mercoledì 18 marzo 2020

pc 18 marzo - La necessaria indicazione dello Slai cobas per il sindacato di classe - allegato stralci di un documento SICOBAS



stralci del documento si cobas-adl
  • Il Governo nella giornata di sabato 14 marzo ha sottoscritto con i sindacati confederali e con le associazioni padronali un protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e contenimento della diffusione del Covid 19.
Prima di entrare nel merito dei vari DPCM e di questo Protocollo è necessario fare alcune premesse.
1) L'articolo 44 del D. Lgs 81/08 (intitolato “Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato) stabilisce: “1- il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una zona pericolosa non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa”.
Dunque è evidente che in un contesto quale quello attuale (quale pericolo può mai essere più grave e immediato di una pandemia in fase di continua espansione?) le norme già esistenti sulla tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro prevedono la non punibilità e non contestabilità del lavoratore che si astiene dallo svolgere la prestazione per preservare la sua incolumità.
Come si vedrà, il Protocollo firmato da governo, padroni e sindacati collaborazionisti, invece che riaffermare questo sacrosanto diritto e casomai specificarlo e allargarlo sotto il profilo della tutela dei livelli salariali, tende ad eluderlo, vanificarlo e ad annullarlo......
Ciò detto, e dopo avere letto il recente Protocollo che regolamenta le condizioni che dovrebbero essere imposte alle aziende per lavorare in sicurezza, formuliamo alcune considerazioni e di conseguenza alcune proposte di lotta.
L'ACCORDO GOVERNO-SINDACATI CONFEDERALI-PADRONI NON RECEPISCE PER NIENTE LE INDICAZIONI EMERSE DALLE LOTTE OPERAIE DI QUESTI GIORNI!
Il testo firmato da governo e parti sociali nella giornata del 14 marzo non è nulla di nuovo rispetto alle precedenti
regole stabilite dal DPCM e lascerà infatti la gestione della sicurezza ed emergenza sanitaria nelle fabbriche e in tutti i posti di lavoro alla discrezione degli imprenditori, in quanto, come abbiamo già avuto modo di verificare in questi giorni, in assenza di controlli o di scioperi dei lavoratori, si è continuato a lavorare in condizioni pericolosissime.
Nella premessa del decreto viene riportato che le uniche intese tra organizzazioni sindacali e datoriali devono essere inerenti alle attività produttive, sancendo ancora una volta il primato della produzione sulla vita, sulla salute, sui diritti dei lavoratori!
Vengono inserite molte norme comportamentali la cui verifica diventa di fatto impraticabile. Ma proviamo a vedere i punti di maggiore criticità.
Il primo aspetto che emerge con chiarezza è che, nonostante vi siano state anche precise richieste da parte di Presidenti di Regione, non vi è alcuna chiusura delle attività non essenziali. La gestione del Protocollo viene affidata ad un fantomatico “Comitato” che dovrebbe verificare se le regole previste dallo stesso vengano rispettate. In realtà è chiaro che in moltissime realtà lavorative non esiste nemmeno l’RLS, pertanto è chiaro che, al di là delle buone intenzioni, la gestione del Protocollo è a totale discrezione delle aziende
Ma c’è un punto fondamentale che chiarisce quanto questo Protocollo sia del tutto inefficace: al punto 2 del capitolo “MODALITA’ DI INGRESSO” al secondo paragrafo si dice “Il datore di lavoro informa preventivamente il personale e chi intende fare ingresso in azienda, della preclusione dell’accesso a chi, negli ultimi 14 giorni, abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID 19 o provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell’OMS”. E qui “casca l’asino”, nel senso che se tutta Italia è considerata zona a rischio, ed in particolar modo in tutte le aree del nord nelle quali la pandemia è cresciuta in modo esponenziale, è chiaro che nessuno potrebbe entrare a lavorare. Tant’è che in molte industrie del Bresciano e del Bergamasco, le stesse aziende hanno deciso di chiudere per almeno 15 giorni.
Viene poi stabilita tutta una serie di regole sulle misure di distanza di sicurezza, sulle modalità di
ingresso e di uscita, sul come stare in mensa, sull’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, ma nulla si dice ad esempio sul come i lavoratori arrivano al lavoro. Quanti sono i lavoratori che si recano al lavoro in “car shering”, in 4 o cinque in una macchina. A cosa serve allora il distanziamento se non si controlla come si arriva al lavoro.
Per quanto riguarda i DPI non sono più obbligatori quelli conformi alle disposizioni dell’OMS, ma possono essere utilizzati dispositivi reperibili attualmente sul mercato.
Viene fatto divieto di qualsiasi riunione in azienda, quindi anche di svolgere assemblee sindacali, ma se così è, chi dovrebbe garantire l’applicazione delle disposizioni.
In merito alla sorveglianza sanitaria si fa riferimento genericamente al medico competente. Non si prevedono specifici controlli delle Asl. nulla. Si demanda ad una comitato formato da azienda e rls e rsa, dove le stesse non hanno nemmeno avuto una specifica formazione in tal senso, se non ad opera del sindacato li dove c'è. Anche in caso di una persona rivelatasi positiva al Covid 19 , non è prevista la quarantena per tutti quei lavoratori che hanno lavorato nello stesso reparto, e non è consentito ai lavoratori di decidere di mettersi in quarantena, ma è sempre e solo l’azienda che “potrà chiedere agli eventuali possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente lo stabilimento. Quindi questo Protocollo peggiora le norme sulla sicurezza e i diritti dei lavoratori, su tutte la già menzionata legge 81/08 che prevede espressamente che in caso di pericolo si possa abbandonare il posto di lavoro senza alcuna conseguenza disciplinare.

In nome della salvaguardia della salute individuale e collettiva ribadiamo il diritto di lavoratori e lavoratrici di tutti i comparti di rimanere a casa , ad eccezione di chi opera nei servizi veramente essenziali.... reclamando il diritto ad usufruire degli ammortizzatori sociali con l’obiettivo di integrazione al 100 % del salario.

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