Abruzzo. Negli
stabilimenti la produzione va avanti nonostante le proteste dei
sindacati: facciamo cinghie per la trasmissione, non prodotti
essenziali. I lavoratori in fabbrica dotati di una mascherina e un solo
paio di guanti in lattice
La produzione non si ferma alla Dayco, tre sedi in Abruzzo e
circa cinquecento lavoratori che ogni giorno sono attivi nella
produzione di cinghie di trasmissione per automobili. I sindacati, da
giorni ormai, si appellano a ogni istituzione possibile per chiedere la
chiusura degli stabilimenti e l’attivazione della cassa integrazione
ordinaria, ma sulla loro strada hanno trovato la netta opposizione sia
dell’azienda sia di Confindustria. L’ultimo incontro in video, ieri
pomeriggio, ha prodotto un nulla di fatto e le linee continueranno a
produrre senza fermarsi.
Da dentro uno degli stabilimenti abruzzesi della Dayco, un lavoratore racconta cos’è la quotidianità all’interno di una fabbrica che non produce nulla di essenziale: «Le cinghie si cambiano ogni 100mila chilometri, in alcuni casi addirittura ogni 250mila, i magazzini sono pieni e di macchine in circolazione ce ne sono ben poche. Perché dobbiamo venire tutti i giorni?». Sulle condizioni di sicurezza, la testimonianza pure è eloquente: «Ci hanno dato una mascherina di stoffa con degli elastici che nemmeno si reggono sulle orecchie. Poi abbiamo un paio di guanti di lattice al giorno che non possiamo cambiare perché ci hanno detto di averne pochi: se dobbiamo andare in bagno non possiamo nemmeno toglierli perché poi sarebbero inutilizzabili. Poi, per ogni capannone, hanno messo appena un dispenser di disinfettante da un litro…».
Da dentro uno degli stabilimenti abruzzesi della Dayco, un lavoratore racconta cos’è la quotidianità all’interno di una fabbrica che non produce nulla di essenziale: «Le cinghie si cambiano ogni 100mila chilometri, in alcuni casi addirittura ogni 250mila, i magazzini sono pieni e di macchine in circolazione ce ne sono ben poche. Perché dobbiamo venire tutti i giorni?». Sulle condizioni di sicurezza, la testimonianza pure è eloquente: «Ci hanno dato una mascherina di stoffa con degli elastici che nemmeno si reggono sulle orecchie. Poi abbiamo un paio di guanti di lattice al giorno che non possiamo cambiare perché ci hanno detto di averne pochi: se dobbiamo andare in bagno non possiamo nemmeno toglierli perché poi sarebbero inutilizzabili. Poi, per ogni capannone, hanno messo appena un dispenser di disinfettante da un litro…».
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