mercoledì 1 aprile 2020

pc 1 aprile - Speciale proletari comunisti 6 - Commento al saggio "Contagio sociale - Chuang - Ultima parte

Commentiamo le ultime parti (6°-7°-8°) dell'articolo-saggio: “Contagio sociale - guerra di classe micro-biologica in Cina” del blog Chuang: - riportando sempre, in coda ad ogni commento, i testi di questi capitoli.
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(Sulla 6° parte) – Il coronavirus pur essendo,come già analizzato, l'ultimo arrivato dei virus ha fatto irruzione in Cina e nel mondo con una potenza tale da evocare e chiamare in azione tutta la potenza dello Stato del capitale per fronteggiarlo. Diventando una prova generale e un'immagine non solo della risposta a un nemico invisibile ma anche di come lo Stato si va conformando e preparando nell'interesse del capitale e delle classi dominanti, ove questo nemico invisibile diventasse un vero nemico visibile: l'insurrezione popolare che esiste come tendenza e prospettiva nel sistema mondiale e in ogni paese,  per l'acutizzazione delle contraddizioni di classe e sociali che domandano un cambiamento radicale.
Lo Stato cinese è divenuto in breve un modello di come combattere il coronavirus, un modello che in queste ore drammatiche che toccano tanti paesi è adottato intanto come soluzione immediata e propagandato come soluzione vincente.
Ma bisogna dire che le cose non stanno esattamente così. Il dilagare del virus e la rapidità con cui si è allargato ha messo in luce innanzitutto la debolezza e l'incapacità dello Stato borghese cinese, di far fronte agli effetti di quel processo di distruzione capitalistica - dalla natura alla sanità – che mette a rischio la vita delle masse popolari sotto ogni latitudine.
Lo Stato della Cina del capitale viene descritto un giorno come esempio, quando serve agli Stati imperialisti per imporre la soluzione in campo per fronteggiare il virus e ottenere il consenso disciplinato del popolo; il giorno dopo, sotto l'egida dell'imperialismo americano, diventa il bersaglio della guerra commerciale e delle minacce di aggressione mondiale, già in atto nella fase precedente al coronavirus.
E' evidente che quando anche una società capitalista viene attraversata da un evento pandemico di questa natura, lo stato del blocco generale, della quarantena universale è quasi obiettivamente l'unica strategia di contenimento, e si passa sopra al fatto che è lo stesso Stato, lo stesso sistema che ne ha causato la nascita e  l'espansione. 
Il coronavirus ha messo in luce che questa società è divenuta ingovernabile agli spiriti selvaggi che hanno generato l'esplosione pandemica e che se il futuro è la 'quarantena globale' significa che la società capitalistica è in condizione di distruggere ben di più che la democrazia, formale o allargata che sia, ma la vita stessa delle persone, naturalmente in un cammino in cui le classi continuano ad esistere. Non stiamo “tutti nelle stessa barca", e sono i proletari e le masse popolari che pagano il più alto costo.

Anche nel campo dei comunisti sono tornati a galla i difensori della Cina attuale e hanno riportato in auge la confusione tra socialismo e socialfascismo, diventando una sorta di specchio replicante della giustificazione che fanno gli Stati borghesi dell'unica soluzione da essi proposta per fermare la crisi.
Noi non pensiamo sia l'unica soluzione, anzi, non pensiamo che sia la soluzione. E anche qui noi abbiamo un modello cinese che è quello della Cina di Mao e della Grande rivoluzione culturale proletaria, punto di arrivo storicamente determinato del cammino della rivoluzione proletaria che dà il potere tutti i giorni ai proletari e alle masse popolari e le rende quindi autocoscienti, disciplinate e organizzate nella vita quotidiana e sicuramente enormemente più in grado di fronteggiare, senza i grotteschi decreti quotidiani dei Conte di turno, qualsiasi minaccia venga alla vita collettiva delle masse.
La dittatura del proletariato è lo strumento per eliminare, in un percorso prolungato di transizione socialista, le cause che producono le pandemie, è lo strumento, già in funzione ed efficace, per intervenire radicalmente là dove esse esplodono.
Ma  ora come ora, quello che bisogna innanzitutto fronteggiare è l'utilizzo da parte delle classi dominanti del coronavirus come strumento per edificare la loro dittatura mascherata da “democrazia” o  dittatura aperta che sia. Le classi dominanti al potere  fanno ' prova generale di misure ' disperate e aggressive'  da usare prese in casi estremi di controinsurrezione, richiamando chiaramente le azioni dell'occupazione militar coloniale in luoghi come l'Algeria ieri o più recentemente la Palestina” (sotto il tallone di ferro dello Stato sionista israeliano). Ma queste - dice il testo - sono “lezioni per coloro che hanno in mente la rivoluzione mondiale...”.

(Dal saggio) Il contenimento come espressione dell'arte di governo
Il COVID-19 ha attirato l'attenzione globale con una forza senza precedenti. L'ebola, l'influenza aviaria e la SARS, ovviamente, hanno avuto tutte la loro quota di frenesia mediatica. Ma questa nuova epidemia ha generato un diverso tipo di capacità di resistenza. In parte, ciò è quasi certamente dovuto alla scala spettacolare della risposta del governo cinese, che si traduce in immagini altrettanto spettacolari di megalopoli vuote che sono in netto contrasto con la normale immagine mediatica della Cina come sovraffollata e super-inquinata. Questa risposta è stata anche una fonte golosa per l'abituale speculazione sull'imminente crollo politico o economico del Paese, anche in forza dell'ulteriore impulso in tale direzione dato dalle continue tensioni determinate dallo stadio iniziale della guerra commerciale con gli Stati Uniti. Questa situazione, combinata con la rapida diffusione del virus, gli dà il carattere di una minaccia immediatamente globale, nonostante il suo basso tasso di mortalità. [xv]
A un livello più profondo, tuttavia, ciò che sembra più affascinante della risposta dello stato cinese è il modo in cui questa risposta è stata rappresentata nei media, come una sorta di prova generale melodrammatica della mobilitazione totale nella contro-insurrezione interna. Questo ci dice realmente qualcosa sulla capacità repressiva dello stato cinese, ma sottolinea anche la più profonda incapacità di quello stato, rivelata dalla sua necessità di fare un così pesante affidamento su una combinazione tra le misure di propaganda totale implementate attraverso ogni aspetto dei media e le mobilitazioni della buona volontà della popolazione locale che, altrimenti, non avrebbe alcun obbligo materiale da prendere in carico. Sia la propaganda cinese che quella occidentale hanno sottolineato la reale capacità repressiva della quarantena; la prima la racconta come un caso di efficace intervento del governo davanti ad un'emergenza; la seconda come l'ennesima espressione di tendenze totalitarie da parte della Cina in quanto stato distopico. La verità non detta, tuttavia, è che l'aggressività stessa della repressione indica un'incapacità più profonda dello stato cinese, che a sua volta è ancora in costruzione.
Questo stesso fatto ci dà un'idea della natura della Cina, mostrando come essa stia sviluppando nuove e innovative tecniche di controllo sociale e di risposta alle crisi, che possono essere implementate anche in condizioni in cui i meccanismi statuali siano scarsi o inesistenti. Tali condizioni, nel frattempo, offrono un quadro ancora più interessante di come la classe dirigente di un determinato paese potrebbe rispondere nel caso in cui delle crisi generalizzate e l'insurrezione attiva causassero malfunzionamenti di analoga natura, e questo anche in stati più strutturati. L'epidemia virale è stata favorita sotto tutti gli aspetti da scarse connessioni tra i diversi livelli del governo: la repressione dei medici "informatori" da parte di funzionari locali a discapito degli interessi del governo centrale, meccanismi di segnalazione ospedaliera inefficaci e fornitura estremamente scarsa di assistenza sanitaria di base sono solo alcuni esempi. Nel frattempo, diversi governi locali sono tornati – pur a ritmi diversi – alla normalità, quasi completamente al di fuori del controllo dello stato centrale (tranne nello Hubei, l'epicentro). Al momento della stesura del presente documento [26 febbraio 2020], sembra quasi del tutto casuale quali porti siano operativi e quali località abbiano riavviato la produzione. Ma questa quarantena-bricolage ha fatto sì che le reti logistiche interurbane da città a città fossero interrotte, dal momento che qualsiasi governo locale sembra apparentemente in grado di impedire ai treni o ai camion merci di passare attraverso i suoi confini. E questa incapacità di livello base del governo cinese lo ha costretto a gestire il virus come se fosse un'insurrezione, giocando alla guerra civile contro un nemico invisibile.
L'apparato dello stato nazionale ha iniziato a mettersi concretamente in moto il 22 gennaio, quando le autorità hanno esteso le misure di risposta alle emergenze in tutta la provincia di Hubei e hanno dichiarato al pubblico di avere l'autorità legale per istituire strutture di quarantena, oltre a "procurarsi" tutto il personale, i veicoli e le strutture necessarie al contenimento della malattia, o alla creazione di blocchi e al controllo del traffico (conferendo le forme dell'ufficialità a delle pratiche che in ogni caso erano già allora in atto). In altre parole, il pieno dispiegamento delle risorse statali è iniziato in realtà con una richiesta di sforzi volontari da parte della popolazione locale. Da un lato, un disastro di tale gravità metterebbe a dura prova la potenza di qualsiasi stato (vedi, ad esempio, la risposta agli uragani negli Stati Uniti). Ma, dall'altro, ciò ripete un modello comune nell'arte di governo tipica della Cina, in base al quale lo stato centrale, privo di strutture di comando formali ed esecutive efficienti che si estendono fino al livello locale, deve invece per un verso fare affidamento su una combinazione di appelli alla mobilitazione ampiamente pubblicizzati rivolti ai funzionari e ai cittadini locali, mentre per un altro deve ricorrere alla somministrazione di dure punizioni ex post a coloro che hanno risposto in maniera inadeguata (il tutto all'insegna di misure anticorruzione). L'unica risposta veramente efficace si è verificata in aree specifiche in cui lo stato centrale concentra la maggior parte del suo potere e della sua attenzione, in questo caso, Hubei in generale e Wuhan in particolare. Entro la mattina del 24 gennaio, la città era già in un vero e proprio blocco completo, senza treni in entrata o in uscita quasi un mese dopo che il nuovo ceppo del coronavirus era stato rilevato per la prima volta. I responsabili della sanità nazionale hanno dichiarato che le autorità sanitarie avrebbero avuto la possibilità di esaminare e mettere in quarantena chiunque a propria discrezione. Oltre alle principali città di Hubei, dozzine di altre città in tutta la Cina, tra cui Pechino, Guangzhou, Nanchino e Shanghai, hanno indetto blocchi di varia entità sui movimenti di persone e merci in entrata e in uscita dai loro confini.
In risposta all'appello alla mobilitazione da parte dello stato centrale, alcune località hanno preso le loro strane e severe iniziative. Le più spaventose si sono registrate in quattro città della provincia di Zhejiang, dove sono stati rilasciati passaporti locali a trenta milioni di persone, permettendo a un solo individuo per famiglia di uscire di casa una volta ogni due giorni. Città come Shenzhen e Chengdu hanno ordinato la chiusura di ogni quartiere e disposto che interi condomini fossero soggetti alla quarantena per 14 giorni se si fosse individuato al loro interno un singolo caso confermato del virus. Nel frattempo, centinaia di persone sono state arrestate o multate per avere "diffuso voci infondate" sulla malattia, e alcuni di coloro che sono fuggiti dalla quarantena sono stati arrestati e condannati a un lungo periodo di prigione – e le carceri stesse stanno vivendo un grave focolaio, a causa dell'incapacità dei funzionari di isolare le persone malate anche in un ambiente che è stato progettato per un facile isolamento. Questo tipo di misure disperate e aggressive rispecchia le misure prese in casi estremi di contro-insurrezione, richiamando chiaramente le azioni dell'occupazione militare-coloniale in luoghi come l'Algeria o, più recentemente, la Palestina. Mai prima d'ora erano state prese su questa scala, né in megalopoli di questo tipo, che ospitano gran parte della popolazione mondiale. La condotta attuata con queste misure repressive offre quindi una strana sorta di lezione per coloro che hanno in mente la rivoluzione mondiale, dal momento che si tratta essenzialmente di una prova per le reazioni che in una tale circostanza lo stato metterebbe in atto.

(Sulla 7° parte) – Il saggio ci mostra quanto la Cina sia vicina. La descrizione di Wuhan e della Cina al 28 febbraio è quella dei paesi imperialisti come l'Italia nei mesi seguenti. Anche qui i governi e lo Stato fungono da “repressori umanitari” a fini del bene pubblico. 
Ma sotto la bandiera di frenare il virus,  essi mostrano con i loro interventi le crepe, frutto della loro natura borghese, della incapacità di risolvere i problemi delle masse, e nello stesso tempo il loro carattere effettivo di strumento “di guerra civile e controinsurrezione”. Viene alla luce attraverso censure e dati truccati e perfino, come è stato il caso della Cina, scene truccate, per mostrare che va/andrà tutto bene, mentre proletari e masse popolari e i tanti impegnati nella trincea della vita - Medici e operatori sanitari – vedono con i loro occhi che così non è, che questa rappresentazione di governo e Stato è l'ultima infamia di un sistema responsabile della pandemia e dei suoi effetti devastanti sulla vita delle persone.
Pandemia e crisi economica si rincorrono l'un l'altro alimentando da un lato un obbligo alla ripresa dell'economia del capitale dall'altro la sua impossibilità.
Va avanti la devastazione sociale delle masse senza reddito che si aggiunge alle masse senza casa, ai lavoratori che perdono i loro salari, i capitalisti e le classi ad essi alleate pretendono di essere primariamente aiutate e anche “utilizzatori finali” perfino delle stesse misure per le masse che il sistema è costretto a prendere.

(Dal saggio) Incapacità
Questa particolare repressione beneficia del suo apparente carattere umanitario, con lo stato cinese in grado di mobilitare una grande quantità di gente del posto nell’aiuto a quella che è, essenzialmente, la nobile causa di frenare la diffusione del virus. Ma, come c’è da aspettarsi, questo tipo di repressione può ritorcersi contro i suoi fautori. La controinsurrezione è, dopotutto, una sorta di guerra disperata portata avanti solo quando più solide forme di conquista, la pace sociale e l'integrazione economica sono diventate impossibili. È un’azione costosa, inefficiente e retrograda, che svela la più profonda incapacità di qualsivoglia potere sia incaricato di dispiegarla – siano essi gli interessi coloniali francesi, il decadente impero americano, o altri poteri. Il risultato della repressione è quasi sempre una seconda insurrezione, ferita dal contraccolpo della prima e fattasi ancora più disperata. Qui, la quarantena difficilmente potrà mostrarsi per quello che realmente è: guerra civile e controinsurrezione. Ad ogni modo, la repressione si è, a modo suo, ritorta contro sé stessa. Con gran parte dello sforzo dello stato concentrato sul controllo delle informazioni e sulla incessante propaganda dispiegata attraverso ogni possibile apparato mediatico, le turbolenze si sono espresse in gran parte all'interno di quelle stesse piattaforme.
La morte del Dr. Li Wenliang, uno dei primi che ha denunciato i pericoli del virus, il 7 febbraio, scosse i cittadini rinchiusi nelle loro case in tutto il paese. Li era uno degli otto medici vittime della retata della polizia per aver diffuso "informazioni false" all'inizio di gennaio, prima di contrarre lui stesso il virus. La sua morte ha scatenato la rabbia degli internauti e una dichiarazione di rammarico da parte del governo di Wuhan. La gente sta iniziando a percepire che lo stato è composto da funzionari e burocrati maldestri, che non hanno idea di cosa fare ma che conservano ancora la faccia tosta per farlo. [xvi] Questo fatto è stato inequivocabilmente dimostrato quando il sindaco di Wuhan, Zhou Xianwang, è stato costretto ad ammettere alla televisione di stato che il suo governo aveva ritardato il rilascio di informazioni critiche sul virus dopo che si era verificato un focolaio. La stessa tensione causata dall'epidemia, unita a quella indotta dalla mobilitazione totale dello stato, ha iniziato a rivelare alla popolazione le profonde fessure che si celano dietro l’autoritratto che il governo dipinge di sè. In altre parole, in circostanze come queste, le incapacità strutturali dello stato cinese sono state rese evidenti a un numero crescente di persone che in precedenza avrebbero preso la propaganda del governo per oro colato.

Il video qui sopra, girato da un abitante di Wuhan e condiviso con Internet occidentale via Twitter a Hong Kong, è il simbolo adatto ad esprimere il carattere fondamentale delle misure prese dallo stato. [xvii] Le riprese mostrano, in sostanza, un certo numero di persone – che sembrano essere dottori o soccorritori – mentre, indossando l’equipaggiamento protettivo completo, si scattano una foto con la bandiera cinese. La persona che gira il video spiega che costoro frequentano la zona esterna a quell’edificio ogni giorno per varie operazioni fotografiche. Il video segue poi gli uomini che si tolgono l'equipaggiamento protettivo e si fermano a chiacchierare e fumare, e addirittura usano una delle tute per pulire l'auto. Prima di andarsene, uno degli uomini getta senza tante cerimonie la tuta protettiva in un vicino bidone della spazzatura, senza nemmeno preoccuparsi di infilarlo fino in fondo per non farlo vedere. Video come questo si sono diffusi rapidamente prima di essere censurati: piccoli colpi di scena nella rappresentazione esibita dallo stato.
A un livello più fondamentale, la quarantena ha anche iniziato a mostrare le prime ripercussioni economiche nella vita privata delle persone. L'aspetto macroeconomico di questo processo è stato ampiamente reso noto, con una forte riduzione della crescita cinese che rischia di causare una nuova recessione globale, specialmente se abbinata alla continua stagnazione in Europa e al recente calo di uno dei principali indici di salute economica degli Stati Uniti che mostra l’improvviso declino delle attività commerciali. In tutto il mondo, le aziende cinesi e quelle strutturalmente dipendenti dalle reti di produzione cinesi stanno ora prendendo in considerazione le loro clausole di "forza maggiore", che consentono di ritardare o annullare le responsabilità di entrambe le parti coinvolte in un contratto commerciale quando tale contratto diventa "impossibile" da eseguire. Sebbene al momento sia improbabile, la semplice possibilità che questo accada ha causato una cascata di richieste di ripristino della produzione in tutto il paese. L'attività economica, tuttavia, si è rimessa in moto in maniera frammentaria: tutto ha ripreso a funzionare senza intoppi in alcune aree, mentre è ancora indefinitamente sospeso in altre. Stando alle ultime disposizioni promulgate dalle autorità centrali, il 1° marzo è la data entro la quale tutte le aree esterne all'epicentro dell'epidemia dovrebbero tornare al lavoro.
Altri effetti sono stati meno visibili, anche se, probabilmente, sono molto più importanti. Molti lavoratori immigrati, compresi quelli che erano rimasti nelle loro città di lavoro per la Festa di Primavera o che avevano intenzione di rientrare prima della messa in atto dei vari blocchi, ora sono costretti a restare in un pericoloso limbo. A Shenzhen, dove la stragrande maggioranza della popolazione è immigrata, la gente del posto riferisce che il numero dei senzatetto ha iniziato a salire. Ma le nuove persone che compaiono per le strade non sono senzatetto a lungo termine: la percezione è quella che siano state letteralmente scaricate lì e che non abbiano nessun altro posto dove andare. Indossano ancora abiti relativamente buoni, ma non sanno dove dormire all'aria aperta o dove trovare del cibo. Vari edifici della città hanno visto un aumento dei piccoli furti, principalmente di cibo (quello consegnato e depositato di fronte alla porta di casa dei residenti in quarantena). A livello generale, dal momento che la produzione è ferma, i lavoratori stanno perdendo i loro salari. Nel caso delle interruzioni del lavoro, gli scenari migliori che si prospettano sono i dormitori-quarantene come quello imposto nello stabilimento Foxconn di Shenzhen, dove i nuovi “rientrati” sono confinati nei loro alloggi per una settimana o due, venendo pagati un terzo del loro normale salario e sono in seguito autorizzati a tornare sulla loro postazione di lavoro. Le imprese più piccole non hanno tale possibilità e persino il tentativo del governo di dare loro piccoli crediti probabilmente a basso costo, a lungo andare non servirà a gran che. In alcuni casi sembra che il virus stia semplicemente accelerando la tendenza preesistente a delocalizzare le fabbriche, tant’è vero che aziende come Foxconn stanno espandendo la loro produzione in Vietnam, India e Messico per compensare l’attuale rallentamento produttivo.

(Sulla 8° parte) - Lo stato della borghesia, che fronteggia il coronavirus attivando un controllo totale e una repressione senza precedenti, come si dimostra oggettivamente incapace di risolvere il problema del coronarirus, così evidenzia la sua difficoltà con crisi e contraddizioni interne (compreso quella tra autorità centrale e autorità locali) che puo' avere e avrà nel fronteggiare 'la battaglia corpo a corpo contro l'insurrezione'
In uno scenario quindi in cui 'tali crisi diventeranno più comuni' e porteranno gli stati del capitale sulla strada di modalità nuove di controinsurrezione, la risposta è la politica comunista in grado di armarsi di teoria scientifica aggiornata – che per noi altro non è che marxismo-leninismo-maoismo aggiornato e applicato a 'un terreno caratterizzato da crisi e disastri ecologici - e oggi anche microbiologici' - capace di agire in ogni condizione e quindi dentro e contro il perpetuo stato di repressione e isolamento sociale imposto alle masse
L'ordine imposto dalla borghesia per 'evitare il contagio sociale' domanda il prodursi ora lento, ora accelerato della guerra sociale necessaria per ribellarsi ad esso, in grado progressivamente di combattere e vincere la battaglia per mettere fine 'all'orrore senza fine' del capitale 'pandemico'.

(Dal saggio) La guerra surreale
Nel frattempo, la maldestra risposta precoce al virus, la scelta dello stato di affidarsi a misure particolarmente punitive e repressive per controllarlo e l'incapacità del governo centrale di coordinarsi in modo efficace con i territori decentrati per il mantenimento di un equilibrio tra produzione e quarantena, sono altrettanti indicatori della radicale incapacità della macchina statale. Se, come sostiene il nostro amico Lao Xie, l'enfasi dell'amministrazione Xi è stata sulla "costruzione dello stato", sembra che resti ancora molto da fare al riguardo. Allo stesso tempo, se la campagna contro COVID-19 può anche essere letta come una battaglia corpo-a-corpo contro l'insurrezione, va notato che il governo centrale ha dimostrato di essere capace di fornire un coordinamento efficace solo nell'epicentro dello Hubei, mentre i provvedimenti presi per altre province – anche in località ricche e rinomate come Hangzhou – rimangono in gran parte scoordinati e inefficaci. Possiamo interpretare tutto ciò in due modi: in primo luogo, come lezione sulla debolezza nascosta sotto all’apparente solidità del potere statale; in secondo luogo, come una messa in guardia dalla minaccia rappresentata dai provvedimenti delle autorità locali. Infatti, quando il meccanismo dello stato centrale è sopraffatto, il mancato coordinamento può portare a risposte scoordinate e irrazionali.
Queste sono lezioni importanti per un'epoca in cui la distruzione provocata dall'accumulazione incessante [di capitale] ha esteso i propri tentacoli sia verso l'alto, nell’atmosfera, sia verso il basso, nel substrato microbiologico della vita sulla terra. Tali crisi diventeranno sempre più comuni. Man mano che la secolare crisi del capitalismo va assumendo un carattere apparentemente non economico, nuove epidemie, carestie, inondazioni e altri disastri "naturali" verranno usati per giustificare l'estensione del controllo statale. E tale risposta alla crisi da parte degli stati rappresenterà una grandiosa opportunità per sperimentare modalità nuove, ancora non testate, di controinsurrezione. Una politica comunista coerente deve cogliere entrambi questi fatti insieme. A livello teorico, questo significa comprendere che la critica del capitalismo si impoverisce ogni volta che viene separata dalle cosiddette "scienze dure". A livello pratico, questo significa che l'unico possibile progetto politico è quello capace di orientarsi su un terreno caratterizzato dalla diffusione del disastro ecologico e microbiologico, e capace di agire in questo perpetuo stato di crisi e di isolamento sociale.
Nella Cina in quarantena iniziamo a intravvedere, abbozzato, un simile scenario: le strade vuote di fine inverno spolverate di neve non calpestata, le facce illuminate dal telefono che scrutano fuori dalle finestre, casuali barricate con un piccolo numero di infermiere al lavoro o di poliziotti o di volontari o semplicemente di attori, pagati per issare bandiere e dirti di indossare la mascherina e tornare a casa. Il contagio è sociale. Quindi, non dovrebbe sorprendere che l'unico modo per combatterlo in una fase così avanzata sia quello di scatenare una sorta di guerra surrealista contro la società stessa. Non riunitevi, non provocate il caos. Ma il caos si può provocare anche in una situazione di isolamento. Mentre i forni di tutte le fonderie si raffreddano cedendo il posto, prima, a braci leggermente scoppiettanti, poi, a ceneri fredde come la neve, non si può impedire a queste tante isolate disperazioni  di uscire dalla quarantena per dare forma, insieme, ad un caos ancora più grande che potrebbe un giorno risultare difficile da contenere, come questo contagio sociale.

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