Nella “più grande democrazia del mondo”, avanza la rivoluzione degli oppressi!
Con una popolazione di un miliardo e duecento milioni di
abitanti, l’India è il secondo paese al mondo per popolazione. Una popolazione
di cui la maggioranza vive con circa 50 centesimi al giorno e le grandi
ricchezze sono concentrate in pochi uomini nell’ordine della decina di unità
con uno squilibrio di distribuzione della ricchezza che dall’indipendenza ad
oggi continua ad aumentare. In questo contesto il più grande partito rivoluzionario
del mondo guida una grande “guerra di popolo” per mettere fine a questa
barbarie che si traduce in continui morti per fame, suicidi e uccisioni da
parte di polizia ed esercito contro chi si ribella.
I numeri dovrebbero far riflettere: su 28 stati federati e
600 distretti totali del paese, la rivoluzione maoista si sviluppa in 16 stati
e all’interno di questi in quasi 200 distretti. Il Partito Comunista dell’India
(maoista), forte di milioni di iscritti, dirige diverse organizzazioni legali e
illegali come sindacati, gruppi studenteschi, organizzazioni delle donne,
gruppi a difesa della terra e contro la
repressione ecc ecc, ognuno di questi con centinaia di migliaia di membri. La
nota scrittrice progressista Arundathy Roy ha dichiarato recentemente che
l’organizzazione maoista delle donne è la più grande in assoluto nel paese ma
essendo illegale le sue iscritte sono considerate tutte terroriste.
L’EGPL forte di 30.000 effettivi coadiuvato da una milizia
popolare nei villaggi delle zone liberate tiene testa alle forze paramilitari
governative di circa il doppio degli effettivi (per intenderci lo stesso numero
di forze occupanti in Afghanistan) che dal 2009 con l’inizio dell’Operazione
Green Hunt tenta di “sradicare la minaccia maoista” parole del primo ministro
Singh.
Ma come hanno fatto i maoisti a diventare “il principale
pericolo interno” di una grande potenza regionale qual è lo stato indiano?
Il movimento maoista ha radici che risalgono al 1967 dove in
seguito alla rottura cino-sovietica a seguito del revisionismo imperante nel
PCUS diretto da Krusciov, in India la fazione rivoluzionaria diede vita in
quell’anno alla rivolta di Naxalbari fianco a fianco con contadini senza terra
che occuparono quelle dei latifondisti. La rivolta venne repressa nel sangue da
forze governative con l’attiva collaborazione del Partito Comunista dell’India
(marxista), il leader rivoluzionario e ideologo maoista Charu Muzumdar morì
nelle carceri indiane a seguito delle torture…
Da allora il movimento rivoluzionario si è sviluppato tra
alti e bassi, scissioni e nascite di nuovi gruppi molti dei quali armati e
alcuni di essi conducenti guerre popolari. La svolta avviene nel 2004 quando i
due tronconi principali del movimento maoista indiano, il Centro Comunista Maoista
e il Partito Comunista dell’India marxista-leninista (Guerra Popolare) si
fondono contemporaneamente alle loro formazioni guerrigliere dando vita al PCI
(m) e all’EGPL.
La borghesia ha battezzato la zona di operazione della
Guerra Popolare “Corridoio Rosso” quello che i compagni invece definiscono Zona
Rivoluzionaria Compatta ovvero una zona che dai confini del Nepal, tocca il
Bangladesh spingendosi nella parte meridionale della penisola indiana fino al
Tamil Nadu (lo stato all’estremità meridionale del paese); ultimamente il
movimento rivoluzionario si sta espandendo nel nord-est verso il confine con
Cina e Myanmar e verso sud negli stati di Kerala,Karnataka e Tamil Nadu.
In sostanza un’area abitata da 500 milioni di persone,
all’interno della quale vi sono zone liberate, rette da governi popolari con
istituzioni parallele in cui vivono 60 milioni di persone, come se un paese
dalle dimensioni dell’Italia fosse organizzato in senso rivoluzionario e retto
da un potere popolare.
La fonte “non sospetta”, in quanto non comunista,
rappresentata da Arundathy Roy fa notare che il corridoio rosso corrisponde
grosso modo ai territori in cui vi sono ricche riserve minerarie che la
borghesia compradora indiana ha svenduto con accordi a multinazionali
istituendo le cosiddette Zone Economiche Speciali, vasti territori in cui gli
eserciti privati delle multinazionali fanno il bello e il cattivo tempo. Poco
importa se quest’ultime per potersi accaparrare il bottino devono sradicare
centinaia di migliaia di persone, villaggi e tribù che spesso oppongono
resistenza e nonostante siano in teoria cittadini della “più grande democrazia
del mondo” vengono uccisi impunemente da vigilantes (con la consapevolezza di
restare impuniti) e forze armate ufficiali.
Ma la storia recente di queste terre è anche venata da
eroismo, riscatto e resistenza.
La propaganda borghese che spesso getta fumo negli occhi e
descrive le popolazioni locali come neutrali e “in mezzo tra due fuochi” (in
questo caso maoisti e governo) non è convincente.
Non si spiegherebbe come un esercito guerrigliero riesca a
tenere testa e infliggere duri colpi alle forze paramilitari indiane di gran
lunga meglio equipaggiate senza un reale supporto popolare. Sempre Arundhaty
Roy ci dice che oggi “distinguere maoisti e tribali in quelle zone è
impossibile, i maoisti sono tribali e i tribali sono maoisti”. Per completare
il quadro, recentemente la stampa borghese indiana ha lanciato l’allarme circa
il diffondersi del movimento maoista anche nelle zone urbane della capitale,
Nuova Delhi, in 7 zone su 9 in cui è suddivisa la città e in due settori
sociali principalmente: la classe operaia e gli intellettuali (studenti,
docenti, intellighenzia in generale).
Questo fenomeno avviene anche in altre grandi città del
paese ed è confermato dai sospetti che dietro le ultime rivolte operaie molto
radicali ci siano i maoisti. Ultimo caso è quello della Maruti Suzuki in cui a
seguito di violenze sui lavoratori, minacce e licenziamenti ingiustificati, due
dirigenti sono stati linciati dagli operai inferociti. La seguente repressione
ha visto il massimo supporto agli operai da parte della popolazione locale
organizzata in comitati e la
prosecuzione di scioperi. Inoltre anche nell’immaginario popolare e soprattutto
urbano (lontano migliaia di chilometri dalle zone del conflitto) avanza la
conoscenza del movimento rivoluzionario anche tramite film sul grande schermo
prodotti da Bollywood con cast pescati tra i migliori attori dell’industria
cinematografica indiana, negli ultimi due anni ne sono usciti due creando
“scalpore” e dibattiti di ampio respiro.
Quest’ultima notizia unita a quelle ricordate sopra, tra cui
la continua espansione sul territorio dell’Unione Indiana del movimento
rivoluzionario, sembrano contraddire l’ottimismo del primo ministro Singh che
nel 2009 dichiarava che nel giro pochi anni la minaccia sarebbe stata
sradicata. Ed effettivamente la borghesia indiana ha fatto male i suoi calcoli
anche se non sono tutte rose e fiori…
Infatti anche se sotto la guida del PCI (m) il popolo
rivoluzionario ed il suo esercito popolare hanno prima respinto l’operazione
Salwa Judum (utilizzo di civili mercenari armati che prima di essere sconfitti
hanno trasferito forzatamente interi villaggi in campi di concentramento
pensando così di prosciugare “il mare in cui nuotano i maoisti” ovvero il
popolo) e successivamente resistito alla più vasta operazione genocida Green
Hunt (una vera e propria occupazione militare interna), nella seconda fase
della stessa tutt’ora in corso, il governo non riuscendo ad espugnare le zone
rivoluzionarie ha preso la via degli omicidi mirati. I consiglieri militari USA
e del Mossad israeliano “esperti” in questo hanno impartito lezioni ai loro
omologhi indiani.
Dal 2010 ad oggi importanti leader rivoluzionari tra i più
alti ranghi del partito sono stati brutalmente assassinati, per citarne due
Azad (ex portavoce del partito, organizzatore in molti campi politico-militare)
e Kishenji (numero due del partito, ideologo e stratega militare), leader amati
dalle masse (in migliaia hanno trasformato i funerali in vere e proprie
manifestazioni anti-governative) per il loro impegno lungo decenni per la causa
rivoluzionaria al servizio del popolo.
Queste perdite hanno oggettivamente indebolito il partito a
livello organizzativo politico-militare.
Ci vorrà del tempo perché le capacità dei compagni di alta
qualità caduti sotto il fuoco nemico possano essere rimpiazzati da altrettanti
leader rivoluzionari.
Nella congiuntura attuale in cui la più grande rivoluzione
in corso del mondo resiste agli attacchi dell’imperialismo e dei suoi lacchè è
quanto mai necessario dare sostegno rivoluzionario alla causa del proletariato
e delle masse popolari indiane che se un giorno risulteranno vittoriose ciò
rappresenterà una vittoria per tutti i popoli del mondo ed un significativo
cambio degli rapporti di forza mondiali in cui un nuovo paese socialista di
queste dimensioni (il primo dalla caduta della Cina socialista nel 1976)
sarebbe fonte di speranza e riscossa per chi lotta nei 5 continenti così come
lo fu la nascita dell’URSS e della Cina socialista.
Concretamente dall’inizio dell’operazione Green Hunt molti
gruppi, partiti e organizzazioni hanno solidarizzato con la GP in India sia
individualmente che collettivamente e denunciato la brutalità dello stato
indiano che sta perpetuando un vero e proprio genocidio contro il suo stesso
popolo. In particolare il Comitato di sostegno alla Guerra Popolare in India
(di cui questo blog è voce della sezione italiana) all’inizio di quest’anno ha
lanciato una settimana di mobilitazione internazionale dal 14 al 22 Gennaio che
ha visto iniziative nei 5 continenti in almeno 20 paesi. Una così larga
mobilitazione è stata percepita come un pericolo dalla borghesia indiana e
dall’imperialismo in generale, in India dai telegiornali alla carta stampata si
denunciava l’appoggio internazionale ai “terroristi maoisti”, ciò è un segnale
incoraggiante bisogna battere su questa strada.
Per questo è
necessario che tutti i sinceri rivoluzionari, anti-imperialisti e democratici
sostengano, propagandino e partecipino alla CONFERENZA INTERNAZIONALE A SOSTEGNO DELLA GUERRA POPOLARE IN INDIA
che si terrà il prossimo 24 Novembre ad Amburgo.
Lo svolgimento della
conferenza a cui parteciperanno delegazioni provenienti da differenti paesi del
mondo avrà ricadute dirette sulle prossime mobilitazioni in solidarietà alla
più grande rivoluzione attualmente in corso nel pianeta.
Per partecipare alla conferenza contattare gli
organizzatori:
Comitato di Sostegno alla Guerra Popolare in India: cgpindia@gmail.com
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