Negano
i pestaggi gli assassini in divisa, e invocano per loro impunità,
taser, telecamere e garanzie funzionali, mentre continuano a
calpestare quelle costituzionali dei detenuti, oltre che i più
elementari diritti umani.
«
... a seguito delle
manifestazioni di protesta messe in atto da parte di numerosi
detenuti impauriti a causa dell’allarme Coronavirus, il giorno
della rivolta sono entrati in 5 o 6, incappucciati e con manganelli.
I detenuti sono stati massacrati di botte, trasferiti solo con
ciabatte e pigiama e tenuti in isolamento per i successivi 6/ 7
giorni»
«
Il giorno del
trasferimento, il 12/03/2020, durante la notte, mentre si trovava
presso la Casa circondariale di Foggia, le guardie esterne sono
entrate in cella e hanno pestato i detenuti. Successivamente al
trasferimento non ho più ricevuto notizie. Dopo dieci giorni,
durante una chiamata, mio marito mi ha riferito che ci sono state
altre violenze all’interno del carcere di Viterbo
»
«
In data 9 marzo mio
fratello, durante la telefonata, mi ha riferito quanto segue: in
piena notte è stato picchiato a manganellate e portato via in
pigiama e ciabatte per essere trasferito in un’altra struttura,
dopo la rivolta fatta alcuni giorni prima »
«
Oltre allo spavento anche le mazzate mi sono preso dalla polizia, in
questi giorni ho avuto un attacco di ansia, la notte non dormo più,
ho tanta paura, io che non ho fatto niente le ho prese. Ci
hanno sequestrato tutti i viveri, siamo stati giorni senza caffè,
sigarette, detersivi, cibo. Ci hanno levato tutto! ».
Sono
solo alcune delle testimonianze contenute nell’esposto
in Procura della rete emergenza carcere, in
seguito alle violenze della polizia nel carcere di Foggia.
Ma
a Opera anche
ieri, 28 marzo, alcuni detenuti sono riusciti a comunicare a un
gruppo di solidali sopraggiunti presso le mura del carcere, di
quanto, ancora adesso, vengono deprivati: Riferiscono di non avere
cibo, di non avere la televisione e la radio e che ci sono quindici
reclusi infetti.
Sono
settimane che il cibo viene loro negato, come un gesto di
rappresaglia delle guardie carcerarie e dell'amministrazione penitenziaria compiuto a seguito della rivolta.
rappresaglia delle guardie carcerarie e dell'amministrazione penitenziaria compiuto a seguito della rivolta.
Il
cibo, come il bastone, sono l’arma del padrone. Il cibo negato, lo
sciopero della fame, incoraggiato come "protesta civile" dalla stessa polizia penitenziaria esposta al rischio del contagio, sono aspetti significativi di
un’unica strategia:
indebolire i corpi dei detenuti laddove non
bastassero le botte e le tragiche condizioni igieniche e di
sovraffollamento, la desolidarizzazione anche attraverso i
trasferimenti punitivi dei rivoltosi.
Temono
altre rivolte, e hanno ragione ad avere paura: dopo 2 settimane di
sciopero della fame inascoltato, è salita alta la tensione nel
carcere di Civitavecchia (un carcere che su 311 posti regolamentari
conta 532 detenuti), dove i reclusi della I Sezione sembra abbiano
«tentato di sequestrare» un poliziotto, ma la rivolta è stata
subito “sedata” da polizia ed esercito.
E
mentre la bomba virale sta per scoppiare anche nelle carceri (20
detenuti colpiti da Covid-19, oltre 200 quelli in quarantena),
investendo tutto il territorio nazionale per il contagio diffuso
dalle guardie (200 poliziotti positivi e 400 in quarantena), gli
autori dei pestaggi negano ogni responsabilità e le varie procure
affidano le inchieste per le rivolte all’antiterrorismo.
E
questo è un dettaglio molto significante, perché un’accusa in tal
senso equivarrebbe ad aprire le porte del 41 bis a tutti i rivoltosi.
Ciò è grave quanto un massacro, perché dice a tutti i detenuti che
si sono ribellati che possono e devono essere torturati e uccisi per
aver osato lottare.
Dalle carceri è partito il seme di
una rivolta, una spinta alla lotta per difendere la propria salute e
quella dei propri cari, in continuità, anche cronologicamente, con
l’azione, gli scioperi dei lavoratori.
Ora il destino di queste lotte è
nella solidarietà, dentro e fuori le mura del carcere, perché la
salute è un diritto di tutti.
Solidarietà ai rivoltosi e alle
loro famiglie!
Sono
le guardie carcerarie, i responsabili di questa macelleria
messicana, che devono pagare!
Vogliamo
che siano arrestati e processati!
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