Questo il cuore della
manifestazione di ieri. Una manifestazione molto partecipata, oltre 1000, e
all’80% declinata sulla sponda arabo/palestinese, una folta delegazione da
Brescia, e di stampo confessionale. Molti filo Fratelli Musulmani egiziani che
hanno dato vita ad un corteo arrabbiato e stile mobilitazioni già viste durante
le mobilitazioni della cosiddetta “primavera araba”. Tranne rare eccezioni ieri
è stata una piazza araba: negli slogan; negli interventi, meglio dire comizi,
dal camion, l’unica lingua è stata l’arabo. E spesso si è notato che tra i
rappresentanti delle varie comunità arabo/palestinesi che comiziavano dal
camion e gli slogan/comizi che si alzavano dal popolo vi era una certa
frattura, ovvero: dal camion si denunciava in funzione religiosa (contro
Israele e i loro alleati imperialisti, ma in fin dei conti di stampo
nazionalista); mentre dalle masse, in cui erano presenti tutte le componenti di
una lotta di popolo – i bambini quasi tutti con la loro bandiera di Palestina;
le ragazze, le loro madri e nonne, tantissime, con il velo, magliette, bandiere
indossate; i giovani che si davano il testimone per prendere il megafono e
lanciare slogan inteminabili; in sintesi sembrava di essere ad una manifestazione a Gaza, sì filo Hamas ma tendenti alla
guerra per la Liberazione (tra tutti ricordiamo lo slogan che dice, non
letteralmente, “Ghassam, ndr i razzi, amore mio vola fino a Tel Aviv e
distruggila”.
Due dati sui quali è necessario
che si apra una riflessione in particolare tra le realtà che sin qui si sono
mobilitati: 1) negli interventi in italiano dal camion e, in particolare, le
ragazze e i ragazzi (2° se non 3° generazione) hanno parlato da “italiani” e
hanno tracciato un filo rosso che lega Gaza con l’Italia – “Liberiamo Gaza,
Liberiamo l’Italia”- con al centro gli insegnamenti della Resistenza; e la
denuncia del governo Renzi e della sinistra, una sorta di parafrasi della canzone
di Pietrangeli – Contessa - nel passaggio che dice “chi ha buttato in un fosso la
Bandiera Rossa (qui era, chi ha buttato la bandiera dei diritti e della libertà)
sputategli addosso (qui era uguale). Questo ci indica, come affermiamo da
tempo, che la miglior solidarietà è lottare contro il proprio imperialismo. 2)
Il commovente applauso di una coppia di turisti al passaggio del corteo. Un
appaluso lento ma profondo, con gli occhi lucidi ma pieno di gratitudine per
chi era in piazza. Questo ci dice che dobbiamo raddoppiare gli sforzi per
raggiungere le donne, i giovani, lavoratori e lavoratrici, sinceri democratici di
questo Paese. Perché è vero che le masse sono oppresse dalla crisi, che sono
confuse, ma se si và con un messaggio chiaro le masse sanno da che parte stare.
La nostra presenza in piazza. Per
una serie di ragioni e impedimenti, numero esiguo-copisterie in ferie, abbiamo
partecipato con le bandiere di Proletari Comunisti e dello Slai Cobas sc e
mischiarci/contaminarci tra le fila degli arabi/palestinesi. Se pur con dei
limiti questo ci ha permesso di interloquire-confrontarci-condividere e alla
fine c’è stato chi ha voluto farsi fotografare con la bandiera di proletari
Comunisti.
Circolo Proletari Comunisti,
Milano
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