lunedì 30 marzo 2020

pc 30 marzo - Il quotidiano grido di dolore dei medici in prima linea si scontra con presidenti di regione e governo

Qui di seguito il testo completo della lettera inviata alla Regione

Egregio Presidente Giovanni Toti,
Riteniamo che la drammaticità di questo periodo dovrebbe portare ad evitare clamori e dichiarazioni che potrebbero anche essere strumentalizzate e creare ulteriore stress negli operatori della sanità e nei cittadini. Il personale sanitario sta facendo tutto il possibile con i mezzi a disposizione e con il massimo impegno per curare le persone e vorremmo invitarla a recarsi nei vari Pronto Soccorso della Regione (non esiste solo l’Ospedale S. Martino in Liguria), un giorno qualsiasi e senza preavviso. Questo le consentirebbe di rendersi conto di persona di come l’affollamento legato alla scarsa recettività dei reparti, ovviamente non preparati a questa emergenza grazie ai tagli perpetrati negli anni sia di posti letto sia di personale, comporti anche il rischio di morire nell’attesa di una collocazione più dignitosa in un letto d’ospedale.

E’ evidente che lo tsunami virale che si è abbattuto sul nostro continente sia tale da spezzare la
ricettività dei migliori sistemi sanitari. Un’emergenza sanitaria che ha messo in luce la fragilità del nostro SSN: il definanziamento sistematico e le varie riforme succedutesi hanno determinato un rapporto posti letto per acuto ogni mille abitante tra i più bassi d’Europa e i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti. Mentre un reparto ospedaliero – come lei saprà - ha un numero di letti determinato, spesso ridotto ogni anno dalle leggi finanziarie, i Pronto Soccorso non hanno vincoli. Ovunque - nel mondo - indipendentemente dagli spazi disponibili, i dipartimenti di emergenza accolgono chiunque abbia bisogno, fino alla saturazione (che cambia logicamente in base alle caratteristiche della struttura). Così, nei giorni scorsi, nell’area metropolitana genovese, si sono verificati enormi disagi per la scarsa disponibilità di posti letto nei reparti, tanto che si è dovuta
predisporre la chiusura o la limitazione degli accessi in alcuni ospedali. Gli operatori sanitari dell’emergenza sono stati chiamati a moltiplicare i loro sforzi per continuare a seguire chi, in attesa di posto letto, si trovava ancora in locali PS non attrezzati a gestire un numero così alto di pazienti critici. Tutto ciò crea negli operatori un enorme disagio, senso di frustrazione e di impotenza di fronte ad una catastrofe che è stata aggravata dalle carenze sistematicamente create negli ultimi 15 anni a livello nazionale e, a cascata, anche a livello regionale. Non è il nostro SSN ad essere il “migliore al mondo” – mi si permetta– ma sono i nostri professionisti i migliori, perché, nonostante i turni massacranti e la carenza, ancora oggi, di DPI e di attrezzature, si stanno sfinendo e prodigando per garantire la miglior assistenza e cura a chiunque ne abbia bisogno, confortando anche, per quanto possibile, chi è impaurito e isolato dagli affetti più cari nella fragilità della malattia e nell’angoscia della morte.

Molti di noi, se non tutti, dopo questa esperienza terribile resteranno segnati indelebilmente, sempre che sopravvivano a questa malattia così impietosa e non è corretto affermare che “Va tutto bene”. No, presidente, non va tutto bene, perché sono emerse drammaticamente tutte le carenze dovute ad una gestione miope della Sanità, tali da non consentire l’universale ed egalitario accesso ad una cura dignitosa e alla salute, cui ognuno di noi avrebbe diritto secondo la Costituzione. Non è il momento di spot politici né di campagne elettorali: bisogna affrontare seriamente i problemi rendendosi conto delle realtà oggettive e le istituzioni, di cui lei è un rappresentante, non possono sottrarsi al confronto con chi, ogni giorno, sta in trincea affrontando l’emergenza. Abbiamo bisogno di ascolto e di cercare insieme soluzioni condivise e concrete per un lavoro svolto in sicurezza, sia per noi operatori che per i cittadini.

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