venerdì 10 gennaio 2025

pc 10 gennaio - Trascrizione della importante intervista fatta da ORE 12 ad Hannoun dell'API il 19/12 - Segue una breve nota di proletari comunisti

Redazione ORE 12 Controinformazione rossoperaia - La lotta per la Palestina è di fondamentale importanza oggi per la lotta dei popoli e dei proletari nel mondo, per questo vogliamo portare con questa controinformazione rossoperaia settimanale, rivolta in primis ai lavoratori e alle masse popolari italiane, quella che è la situazione oggi nel contesto internazionale e i suoi riflessi in Italia. Ci vogliamo rivolgere ad esponenti palestinesi attivi nel nostro paese e che, nelle varie forme, sostengono la Resistenza del popolo Palestinese, per avere una loro opinione diretta su questa situazione.

Ne parliamo, oggi 19 dicembre 2024, con Muhammad Hannoun dell’Associazione Palestinesi in Italia (API) promotore e attivo da subito, dopo il 7 ottobre, delle mobilitazioni che ininterrottamente ogni sabato si sono tenute a Milano, nella Milano Palestinese e proprio anche per questo è stato colpito da un foglio di via della questura che gli impedisce di partecipare a Milano e inoltre è da tempo sotto pressione col tentativo di criminalizzare appunto la solidarietà alla Palestina, al popolo palestinese portata avanti da sempre dall'Associazione Onlus di Genova. Lo ringraziamo e vogliamo chiedere direttamente a lui di entrare un po' nel merito di alcuni punti.

Il primo punto riguarda la continuazione del Piano genocida di Netanyahu che vuole andare avanti per la distruzione della Resistenza e del Popolo palestinese e quindi secondo noi è necessario rispondere con l'unità e la continuazione della Resistenza, su questo vorremmo appunto capire com'è la situazione oggi. Anche alla luce di quello che sta emergendo in queste settimane sulla stampa in cui si parla di un “accordo” tra Fatah e Hamas per amministrare Gaza e quindi come sia appunto importante la gestione unitaria della situazione e l’alleanza tra le forze della Resistenza per fronteggiare lo stato attuale dell'aggressione oggi.

Anche in funzione di continuare la mobilitazione e la solidarietà internazionale e nazionale, ovviamente attraverso l’unità ma su delle parole d'ordine chiare a sostegno della Resistenza fino alla Vittoria, fino a uno stato palestinese dal fiume al mare, è proprio su questo punto che non ci possono, dal nostro punto di vista, essere divisioni ed è necessario proseguire a estendere la solidarietà anche tra i lavoratori e le masse che, necessariamente, si devono ancora mobilitare nel nostro paese.

Hannoun - Ciao carissimo, allora rispondo per punti, il primo punto è sul genocidio in corso nella Striscia di Gaza e sulla continuazione della resistenza a cui stiamo assistendo. Questo genocidio che ormai ha fatto circa 15 mesi, siamo alla 63° settimana del genocidio che rappresenta un record nella storia dell'occupazione nazi-sionista dei territori palestinesi, questo genocidio io lo vedo in tre direzioni

diverse. Nella prima direzione il governo israeliano nazi fascista - di destra, ma non è che la sinistra cambia qualcosa, sia di destra che di sinistra che di centro sono tutti sionisti criminali - questo genocidio in corso è un genocidio diverso, nel senso che le guerre sulla Striscia di Gaza, sui palestinesi sono state sempre guerre, attacchi, aggressioni come li vogliamo chiamare limitate, magari ricordiamo la prima guerra su Gaza del 2008 a cavallo del 2009 e così via; le altre tre o quattro guerre duravano pochi giorni o poche settimane e con una limitata devastazione distruzioni, si parlava di centinaia, di migliaia di feriti, di morti palestinesi gazawi, però questa volta c'è stato un vero genocidio.

Ora parliamo di come è stato documentato dal ministero della Salute di Gaza. I morti hanno superato i 45.000 palestinesi, mentre per i feriti, e parlo di vittime documentate, perché sotto le macerie, si parla di altre decine di migliaia. Purtroppo non è possibile il salvataggio di queste vittime, per la mancanza dei mezzi, per le difficoltà di salvataggio, per la continua aggressione e per l'impossibilità di poter raggiungere i luoghi come per esempio Beit Lahia, Jabalia, Beit Hanun, Rafah o nelle zone del’Est di Khan Younis. I numeri documentati sono quindi 45.000 morti tra cui, si parla, il 60% è di bambini e donne, e oltre 107.000 sono i feriti. Non parliamo della devastazione, della distruzione totale, come dimostrano le immagini dai satelliti ,di alcune zone della Striscia di Gaza che sono praticamente completamente distrutte, rase al suolo; come annunciato il portavoce delle Nazioni Unite, l’80% delle strutture delle abitazioni di Gaza sono state completamente o parzialmente distrutte, con due milioni e di più ancora di cittadini evacuati, le strutture sanitarie sono ormai al collasso.

La situazione di questo genocidio è, come dicevo, diversa dalle altre aggressioni del passato, questa volta Netanyahu ha voluto mandare un messaggio ai palestinesi in primis e alla comunità internazionale di voler sterminare la popolazione palestinese, come hanno dimostrato le varie testimonianze dei soldati israeliani tornati dalla Striscia di Gaza che hanno confermato di aver avuto ordini chiari di uccidere. Per cui l'obiettivo è quello di sterminare i gazawi, di evacuare la Striscia di Gaza, di distruggere tutto ciò che sta in piedi nella Striscia di Gaza. Per cui questa volta hanno superato ogni limite e purtroppo tutto questo passa nel silenzio assoluto. La scusa di questo criminale governo israeliano è quella dì stroncare la resistenza palestinese. Questa è una frottola, perché quello che sta avvenendo è lo sterminio di tutti i palestinesi, la distruzione non delle caserme di polizia o dei soldati o della resistenza palestinese, ma invece di tutte le abitazioni, tutte le tende dove sono rifugiati questi profughi, questi evacuati, sfollati che hanno trovato una tenda o un riparo sotto le macerie, non sono stati risparmiati nemmeno loro. Per cui questa è frottola di stroncare la Resistenza palestinese è una bugia, perché quello che sta avvenendo è una distruzione totale di tutta la Striscia di Gaza.

Approfitto in questo senso parlando della Resistenza palestinese. Dopo circa 15 mesi di genocidio e di sterminio contro la popolazione di Gaza, questa resistenza sta affrontando l'aggressione nazi sionista con coraggio, con determinazione, con unità delle forze, l’unita di tutta la Resistenza palestinese. Per cui non si può parlare della Resistenza palestinese come solamente Hamas, anche se Hamas è il pilastro fondamentale di questa Resistenza, però anche le altre forze palestinesi della Jihad Islamica, di Al Fatah, del Fronte Popolare, di tutti i componenti della Resistenza palestinese sono uniti insieme per combattere contro questo regime di apartheid nazi-sionista. Questa Resistenza non mantiene solamente il comando di questa battaglia colpendo e facendo male all'esercito criminale israeliano - come abbiamo visto oggi nel campo profughi di Jabalia che da sotto le macerie esce fuori un combattente palestinese che con un coltello colpisce il soldato comandante israeliano dell'unità composta da quattro soldati e ha accoltellato il caporale di questo gruppo sequestrando le loro armi uccidendo gli altri tre soldati da distanza zero - la Resistenza palestinese è presente sul fronte sta combattendo con coraggio, con determinazione non è alla difesa o sono scappati via dalla dalla Striscia di Gaza, assolutamente no, sono presenti sul territorio affrontano con coraggio queste unità criminali uccidendo anche dei soldati, dei comandanti, dei generali dell'esercito criminale israeliano.

Per quanto riguarda l’aspetto della situazione oggi della Resistenza palestinese rispetto alla situazione in generale socio sanitaria. Come si vede, come si legge, come si sente, anche parlando, incontrando i vari componenti palestinesi della Resistenza, sono stato a Istanbul settimana scorsa ho incontrato alcuni esponenti Palestinesi facendo queste domande a loro, hanno confermato che la Resistenza palestinese sta dando un esempio eccellente della Resistenza palestinese, del coraggio e della determinazione, malgrado la durata di questa guerra, che ormai come è stato detto diverse volte, di 15 mesi di genocidio contro la popolazione gazawi, sono gli stessi soldati che hanno perso mogli, figli, parenti, familiari e malgrado tutto hanno ancora il coraggio di affrontare e di contribuire a questa Resistenza. Malgrado che hanno perso tutta la loro proprietà, tutti i loro familiari, però la situazione della resistenza diciamo sta bene, sono coraggiosi, sono determinati, non sono arretrati di 1 cm dicendo chi ce lo fa fare, o sono passati 15 mesi senza poter ottenere nulla… Invece no, loro sono fiduciosi della loro Resistenza, a cui si sono aggrappati, affrontano con coraggio il nemico criminale, per cui la situazione della Resistenza è sana e coraggiosa è forte e andranno avanti fino alla fine.

Per quanto riguarda la “culla sociale”, che è la cosa più importante, perché senza la culla sociale la resistenza si indebolisce e quando vedono che il loro popolo è fiero di loro, li sta circondando, li sta offrendo tutto l'affetto, tutto il supporto sociale, economico e morale, questo gli dà la forza di continuare di proseguire nella loro battaglia. Purtroppo la situazione socio sanitaria è un problema difficile, molto difficile perché anche questi soldati, sono esseri umani, ci sono feriti, sono malati, devono mangiare, hanno i loro bisogni, hanno i loro figli, le loro famiglie, e non poter abbracciare i loro familiari è uno stato umano molto difficile, anche per i loro familiari che hanno bisogno dei loro figli, dei loro mariti, di tutto. Però questa culla sociale serve anche in questo senso per dare messaggi di solidarietà a questi combattenti per poter proseguire nella loro resistenza fino alla fine.

Nella società palestinese la gente ormai più del 90% è senzatetto, vivono nelle tende distribuite o nelle scuole dell'UNRWA delle Nazioni Unite, ma queste scuole ormai sono state bombardate, non dico decine di volte ma purtroppo più di 200 volte queste scuole con dentro questi profughi sono state bombardate, colpite da missili, da granate, da tutte le armi israeliane.

Queste sono difficoltà molto difficili per cui noi insistiamo perché crediamo nel sostenere il nostro popolo, anche per garantire a loro un pezzo di pane, perché queste famiglie che non hanno il figlio, non hanno il papà che le porta da mangiare, le porta da bere, le porta dal medico quando c’è, se manca questa figura la famiglia è in mille difficoltà. Per cui noi come associazione umanitaria ci sentiamo anche noi responsabili nel far avere a queste famiglie il minimo necessario, un pasto caldo, una bottiglia di latte, un panino, una frutta, una verdura, un materasso, una coperta, un vestito, nei nostri limiti noi ci impegniamo a far avere tutto quello che serve a loro per poter continuare la loro Resistenza, anche avendo il loro bisogni o le cose che gli mancano. I loro figli, i loro genitori nel campo della battaglia quando sentono che c'è chi si occupa dei loro familiari, gli fa avere il minimo necessario sono tranquilli anche loro. Per cui anche da parte nostra questo è un gesto di Resistenza, è un gesto di umanità, nel senso che sostenere i bisognosi è un messaggio umano, anche un messaggio da partigiani, da resistenti.

Ora passiamo alla situazione di ciò che è successo al Cairo la settimana scorsa durante gli incontri tra i vari componenti palestinesi, al Fatah, Hamas, jihad Islam e altri. Questi incontri non sono i primi e non saranno nemmeno gli ultimi. Questi incontri, questa volta hanno un obiettivo preciso che è quello di valutare tutti insieme come gestire la situazione nella Striscia di Gaza il giorno dopo che verrà raggiunta la tregua tra la Resistenza palestinese e i criminali israeliani. Questa domanda è molto difficile, in quanto sappiamo benissimo che la comunità internazionale non accetterebbe mai che Hamas sia presente e partecipi alla gestione del giorno dopo, per cui come gesto di disponibilità per dare il tempo e l'occasione all'Autorità palestinese hanno raggiunto questo accordo. In cosa consiste questo accordo? Questo accordo parla chiaro, ho letto i punti di questo accordo, parlano che il giorno dopo verranno incaricati dei tecnici, una parte indicata dall'Autorità palestinese, da al Fatah e una parte viene indicata da Hamas. Queste persone che saranno 11 persone, non mi ricordo il numero esatto, avranno il compito di gestire la situazione e la ristrutturazione della Striscia di Gaza appena raggiunta la tregua. Questo per dire che Hamas non è attaccata alla poltrona. Hanno voluto dare questo messaggio, che noi quello che vogliamo è la gestione, l'amministrazione della striscia di Gaza da parte di persone affidabili, oneste, non da persone corrotte, ladri, collaborazioniste; per cui, questo è anche giusto. E noi, come palestinesi della diaspora, non accettiamo che dopo questi sacrifici arrivi qualcuno dei corrotti per gestire, per amministrare la Striscia di Gaza facendo più danni che benefici ai cittadini gazawi che hanno perso tutto ciò che possedevano prima del 7 di ottobre.

Per cui amministrare la Striscia di Gaza in accordo tra le varie componenti politico sociali palestinesi è una idea geniale che noi spingiamo, verso l'unità nazionale palestinese, anche se quello che sta avvenendo nel nord della Cisgiordania, specialmente tra il campo profugo Jenin e Tulkarem e Nablus e altre città, altri campi profughi, non dà il messaggio positivo che l'Autorità palestinese sia affidabile o che sarà possibile collaborare con loro per l'amministrazione della striscia di Gaza. Oggi in queste 2, 3 settimane nel campo profugo di Jenin stanno facendo esattamente quello che fa Israele nella Striscia di Gaza, questi soldati, questo esercito, questa polizia palestinese che ha il compito di difendere i cittadini palestinesi sta facendo esattamente il contrario. Stanno facendo esattamente quello che fa il soldato israeliano nella Striscia di Gaza, stanno sparando sui giovani combattenti palestinesi nel campo profughi di Jenin o nel campo profughi di Tulkarem o nel campo profughi di Nablus e di altre città. Per cui, per poter affidare o per poter collaborare con i componenti palestinesi, tra Hamas e Al Fatah, tra autorità palestinesi e resistenza palestinese, devono dare un messaggio, un segnale positivo che loro sono veramente per l'unità nazionale, che non sono affatto dei soldati che parlano arabo e agiscono per conto dell'esercito israeliano. A questo punto io da palestinese non accetterei mai di condividere o di fare un patto sociale con dei collaborazionisti. Per cui devono dare un messaggio cordiale, un messaggio amichevole, un messaggio di collaborazione tra noi palestinesi in primis, non tra noi e gli israeliani per combattere contro i giovani della resistenza palestinese, come sta avvenendo in questi giorni nel campo profughi Jenin e Tulkarem o nelle altre città e palestinesi. Per cui gli accordi al Cairo “sul giorno dopo” tra Al Fatah e Hamas è giusto farli, però è giusto farli con persone, da palestinesi a palestinese, non da palestinesi che lavorano per conto di terzi, in cui i terzi sono l'esercito israeliano; per cui a questo punto sarebbe meglio farli direttamente tra Hamas e Israele, perché fare tra Hamas e una parte palestinese che lavora per i terzi per gli israeliani? Questa è la situazione di questo accordo tra Al Fatah e Hamas.

Per la questione unitaria su diversi fronti, per iniziare parliamo della questione unitaria italiana. In Italia sono almeno tre le varie componenti palestinesi che dobbiamo unire i nostri sforzi, dobbiamo unificare i nostri impegni, non dobbiamo camminare come purtroppo è stato fatto a Roma il 30 novembre scorso quando sono stati fatti due cortei praticamente o il 5 di ottobre scorso a Roma dove c'è stata una spaccatura tra varie componenti palestinesi. Questo non porta beneficio a nessuno. Per cui il mio messaggio, l’ho detto sempre anche nei cortei, dai microfoni, è un invito a tutte le forze palestinesi di essere unite nell’operare per la nostra causa in Italia. Perché se noi diventiamo uno strumento o degli strumenti che verranno usati da tizio o da Caio, ci mettiamo anche noi a dire ‘buoni e cattivi’, collaborazionisti e resistenti, e questo non va bene.

Qui noi siamo tutti per la resistenza, ma chi fa questa dichiarazione, chi dice siamo con la resistenza, deve rispettare questo slogan. Essere con la resistenza vuol dire che dobbiamo lasciare tutto ciò che ci divide. Siamo diversi sì, però, quando abbiamo detto siamo con la resistenza, siamo per la resistenza, allora dobbiamo rispettare questa dichiarazione. La resistenza palestinese, malgrado le divergenze tra di loro, è unita seriamente, è attorno alla loro leadership nel campo. E così noi dobbiamo operare, questa è l’unità nazionale. Invece come è stato dimostrato in Italia non siamo uniti, siamo bravi a parlare di unità nazionale, però in varie situazioni abbiamo dimostrato di essere separati, di essere divisi tra di noi, di essere delle volte strumentalizzati da altre parti della società politica e civile italiana.

Per cui io invito tutti i miei fratelli, compagni di lotta in Italia, di unire i nostri sforzi, di operare per servire il nostro popolo, la nostra resistenza, perché uniti possiamo vincere.

Per quanto riguarda l’unità nazionale palestinese in Palestina, purtroppo c'è una netta spaccatura, ci sono due fronti. Non dovrei chiamare le cose con il loro nome e cognome. No, però ci sono, una parte con la resistenza è una parte; i collaborazionisti sono quelli della leadership palestinese dell'Autorità palestinese, i responsabile degli organi di sicurezza palestinesi della leadership che gestisce e amministra la Cisgiordania. Dico purtroppo perché, mi da fastidio dirlo, sono una parte corrotta della leadership palestinese che sono odiati da tutti perché sono uno strumento dell'amministrazione e del governo israeliano e operano per servire i progetti nazi sionisti del governo Netanyahu. Malgrado tutta la solidarietà nella Cisgiordania con la resistenza palestinese, abbiamo visto nel campo profughi di Jenin una manifestazione cittadina; tutti i cittadini del campo profughi Jenin ieri sono scesi per la strada per proteggere i loro figli, i loro resistenti e per dire all'Autorità palestinese che noi siamo con e per la legittima resistenza del popolo palestinese e siamo contro gli interventi dei servizi, della polizia palestinese che sta perseguitando questi giovani, che ha sparato da distanza zero ai giovani uccidendo e ferendo dei giovani palestinesi, immagini che sono stati ormai trasmessi sui social in diretta. Questo fa schifo a noi palestinesi.

Per cui io direi che le persone oneste che ci saranno dentro le autorità palestinese, tra i consiglieri di Abu Mazen ci sarà qualcuno onesto, credo che ci sarà, queste persone hanno il compito, hanno la responsabilità di intervenire per tranquillizzare la situazione che si sta aggravando e sta andando nella direzione di una guerra civile tra una parte e la resistenza palestinese, anche se i mass media di Abu Mazen li sta screditando come coloro che sono fuori legge o come tagliagole come li chiamano in Siria. Assolutamente no, la nostra resistenza è una resistenza responsabile, una resistenza che opera contro l'occupazione israeliana, una resistenza che opera per difendere i cittadini dagli attacchi, dalle aggressioni dei coloni, dei soldati israeliani che hanno trasformato la Cisgiordania in una colonia praticamente, questi coloni entrano e escono, arrestano, uccidono, bruciano le case, i negozi, tutto ciò che palestinese. Per cui noi siamo per e con la resistenza palestinese perché è legittima. Noi crediamo che questa pistola nelle mani dei giovani palestinesi è legittima, mentre quella nelle mani della polizia palestinese è una pistola vigliacca e pagata da mercenari.

Per cui io invito il popolo palestinese nella Striscia di Gaza a non piegarsi, ad alzare la testa e a resistere contro questi vigliacchi, corrotti e invito la polizia palestinese a schierarsi a favore dei loro fratelli resistenti e a non obbedire agli ordini dei loro responsabili leader degli organi di polizia che sono corrotti e pagati per difendere la presenza dei soldati israeliani in Cisgiordania e per stroncare la legittima resistenza del popolo palestinese in Cisgiordania.

L'appello unitario l'ho già fatto e inviterei tutti i componenti palestinesi, sia in Italia che in Europa, che nella diaspora, che in Palestina, di unire i nostri sforzi per operare tutti insieme fino alla vittoria, fino ad una Palestina libera.


Domanda: In questa seconda parte dell'intervista vogliamo mettere al centro la questione dello Stato nazi-sionista di Israele che é il cane da guardia dell'imperialismo nella regione, in primis USA, ma anche del nostro imperialismo che con il governo Meloni è pronto ad accogliere a braccia aperte il criminale Netanyahu. Per questo i movimenti in Italia devono rivendicare la rottura dei rapporti diplomatici politico militari con Israele e la ripresa dell'attività di denuncia dell'università e in questo senso appunto dobbiamo andare avanti. E’ molto importante che tutte le organizzazioni palestinese spingano il movimento in questa direzione. L'altro aspetto riguarda il cosiddetto asse della Resistenza e i governanti arabi corrotti che sono un ostacolo per la Resistenza delle masse arabe, e così in ultimo anche la situazione il cosiddettocaso della Siria”, quando invece la Resistenza delle masse arabe devono appunto fare la guerra allo Stato di Israele.

Quindi su questi punti chiediamo il punto di vista ad Hannoun.

Hannoun - Mi riaggancio al discorso di ieri. Purtroppo lo Stato canaglia nazi-sionista è il cane da guardia dell'imperialismo del colonialismo nella regione. Non solo lo Stato, l’amministrazione USA che sono ormai il cane da guardia in assoluto contro tutti i popoli, contro tutte le resistenze che si oppongono al sistema imperialista, colonialista nazi fascista, ma anche l’Occidente sta facendo il suo ruolo in quanto cane da guardia al servizio dell'amministrazione USA, della NATO e il governo Meloni non manca di impegno serio su questo. L'Italia nel 2023 è stato il terzo paese a produrre armi per Israele, questo significa che l'Italia come governo è coinvolto in pieno, non dico che è simpatizzante di Netanyahu ma è complice su tutti i fronti, perché fornire armi a Israele che vanno sicuramente per uccidere i civili palestinesi, bambini, donne, anziani come sta avvenendo ormai da 15 mesi, questo significa che l'Italia ha scelto da che parte stare. Purtroppo il governo si è schierato in pieno con Netanyahu e il suo governo nazifascista e malgrado tutto noi possiamo contare sui popoli, non sui governi, perché alcuni governi arabi non ci sono più.

Il governo della Tunisia, Libia, lo Yemen, l'Egitto c'è un rimpasto peggiore ancora e ora la Siria, i governi se ne vanno e non ci sono problemi, però i popoli sono più radicati, più eterni per cui noi contiamo sulla solidarietà del popolo italiano, dei popoli occidentali, americani e arabi.

Questa solidarietà deve continuare perché il messaggio che noi dobbiamo dare ai nostri fratelli palestinesi nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania, nei campi profughi è che non sono isolati, non sono lasciati al loro destino, tutti i popoli sulla terra sono simpatizzanti, sono solidali con loro. Questo lo vediamo dalle decine di migliaia di manifestazioni, cortei, presidi, eventi sul territorio italiano e questo significa che il popolo italiano è veramente schierato con la legittima resistenza del popolo palestinese, con i legittimi diritti del popolo palestinese tra questi il fondamentale diritto è quello del ritorno di tutti i profughi palestinesi alle loro case e città villaggi di origine.

Questo lo vediamo dai movimenti studenteschi in tutto l'Occidente, in tutto il mondo, dove accampamenti universitari, la “campada universitaria”, nelle università italiane, europee, occidentali, è ancora in movimento in continua agitazione di solidarietà con il popolo palestinese. Questo lo vediamo dallo spostamento anche se è timido dell'opinione delle comunità ebraiche mondiali, occidentali; ora troviamo decine e decine di voci di ebrei anti-sionisti che si sono schierati, si sono espressi a favore della legittima resistenza del popolo palestinese, che hanno condannato con parole chiare il genocidio nazisionista nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.

Per cui questo movimento deve continuare, la continuità deve andare oltre la solidarietà, oltre i flash-mob, oltre il movimento studentesco, oltre il BDS, al boicottaggio che si fa tutte le settimane davanti Carrefour, davanti il McDonald’s, davanti Starbucks, come abbiamo fatto sempre a Milano e nelle altre città. Questo deve superare tutti i rapporti politici, accademici, diplomatici e dobbiamo informare i nostri cittadini su quello che sta avvenendo, sulla gravità della situazione, sulla gravità dell'atteggiamento politico economico militare del nostro governo per allargare ampliare la solidarietà, ampliare lo spostamento dell’opinione pubblica per uno schieramento netto e fattibile con i legittimi diritti del popolo e palestinesi.

Questo sta avvenendo e si sta allargando per cui anche se sono passati 15 mesi, la gente si stanca del corteo settimanale, tutti i sabati e domenica siamo per la strada e nelle piazze a gridare, a chiedere il cessate il fuoco. Però malgrado tutto il nostro governo, anche se fa finta di non sentire, qualche politico, qualche amministratore, comunale o regionale sta rispondendo ai nostri appelli, per cui un movimento ci deve essere e noi non ci stanchiamo, non dobbiamo stancarci, dobbiamo continuare la nostra solidarietà e le nostre e iniziative, cortei e presidi, finché il governo prende una posizione netta e chiara e condanna con parole e con fatti il genocidio in corso nella striscia di Gaza.

Per questo magari bisogna cambiare anche la tattica delle nostre attività, dobbiamo fare magari più presidi davanti il Palazzo Chigi, davanti al Parlamento, davanti le istituzioni, le regioni, le amministrazioni comunali di tutte le città per far e sentire la nostra voce, per chiedere più solidarietà e più atteggiamenti contro Israele.

Ormai la Corte Internazionale ha condannato, ha mandato un ordine di cattura nei confronti di Netanyahu e del suo ex ministro della difesa Gallant, per cui noi dobbiamo approfittare anche sul lato giuridico e questo potrà avvenire se noi tutti quanti come associazione, personaggi, intellettuali portiano avanti delle richieste di arresto nei confronti non solo di Netanyahu e di Gallant, ma di tutti i ministri italiani, di tutti i parlamentari israeliani, di tutte le l'Associazioni, ma anche sul nostro territorio per esempio Elnet, questa rete europea che non sarà altro che un agente del Mossad che sta lavorando per raccogliere dati su tutti gli attivi sul campo per denunciarli, per diffamarli come anti-semiti, come pro Hamas o come attivisti con la legittima resistenza del popolo palestinese. Questa rete e altre associazioni vanno condannate, vanno perseguitate, perché devo pagare io o te (fogli di via da Milano) il prezzo della nostra solidarietà e delle nostre parole di sostegno dei diritti del popolo palestinese, mentre loro continuano a diffamare, a calunniare, a raccontare bugie. Perché non facciamo pagare alla Rai che trasmette bugie che è schierata al 100% con Israele, perché non facciamo pressione su alcuni giornali e giornalisti che sono bugiardi, che raccontano, diffamano, spargono l'odio e il razzismo, come il giornale Libero e altri giornali, perché non facciamo denunce contro personaggi come Feltri che ha fatto delle dichiarazioni di stile nazi fascista e altri, perché non facciamo denuncia contro Salvini e altri ministri che invitano un personaggio che ha in corso un mandato d'arresto come Netanyahu e Gallant lo invitano di venire in Italia? Ma come si permettono di fregarsi del diritto internazionale?

Per cui dobbiamo passare all'attacco contro i corrotti, persone, giornali, istituzioni, politici, anche il governo italiano, per cui dobbiamo chiedere che il governo italiano deve dare una risposta immediata: cosa farà nei confronti di Netanyahu, quando o se verrà in Italia? Dobbiamo provocare il sistema italiano per rispondere a queste provocazioni che stanno venendo ormai da diversi politici.

Per quanto riguarda l'asse della resistenza è un'asse che noi abbiamo sempre rispettato, abbiamo sempre vantato, abbiamo sempre decantato, abbiamo sempre raccontato durante i cortei che l'asse rappresentato nella Resistenza palestinese, è nella resistenza di Ḥezbollāh del Libano, dello Yemen, dell'Iraq, dell'Iran e di tutti le forze che si sono mobilitate si sono date da fare per sostenere la legittima resistenza del popolo palestinese. Questo asse sta attraversando un momento difficile ma non minimizzo lo sforzo che Ḥezbollāh ha fatto nel Libano per di più di un anno fronteggiando dal sud del Libano l'esercito israeliano facendo anche danni non dico morali ma anche materiali ed economici, quasi un milione di coloni hanno lasciato tutto il nord dei territori palestinesi occupati verso il centro, verso la Tel Aviv, questo non è da poco e questo va apprezzato vanno ringraziati per quello che hanno fatto e per quello che faranno.

Il momento è molto difficile con l'avvenuta anche velocissima, anche imprevista del cambiamento in Siria; questo ci porta 1000 domande, cosa verrà fuori? Cosa ci sarà del governo siriano, cosa ci sarà della resistenza palestinese, come risponderanno agli attacchi israeliani che non sono mancati dal primo giorno dell’arrivo dei ribelli siriani? E qui c'è da spendere un mucchio di discorsi su come è avvenuto, chi c'è, chi ci sta e chi c'è stato, se hanno fatto da soli e se ci sono stati i servizi segreti di mezzo mondo o di tutto il mondo. Ma sicuramente la situazione è molto difficile per cui aspettiamo per vedere cosa verrà fuori. Malgrado tutto il cambiamento sempre è positivo a prima vista; però è quando si stabilirà tutto, magari dopo sei mesi, si vedrà dove stanno andando o dove ci stanno portando questi ribelli questi nuovi regimi siriano. La situazione è molto difficile perché c'è un intreccio di interessi di tutto il mondo, però qualcosa di buono verrà fuori.

Non credo che i ribelli siriani saranno contro la resistenza palestinese, sicuramente per loro come priorità è stabilizzare lo stato siriano e far rientrare tutti i profughi che ormai sono in tutto il mondo, per cui riprendere sarà molto difficile. Però da quello che stiamo assistendo, hanno dato qualche segnale ai palestinesi che siete nostri ospiti rispettati, rispettiamo la vostra resistenza, rispettiamo le vostre organizzazioni; ma lasciamo ai prossimi mesi di vedere come andrà a finire. Questo cambiamento è molto difficile anche nella regione, perché ora la Siria diventa un ostacolo, almeno così penso, del passaggio dei ribelli dall'Iraq o dall’Iran o anche dal Libano perché ognuno ha i suoi problemi, però noi contiamo sulla resistenza palestinese, contiamo sugli organizzazioni che hanno dimostrato di darsi da fare per i legittimi diritti del popolo palestinese e credo che la resistenza irachena continuerà e anche quella yemenita. Abbiamo visto ieri che lo Yemen ha lanciato dei missili per la prima volta diversi che sono esplosi su alcune città israeliane, per cui non c'è bisogno di avere il permesso dal governo siriano o da altri governi. Le resistenze se hanno voglia di continuare a darsi da fare possono operare, possono manifestare la loro solidarietà e la loro resistenza, e noi siamo ottimisti.

Oltre ai regimi dell'asse della resistenza, anche trai popoli arabi e di tutto il mondo arabo vediamo che ci sono manifestazioni tutte le settimane in tutte le città. In Marocco per esempio, che è un paese con una chiara presenza ebraica, malgrado tutto i cortei, le manifestazioni, i presidi non si sono mai fermati, questo è un segnale positivo; anche nelle università egiziane, giordane e in tutto il mondo arabo musulmano, abbiamo visto dall'Indonesia, alla Malesia le manifestazioni non si sono mai fermate e questo è un segnale positivo.

Noi continueremo da parte nostra a sostenere ogni iniziativa e ogni manifestazione, ogni evento pro Palestina in Italia noi tendiamo le mani per collaborare con tutte le realtà sia palestinesi che italiane che hanno a cuore la questione palestinese, sono impegnati per finire questo colonialismo, imperialismo, nazi-sionista in Palestina. Continueremo la nostra lotta fino alla fine, fino alla fine dell'occupazione, fino allo smantellamento dell'entità sionista, fino al ritorno di tutti i nostri profughi e fino alla scarcerazione di tutti i nostri prigionieri.

*****

Nota di Proletari comunisti - In Palestina. Quello che sta succedendo tutti lo vedono. Dopo il 7 ottobre tutto il movimento palestinese si è stretto intorno alle forze della resistenza che avevano inflitto un colpo pesante di immagine e di sostanza al regime sionista. Il regime israeliano sostenuto dall'imperialismo ha reagito nelle forme più barbare, brutali che si ricordano dalle guerre mondiali o dai grandi genocidi, compreso quello degli ebrei fatto dai nazisti. Hanno fatto di tutto e continuano a fare di tutto. 

Ma anche qui c'era un problema, la resistenza, il popolo palestinese era realmente unito? Per rispondere a tutto questo genocidio aveva scelto la strada giusta? Noi pensiamo che purtroppo il popolo palestinese, che è tutto colpito, non era realmente unito. Noi siamo figli dello slogan: il popolo unito giammai sarà vinto, è una legge della storia dei popoli. Il popolo palestinese non è unito perché in seno al movimento palestinese stanno delle serpi. C'è una parte che gode all'ombra del dominio sionista, anche se è palestinese, la ANP. 

Noi inoltre pensiamo che l’attacco e la reazione al genocidio di Israele doveva e debba essere portata avanti secondo le leggi della guerra di popolo, per cui non c'è un gruppo armato che fa la guerra; la guerra di popolo è il popolo è armato che attacca insieme il nemico. Questa guerra di popolo ha vinto in tanti paesi, in epoche differenti, ha vinto in Vietnam. La via di Hamas non è la via della guerra di popolo e la resistenza del popolo palestinese non è nella forma della guerra di popolo. Noi le abbiamo dette queste cose dall’inizio e le continueremo a dire ai rappresentanti dei palestinesi. E dobbiamo ascoltare da loro se le cose che diciamo sono sbagliate, di chi vuole dire a loro come devono combattere; oppure se è il momento di ragionare un pò più profondamente questa questione. Perché i palestinesi sono nostri fratelli, siamo solidali e come loro vogliamo che vincano. E se vogliamo che vincano dobbiamo contribuire alla vittoria, e non solo con le manifestazione, ma aiutandoli. Così è stato quando si è vinto in Vietnam, senza il grande movimento che ci fu nelle grandi capitali della stessa America, in Europa, il Vietnam, che fece una grande lotta guidata da un grande partito comunista, non avrebbe vinto.

Quello che stiamo cercando di fare noi lo stanno facendo in tutto il mondo. 

Certo, ogni popolo ha all’interno le sue contraddizioni, le condizioni sono simili come sistema ma ognuno ha specifiche condizioni “in casa sua”; una cosa è fare la guerra di popolo in India, altro è in Palestina, una cosa è fare la guerra di popolo in quella che è oggi l'Italia altra cosa è farla in altri paesi imperialisti con condizioni diverse, perfino storie diverse, culture diverse, Non c'è uno schema, un modello facile. Sarebbe una forma idealistica, schematica di vedere le questioni.

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