Mondo
padronale, Federacciai, il governo Renzi, i sindacati confederali,
sono tutti in fibrillazione per trovare la soluzione alla crisi
dell'Ilva. Qualcuno - il Sindaco in testa - spaccia l'intervento
"veloce" di Renzi come un fatto nuovo e positivo.
In
realtà questo interesse è determinato unicamente dal salvaguardare
i profitti del mondo imprenditoriale che verrebbero fortemente
intaccati da un esito negativo sul futuro di uno stabilimento
siderurgico tra i più grandi nel mondo.
La
soluzione in campo è l'ingresso, insieme ai Riva che restano, di una
cordata, in cui il ruolo centrale è "dell'indiana
ArcelorMittal, mentre Marcegaglia e Arvedi (che per dimensione e
capacità finanziaria non possono certo ambire ad un ruolo di peso
nel ridisegno dell'assetto proprietario di Taranto) si ritaglieranno
un ruolo da pivot, con l'obiettivo di garantire l'italianità
dell'operazione".
Si
tratterebbe di operazioni che nulla hanno a che fare con la difesa
dei posti di lavoro degli operai dell'Ilva e dell'appalto, e
tantomeno con la difesa della salute e sicurezza in fabbrica e
dell'ambiente sul territorio.
Si
tratta infatti di imprese che, come si legge anche nell'articolo
riportato da Sole 24 Ore, già hanno proceduto a tagli di loro
aziende o a forti ridimensionamenti di posti di lavoro nelle loro
fabbriche; si tratta di multinazionali che sono diventate tali, vedi
ArcelorMittal, supersfruttando nei loro paesi i lavoratori, in
condizioni di "schiavitù, in condizioni di sotto salari, per
non parlare della salute, sicurezza, ambiente, in cui il problema
semplicemente "non esiste".
Rispetto
a questo, quindi, non c'è alcuna differenza, se non ancora in
peggio, con la politica dei Riva.
L'unico
interesse che muove questi possibili nuovi padroni è di mettere le
mani su un importante realtà siderurgica, togliendo anche di mezzo
un concorrente a livello mondiale.
In
questa situazione gli interessi di lavoro, di salute degli operai,
come la salute e la vita della popolazione di Taranto semplicemente
non sono in "agenda".
Per
gli operai la più grave sciagura e stupidaggine sarebbe di farsi
"partigiani" di questa o quella soluzione, o di stare a
guardare e aspettare. E la loro "entrata in campo" è solo
con la lotta indipendente, di classe.
(da
Sole 24 Ore) - "L'interesse di ArcelorMittal
per Ilva si è palesato all'inizio dell'anno, dopo una serie di
contatti con la famiglia Riva registrati già nel 2013, prima
dell'avvio dell'era Bondi. Il gruppo
franco-lussemburghese-indiano, che si è confermato anche nel 2013 al
vertice del ranking mondiale dei produttori (con 96,1 milioni di
tonnellate) è tra i pochi al mondo in grado di sostenere il peso di
un'operazione-monstre come quella che si propspetta. Nonostante la
palese situazione di overcapacity del settore in Europa –
sovracapacità che riguarda anche ArcelorMittal, che ha chiuso
l'altoforno di Florange, in Francia e intende chiudere quello di
Liegi in Belgio – il colosso franco-lussemburghese-indiano potrebbe
con questa mossa razionalizzare il proprio parco produttivo europeo,
sfruttando in parallelo le potenzialità logistiche di Ilva. Secondo
alcune fonti industriali ArcelorMittal potrebbe essere invece
interessata soprattutto a «togliere di mezzo» un concorrente,
ridimensionandone l'attività e puntando su alcuni asset d'eccellenza
specifici, come per esempio gli impianti di Novi Ligure relativi alla
produzione di laminati zincati per il settore automotive. Si tratta
di asset per i quali negli ultimi anni sono state investite risorse
cospicue, un segmento che oggi ArcelorMittal non presidia. A
prescindere dalle scelte strategiche del colosso euro-asiatico, è
indubbio che il mercato interno dei piani viaggi oggi molto al di
sotto della capacità produttiva dei principali produttori nazionali
(vale a dire Ilva e Arvedi). Proprio per questo un eventuale
coinvolgimento di Arvedi (il presidente Giovanni Arvedi ha confermato
nei giorni scorsi al Sole 24 ore di avere «dato al Governo la
disponibilità per una soluzione» della vicenda Ilva) confermerebbe,
secondo alcuni addetti ai lavori, la volontà di «pilotare» una
razionalizzazione del mercato dei piani. Al tavolo Ilva, come detto,
c'è anche Marcegaglia, che già ad aprile aveva rotto gli indugi
dichiarando pubblicamente al Sole 24 Ore la propria disponibilità «a
fare la propria parte». Un interesse dettato anche dalla necessità
di «presidiare» uno dei maggiori fornitori (Ilva vende ai mantovani
1,5 milioni di tonnellate su un fabbisogno di 4,5) del gruppo,
evitando che finisca in mani sbagliate o che, peggio, smarrisca il
suo ruolo di «capofila» che ancora recita in gran parte della
filiera italiana dell'acciaio".
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