I sindacati proclamano uno sciopero generale
nazionale del settore minerario, mentre alcuni leader politici invitano
lavoratori e militari a dare il via alla 'rivoluzione'.
Il gruppo britannico Lonmin, proprietaria della miniera di Marikana (28 mila addetti), sta cercando con scarso successo di evitare che la protesta dei lavoratori si estenda, ed ha rivolto ieri sera un'offerta agli operai in sciopero da ormai cinque settimane. Lo sciopero é iniziato lo scorso 10 agosto, su iniziativa di tremila operai in rottura con il sindacato maggioritario Num, che reclamano consistenti aumenti salariali e il miglioramento sostanziale delle loro condizioni di vita e di lavoro.
La protesta dei minatori si è estesa da quelli di Marikana ad altre miniere di platino e poi anche d’oro. E ora alcuni sindacati hanno convocato a partire da domenica uno sciopero generale su base nazionale di tutto il settore, con l'obiettivo di ''mettere in ginocchio'' le grandi multinazionali straniere che sfruttano a loro piacimento le risorse naturali del paese. L'appello alla mobilitazione generale é stato lanciato da uno dei leader sindacali, Mametlwe Sebei, dinanzi a migliaia di lavoratori radunatisi ieri davanti all'impianto di Rustenburg (nel nord del Sudafrica), una delle miniere sfruttate dal colosso statunitense del platino Amplats. Ieri circa 1500 lavoratori dell’impianto hanno bloccato con barricate formate da tronchi d'albero, pneumatici e pietre molte delle strade di accesso. La Polizia e i responsabili della miniera hanno parlato di ‘sollevazione’ in atto da parte dei dipendenti.
Il malcontento economico dei minatori cresce e si radicalizza, e minaccia ora di intrecciarsi con quello di alcuni settori dell'esercito, incitati ad aderire alla ''rivoluzione' dal giovane leader politico Julius Malema, espulso nei mesi scorsi dall'Africa National Congress (Anc) del presidente Jacob Zuma perché ne aveva criticato l’immobilismo, la mancanza di azione riformatrice e la copertura politica degli interessi della nuova casta che guida il paese dopo la fine dell’apartheid.
Raccogliendo l'appello di alcuni soldati scontenti per il loro trattamento economico, Malema ha dichiarato l'intenzione di tenere due comizi in altrettante basi dell'esercito presso Lenasia, a sud-ovest di Johannesburg. Intenzione che ha naturalmente suscitato la reazione immediata del governo. ''Non so a quale titolo il signor Malema pensi di poter rivolgersi ai soldati'', ha detto il ministro della Difesa, Mapisa Nqakula, ventilando iniziative disciplinari nei confronti di chi accettasse di farsi coinvolgere. ''Il Paese non può permettersi che l'instabilità si estenda alle forze armate'', ha avvertito Nqakula, accusando Malema di voler ''rendere ingovernabile il settore minerario'' e ''sabotare l'economia nazionale''.
Da parte sua il presidente Jacob Zuma ha minacciato i sindacati avvertendo che scioperi illegali ed intimidazioni ''non aiuteranno i minatori'' e che saranno contrastati dalle forze di polizia. Intanto un sindacalista del Num, la più grande confederazione del paese legata all’Anc e accusata di connivenze con le multinazionali da parte dei sindacati indipendenti, è stato ritrovato privo di vita a poca distanza dalla miniera di Marikana. Dumisani Mthinti, 51 anni, diventa così la 45esima vittima dello scontro in atto in Sudafrica da poco più di un mese.
Il settore minerario sudafricano impiega mezzo milione di lavoratori, 180 mila in quelle di platino e 160 mila in quelle d’oro, produce il 9% del Pil del paese, (il 19% considerando le altre attività ad esso connesse) e rappresenta la metà delle esportazioni del Paese. Secondo la Camere delle miniere, il giro d'affari nel 2010 è stato pari a 28 miliardi di euro.
Nessun commento:
Posta un commento