale sono state usate anche armi sconosciute o già vietate dalle Convenzioni internazionali (fosforo bianco, bombe D.I.M.E., uranio impoverito) e nella quale Israele ha commesso crimini di guerra e contro l’umanità (come documentato dall’ ONU nel “Rapporto Goldstone”). Un’operazione condannata dalle principali organizzazioni internazionali per la promozione e la difesa dei diritti umani.
L’Italia, almeno di fronte a ciò, avrebbe dovuto condannare Israele e recedere da quegli accordi di cooperazione militare. Ma come avrebbe potuto quando anch’essa, dopo l’introduzione del “Nuovo Modello di Difesa” nel 1991 – che ammette interventi militari “ovunque i propri interessi siano minacciati” – viola sistematicamente l’articolo 11 della nostra Costituzione, che invece “ ripudia la guerra”? Quando partecipa alle iniziative militari USA e NATO e fa “carta straccia” dello Statuto dell’ONU che voleva “risparmiare la guerra alle generazioni future”, vietandola esplicitamente ?
Il nostro paese non avrebbe dovuto sottoscrivere quell’accordo di cooperazione militare perché esso viola la Legge 185/90 che pone limiti all’export di armi verso paesi belligeranti; a maggior ragione verso Israele, paese in conflitto e fuorilegge per la sistematica violazione delle Risoluzioni ONU e dei pareri della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja a tutela dei diritti del popolo palestinese.
Il Tribunale Russell (un’istituzione composta da personalità emerite, giuristi e intellettuali, tra cui diversi premi Nobel) ha infatti affermato che il popolo palestinese è “soggetto a un regime istituzionalizzato di dominazione che integra la nozione di Apartheid come definita nel diritto internazionale”. E lo Statuto della Corte Penale Internazionale all’art. 7 comma 1 include l’Apartheid tra i “crimini contro l’umanità”, definendolo “atto inumano commesso nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e dominazione di un gruppo razziale su di un altro, e commesso con l’intento di mantenere quel regime”.
Invece accade che, facendo “carta straccia” anche della L.185/90, AleniaAermacchi, la società di Finmeccanica con sede nazionale e stabilimenti significativi a Venegono (Varese), si accinge a consegnare ad Israele 30 jet M346 , definiti come “addestratori tecnologicamente avanzati” ma in realtà già strutturati per essere armati con missili o bombe. Queste armi verranno sicuramente testate contro i palestinesi, prima di tutti.
Nella sua qualità di addestratore l’M346 è finalizzato a formare i piloti all’uso di cacciabombardieri tecnologicamente più evoluti tra i quali il “netcentrico” e “invisibile” F35, di cui Israele si vuole dotare (19 + 56 in opzione), e che anche l’Italia sta purtroppo acquistando per le guerre future.
Negli ultimi mesi è cresciuta in Italia una significativa opposizione all’acquisto degli F35 per il loro costo esorbitante ( non meno di 15 miliardi di euro) che sottrae risorse all’economia civile e ai settori dello “Stato Sociale” già colpiti dai tagli operati da governi più o meno tecnici, capaci solo di colpire i più deboli. Ma l’opposizione agli F35 non è certo solo economica; è soprattutto opposizione alla “neoguerra”, pratica affermatasi negli ultimi 20 anni che chiama “pace” la guerra, e la vorrebbe giustificare come strumento di “sicurezza preventiva” e di “esportazione di democrazia”, giungendo così a definirla “umanitaria”.
Ma “guerra umanitaria” è un ossimoro: la guerra provoca solo morti, feriti, distruzioni e genera odio, rancori e vendette; essa è quanto di più disumano si possa immaginare.
*Una raccolta degli scritti di Stefano su PeaceReporter si trova qui:
http://it.peacereporter.net/ricerca.php?Titolo=&testo=stefano+ferrario&k...
La notizia della sua tragica morte invece è qui:
http://www3.varesenews.it/gallarate_malpensa/articolo.php?Id=235780
L’acquisto da parte di Israele degli M346 e degli F35 – questi ultimi verranno prodotti e periodicamente revisionati a Cameri (Novara) proprio da AleniaAermacchi – è inoltre inserito all’interno di un quadro di riarmo ad alta tecnologia, che impegna l’industria bellica israeliana e che fa perno anche sulle sue armi nucleari (come già denunciò nel 1986 il fisico israeliano Mordechai Vanunu che scontò per questo 18 anni di carcere in isolamento). Grazie ad una accorta manipolazione mediatica Israele, che non ha mai firmato il “Protocollo di Non Proliferazione Nucleare” e che è ben dotato di armi nucleari, si presenta come legittimato ad intraprendere una guerra contro l’Iran, che invece quel Protocollo ha firmato e che afferma di voler utilizzare l’energia prodotta da generatori nucleari solamente a fini civili. Una guerra questa che dobbiamo scongiurare a tutti i costi perché, tra l’altro, potrebbe degenerare in un’escalation incontrollata.
Mai più guerra, avventura senza ritorno.
Questi aerei non devono essere venduti.
Le armi non devono essere prodotte.
Nel maggio di quest’anno si è già svolto a Varese un importante convegno contro l’F35 e sui temi del ripudio della guerra, del taglio alle spese militari e della riconversione al civile.
Chiediamo ai lavoratori di AleniaAermacchi e di tutte le aziende a produzione militare di non accettare il ricatto occupazionale e di adoperarsi affinché le fabbriche non producano strumenti di morte ma siano destinate alla produzione di beni socialmente utili ed ecologicamente compatibili.
Tra l’altro, in questo caso, la “vendita” degli M346 ad Israele sarà “ compensata”dalla cessione all’Italia di altre armi: infatti a fronte della commessa da 1 miliardo per la fornitura dei 30 velivoli, l’accordo commerciale prevede che noi acquistiamo da Israele materiale bellico per il valore di 2 miliardi.
Non possiamo più attendere, diciamo:
Solidarietà ai lavoratori che si trovano costretti a contraddirsi nell’ etica,
ma NO alla Guerra, NO alle produzioni belliche ed ai mercanti di morte.
Nessun M346 né altra arma deve essere data ad Israele.
L’Italia receda dall’accordo di cooperazione con quel Paese.
Siano riconosciuti i diritti del popolo palestinese.
Siano garantite Pace e Giustizia per tutti i popoli di quella regione.
Un nuovo apartheid merita una nuova mobilitazione.
Uniamo le forze di tutti quelli che si oppongono alla violenza, alla prepotenza, alla falsità di chi (parlando di pace e giustizia e facendo la guerra) pratica e promuove la predazione delle nostre vite, delle nostre speranze, delle nostre idee, del nostro lavoro. Di chi ci fa continuamente passare sopra la testa, come malefici cacciabombardieri, scelte di morte, di sopraffazione, di subdolo dominio finanziario che minano la democrazia e vanificano la sovranità popolare.
Sostenitori della Palestina, pacifisti, antinucleari, tutori dei beni comuni, ambientalisti, oppositori di “grandi opere”e servitù militari, associazioni umanitarie, culturali e sociali, collettivi, reti, lavoratori e rappresentanze sindacali, disoccupati, precari, studenti, tutti uniti in quanto vittime, o dalla parte delle vittime…., troviamoci allora in tanti, tanti, arricchiti delle nostre differenze, non violenti, a Venegono Superiore davanti ad AleniaAermacchi, così come abbiamo fatto in passato davanti alle basi militari di Comiso, Camp Darby, Vicenza, Solbiate Olona e alle aziende belliche di tutta Italia, così numerose in provincia di Varese.
VI INVITIAMO ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE
di sabato 13 Ottobre 2012
presso l’AleniaAermacchi di Venegono-Varese
Il Comitato promotore varesino nessunm346xisraele.blogspot.it (segreteria tel 0332-238347)
Per adesioni (di associazioni, gruppi e singole persone) invia una mail a nessunm346xisraele@gmail.com
http://nessunm346xisraele.blogspot.it/

pc 15 settembre - Bologna iniziativa di lotta contro la repressione per il processo ai carc - la solidarietà militante di proletari comunisti


Giornata di solidarietà e lotta con gli imputati per associazione sovversiva
Difendiamo i diritti conquistati con la Resistenza!
I veri terroristi sono coloro che uccidono e affamano le masse popolari!
No alla persecuzione dei comunisti e del comunismo!
Dalle 9.30 del 19 settembre 2012 presso Piazza XX settembre Bologna (nei pressi della Stazione)

pc 15 settembre - Brescia. Presidio antifascista il 15 settembre

La Rete Antifascista di Brescia e provincia, indice per sabato 15 settembre ore 9.30 presso il piazzale davanti alla Banca Nazionale del Lavoro di via Moretto un

PRESIDIO ANTIFASCISTA
contro l'apertura, dopo S. Vigilio di Concesio, di una nuova sede fascista a Brescia.
La città della strage di Piazza della Loggia non può sopportare la presenza degli eredi squadristi, xenofobi e razzisti autori di continui oltraggi e attentati alle libertà democratiche, nonché aggressioni ai danni di migranti, antifascisti e semplici studenti o cittadini rei di non condividere le loro 'non-idee'.
Nessuno spazio per i fascisti.
Brescia Antifascista deve cacciare questi rottami della storia, rifiuti della società, metastasi della vita democratica.
Brescia, 14 settembre 2012
Allegati:
comunicato di adesione e partecipazione ANPI provinciale
(http://www.anpibrescia.it/public/wp/)
presa di posizione Rete Antifascista  ACHTUNG FASCISTI!
L'organizzazione nazi-fascista Forza Nuova inaugura una nuova sede in pieno centro cittadino. Qualche giorno fa, una non precisata associazione culturale, denominata Avangard, ha aperto i battenti in via Benedetto Croce per lasciare ben presto il passo a Forza Nuova con tutto il suo carico di apologia di fascismo, razzismo e 'cultura' della violenza. Su una parete interna della nuova sede fa bella mostra di sè una gigantografia di Adolf Hitler e la sede stessa si caratterizzerà, secondo le intenzioni dei loschi suoi attivisti, come sportello di denuncia delle discriminazioni nei confronti degli italiani. Inoltre, a pochi metri, si trova una moschea molto frequentata: un'ottima postazione dunque per le loro azioni squadriste, fatte di vili aggressioni, botte e lame. Un delirio razzista in piena regola.

I fascisti di sempre, siano essi di Casa Pound, Forza Nuova, Autonomi Nazionalisti, Fascismo e Libertà, Fiamma Tricolore, Hammerskin, La Destra, Lealtà e Azione, Movimento Nazionalista Lombardo, Socialisti Nazionali escono allo scoperto proprio all'indomani della sentenza del processo per la strage di Piazza della Loggia che ha accertato, ancora una volta, dirette responsabilità di organizzazioni fasciste nell'esecuzione dell'eccidio.

La dodicesima disposizione transitoria e finale della Costituzione recita che è vietata la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista, ma evidentemente gli apparati statali preposti a far rispettare tale principio sono latitanti e partecipi di quel disegno che, negli anni '70, era la strategia della tensione mentre oggi è pianificazione della normalizzazione attraverso la repressione delle lotte sociali.
I fascisti sono sempre stati, e sempre saranno, manovalanza al servizio del potere borghese.
Negli ultimi giorni, in diverse città italiane, sono state compiute numerose aggressioni da parte di squadracce fasciste nei confronti di attivisti di sinistra, antifascisti o semplici studenti rei solo di indossare simboli o scritte contrari alla cultura fascista e razzista.

CHIUDIAMO I COVI SQUADRISTI

PRESIDIO ANTIFASCISTA

SABATO 15 SETTEMBRE ORE 9.30

BRESCIA Via Moretto angolo via Einaudi (“Piazza di Legno”)
ORA E SEMPRE RESISTENZA!
Rete Antifascista Brescia

pc 15 settembre - Sudafrica: sciopero generale delle miniere


I sindacati proclamano uno sciopero generale nazionale del settore minerario, mentre alcuni leader politici invitano lavoratori e militari a dare il via alla 'rivoluzione'.


Il gruppo britannico Lonmin, proprietaria della miniera di Marikana (28 mila addetti), sta cercando con scarso successo di evitare che la protesta dei lavoratori si estenda, ed ha rivolto ieri sera un'offerta agli operai in sciopero da ormai cinque settimane. Lo sciopero é iniziato lo scorso 10 agosto, su iniziativa di tremila operai in rottura con il sindacato maggioritario Num, che reclamano consistenti aumenti salariali e il miglioramento sostanziale delle loro condizioni di vita e di lavoro.

La protesta dei minatori si è estesa da quelli di Marikana ad altre miniere di platino e poi anche d’oro. E ora alcuni sindacati hanno convocato a partire da domenica uno sciopero generale su base nazionale di tutto il settore, con l'obiettivo di ''mettere in ginocchio'' le grandi multinazionali straniere che sfruttano a loro piacimento le risorse naturali del paese. L'appello alla mobilitazione generale é stato lanciato da uno dei leader sindacali, Mametlwe Sebei, dinanzi a migliaia di lavoratori radunatisi ieri davanti all'impianto di Rustenburg (nel nord del Sudafrica), una delle miniere sfruttate dal colosso statunitense del platino Amplats. Ieri circa 1500 lavoratori dell’impianto hanno bloccato con barricate formate da tronchi d'albero, pneumatici e pietre molte delle strade di accesso. La Polizia e i responsabili della miniera hanno parlato di ‘sollevazione’ in atto da parte dei dipendenti.

Il malcontento economico dei minatori cresce e si radicalizza, e minaccia ora di intrecciarsi con quello di alcuni settori dell'esercito, incitati ad aderire alla ''rivoluzione' dal giovane leader politico Julius Malema, espulso nei mesi scorsi dall'Africa National Congress (Anc) del presidente Jacob Zuma perché ne aveva criticato l’immobilismo, la mancanza di azione riformatrice e la copertura politica degli interessi della nuova casta che guida il paese dopo la fine dell’apartheid.
Raccogliendo l'appello di alcuni soldati scontenti per il loro trattamento economico, Malema ha dichiarato l'intenzione di tenere due comizi in altrettante basi dell'esercito presso Lenasia, a sud-ovest di Johannesburg. Intenzione che ha naturalmente suscitato la reazione immediata del governo. ''Non so a quale titolo il signor Malema pensi di poter rivolgersi ai soldati'', ha detto il ministro della Difesa, Mapisa Nqakula, ventilando iniziative disciplinari nei confronti di chi accettasse di farsi coinvolgere. ''Il Paese non può permettersi che l'instabilità si estenda alle forze armate'', ha avvertito Nqakula, accusando Malema di voler ''rendere ingovernabile il settore minerario'' e ''sabotare l'economia nazionale''.

Da parte sua il presidente Jacob Zuma ha minacciato i sindacati avvertendo che scioperi illegali ed intimidazioni ''non aiuteranno i minatori'' e che saranno contrastati dalle forze di polizia. Intanto un sindacalista del Num, la più grande confederazione del paese legata all’Anc e accusata di connivenze con le multinazionali da parte dei sindacati indipendenti, è stato ritrovato privo di vita a poca distanza dalla miniera di Marikana. Dumisani Mthinti, 51 anni, diventa così la 45esima vittima dello scontro in atto in Sudafrica da poco più di un mese.

Il settore minerario sudafricano impiega mezzo milione di lavoratori, 180 mila in quelle di platino e 160 mila in quelle d’oro, produce il 9% del Pil del paese, (il 19% considerando le altre attività ad esso connesse) e rappresenta la metà delle esportazioni del Paese. Secondo la Camere delle miniere, il giro d'affari nel 2010 è stato pari a 28 miliardi di euro.
   

pc 15 settembre - dalla Sicilia i voli killer dell'imperialismo USA


Sigonella. Capitale dei voli-killer statunitensi

 

Partono da Sigonella, vicino Catania, i droni Usa che sorvoleranno la Libia per uccidere coloro che vengono ritenuti i responsabili dell’uccisione dell’ambasciatore Usa Stevens, di due marines e un contractor in servizio al consolato di Bengasi.


Il primo drone è arrivato nella base militare Usa di Sigonella nel settembre 2010. Adesso ce ne sono tre, e presto diventeranno cinque. I Global Hawk sono i più sofisticati e potenti strumenti di sorveglianza del mondo. Hanno un’apertura alare di 40 metri e possono rimanere in volo fino a 36 ore. Grazie a un sistema di radar e telecamere a infrarossi sono attivi anche di notte, a un’altezza superiore ai 20 mila metri. Tutti i dati raccolti durante le perlustrazioni dei droni vengono inviate nel centro di controllo di Beale, in California. Da qui, parte l’ordine di colpire se i dati analizzati confermano la presenza di un obiettivo sensibile, come ad esempio un “rifugio di terroristi”. A quel punto entrano in azione altri due tipi di droni, i Predator e i Reaper, anch’essi di stanza a Sigonella, dotati di missili e bombe a guida laser. In Pakistan e Afghanistan sono già decine le vittime civili rimaste sotto le bombe e i missili lanciati dai droni.
La base di Sigonella, da decenni centrale nel sistema di sicurezza Usa, assume dunque un ruolo ancor più strategico in questa particolare delicata fase caratterizzata dalla rivolta che infiamma il mondo islamico, dallo Yemen all’Egitto. Per questo, Sigonella è destinata a essere sempre più la "capitale" dei droni.
Questa inquietante investitura, sta però creando diverse difficoltà alla vita normale della gente, ai servizi e al territorio. I vertici dell’Aeronautica non intendono ospitare nello scalo di Sigonella i voli civili dell’aereporto di Catania- Fontanarossa che per un mese dal 5 novembre prossimo chiuderà per riparazioni alla pista.  Già in tempi di relativa calma i droni, che hanno fasi di decollo e di atterraggio complesse, rappresentano un problema per gli aerei civili. In un momento così caldo e turbolento, come quello attuale, sarà davvero complicato far coesistere le esigenze militari americane con quelle dell’aviazione civile.
Sigonella probabilmente sarà aperta ai passeggeri, ma il decollo e l’atterraggio degli aerei civili sarà condizionato dai droni. Se un Boieng incrocerà un Global Hawk o un Predator piuttosto che un Reaper dovrà attendere prima di poter decollare o atterrare.
Durante l’intervento militare in Libia, a Sigonella l'US Air Force aveva schierato due "Global Hawk" e un imprecisato numero di droni MQ-1 Predator, utilizzati in particolare per individuare gli obiettivi e dirigere i bombardamenti dei caccia della coalizione a guida Nato. Nei programmi del Pentagono, la base siciliana è destinata diventare la “capitale mondiale” dei velivoli senza pilota: entro il 2015 dovrà ospitare un reparto di Us Air Force con 4-5 "Global Hawk", più altri 4 droni in via di acquisizione della Marina Usa.
Un accordo di massima per la trasformazione di Sigonella in “principale base operativa” del sistema AGS era stato raggiunto a Cracovia il 19 e 20 febbraio 2009, durante il vertice dei ministri della difesa della NATO. “Abbiamo scelto questa struttura dopo un'attenta valutazione e per la sua centralità strategica nel Mediterraneo che le consentirà di concentrare in quella zona le forze d'intelligence italiane, della Nato e internazionali”, dichiarò a margine dell'incontro l'allora capo di stato maggiore della difesa, generale Vincenzo Camporini.

Fonti: sulla vicenda dei droni a Sigonella vedi i numerosi articoli, usciti anche su Contropiano, di Antonio Mazzeo. Altre informazioni su blog.sicilia.it

venerdì 14 settembre 2012

pc 14 settembre - prima a Bari e poi a Taranto il Ministro clini, mentre la città viene militarizzata e la manifestazione del Comitato vietata, presidio all'ilva dello slai cobas per il sindacato di classe

Dalla prossima settimana l'Ilva di Taranto dovrà rallentare la produzione per consentire l'adeguamento degli impianti posti sotto sequestro il 26 luglio scorso perché inquinanti. E' quanto si evince da una direttiva che la Procura di Taranto ha consegnato ai custodi giudiziari degli impianti sequestrati. La direttiva della procura è stata per ora consegnata ai tre custodi 'tecnici'. L'atto verrà a breve consegnato anche al presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante, anche lui custode giudiziario, oggi a Bari per il vertice sul futuro dello stabilimento cui partecipano anche il ministro dell'Ambinete Corrado Clini e il commissario europeo Antonio Tajani.

Nella direttiva si ricorda che il sequestro degli impianti dell'aria a caldo del siderurgico è senza facoltà d'uso, che gli impianti non possono essere utilizzati a fini produttivi, così come già indicato nel decreto di sequestro confermato dal Tribunale del Riesame, pur dovendo salvaguardare gli stessi impianti. Secondo la Procura, non sarebbe possibile adeguare gli impianti dal punto di vista ambientale e contemporaneamente produrre acciaio in quanto gli stessi impianti inquinano.

Nel pomeriggio i custodi incontrano in Prefettura il ministro Clini di ritorno dal tavolo istituzionale di Bari, aperto dall'allarme del titolare dell'Ambiente sugli interessi che avrebbero i gruppi industriali europei a veder fallire il tentativo di governo, enti, parti sociali di salvare l'industria siderurgica tarantina. "Possiamo supporre - ha dichiarato - che abbiano
buoni motivi per sperare che la nostra iniziativa non abbia successo. Hanno molti strumenti per influenzare negativamente l'esito del nostro lavoro. Il retrobottega della politica è alleato di questi poteri forti".

La denuncia del ministro Clini aveva aperto la giornata barese che vede governo, Regione, enti locali riuniti intorno a un tavolo con il commissario Ue, Tajani, "qui a Bari- dice - per dire tutto quello che fa l'Europa, che può fare l'Europa, quali sono le opportunità anche dal punto di vista finanziario che può offrire l'Unione Europea e la Banca europea degli investimenti" per sostenere gli sforzi dell'Ilva, sotto scacco per le emissioni nocive dello stabilimento e le prescrizioni dettate dalla magistratura. Tajani, vice presidente della Commissione responsabile per l'industria e l'imprenditoria, ha annunicato che i "governi europei discuteranno con la Commissione della situazione dell'acciaio in Europa il 10 e l'11 ottobre prossimi". Tajani ha spiegato di aver infatti "chiesto e ottenuto di avere all'ordine del giorno del prossimo consiglio competitività, che si occupa di politica industriale il tema dell'acciaio". 

LEGGI L'intesa per l’acciaio, si punta al sostegno dell’Europa

"Quello di Taranto - ha sottolineato Tajani - è il centro siderurgico più grande dell'intera Unione Europea e siamo al lavoro per elaborare un piano d'azione per l'acciaio europeo che verrà presentato alla Commissione europea prima di giugno del prossimo anno. Noi siamo qui, pronti a impedire tutte le iniziative che impediscano la deindustrializzazione dell'Europa. Naturalmente la parte più importante la dovranno fare l'industria e gli Stati membri; quindi l'Italia e la Regione. Far fuggire l'industria europea, l'industria siderurgica dall'Europa, significa anche contribuire al cambio climatico; cioè non si fa una buona azione a favore dell'ambiente, perché, se si va a produrre acciaio in parti del mondo dove non ci sono regole severe per la tutela ambientale, il cambiamento climatico sarà ancora più veloce e, quindi, si andrà contro le scelte dell'Unione Europa che mette la tutela della salute, dell'ambiente e del lavoro come priorità".



All'incontro partecipano governo, Regione ed enti territoriali. E' stato convocato dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, d'intesa con i ministri per l'ambiente e per lo Sviluppo economico. Presenti il ministro Corrado Clini, parlamentari di vari partiti, tra i quali l'ex ministro Raffaele Fitto per il Pdl, e il vicecapogruppo Pd al Senato Nicola Latorre. Il Tavolo prevede diverse sessioni d'incontri: una riservata ai rappresentanti istituzionali, una con il presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante, e una con i rappresentanti di Confindustria e dei sindacati Cgil, Cisl, Uil e Ugl nazionali, regionali e di comparto.

Nel frattempo, a Taranto, è in corso in piazza della Vittoria, a Taranto, una manifestazione promossa dal 'Comitato lavoratori e cittadini liberi e pensanti', di cui fanno parte anche alcuni dipendenti dell'Ilva, che protestano contro la decisione di convocare il tavolo istituzionale sull'Ilva a Bari e non nel capoluogo ionico. Alla manifestazione partecipano diverse associazioni ecologiste. Il Comitato inizialmente aveva organizzato un sit in sotto la Prefettura, dove questo pomeriggio avverrà l'incontro tra Clini, e rappresentanti di associazioni ambientalistiche, ma il presidio è stato vietato dal questore per motivi di sicurezza.


comunicato slai cobas ilva per il sindacato di classe il presidio odierno alla port.d si è trasformato in volantinaggio causa pioggia ed è aggiornato a martedì 18 settembre ore 15-ore16 Port:D


il testo del volantino odierno

Tutti all'assemblea operai Ilva del 22 settembre ore 10
al Centro Sportivo Magna Grecia - via ZARA 121 TARANTO
         Discussione e approvazione di una seria piattaforma dei lavoratori
         per la messa a norma con tutela del lavoro, salario, salute e sicurezza

Padrone, Governo, ognuno nelle sue competenze, come si dice, stanno lavorando sulla nostra testa e sulla nostra pelle. Padron Riva e il suo maggiordomo, Ferrante, ancora non ci dicono quanti soldi vogliono mettere, a parte le briciole già programmate, presi dai profitti accumulati in questi anni, per mettere realmente a norma lo stabilimento e avere quella continuità produttiva che dicono di volere. Senza questo passaggio le promesse di Ferrante, in mensa, sui giornali, negli incontri, sono aria fritta e i sindacalisti fanno da cavalier serventi.

Il Governo, per bocca di Monti, Passera e Clini, usa i "guanti bianchi" verso l'azienda e fa il  'gioco delle tre carte' per quanto riguarda i soldi per le bonifiche. I soldi stanziati sono presi da voci già precedenti la crisi Ilva, una parte rilevante di essi riguardano il Porto e non l'Ilva, che fare poi di questi soldi, attesi come tante orde fameliche da politicanti e istituzioni locali, ancora non si è capito nei tempi e nei piani.

Gli operai di questa fabbrica non possono continuare ad essere o vittime o burattini!  Ci dobbiamo liberare con decisione di ricatti, pressioni aziendali e padrini!

Nel frattempo in fabbrica peggiorano le condizioni di lavoro con ulteriore rischio per salute e sicurezza, e nessuno - tranne lo slai cobas - dice niente.

Il posto di lavoro si difende con la lotta per mettere realmente a norma lo stabilimento, che non va chiuso, con buona pace degli ambientalisti antioperai.

Serve ora la forza autonoma e organizzata dei cobas per il sindacato di classe nelle mani dei lavoratori
per affrontare la situazione difficile che si presenta.

Noi non siamo per stare fermi a guardare.....
ma per tornare a bloccare la fabbrica e ad occupare l'intera città,
ma per i nostri interessi e non per quelli di padron Riva, Ferrante e capi.

L'assemblea del 22 settembre serve a questo!

SLAI COBAS ILVA
per il sindacato di classe
VIA RINTONE 22 TA
cobasta@libero.it - 3471102638
13.9.12

pc 14 settembre - l'orribile strage di operaie in pakistan - un comunicato

8 marzo in quel di settembre

Non è successo l’8 marzo ma il 12 settembre. Non a Chicago ma a Karachi,
Pakistan.
I morti sono, per il momento,  289 operai bruciati vivi, che lavoravano in una fabbrica tessile, la Ali Enterprise. La fabbrica, un edificio di 4 piani nel quartiere di Baldia Town, occupava circa 2.000 lavoratori; gli operai lavoravano in vasti scantinati con le finestre chiuse da sbarre e come unica via d’uscita una piccola porta che si è bloccata subito. Il grande generatore elettrico che ha dato il via all’incendio  si trovava all’entrata principale. Sono riusciti a salvarsi quelli che si sono buttati dalle finestre, scardinando le sbarre o gettandosi dai piani superiori. Molti di questi hanno avuto le gambe rotte.
Facevano magliette e prodotti tessili che noi compriamo, anche se l’etichetta recita “made in … qualsiasi paese” tranne quello in cui sono prodotti.
Pagati pochi centesimi e ora morti bruciati perché, come dice uno dei sopravvissuti, “i proprietari erano più preoccupati di proteggere i loro tessuti che i loro lavoratori”.
Nella città di Lahore, per lo scoppio di un generatore,  sono morti – sempre oggi – altri 25 operai. Fabbricavano scarpe.
I loro nomi non li sapremo mai, ma sappiamo che tra loro c’erano anche molti bambini.

E’ sempre più difficile - perché sono tanti, troppi - ricordarsi dei morti sul lavoro. Domani un’altra tragedia ci distrarrà.  Ma quella di oggi, in tempo di crisi, ci dice alcune cose, oltre a riempirci di rabbia e di dolore per l’ennesima volta.

Di questi tempi va di moda scagliarsi contro la finanza e i “mercati”, anche da parte di chi questi “mercati” e il sistema capitalistico di cui fanno parte li ha sempre sostenuti come l’unico mondo possibile (vedi Bersani che – domani, un domani che non arriva mai - non vuole “il governo delle banche”… ma intanto lo sostiene a spada tratta), ma OGGI l’economia “reale”, quella dello sfruttamento diretto di quella merce umana che si chiama forza-lavoro, si è presa la sua sanguinosa rivincita.

Ci sono tanti modi per ammazzare i popoli. Direttamente con la guerra, come in Afganistan, in Iraq, in Libia (e, prossimamente, in Siria); con lo strangolamento economico, come in Grecia…. e ogni giorno nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro di tutto il mondo, dove il profitto conta più della vita umana.

L’importante è produrre, ci dicono, aumentare la produttività: così usciremo dalla crisi.
Il Pakistan attraversa una crisi  energetica con continui tagli dell’energia elettrica e i padroni delle fabbriche usano sempre più generatori a gasolio perché la produzione non si interrompa, anche se questo aumenta a dismisura i rischi per i lavoratori, che lavorano in condizioni sub-umane. L’estrazione del plusvalore non può fermarsi.

Il rogo di Chicago avvenne nel 1908: sono passati più 100 anni e, nella sostanza e ormai anche nelle forme, la barbarie del capitalismo non è cambiata.
Oggi, con la morte nel cuore, non possiamo dire altro che “pietà l’è morta” e che dobbiamo abbattere questo sistema

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni

pc 14 settembre - ILVA: "...SE SI CANCELLA LA CLASSE OPERAIA, SI CANCELLEREBBE LA SPERANZA DI UN CAMBIAMENTO VERO DEL NOSTRO PAESE..."

Oggi l'Ilva è la più grossa concentrazione operaia del paese, capace se agisse come classe di avere una forza collettiva che potrebbe cambiare e determinare i fatti più importanti del nostro paese.
Come è accaduto in passato, sempre la classe operaia quando ha svolto con le sue lotte il suo ruolo di avanguardia ha pesato negli avvenimenti sociali, politici, complessivi. Si pensi agli scioperi nel '43 che iniziarono a determinare la caduta del fascismo iniziando a rompere il consenso, e con l'ingresso degli operai nella lotta già iniziata dai partigiani, il corso degli eventi accelerò bruscamente. Lo stesso accadde durante la restaurazione del capitalismo dopo la caduta del regime, contro cui la classe operaia condusse una dura lotta; il capitalismo riuscì ancora una volta a vincere perchè il Pci era diventato revisionista, ma furono ancora gli operai delle magliette a strisce che, quando la DC cercò di ripristinare un controllo dello stato reazionario chiamando al governo il MSI, a Genova si ribellarono e fermarono quel tentativo.
Ancora negli anni 70, in cui il moto rivoluzionario ripropose la necessità storica di un nuovo partito che riprendesse la strada della resistenza, con l'autunno caldo, condotto dagli operai delle grandi concentrazioni di fabbrica, il vento forte della classe operaia soffiò sulla società e influenzò anche i gruppi rivoluzionari.
Anche al sud il cuore del processo furono le grandi fabbriche, come l'Italsider di Bagnoli. Anche a Taranto gli operai, dell'allora fabbrica giovane, Italsider, parteciparono agli scioperi, lottando non solo per rivendicazioni salariali, ma anche ponendo le questioni della difesa della salute in fabbrica e dell'ambiente. Queste lotte influenzarono anche settori di democratici, medici; dal loro impulso nacque per esempio Medicina Democratica, ecc.
Dal declino e sconfitta operaia alla Fiat degli anni 80, con l'arresto delle avanguardie e il successivo licenziamento di massa, è iniziato il processo di cancellazione delle conquiste degli anni 70, processo la cui coda vediamo ancora oggi.

Tutto comincia e finisce nella grande fabbrica. Se questa non c'è, se non c'è la concentrazione, non si ha la possibilità di aggregare una forza collettiva, e la classe operaia è priva della possibilità di incidere sulla storia.

Questo è il problema che avremmo a Taranto, se fosse cancellata la grande fabbrica. Non si chiuderebbe solo una fabbrica, ma si cancellerebbe la classe operaia, e con essa la speranza di un cambiamento, che esiste finchè esiste una classe operaia che trasformandosi può raggiungere la forza che può cambiare tutta la società. Se chiudono Fiat e Ilva, cambia il tipo di paese in cui lottiamo, ci ritroveremmo in un altro tipo di paese.
Perciò non si tratta di difendere uno stabilimento, ma l'intera possibilità di cambiare la società, che si può fare solo con la rivoluzione, possibile solo se esiste una classe operaia, un suo partito, un sindacato di classe, una forza combattente.
Tutte le illusioni sulla possibilità di cambiare un sistema di produzione capitalista che per i suoi profitti produce sfruttamento, insieme a malattie e morte, per decreto dei giudici che cancellino le fabbriche inquinanti, sono sciocchezze.

Senza organizzazione autonoma, lavoro autonomo, la classe non ha possibilità di cambiare il suo futuro. Queste possibilità si chiamano partito comunista rivoluzionario e sindacato di classe.
Non basta schierarsi dalla parte della classe operaia, occorre difendere il partito e il sindacato come strumenti necessari degli operai perchè la classe vinca. Chi lo vuole negare è per affermare il suo partito, la sua organizzazione, negando alla classe operaia il suo partito, della serie: tutti possono avere organizzazione propria, meno gli operai...

Questa è la battaglia che come Proletari comunisti – Pcm stiamo facendo a Taranto nella grande vicenda Ilva e che stiamo facendo anche a livello nazionale.
Sono proprio gli avanzamenti che la grande industria produce che pongono le condizioni per risolvere a monte i problemi, a patto però che si elimini come legge che determina il funzionamento delle fabbriche e della società, quella del profitto.
Siamo in controtendenza per ristabilire la realtà dei fatti, attraverso una concezione materialistico dialettica. Serve una critica globale, su tutti gli aspetti, all'interno della coscienza che dentro questo sistema non c'è soluzione.

(dal seminario di proletari comunisti - agosto 2012) 


pc 14 settembre - GIORNATE DI PASSIONE A PALERMO

Ieri, infatti, a bloccare via Maqueda, con cassonetti dell'immondizia al centro della carreggiata, c'erano anche gli assistenti degli studenti diversamente abili. 184 operatori, che quest'anno la Provincia di Palermo ha ridotto a 112: in 72 resteranno a casa. Una decisione che ha mandato su tutte le furie i lavoratori, che hanno così deciso di scendere in strada chiedendo, peraltro, la sospensione della Provincia in Festa, manifestazione per la quale sono pronti oltre 800mila euro.

“Servirebbero circa 300mila euro per riprendere il servizio a regime – dice Giorgia Geraci della Slai Cobas – ma il problema, oltre che per i lavoratori, è anche per i ragazzi diversamente abili. La Provincia dice di non avere risorse e intanto fa la Provincia in Festa. E' una questione di rispetto anche per i ragazzi che vanno a scuola”.
Le richieste di assistenza, quest'anno, sarebbero 375 ma, secondo i lavoratori, la Provincia avrebbe modificato il rapporto operatore-studente. “Il rapporto era di uno a quattro o uno a cinque – continua la sindacalista – e per gli studenti su carrozzina di uno a uno. E invece da quest'anno anche questi ultimi rientrano nel rapporto uno a cinque”.

La Provincia, però, smentisce tutto: “La somma stanziata per l'assistenza igienico-personale degli studenti disabili è quella necessaria a coprire il servizio, le istanze pervenute sono meno dello scorso anno. Gli 822mila euro copriranno il servizio fino al 31 dicembre”.

www. news.it

pc 14 settembre: DON MATTEO COMINCIA PROPRIO BENE!

Comincia giovedì tredici settembre, precisamente da Verona, il giro d'Italia in camper del candidato alle primarie - per la scelta del futuro antagonista del forzitaliota che correrà per la poltrona di presidente del Consiglio dei ministri - Don Matteo Renzi.
L'inizio è spettacolare, per uno che vorrebbe "rottamare la vecchia politica"; il suo mezzo resta in sosta vietata (in doppia fila) per un certo periodo di tempo: i suoi tirapiedi sostengono per pochi minuti, ma se anche fossero stati pochi secondi non cambierebbe nulla, trattandosi di un atto di arroganza tipico dei politicanti che pensano di poter contravvenire alle regole della società civile senza subirne le dovute conseguenze.
Se queste sono le premesse, si può immaginare il resto; chissà quali saranno le proposte che il democristiano sindaco di Firenze elencherà dal palco: una vera porcheria su tutti i fronti.
L'ex esploratore cattolico esordisce dicendo: "per vincere non ho paura di chiedere i voti dei delusi del centrodestra", e subito dopo precisa che i voti della 'sinistra' non gli interessano; naturalmente - da buon ecclesiastico - non lo dichiara apertamente, ma ci vuole poco per capirlo quando afferma che "Sinistra Ecologia e Libertà e l'Italia dei Valori rappresentano la sinistra che non vuol governare".
Da queste prime battute si evince che il 'padre premuroso' - "ho scritto il discorso dopo aver messo a letto i miei tre figli" - non è affatto interessato ad una coalizione di centro(falsa)sinistra, ma piuttosto ad una accozzaglia di destra clerical-fascista: per il bene dell'Italia, è lui che deve essere rottamato!
Genova, 14 settembre 2012

Stefano Ghio - Proletari Comunisti Genova
http://pennatagliente.wordpress.com

giovedì 13 settembre 2012

pc 13 settembre - indetta una manifestazione nazionale a Roma per il 27 ottobre - NO MONTI DAY


Il 27 ottobre manifestazione nazionale contro il governo Monti, le sue politiche e i trattati europei che le determinano. Si va concretizzando la prima iniziativa di massa “utile” per smascherare il governo e chi lo sostiene e ridare visibilità all'opposizione politica e sociale nel paese.

Si è tenuto ieri a Roma il secondo incontro nazionale di un ampio schieramento di persone, organizzazioni sociali e sindacali, forze politiche e movimenti sociali, che intendono di dare voce e visibilità ai tanti che rifiutano Monti e la sua politica. Dopo quasi un anno di "distanza" erano presenti tutti i sindacati di base e le forze della sinistra alternativa, oltre ovviamente al Comitato No Debito, l’unica coalizione che ha resistito come esperienza unitaria durante tutto l’ultimo anno. Dopo una discussione con molti interventi, ampiamente convergenti, la decisione è stata quella di dar vita il prossimo 27 ottobre a Roma a una manifestazione nazionale dal titolo: NO MONTI DAY.
Questa mattina è stata inoltrata in Questura la richiesta della piazza per sabato 27 ottobre con partenza da Piazza della Repubblica.
I punti proposti per questa mobilitazione sono: il no chiaro e netto a Monti e alla sua politica economica e sociale, quella di oggi ma anche quella di domani; il No all'Europa del Fiscal Compact e delle misure che hanno distrutto la Grecia e stanno producendo gli stessi effetti devastanti anche in Italia; l’opposizione all'attacco autoritario alla democrazia e alla repressione contro i movimenti ed il dissenso.
Dalla discussione è emerso che i promotori hanno in mente una manifestazione rigorosa e radicale nei contenuti, pacifica nella sua forma, per far sentire ovunque la voce dell'altra Italia ed esprimere il massimo sostegno a tutte le lotte in atto per i diritti e per il lavoro, dalla Val di Susa al Sulcis. Tra le proposte vi è quella che la manifestazione si concluda con una grande assemblea popolare (un pò come avvenuto il 31 marzo a Piazza Affari a Milano) dove si possa liberamente discutere di come dare continuità all'opposizione a Monti.
L’invito avanzato a tutte le forze sociali, politiche e sindacali che praticano il conflitto e si oppongono al governo, è quello di costruire insieme questo percorso specificandone e ampliandone i contenuti, fermi restando i punti di partenza e le modalità fin qui definiti.
Il prossimo mercoledì 19 settembre a Roma, alle ore 16,00, al Rialto occupato (v. S. Ambrogio, 4), ci sarà un nuovo incontro per definire conclusivamente la piattaforma e l'organizzazione della mobilitazione del 27 ottobre.

 

pc 13 settembre - Ilva taranto tra divieti e iniziativa autonoma di classe

Il ministro degli interni Cancellieri 'Taranto città a rischio" 
invece che lavoro e salute, divieti e polizia


TARANTO– In vista dell’incontro programmato per 
domani pomeriggio (alle 16) presso la prefettura di Taranto 
tra il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini e 
rappresentanti di associazioni ambientaliste, 
nel quale si discuterà delle osservazioni 
degli ecologisti sul rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale 
(Aia) per l’Ilva, il questore di Taranto, Enzo Mangini, 
ha disposto particolari misure di viabilità e di sicurezza 
che interesseranno tutte le aree circostanti. 
Per l’intera giornata sarà vietato il transito 
e la sosta dei veicoli nelle vicinanze del Palazzo del governo. 
Il questore ha inoltre prescritto ai promotori delle manifestazioni pubbliche già preannunciate, 
come quella programmata dal 'Comitato di cittadini e lavoratori liberi e pensantì, 
il divieto di svolgimento delle stesse sotto la prefettura e nelle relative adiacenze.

slai COBAS IN PRESIDIO 

Lo Slai Cobas per il sindacato di classe 
ha organizzato per domani un presidio di lavoratori davanti alla portineria D 
dello stabilimento Ilva di Taranto in concomitanza con il 'tavolo istituzionalè 
convocato dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola a Bari, 
a cui parteciperà il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. 
Sempre gli operai slai Cobas hanno indetto per il 22 settembre un’assemblea nel 
centro sportivo 'Magna Grecià per “costruire una piattaforma autonoma e azione autonoma 
degli operai sulla questione difesa delle condizioni di lavoro e salariali e attuazione e 
controllo della messa a norma degli impianti”. 










pc 13 settembre - Palermo invece che lavoro arresti ! I grillini plaudono...luridi reazionari - lo slai cobas palermo solidarizza


Palermo Gesip, ancora proteste
arrestati tre manifestanti

Scattano i fermi dopo i disordini di ieri. Uno degli arrestati è un sorvegliato speciale. Un presidio davanti alla sede del Comune. I sanitari del 118 hanno dovuto soccorrere un manifestante. Terminata l'occupazione della cattedrale. "Continueremo con altre forme". Blitz improvvisi in varie zone del centro storico. I grillini: "E' inaccettabile che tengano in ostaggio la città". E il sindaco Orlando vola a Roma

Tre dipendenti della Gesip, partecipata del Comune di Palermo, sono stati arrestati nella notte dopo le proteste che ieri hanno messo in gionocchio la città Tra gli arrestati Giacomo Giaconia fermato per violazione degli obblighi della sorveglianza speciale. L'uomo aveva il divieto di uscire di casa tra le 20 e le 7 del mattino e di partecipare a pubbliche riunioni. Gli altri due arrestati, C.G. 53 anni e R.S. 56 anni, sono accusati di danneggiamento in quanto sorpresi a bruciare cassonetti in corso Vittorio Emanuele. Uno di loro aveva addosso un coltello a serramanico.

blocchi stradali e cassonetti rovesciati


Il giorno dopo la guerriglia scatenata a Palermo dai lavoratori della Gesip, questa mattina continuano il presidio davanti al municipio, in piazza Pretoria. Uno dei lavoratori ha avuto un malore, le sue condizioni non sarebbero preoccupanti. E dopo otto giorni di occupazione della cattedrale di Palermo, hanno deciso intorno alle 7 di questa mattina di interrompere la protesta all'interno del Duomo. Sono 1.805 i dipendenti della partecipata dal Comune senza paga e senza lavoro dal primo settembre per la mancata proroga al contratto di servizio tra la società e il Comune. Ma la protesta continua in strada, con blitz in varie zone del centro storico creando problemi al traffico. E il Movimento 5 Stelle stigmatizza: "Il governo non può accettare passivamente che queste persone blocchino una città senza far rispettare lo stato di diritto"

Gli operai, che dal primo settembre sono senza lavoro e senza stipendio, sono tornati a bloccare il centro storico di Palermo con piccoli blitz, di pochi minuti, che stanno creando disagi alla circolazione stradale. Davanti Palazzo delle Aquile, sede del Comune, una cinquantina di operai sta bloccando via Maqueda. Per impedire ai manifestanti di proseguire verso corso Vittorio Emanuele e verso la zona della stazione, a circondarli ci sono due cordoni di polizia con gli agenti schierati in tenuta antisommossa. Oltre ai lavoratori della Gesip, in piazza c'è anche un gruppo di giovani dei centri sociali. Colto da malore uno dei lavoratori. L'uomo è stato soccorso dai medici del 118. Le sue condizioni non sarebbero gravi.

L'occupazione della cattedrale.
A sorpresa i manifestanti che occupavano la cattedrale di Palermo hanno deciso di interrompere l'iniziativa di protesta. I primi hanno abbandonato il luogo di culto, stamane, poco dopo le 7. Gli altri, a poco a poco, si sono allontanati alla chetichella. In otto sono rimasti per incontrare il sacerdote, padre Sarullo, e sono andati via intorno alle 10.
 
"Mi hanno chiamato per comunicarmi la loro decisione - dice padre Filippo Sarullo - Sono arrivato in cattedrale prima della celebrazione della messa e gli operai mi hanno chiesto di fare un giro per la chiesa per verificare se fosse tutto in ordine. Non ci sono stati danni". La zona monumentale del duomo (dove ci sono le tombe dei re normanni) che in questi giorni per motivi di sicurezza è stata interdetta a turisti e visitatori, è stata riaperta. "Ho offerto loro la colazione al bar - prosegue il parroco - e poi sono andati via". Ma i manifestanti sono determinati ad andare avanti: "Abbiamo voluto interrompere l'occupazione - dice Pietro Giannotta della Cisal - per evitare strumentalizzazioni, continueremo con altre forme e adesso decideremo quali".

Il viaggio del sindaco. Intanto, il sindaco Leoluca Orlando stamane si è recato a Roma per partecipare al tavolo permanente istituito per incontrare gli interlocutori del tavolo permanente, con l'obiettivo immediato di accelerare il trasferimento dei 5 milioni di euro per il pagamento delle spettanze di settembre degli operai, dall'inizio del mese senza stipendio né lavoro. Il fronte dei lavoratori non è compatto e l'ala dura potrebbe fare scattare un'altra giornata di protesta selvaggia.

I grillini: "Inaccettabile". "Quanto accade in questi giorni a Palermo con la Gesip, si ripete da anni. Dobbiamo chiederci se è normale che una città divenga ostaggio di un'azienda improduttiva, in perdita per quasi un milione di euro al mese e con i risultati pessimi di questi anni. Il Governo non può accettare passivamente che queste persone blocchino una città senza far rispettare lo stato di diritto, senza tenere conto delle regole minime del vivere civile", dice Riccardo Nuti del Movimento 5 Stelle. E aggiunge: "A chi sostiene che fra queste persone ci sono famiglie in difficoltà, ricordo che, a fronte degli sprechi immensi di questa azienda, ci sono miglia di persone disoccupate, di ragazzi che sono emigrati eppure non hanno mai usato questi mezzi violenti, nè hanno mai preteso con arroganza un posto di lavoro".

 
Comunicato stampa
 Lo Slai cobas per il sindacato di classe alza le proprie bandiere in solidarietà con gli operai della Gesip che in questi giorni stanno portando avanti una battaglia dura e sacrosanta per il posto di lavoro.
 Non sono i lavoratori a dover pagare la politica che in questi anni ha portato la città al collasso da ogni punto di vista: dai servizi essenziali, alla manutenzione di ogni bene pubblico, al lavoro... sono i veri responsabili, a partire dall'ex sindaco Cammarata che devono essere chiamati a risponderne anche dal punto di vista penale.
 I lavoratori della Gesip insieme alle tante altre lavoratrici e tanti altri lavoratori colpiti , non ultimi i  precari delle cooperative sociali ass.ti ai disabili ai quali sono stati già annunicati dalla Provincia Regionale di Palermo 80 licenziamenti,  in particolare in questo momento di attacco generalizzato al lavoro con la creazione a getto continuo di migliaia di disoccupati non vogliono e non devono andare a gonfiare le file di quelli che devono chiedere un sussidio al governo per campare perché non vogliono rinunciare alla propria dignità.
 Le lavoratrici e i lavoratori Gesip hanno fino ad oggi portato avanti lavori importanti per la città riempiendo nei fatti tutti quei posti di lavoro che il Comune oramai da anni ha tagliato riducendo la pianta organica all'osso.
 Tutte le istituzioni coinvolte, a cominciare dal Comune di Palermo, devono dare una soluzione definitiva: il posto di lavoro stabile e sicuro!Slai cobas per il sindacato di classe
via g. del duca 4 Palermo
091/203686 – 338.7708110

pc 13 settembre - "CHIEDERE CONTO DELLE VITE A CHI DECIDE DI NON FARLE CONTARE"

Pubblichiamo questo intervento del collettivo di compagne "leventicinqueundici".
Chiedere conto delle vite a chi decide di non farle contare

Più di 80 persone disperse. E’ questo il racconto che ci arriva dai sopravvissuti dell’ultimo naufragio sulle coste di Lampedusa avvenuto nella notte di giovedì 6 settembre. E mentre l’Italia metteva in scena la macchina dei soccorsi, ormai rodata in anni di abitudine, in Tunisia stava accadendo qualcosa di nuovo. Dapprima in rete e poi da ieri, lunedì 10 settembre, una protesta a Tunisi davanti al Ministero degli esteri, una manifestazione in serata, un’altra manifestazione a Sfax, uno sciopero generale a El Fahs, nel governatorato di Zaghouan, luogo di provenienza di alcuni dei dispersi e la collera dei genitori e dei parenti, hanno fatto muovere il governo tunisino, accusato nei primi giorni non solo di immobilismo ma addirittura di indifferenza per aver partecipato alla celebrazione di un matrimonio collettivo anziché proclamare il lutto nazionale. Attualmente, una delegazione con a capo il segretario all’immigrazione Jaziri si trova sull’isola di Lampedusa, da cui, per la prima volta, anche questa un’assoluta novità, giungono parole di lutto non trattenute da frasi di circostanza dalla neo-eletta sindaca dell’isola, Giusi Nicolini, che si spinge a suggerire quanto “sia assurdo farli arrivare in questo modo”. Un’allusione, seppur velata, alle responsabilità.

Già, perché questo è il punto, di chi sono le responsabilità? Il naufragio di giovedì è solo l’ultimo di una lunga serie di morti e dispersioni avvenute nel corso di ormai lunghi anni nel Canale di Sicilia e in altri luoghi del Mediterraneo. Un cimitero marino che ha sommerso le vite e i desideri di migliaia e migliaia di corpi, di donne, uomini e bambini. Ad ogni naufragio un fiume di parole di commenti, molte o poche, a seconda dell’emozione suscitata, e poi un nuovo silenzio in attesa di quello successivo. Certo, sta accadendo qualcosa di nuovo dopo il naufragio di giovedì, sarebbe assurdo non vederlo, come qualcosa di nuovo è già accaduto in Tunisia da molti mesi, da quando le mamme e le famiglie di altri “dispersi” hanno cominciato a chiedere conto alle istituzioni del loro paese così come a quelle italiane della vita dei loro figli, partiti subito dopo la rivoluzione e declinando così, come libertà di movimento, la libertà appena conquistata. Come gruppo di donne che in vari modi ha sostenuto la lotta di queste famiglie, non vorremmo, però, che anche questa volta, in cui accanto alle parole ci sono azioni di rivolta, si eludessero alcune verità.

Non è dell’acqua del mare la responsabilità di quei morti e dispersi. Non è dell’eventuale lentezza dei soccorsi, seppure anche su di essa di volta in volta sia necessario indagare. Non è nemmeno un problema di affinamento dei sistemi e delle tecnologie di controllo, come in questi giorni con stupore abbiamo letto sulla rete in alcuni appelli di associazioni europee. I controlli sono già lì, con tutte le loro tecnologie, tra le più affinate e avanzate, volte a produrre esattamente questo: corpi che passano e corpi fantasmi, morti o dispersi che li si voglia chiamare. Non è la rete del “traffico degli umani” quella a cui chiedere conto, perché, insieme alle morti, quella rete è prevista e voluta dalle attuali politiche migratorie. Non è, da ultimo, il governo tunisino quello a cui addossare la colpa dei suoi pochi controlli lungo le coste, della sua iniziale immobilità e della sua insensibilità, per quanto offensiva. O meglio, non è questo il vero problema. Certo, la proclamazione di un lutto nazionale, anziché la celebrazione di un matrimonio, sarebbe stato un passo significativo, ma persino il lutto e il pianto collettivo, a volte, possono servire a coprire anziché a svelare le responsabilità.

Rischiamo tutte e tutti, in questi giorni, proprio mentre qualcosa di nuovo sta accadendo, di lasciarci prendere da un inganno, o da un “grande inganno” se ci fermiamo a questo senza chiedere conto sino in fondo di quelle vite. A chi farlo? Alle politiche di governo delle migrazioni, dettate dall’agenda dell’Unione europea, e ai loro molteplici attori: l’Italia e il precedente e l’attuale governo tunisino per la loro complicità nel permettere tali politiche, in questo caso, le agenzie di controllo delle frontiere, le organizzazioni intergovernative a loro volta portatrici di un’idea di governo della mobilità. Uniche e unici responsabili di quelle morti e ancora una volta di non rispondere alla domanda essenziale: perché quelle donne e quegli uomini non hanno potuto prendere una nave di linea, un aereo, un qualsiasi mezzo di trasporto concesso ai cittadini europei per attraversare quel breve tratto di mare che divide le due sponde del Mediterraneo? Chi decide e perché questa differenza tra le due possibilità di mobilità? Il resto è un “resto”, previsto nella logica di tali politiche: a partire da quelle morti, dal Mediterraneo come cimitero marino, dalla lentezza o dalla solerzia dei soccorsi, dalla macchina tecnologica di un sapere più o meno affinato per il filtro del passaggio delle esistenze che potranno arrivare, per essere espulse o clandestinizzate, e di quelle che dovranno essere sommerse dall’inconsapevole complicità del mare.

“Un resto”, in cui, proprio i migranti tunisini con il loro agire la libertà, compresa quella essenziale di movimento senza cui la parola libertà rimane una parola vuota, ci hanno detto di non voler rimanere imbrigliati. “Un resto” di cui dapprima le madri e le famiglie dei giovami dispersi nel 2011 e ora le famiglie dei dispersi di quest’ultimo naufragio chiedono conto, insegnandoci che quel “resto” sono vite, figli, esistenze e desideri.

Quel “resto” sono vite che contano e di cui chiedere conto a chi decide di non farle contare.

Crediamo sia questo il messaggio che ci arriva in questi giorni dalla Tunisia: una ribellione collettiva contro le politiche migratorie come parti integranti di un governo economico sulle vite che le sta inghiottendo su entrambe le sponde.

Le venticinqueundici
http://leventicinqueundici.noblogs.org/

mercoledì 12 settembre 2012

pc 12 settembre - anche in Pakistan strage di operai in fabbrica














Assume i contorni di una vera carneficina l'incendio divampato in una fabbrica tessile di Karachi,
principale città del sud del Pakistan.

Mentre scriviamo le vittime accertate sono 289, oltre a parecchie decine di feriti, ustionati o
intossicati. Ma il bilancio potrebbe aumentare e di molto.
"I soccorritori hanno recuperato 289 corpi finora. Le squadre sono ancora al lavoro e
temiamo che ci saranno altre vittime", ha dichiarato il capo della polizia locale, Iqbal Mehmood.
Molti degli operai si trovavano in un enorme locale nel sottosuolo dell'edificio, da dove
era molto difficile scappare. I corpi portati all'ospedale civico, riferiscono fonti mediche,
 presentano gravi ustioni e almeno 65 lavoratori hannogli arti spezzati nel tentativo
di scappare al fuoco saltando dalle finestre mentre altri sono morti per soffocamento.
Alcune finestre ai piani bassi erano protette da grate che hanno reso difficile l'evacuazione.
L'incendio è iniziato ieri sera per ragioni ancora sconosciute.
Poco ore prima, un altro incendio in una fabbrica di scarpe aveva causato la morte di
23 persone a Lahore, vicino al confine con l'India.

pc 12 settembre - Golpe: durissimi scontri a Santiago del Cile, ucciso un Carabiniere


Nel paese latinoamericano il conflitto sociale e le manifestazioni contro il governo di destra di Pinera si fanno sempre più duri. Scontri nel 39simo anniversario del golpe di Pinochet: ucciso un carabiniere, 250 arresti.
La tensione si è nuovamente impennata in Cile nelle ultime ore. Durissimi scontri sono scoppiati tra dimostranti antifascisti e forze di sicurezza, nella capitale Santiago ed in altre città, nel giorno del 39° anniversario del colpo di Stato che rovesciò il governo democratico di Salvador Allende e impose un sanguinario regime militare fascista.

La rabbia dei manifestanti ha preso corpo quando la Corte d’Appello di Santiago ha sentenziato che il presidente del paese si suicidò sparandosi con un AK47 – un regalo personale di Fidel Castro - per non cadere nelle mani delle truppe golpiste di Pinochet che stavano assaltavando il Palacio de la Moneda. Negando quindi che furono i militari golpisti ad assassinare il leader socialista.

Nel paese governato dall’esponente dell’oligarchia Sebastian Pinera, nostalgico di Pinochet come molti dei suoi ministri, negli ultimi mesi il conflitto sociale è esploso portando nelle strade centinaia di migliaia di operai e dipendenti pubblici, di studenti e di indigeni, in lotta contro i provvedimenti repressivi e liberisti dell’esecutivo.

Mentre scontri si verificavano anche a Valparaiso e Valdivia, nella capitale si è assistito ad un salto di qualità: durante un fronteggiamento tra manifestanti e forze dell’ordine alla periferia di Santiago un carabiniere è stato ucciso e una decina di persone sono rimaste ferite. Secondo la stampa locale, il carabiniere è morto raggiunto da uno sparo che è penetrato nello spazio fra l’ascella e il giubbotto antiproiettile mentre cercava di impedire il saccheggio di un supermercato a Quilicura, località a nord di Santiago. Il responsabile dei carabinieri per la zona metropolitana, il generale Luis Valdes, ha detto alla stampa che un altro dei suoi uomini ''é stato raggiunto da una pallottola ed é grave, anche se non si teme per la sua vita'', mentre un terzo sarebbe stato ferito dal lancio di una bottiglia. A sua volta un manifestante minorenne è stato colpito da uno sparo nella zona di Villa Francia ed è attualmente ricoverato in condizioni stabili.

In molti quartieri di Santiago i manifestanti hanno eretto barricate di fuoco e hanno attaccato le camionette dei Carabinieri impegnati nella repressione dei cortei.
Al termine della giornata le forze di sicurezza hanno compiuto circa 250 tra arresti e fermi di manifestanti, per lo più nella capitale.

pc 12 settembre - assemblea al circolo di proletari comunisti di palermo

Il circolo di proletari comunisti Palermo invita per mercoledì 12 Settembre alle 16 e30, lavoratori, giovani, studenti, precari e chiunque sia interessato per discutere circa gli ultimi avvenimenti politici e sociali nazionali e internazionali nel quadro della crisi economica mondiale.
In particolare sullo sviluppo di alcune lotte operaie a livello nazionale vedi l'Ilva di Taranto e Sulcis e Alcoa in Sardegna fino alla lotta degli operai della Gesip a Palermo e a tutte le lotte potenziali o in sviluppo frutto della politica di macelleria sociale del governo tecnico/dittatoriale Monti-Napolitano che nell'ottica dei tagli selvaggi minaccia di licenziamento migliaia di lavoratori vedi i precari della scuola e delle cooperative che vi lavorano, gli operai della Keller e di Termini Imerese ecc ecc.
Il circolo quindi discuterà con tutti i presenti le forme d'intervento politico su queste questioni locali e nazionali. Inoltre si organizzerà della partecipazione di una delegazione palermitana all'importante CONFERENZA INTERNAZIONALE DI SUPPORTO ALLA GUERRA POPOLARE IN INDIA che si terrà Sabato 24 Novembre ad Amburgo (Germania).

pc 12 settembre - In Egitto e Libia esplode la furia popolare contro l'imperialismo Usa.

Attaccato il consolato USA a Bengasi. Uccisi l'ambasciatore e tre funzionari.
Monti ha espresso il suo sostegno al governo-fantoccio filo imperialista in Libia, noi invece stiamo con le masse arabe in rivolta!



























Il peggior film dell’anno vince un morto


dal blog Kelebek
Posted on 12/09/2012 by Miguel Martinez

Come avrete visto, mentre al Cairo i manifestanti (secondo Reuters, in larga parte tifosi di calcio) tiravano giù la bandiera dall’ambasciata statunitense, a Benghazi un “diplomatico” statunitense – li chiamano così – è stato ucciso nel corso di una manifestazione.

Non riusciamo proprio a dispiacercene.

Ma è affascinante seguire la costruzione mediatica dell’evento.

Repubblica ci presenta il fatto in questi termini:

“La scintilla della violenza è stata offerta da un film ritenuto blasfemo prodotto da un gruppo di copti residenti negli Stati Uniti.”

Ci metto almeno cinque minuti per scoprire qualcosa in più di ciò che dice Repubblica (devono ancora scoprire Google da quelle parti).

Pare che in giro ci sia solo il trailer di un presunto film, su Youtube, non accompagnato però da alcuna indicazione: non c’è un sito, c’è solo una serie di spezzoni presentata due volte in inglese e una in arabo egiziano. Il titolo non è chiaro: una volta compare come Muhammad Movie Trailer e una come Part of the movie, “Life of Muhammad”; mentre al-Ahram dice che si chiama Muhammad’s Trial.

Nel film, vari muscolosi e tatuati surfer californiani, indossando stracci e pessime barbe posticce e facendo battute gergali americane, saltellano contro uno sfondo desertico – il montaggio è talmente cattivo che non si vedono le loro ombre sulla sabbia – e parlano di sesso.

Il primo spezzone in inglese è stato messo in rete a luglio, troppo tempo fa, credo, per far pensare alla pubblicità per una vera uscita. Insomma, il film potrebbe anche non esistere; e forse lo faranno davvero, vista la pubblicità inattesa che ha avuto.

Il canale Youtube appartiene a un certo Sam Bacile, che – dopo i fatti di Benghazi – viene  presentato così sul blog di un giornalista di The New York Times:

“il film, intitolato “Innocence of Muslims,” è stato prodotto e diretto da un israeliano-americano, Sam Bacile, imprenditore immobiliare californiano, che ha chiamato l’Islam “un cancro” in un’intervista. Il signor Bacile ha detto a The Journal di aver raccolto 5 milioni di dollari da un centinaio di donatori ebrei e di aver girato il film, che dura due ore, in California l’anno scorso”.

E’ giusto dire che di Sam Bacile (che ci sembra un nome più italiano che israeliano) non si trova altra traccia almeno sulle prime dieci pagine di Google, e nemmeno cercando di escludere i risultati più recenti; e sicuramente con cinque milioni di dollari, persino io sarei riuscito a fare di meglio.

Tra i commenti su Youtube, leggiamo l’affermazione, che se vera, sarebbe grave, che Youtube avrebbe messo il video in evidenza sulla prima pagina.

Una settimana fa, è stata messa in rete la versione in arabo del trailer, di cui comunque non si sarebbe accorto nessuno, se non ne avesse parlato sul proprio blog un certo Morris Sadek, un avvocato copto residente negli Stati Uniti che dirige qualcosa con il nome altisonante di National Coptic Assembly (??????? ??????? ??????? ????????? ) che ha una sede offertale dall’ONG Advocates International. Quest’ultima pretende di operare in ben “165 paesi” e dichiara di “mettere in pratica la strategia di Gesù”, riunendo avvocati “cristiani” in difesa della “libertà di religione”.

Il linguaggio di Advocates International sembra a prima vista avvicinarsi a quello dei dominionist, cioè la minoranza di fondamentalisti evangelici che lavorano per creare attivamente una “società cristiana”, ma non posso dirlo con certezza.

Morris Sadek si dichiara amico e collaboratore del mitico pastore virtuale Terry Jones, con cui ci siamo divertiti in passato: sul blog di Morris Sadek, vediamo una foto dei due che insieme celebrano l’International Judge Muhammad Day, proprio ieri, l’11 settembre.[1]

Morris Sadek aveva semplicemente citato, certo con approvazione, il video; ma qualche politico egiziano che legge il suo blog ha deciso di farne un caso, un meccanismo che conosciamo bene in Italia.

La notizia è apparsa sul sito egiziano al-Yawm al-sâbi’, dove il film riceve il nuovo titolo di “Muhammad profeta dei musulmani” («???? ??? ????????»), che raccoglie tutte la sfilata – molto italiana – di dichiarazioni di sdegno dei politici, musulmani e cristiani.

Da lì, qualche spezzone del trailer viene presentata al canale televisivo  al-Nas, un canale televisivo passato recentemente dall’intrattenimento leggero alla predicazione salafita, sotto lo slogan “Qanat al-Nass, la stazione che ti porta in paradiso“.

La Chiesa copta e quelle evangeliche hanno condannato il film, e Fadi Youssef, parlando a nome della Coalizione Copta Egiziana, ha chiesto – non si sa bene a chi – di processare i responsabili del film.

Benvenuti nella Società dello Spettacolo.

Nota:

[1] Data affollata. Ieri c’è stato anche il lancio di Stop Islamization of Nations – anagramma più che voluto, SION – a New York, una sorta di internazionale dell’estrema destra islamofoba sotto i capricciosi auspici della signora Pamela Geller.