DI GIAN LUCA GARETTI · 16 MARZO 2020
Non andrà tutto bene. Se una volta finita “a nuttata”, tutto sarà come prima e non ci sarà
un cambio di paradigma.
Questa pandemia può rappresentare una grande opportunità per una svolta ecosocialista. La risposta non può essere solo “reattiva”, cioè limitata ai farmaci, vaccini, sussidi, al buonismo dei balconi. In questi tempi tristi che vanno sotto il nome di Antropocene e di Capitalocene, o si svolta a livello di cambiamento climatico, a livello di cura dell’ambiente, a livello sociale, a livello economico, a livello di sanità, che deve essere pubblica, o le cose non andranno certo bene.
Questa pandemia può rappresentare una grande opportunità per una svolta ecosocialista. La risposta non può essere solo “reattiva”, cioè limitata ai farmaci, vaccini, sussidi, al buonismo dei balconi. In questi tempi tristi che vanno sotto il nome di Antropocene e di Capitalocene, o si svolta a livello di cambiamento climatico, a livello di cura dell’ambiente, a livello sociale, a livello economico, a livello di sanità, che deve essere pubblica, o le cose non andranno certo bene.
Anche la morte va scaglionata, come le ferie.
Il problema grosso di questa pandemia è che le emergenze respiratorie
arrivano tutte insieme alle rianimazioni ed il nostro Sistema
Sanitario, che in tutti questi anni è stato sempre più privatizzato e
ridotto, non regge. Se scaglionate, le
emergenze e poi le morti passano inosservate. Basti pensare che secondo quanto dice l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno per l’inquinamento atmosferico muoiono circa 8 milioni di persone nel mondo. Nella sola Cina, il numero delle vittime è di oltre un milione. 80.000 sono in Italia i morti dovuti al particolato, al biossido di azoto, all’ozono. Nemmeno va dimenticato che nei paesi occidentali, il 91% delle morti è causato da malattie non trasmissibili (m.cardiovascolari, m. respiratorie, tumori), che sono strettamente collegate all’ambiente intossicato in cui viviamo, mentre il 9% è causato da malattie infettive. Per chi avesse desiderio di altri dati negativi, ricordiamo che ogni anno in Italia per il fumo di sigaretta, ci sono circa 90.000 morti (1-2 mila per il fumo passivo), per gli incidenti stradali ci sono 3.330 morti e 243.000 feriti, per l’antibioticoresistenza circa 10.000 persone muoiono ogni anno in Italia, l’antibiotico resistenza è una delle più importanti emergenze sanitarie. Ogni anno nel mondo per questo motivo muoiono 700 mila persone. Una delle cause è l’uso massivo degli antibiotici negli allevamenti animali. In Italia, secondo l’ultimo dato dell’EMA (Agenzia Europea del Farmaco) quasi il 70% degli antibiotici venduti sono destinati agli animali da allevamento).
emergenze e poi le morti passano inosservate. Basti pensare che secondo quanto dice l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno per l’inquinamento atmosferico muoiono circa 8 milioni di persone nel mondo. Nella sola Cina, il numero delle vittime è di oltre un milione. 80.000 sono in Italia i morti dovuti al particolato, al biossido di azoto, all’ozono. Nemmeno va dimenticato che nei paesi occidentali, il 91% delle morti è causato da malattie non trasmissibili (m.cardiovascolari, m. respiratorie, tumori), che sono strettamente collegate all’ambiente intossicato in cui viviamo, mentre il 9% è causato da malattie infettive. Per chi avesse desiderio di altri dati negativi, ricordiamo che ogni anno in Italia per il fumo di sigaretta, ci sono circa 90.000 morti (1-2 mila per il fumo passivo), per gli incidenti stradali ci sono 3.330 morti e 243.000 feriti, per l’antibioticoresistenza circa 10.000 persone muoiono ogni anno in Italia, l’antibiotico resistenza è una delle più importanti emergenze sanitarie. Ogni anno nel mondo per questo motivo muoiono 700 mila persone. Una delle cause è l’uso massivo degli antibiotici negli allevamenti animali. In Italia, secondo l’ultimo dato dell’EMA (Agenzia Europea del Farmaco) quasi il 70% degli antibiotici venduti sono destinati agli animali da allevamento).
In questo articolo ci soffermeremo sull’emergenza sanitaria del
momento, in particolare sulle conseguenze delle relazioni ravvicinate
col mondo animale, a causa dei cambiamenti climatici e sulla sinergia
perversa smog-Covid-19.
L’ inquinamento atmosferico può esacerbare la virulenza di Covid-19?
Salta subito agli occhi che i 2 più grandi focolai di questa
pandemia, Cina e Pianura padana, sono due camere a gas, zone industriali
ad alto tasso di inquinamento atmosferico. Sarebbe sorprendente
scoprire che l’inquinamento atmosferico non ha influenzato il rischio di
ammalarsi e di morire per Covid-19, dal momento che la sola esposizione
al particolato è di per sé causa di mortalità, specialmente nelle
persone con malattie preesistenti.
Quello che dovrà essere valutato, nei mesi a venire, è quanto
negativamente l’esposizione agli inquinanti atmosferici, come i
particolati (PM2,5, 10), gli ossidi di azoto (NOX), l’ozono (O3) abbia
influenzato la prognosi di Covid-19.
In un interessante studio sulla SARS, una epidemia che come abbiamo
visto ha delle similitudini con Covid-19, dal titolo “Inquinamento
atmosferico e fatalità dei casi di SARS nella Repubblica popolare
cinese: uno studio ecologico” di Yan Cui, si stabilisce che
“l’inquinamento atmosferico è associato ad un aumento della mortalità
dei pazienti con SARS nella popolazione cinese” – “La spiegazione
biologica potrebbe essere che l’esposizione a lungo o breve termine a
determinati inquinanti atmosferici potrebbe compromettere la funzione
polmonare, aumentando quindi la mortalità SARS” . Questo studio inoltre
ha collegato la diversa percentuale di mortalità della SARS col livello
di inquinamento dell’aria: i malati di SARS che abitavano nelle regioni
con qualità dell’aria peggiore presentavano un rischio di morte dell’84%
più alto.
Il particolato ultrafine potrebbe agire come carrier del virus,
trasportandolo fin dentro gli alveoli polmonari, esacerbandone la
virulenza.
In un altro lavoro scientifico, dal titolo “L’impatto del PM2.5 sul
sistema respiratorio umano” di Yu-Fei Xing, si dice che il danno del
PM2.5 alle cellule polmonari è causato dalle interazioni tra cellule
infiammatorie e citochine, in modo quindi del tutto simile e quindi
sinergico al Covid-19 (vedi poi “tempeste di citochine”).
Nel lavoro scientifico di Wei Su et al. dal titolo “Gli effetti a
breve termine di sei inquinanti atmosferici [PM2.5, inclusi PM10, NO 2 ,
O 3 , CO e SO 2] sulla malattia simil-influenzale (ILI)” si dimostra
che gli inquinanti atmosferici possono aumentare l’incidenza della
malattia simil-influenzale, sia diminuendo le difese immunitarie, sia
per l’alterata produzione di citochine: “L’esposizione al PM2.5 non solo
ha portato a danni epiteliali delle vie aeree e disfunzione della
barriera, ma ha anche ridotto la capacità dei macrofagi di fagocitare i
virus, aumentando la suscettibilità di un individuo ai virus” ed ancora,
“le lesioni tissutali indotte dal PM 2.5 possono essere correlate
all’alterata produzione di citochine. Il PM 2.5 può compromettere
l’attività fagocitaria dei macrofagi alveolari”.
Non è quindi azzardato ipotizzare che la perversa sinergia fra il
virus SARS-COV-2 e l’inquinamento atmosferico, sia una delle cause
della particolare gravità e diffusione della pandemia di Covid-19, in
Cina, nella Pianura Padana, nella Corea del Sud, cioè in zone
accomunate da un alto tasso di inquinamento. Ma come si sa
l’inquinamento è diventato ubiquo. E’ indispensabile decidersi ad
adottare da subito misure drastiche per ridurre il livello di inquinanti
atmosferici e non solo. E’ indispensabile un altro tipo di economia.
Questa pandemia è una prova generale di come il neoliberismo, con
l’inquinamento, col cambiamento climatico, con l’esacerbazione delle
disuguaglianze, ci sta portando diritti verso la sesta estinzione di
massa. Non si può confidare solo nel meteo o nelle pandemie per ripulire
l’aria.
Malattie infettive emergenti, e salto di specie
Gran parte delle malattie infettive emergenti (EID), sono zoonosi,
cioè sono iniziate negli animali e poi “saltate” all’uomo. Molti virus
animali, hanno fatto il salto di specie (o spillover) cioè sono passati
dai volatili (sia migratori, sia stanziali in allevamenti e mercati),
per “pressioni” non naturali, dal loro serbatoio animale/naturale
all’uomo. Negli ultimi vent’anni, sono state registrate diverse epidemie
virali: la sindrome respiratoria acuta grave (SARS-CoV) nel 2002-2003 e
l’influenza H1N1 nel 2009. Più di recente, la sindrome respiratoria del
Medio Oriente coronavirus (MERS-CoV), identificata per la prima volta
in Arabia Saudita nel 2012 ed Ebola che attualmente sembra vada verso la
completa remissione. Il virus dell’attuale pandemia è stato
denominato SARS-CoV-2 in quanto è molto simile a quello che ha causato
l’epidemia di SARS (SARS-CoVs). Tutti questi virus sono potenzialmente
pandemici, cioè causano mortalità e morbilità su larga scala, e come
effetti collaterali interrompono le reti commerciali e di viaggio,
stimolano disordini civili e producono effetti economici devastanti.
Manifestazioni cliniche
COVID-19 può presentare una malattia lieve (81% dei casi), moderata
(14% dei casi) o grave (5% dei casi). Tra le manifestazioni cliniche
gravi, ci sono polmonite grave, ARDS (sindrome da distress
respiratorio), disfunzione multipla d’organo (MOD),sepsi e shock
settico. Dati preliminari suggeriscono che il tasso di mortalità
riportato varia dall’1% al 2% a seconda dello studio e del paese. La
maggior parte dei decessi si è verificata in pazienti di età superiore
ai 50 anni. I bambini piccoli sembrano essere leggermente infetti ma
possono fungere da vettore per la trasmissione aggiuntiva.
La tempesta di citochine
Nelle tre principali pandemie virali del secolo scorso, che furono
dovute a Orthomyxovirus influenzali che fecero il salto di specie
passando dai volatili all’uomo, la cosiddetta Spagnola (da H1N1/1918
1920); la cosiddetta Asiatica (da H2N2/1952) e la cosiddetta Hong Kong
(da H3N2/1968), ci furono milioni di morti, in gran parte causati da
polmoniti da superinfezione batterica (e quindi teoricamente curabili
con gli antibiotici). In queste malattie infettive emergenti, le
polmoniti invece sono direttamente causate da un meccanismo autoimmune,
da “un fuoco amico”. Covid-19 ricorda come decorso quello della SARS,
che attaccava i polmoni in tre fasi: replicazione virale, iperattività
immunitaria e distruzione del polmone. Nella seconda fase entra in gioco
il sistema immunitario, determinando delle risposte per eccesso, i
cosiddetti “incendi virali” o “tempeste di citochine”, o “sindrome da
rilascio di citochine gravi” (CRS). Allarmato dalla presenza di
un’invasione virale, il sistema immunitario si affretta a combattere la
malattia inondando i polmoni con citochine, proteine che hanno il
compito di eliminare il danno e riparare il tessuto polmonare. Questo
processo però a volte va in tilt e queste cellule uccidono tutto quello
che incontrano, incluso il tessuto sano (come succede coi “bombardamenti
chirurgici’). La tempesta di citochine si può poi riversare nel sistema
circolatorio e creare gravi problemi a livello sistemico in più organi.
Una speranza
Per scampare alla letale tempesta di citochine, una speranza viene
dal tocilizumab (nome commerciale Actemra) un farmaco, sviluppato da
Roche, per l’artrite reumatoide, che inibisce i livelli elevati di
Interleuchina 6 (IL-6), una delle citochine implicate nella sopra
menzionata tempesta.
Pipistrelli e C0V
I coronavirus (CoV) hanno probabilmente avuto origine da pipistrelli e
poi si sono trasferiti in altri ospiti di mammiferi (ospiti intermedi)
lo zibetto di palma dell’Himalaya per SARS-CoV e il cammello dromedario
per MERS-CoV – prima di saltare agli umani. Le analisi genomiche
suggeriscono che anche SARS-CoV-2, il virus dell’attuale pandemia, abbia
avuto origine dai pipistrelli, ed abbia fatto il salto di specie o
spillover, dai pipistrelli all’uomo senza ospite intermedio. Difatti i
primi casi della malattia CoVID-19 erano collegati all’esposizione
diretta al mercato all’ingrosso di frutti di mare di Huanan di Wuhan.
Tuttavia, i casi successivi non sono stati associati a questo meccanismo
di esposizione e si è concluso che il virus potrebbe anche essere
trasmesso da uomo a uomo. Le persone sintomatiche sono la fonte più
frequente di diffusione di COVID-19, però, le stime suggeriscono che il
2% della popolazione è portatore sano di un CoV. La SARS-CoV ha
provocato un’epidemia su larga scala che ha avuto inizio in Cina e ha
coinvolto due dozzine di paesi con circa 8000 casi e 800 morti; il
MERS-CoV che è iniziato in Arabia Saudita e ha causato circa 2.500 casi e
800 morti e continua a causare casi sporadici. Anche le origini del
virus Nipah in Malesia nel 1998, e dei virus Ebola sono state ricondotte
a pipistrelli.
Il cambiamento climatico e le interazioni con gli animali
Gli animali selvatici possono essere portatori sani di virus. In un
mondo normale non ci sarebbe contatto con l’uomo. Il cambiamento
climatico costringe le specie a venire a contatto con altre specie che
potrebbero essere vulnerabili alle infezioni. Ci avviciniamo troppo agli
animali, invadiamo il loro habitat, aumentando così la nostra
esposizione a vari agenti infettivi. Anche il cambiamento di uso del
suolo, come la trasformazione di boschi in campi coltivati, per
assicurare mangimi agli allevamenti intensivi o per bio-carburanti, la
caccia, possono essere responsabili di un contatto alterato con la
fauna. Al contrario mantenendo gli ecosistemi intatti, riducendo al
massimo gli allevamenti intensivi, un vero flagello per il pianeta, si
riducono le probabilità di contatto e trasmissione di agenti patogeni
tra uomo, bestiame e fauna selvatica.
Il presente: l’interfaccia troppo ravvicinata con la fauna selvatica
Circa il 70% delle malattie infettive emergenti e quasi tutte le
pandemie recenti, hanno origine negli animali (la maggior parte nella
fauna selvatica) e la loro emergenza deriva da complesse interazioni tra
animali selvatici e /o domestici e umani. L’emergenza della malattia si
correla con la densità della popolazione umana e la diversità della
fauna selvatica ed è guidata da cambiamenti antropogenici come la
deforestazione e l’espansione dei terreni agricoli (cioè, il cambiamento
nell’uso del suolo), l’intensificazione della produzione di bestiame e
un aumento della caccia e del commercio della fauna selvatica.
(Moreno Di Marco et al.-Opinione: lo sviluppo sostenibile deve tenere conto del rischio di pandemia-PNAS 25 febbraio 2020 117 (8) 3888-3892) https://doi.org/10.1073/pnas.2001655117).
(Moreno Di Marco et al.-Opinione: lo sviluppo sostenibile deve tenere conto del rischio di pandemia-PNAS 25 febbraio 2020 117 (8) 3888-3892) https://doi.org/10.1073/pnas.2001655117).
Il futuro: non andrà tutto bene
Se non ci sarà un cambio di paradigma, la crescita della popolazione –
circa 11 miliardi nel 2030 – richiederà sempre più aumenti della
produzione agricola e animale che amplierà l’uso agricolo di
antibiotici, acqua, pesticidi e fertilizzanti e tassi di contatto tra
l’uomo e gli animali selvatici e domestici, il tutto comporterà
l’emergere e la diffusione di agenti infettivi.(Jason R. Rohr, et al-
Malattie infettive umane emergenti e collegamenti con la produzione
alimentare globale).
*Gian Luca Garetti
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