I padroni festeggiano, letteralmente, i loro profitti. “Piazza
Affari festeggia il dividend day”, scrive infatti Il Sole 24 Ore di domenica
scorsa.
Il 19 maggio è per i padroni il “dividend day” il giorno del
dividendo e cioè il giorno in cui i padroni delle azioni quotate in Borsa, di
banche e multinazionali, “staccano la cedola”, incassano i profitti.
“Oltre 40 società del listino milanese distribuiranno cedole
per un ammontare di 15 miliardi di euro. Ma nell’intero 2025 i dividendi
arriveranno alla cifra di 41 miliardi: il 13% in più rispetto al 2024 … Secondo
le proiezioni aggiornate, il dividend yield più elevato è quello di Banca Mps
(11,2%), seguita da Banco Bpm (10,1%). Seguono Banca Ifis (9,2%), Piaggio
(8,7%) e Bper Banca (8,1%).”
Tra queste 40 società, come si vede, la parte del leone la
fanno le banche, usurai e strozzini legalizzati, con i prestiti alle famiglie,
agli individui e alle stesse aziende, ma nell’elenco di chi incassa profitti ci
sono anche multinazionali come Stellantis, Leonardo, Piaggio, Saipem… (come si
vede dal grafico). E naturalmente dobbiamo aggiungere tutte quelle aziende che
non sono quotate in Borsa ma fanno lo stesso un sacco di profitti. Mentre a livello
mondiale si prevedono profitti per 1.790 miliardi.
Come si può vedere la crisi da sovrapproduzione, che è mondiale, non impedisce ai padroni di continuare a fare profitti, cioè ad accumulare gigantesche quantità di plusvalore estorto agli operai. E
proprio questi profitti così elevati (a livello mondiale si parla di 250mila miliardi liquidi nelle mani dei padroni, industriali, commerciali e finanziari…) che hanno ingolfato tutto il sistema, sono costretti dalla gabbia del capitalismo, a stare fermi (depositati in banca), si tratta cioè di profitti (capitale finanziario) che non possono essere valorizzati attraverso il normale investimento produttivo nei “vecchi” settori, per cui molta parte di questi profitti si riversa nei nuovi e nuovissimi settori come la tecnologia avanzatissima che però immediatamente si ingolfano pure questi.Sono queste le condizioni che impongono ai padroni la guerra
commerciale (e poi la guerra guerreggiata) tra capitalisti-imperialisti; tutti
corrono alla ricerca di nuovi mercati di sbocco per le merci e l’impiego dei
profitti.
“Ciò che viene avanti in maniera fin troppo chiara è che il
Capitale fa di tutto per uscire dalle sue difficoltà
produttive economiche e lo fa in tanti modi che vengono scaricati sugli operai
e sulle operaie; cioè sposta le produzioni, sposta soprattutto i lavoratori nei
vari stabilimenti a seconda delle proprie convenienze, mette fuori dalla
fabbrica operai momentaneamente o definitivamente, mentre in altri casi assume,
anche qui in maniera temporanea, in maniera precaria, mette in cassa
integrazione, in contratti di solidarietà, mentre per chi resta c'è un aumento
dei ritmi, dei carichi di lavoro, anche una riorganizzazione in basso dei
turni. Per cui meno operai lavorano di più. Questo vuol dire solo più
sfruttamento, insieme al taglio dei salari che sono stati già in generale
ampiamente ridotti da anni e in queste fabbriche ridotti anche per la cassa integrazione.”
(https://proletaricomunisti.blogspot.com/2025/05/pc-20-maggio-speciale-stellantis.html)
I salari bassi sono infatti l’altra faccia di questi
profitti dei padroni. Se questi aumentano, e si vede con quale intensità e
velocità, i primi si abbassano: direttamente, quando i padroni non intendono firmare
contratti che prevedono anche aumenti simbolici, e con l’aumento dei prezzi, e diminuiscono
anche in proporzione alla ricchezza accumulata dai padroni.
Anche per tutto questo è necessario far ripartire la battaglia
per aumenti salariali.


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