mercoledì 21 maggio 2025

pc 21 maggio - Lo scenario della guerra Indo/Pakistana in una nota

La Cina sostiene il Pakistan perché vuole contenere l’ascesa regionale dell’India

Pechino fornisce armi, intelligence e copertura diplomatica a Islamabad come parte di una strategia di lungo periodo per contenere l’influenza indiana nel cuore dell’Asia

AP Photo/LaPresse

L’attacco  del 22 aprile 2025 nella valle di Pahalgam nel Kashmir indiano, in cui ventisei persone – principalmente turisti indù –sono morti ha riacceso la miccia in un contesto geopolitico già incandescente. Le autorità indiane hanno puntato il dito contro il gruppo armato The resistance front (Trf), legato alla Lashkar-e-Taiba, con basi militari in territorio pakistano e apertamente sostenuto dal Pakistan.

A rendere ancora più inquietante l’attacco di Pahalgam è il contesto politico e ideologico in cui si inserisce. Solo pochi giorni prima, il 15 aprile, durante la Prima convenzione annuale dei pakistani all’estero tenutasi a Islamabad, il capo dell’esercito pakistano, il generale Asim Munir, ha pronunciato un discorso con toni estremamente violenti e ultranazionalisti. 

Parlando ai connazionali emigrati, Munir ha affermato: «Noi siamo diversi dagli induisti e dai cristiani»,

rivendicando poi la superiorità della civiltà islamica rispetto a quella occidentale. «Non dimenticate mai che appartenete a un’ideologia e a una cultura superiore: l’Islam».

L’attacco di Pahalgam è stato caratterizzato da una selezione settaria delle vittime. Gli autori hanno chiesto alle persone di recitare la Kalma (la dichiarazione di fede islamica), e chi non riusciva a farlo veniva giustiziato. Le testimonianze descrivono una vera e propria caccia ai non musulmani, in particolare indù e cristiani. 

L’India ha risposto con l’operazione militare “Sindoor”, colpendo con precisione nove campi  oltre la cosiddetta Linea di Controllo (LoC), legati ai gruppi  di Lashkar-e-Taiba, Jaish-e-Mohammad e Hizbul Mujahideen, evitando accuratamente però di colpire infrastrutture civili o militari pakistane.

Ma ciò che però preoccupa Nuova Delhi è il ruolo della Repubblica Popolare Cinese nel recente e breve conflitto. Pechino è un alleato strategico del Pakistan con il quale condivide il Corridoio economico Cina-Pakistan (Cpec), lo sbocco strategico della Cina sull’Oceano Indiano, attraverso il grande territorio uiguro del Xinjiang e la Karakorum Highway sull’Himalaya. 

Il Corridoio ha come terminale il porto di Gwadar, interamente costruito e gestito dai cinesi, che da tempo tutte le intelligence occidentali ritengono possa essere il porto nel quale nascerà la seconda base militare cinese all’estero dopo Gibuti.

Pechino ha fornito negli ultimi tre anni oltre venti miliardi di dollari in armamenti al Pakistan: tra questi, caccia multiruolo J-10CE, droni Wing Loong, sottomarini, sistemi missilistici HQ-9P, missili aria-aria PL-15E e sofisticati velivoli da allerta precoce ZDK. L’integrazione delle due forze armate è ormai operativa, con esercitazioni congiunte (Shaheen, Aman, Mir), e personale condiviso nei centri di comando a Chengdu e Rawalpindi.

Diverse fonti confermano che durante i giorni dell’operazione “Sindoor” la Cina abbia anche offerto sostegno di intelligence in tempo reale al Pakistan, monitorando i movimenti bellici indiani; mentre ancora infuriava lo scontro militare fra India e Pakistan, la Cina ha bloccato un riferimento diretto al gruppo terroristico Trf all’interno del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dichiarando anche come inappropriata la risposta militare indiana.

Questo rischia di riaccendere le tensioni lungo i tremila chilometri di confine fra Cina e India: dallo stato indiano dell’Arunachal Pradesh, interamente rivendicato da Pechino, fino al Ladakh, oggetto degli scontri a bassa intensità fra le due forze armate negli scorsi anni.

E l’India potrebbe decidere di abbandonare ogni residuo tentativo di mediazione multilaterale, scegliendo invece di sostenere le istanze di Taiwan, del Tibet o dei Paesi del Sud-est asiatico in chiave anti-cinese. Dal punto di vista economico, la Cina rischia anche di perdere accesso a uno dei suoi mercati più ambiti: l’India, con oltre quattrocento milioni di consumatori di classe media e che potrebbe rappresentare uno sbocco importante, soprattutto ora con la guerra commerciale scatenata dall’amministrazione degli Stati Uniti.

Il cessate il fuoco annunciato il 10 maggio tra India e Pakistan ha congelato, almeno temporaneamente, le ostilità. Tuttavia, la pace resta fragile e le conseguenze a lungo termine dell’attacco di Pahalgam, dal coinvolgimento cinese alla crescente militarizzazione della regione, pongono serie domande sulla stabilità del subcontinente.

Il triangolo India-Pakistan-Cina sta entrando in una fase di ridefinizione strategica e mentre il Pakistan continua ad affidarsi all’ombrello cinese, l’India è sempre più orientata a un’assertività militare e diplomatica autonoma, che include anche un rafforzamento delle istanze di cooperazione militare con l’occidente a partire dal Quad, il Quadrilateral security dialogue con Stati Uniti, Giappone e Australia.

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