Le
condizioni di detenzione nelle carceri italiane sono da tempo connotate
da una situazione di grave sovraffollamento e da preoccupanti carenze
igienicosanitarie.
Da questo punto di vista non fa eccezione la Casa Circondariale “Rocco
d’Amato” (Dozza) di Bologna, che presenta un sovraffollamento quasi
doppio rispetto alla capienza regolamentare, con una presenza di quasi
900 detenuti per 492 posti. La maggior parte dei detenuti condividono in
due celle singole di 10 mq, più due di bagno, nel quale si lavano anche
le stoviglie. Manca l’acqua calda nelle docce della maggior parte delle
sezioni. Sono presenti persone particolarmente vulnerabili, con
problematiche di HIV, epatite e
tubercolosi, oltre a tutte le principali patologie oncologiche, metaboliche, cardiache e respiratorie. Persone particolarmente a rischio in caso di epidemia.
tubercolosi, oltre a tutte le principali patologie oncologiche, metaboliche, cardiache e respiratorie. Persone particolarmente a rischio in caso di epidemia.
A
fronte di tale situazione l’emergenza coronavirus rischia di innescare
una “bomba epidemiologica” destinata a mettere gravemente a repentaglio
la salute dei detenuti.
Un’eventualità rispetto alla quale l’unica “prevenzione” adottata è stata quella di sospendere i colloqui diretti con i familiari e la presenza di volontari, misura vessatoria e comunque inutile, visto che il personale del carcere proviene comunque dall’esterno. Non esistono dispositivi di protezione individuale per i detenuti, né tamponi. Solo al personale della penitenziaria sono state distribuite mascherine di carta.
Un’eventualità rispetto alla quale l’unica “prevenzione” adottata è stata quella di sospendere i colloqui diretti con i familiari e la presenza di volontari, misura vessatoria e comunque inutile, visto che il personale del carcere proviene comunque dall’esterno. Non esistono dispositivi di protezione individuale per i detenuti, né tamponi. Solo al personale della penitenziaria sono state distribuite mascherine di carta.
L’assistenza medica ed infermieristica interna è totalmente inadeguata a fronte di tale evenienza.
Nelle attuali condizioni non è dunque possibile assicurare l’adozione delle misure indispensabili per evitare contagi.
Nelle attuali condizioni non è dunque possibile assicurare l’adozione delle misure indispensabili per evitare contagi.
Infatti, proprio
alla Dozza si è purtroppo registrato, ieri 2 aprile, il primo caso di
un detenuto morto per aver contratto il covid-19 e si contano diversi
altri casi sia tra i detenuti che tra gli operatori.
Su
tale situazione, comune a tutte le carceri a livello nazionale, sono
intervenute numerose associazioni e personalità del mondo del diritto
per chiedere l’adozione di misure di amnistia o indulto, per favorire la
liberazione del maggior numero di detenuti, a partire da quelli anziani
e malati, unica soluzione per evitare quello che, da più parti, viene
definito “rischio carneficina”.
Con il D. L. 17 marzo 2020 n. 18 il governo ha disposto che, salvo
alcune eccezioni, fino al 30 giugno 2020 i detenuti a cui rimane una
pena non superiore a 18 mesi possano scontarla, su istanza, presso il
domicilio, con l’impiego del braccialetto elettronico.
Una
previsione peggiorativa rispetto alle norme precedenti (legge 199/
2010), che comunque restano anch’esse in vigore come potenziale canale
di accesso verso la detenzione domiciliare.
Il
problema è che per poter beneficiare delle misure alternative è
necessario che i detenuti dispongano di domicili idonei, condizione che
molti, soprattutto migranti, non hanno.
Per
far fronte a queste esigenze le associazioni Bianca Guidetti Serra e
Mutuo Soccorso per la Libertà di Espressione hanno lanciato un appello
alla solidarietà militante per reperire luoghi idonei allo scopo.
Ovviamente
tale iniziativa si inserisce in una campagna più generale per una
soluzione politica del problema che, ripetiamo, può essere garantita
solo da un provvedimento di amnistia.
Attualmente
sono stati resi disponibili a Bologna due appartamenti e sono state già
inoltrate le richieste al Tribunale di Sorveglianza di cui si attende
risposta entro pochi giorni.
L’iniziativa
però richiede risorse economiche abbastanza cospicue (pagamento utenze,
affitto, vitto e altre necessità) e l’attivazione di una rete di
sostegno che si possa occupare della consegna dei generi di prima
necessità in un momento in cui la possibilità di movimento è fortemente
limitata dai decreti emergenziali.
Facciamo
appello a tutte le realtà di movimento, alle associazioni, agli
avvocati e ai singoli per partecipare a questa azione solidale, per fare
uscire più persone possibile.
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