martedì 4 novembre 2025

pc 4 novembre - Anche la Nigeria nel mirino di Trump

Le mani sul petrolio nigeriano e sulle rotte energetiche e marittime e il contenimento di Cina e Russia in Africa sono i principali motivi che hanno spinto il presidente dell'imperialismo USA a minacciare un intervento militare in Nigeria.

Anche l'imperialismo italiano con ENI e Saipem sono presenti e fortemente interessati al petrolio nigeriano tanto che l'ENI ha subito 3 processi per corruzione per il giacimento petrolifero OPL 245.

da farodiroma (ampi stralci)

"...se il governo nigeriano continuerà a “permettere l’uccisione dei cristiani”, gli Stati Uniti interromperanno subito ogni aiuto economico e potrebbero addirittura ricorrere ad un intervento militare per “eliminare completamente i terroristi islamici”.

Trump ha accusato la Nigeria di essere teatro di “una minaccia esistenziale per il cristianesimo”, avanzando una retorica bellica e ordinando al Dipartimento della Guerra di prepararsi a un’azione.

Il Ministero degli Affari Esteri nigeriano ha subito diramato una smentita ufficiale: “Le affermazioni di

Trump non riflettono la realtà del paese, che affronta sì sfide di sicurezza, ma dove da sempre persone di ogni fede vivono, lavorano e collaborano pacificamente”.

Il governo di Abuja ha ricordato il proprio impegno nel combattere il terrorismo e ha respinto la narrazione del genocidio dei cristiani come manipolatoria e non supportata dai fatti.

Il tema delle violenze contro i cristiani in Nigeria è reale e documentato, ma le dimensioni e la natura degli attacchi sono spesso oggetto di contese e distorsioni mediatiche.

In realtà questi massacri hanno motivazioni principalmente economiche, climatiche e politiche e le diverse appartenenze religiose servono a nascondere interessi di speculatori che si annidano anche nel Governo Federale.

La principale dinamica riguarda la lotta per l’accesso alle risorse fondamentali come terre fertili, pascoli e acqua. Accesso aggravato dal cambiamento climatico che

ha accelerato la desertificazione delle regioni settentrionali, spingendo i pastori Fulani, tradizionalmente nomadi, verso il sud del paese, dove vivono comunità di agricoltori in maggioranza cristiani.

Questa migrazione genera competizione sempre più accesa per l’uso delle terre agricole, dei pascoli e delle fonti idriche, con frequenti invasioni di campi coltivati da parte del bestiame Fulani che provocano tensioni e conflitti.

L’estrema povertà, la disoccupazione e la mancanza di prospettive spingono molte comunità a criminalizzarsi: rapimenti, estorsioni, furto di bestiame e attacchi alle fattorie sono strumenti di sopravvivenza e profitto in un clima di assenza statale. Il vuoto di governance favorisce la nascita di milizie locali armate, che difendono i propri interessi economici, spesso dietro una facciata identitaria o religiosa.

Nella spirale delle violenze si inseriscono anche le trasformazioni sociali e crescita demografica. Il passaggio da una società nomade a una più stanziale mette in crisi i modelli tradizionali dei Fulani e li spinge in competizione aperta con gli agricoltori per la conquista di nuovi territori e risorse.

La crescita demografica e l’assenza di politiche di sviluppo agricolo aggravano la pressione sulle terre disponibili, accentuando le divisioni tra popolazioni. La natura complessa dei conflitti tra Fulani e agricoltori cristiani sono strumentalizzati da frange religiose estreme, con attacchi mirati contro la popolazione cristiana.

Negli ultimi giorni, influencer e giornalisti italiani, spesso privi di alcuna esperienza pregressa sul continente africano, hanno lanciato una campagna social sostenendo in modo allarmistico la narrazione di un genocidio cristiano, condividendo notizie prive di contestualizzazione o palesemente gonfiate.

Infine vari tra questi influencer e giornalisti che hanno avviato la campagna mediatica non hanno mai speso una parola per il Genocidio in atto a Gaza. Alcuni di loro hanno addirittura promosso narrazioni negazioniste in difesa di Israele.

L’ improvviso interesse di Trump non è dettato da motivazioni religiose ma geopolitiche ed economiche orientate verso il controllo delle riserve mondiali di idrocarburi. Durante il suo primo mandato presidenziale vi sono state circa 12000 vittime tra le comunità cristiane in Nigeria. Nonostante ciò all’epoca questi massacri non avevano attirato l’attenzione di Trump.

Il petrolio nigeriano, secondo molti osservatori, è uno degli obiettivi strategici alla base della retorica di Trump, che ripropone la logica dell’intervento a protezione degli “oppressi cristiani”, ma con sullo sfondo gli interessi energetici USA già attivi in Venezuela e Medio Orient.

La pressione di Washington sulla Nigeria è strettamente legata alle relazioni petrolifere e alla competizione con Cina e Russia nell’Africa subsahariana. Washington si serve di tematiche religiose per promettere protezione e giustificare possibili azioni militari future forte del fatto innegabile che le aree di maggior interesse petrolifero sono state teatro di violenze interreligiose e attacchi armati, favorendo l’equazione tra “crimini contro i cristiani” e “necessità di intervento USA”.

La sovrapposizione di motivazioni religiose, geoeconomiche e di propaganda genera un clima di tensione e di manipolazione mediatica che rischia di perpetuare instabilità e favorire nuovi conflitti regionali.

L’attuale crisi tra USA e Nigeria dimostra quanto le dinamiche geopolitiche siano plasmate da narrazioni mediatiche, distorsioni propagandistiche e strumentalizzazione delle emergenze umanitarie".

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