pc 20 marzo - Per il dibattito - Naomi Klein: il Coronavirus è il disastro perfetto per il "capitalismo dei disastri"
traduzione ufficiosa
Naomi
Klein spiega come i governi e le élite globali sfrutteranno la
pandemia.
Traduzione di Anna Clara Basilicò dell'articolo pubblicato in
inglese su Reader supported News.
Il Coronavirus è ufficialmente
una pandemia globale che ha contagiato, finora, 10 volte il numero di
persone colpite da SARS. Scuole, università, musei e teatri stanno
chiudendo in tutti gli Stati Uniti e presto potrebbero fare lo stesso
intere città. Gli esperti avvertono che alcune persone, pur sospettando
di essere affette da Covid-19, stanno continuando la loro routine
quotidiana, sia perché non hanno accesso a misure sussidiarie di
reddito, sia a causa del collasso sistemico del sistema sanitario
privatizzato. La maggior parte di noi non sa esattamente cosa
fare o chi ascoltare. Il presidente Donald Trump ha contestato le
raccomandazioni del Centro di Controllo e Prevenzione Sanitaria e questi
segnali contraddittori hanno ridotto la finestra temporale entro cui
agire per limitare i danni dell’epidemia. Per i governi e le
élite globali si tratta delle condizioni perfette per rendere effettivi
quei programmi politici che, in circostanze diverse, se non fossimo
tutti disorientati, incontrerebbero una durissima opposizione. Questa
catena di eventi non è una prerogativa solamente della crisi provocata
dal Coronavirus, è un progetto che la classe politica e i governi hanno
perseguito per decenni e noto come “dottrina dello shock” secondo la
categoria coniata dall’attivista e scrittrice Naomi Klein nel volume
pubblicato nel 2007 [Shock economy. L'ascesa del capitalismo dei
disastri, ndt]. La storia è una cronaca di “shock” – gli shock
della guerra, dei disastri naturali, delle crisi economiche – e delle
loro conseguenze. Le ripercussioni si configurano nel cosiddetto
“capitalismo dei disastri”, nelle “soluzioni” di libero mercato
pianificate in risposta a crisi che sfruttano ed esasperano le
disuguaglianze esistenti.
La Klein sostiene che stiamo già
assistendo allo spettacolo del capitalismo dei disastri su scala
nazionale. In risposta al Covid-19, Trump ha proposto un pacchetto di
incentivi per 700 miliardi di dollari che includerebbero tagli
sull’imposta sui salari (il che devasterebbe la previdenza sociale) e un
sostegno alle imprese che registreranno un calo degli affari a causa
della pandemia. «Non lo stanno facendo perché credono sia il modo
migliore per contenere il danno in tempo di pandemia – covano questo
progetto da lungo tempo e ora hanno trovato un’opportunità per
perseguirlo» sostiene la Klein.
Partiamo dalle basi. Cos’è il capitalismo dei disastri? Che rapporto ha con la dottrina dello shock? Il
modo in cui io intendo il capitalismo dei disastri è estremamente
diretto: descrive il modo in cui l’industria privata si solleva per
trarre profitto diretto da crisi su larga scala. Le speculazioni sulla
catastrofe o sulla guerra non sono nulla di nuovo, ma sono seriamente
cresciute sotto l’amministrazione Bush dopo l’11 settembre, quando il
governo ha approvato questa sorta di crisi di sicurezza permanente,
contemporaneamente privatizzandola e subappaltandola – tanto lo stato di
sicurezza, privatizzata, interna quanto l’invasione e l’occupazione
(anch’essa privatizzata) dell’Iraq e dell’Afghanistan. La
dottrina dello shock è la strategia politica dell’usare crisi su larga
scala per far passare politiche che sistematicamente aumentano le
disuguaglianze, arricchiscono le élite e tagliano fuori chiunque altro.
Nei momenti di crisi, le persone tendono a concentrarsi sull’emergenza
quotidiana del sopravvivere alla crisi, qualunque essa sia, e tendono a
riporre fiducia eccessiva nel gruppo al potere. Distogliamo un po’ lo
sguardo nei momenti di crisi.
Questa strategia politica da dove arriva? Come ricostruisci la sua storia nella politica statunitense? La
strategia della dottrina dello shock è una risposta al New Deal di
Roosvelt. L’economista Milton Friedman riteneva che ogni cosa fosse
andata per il verso sbagliato in America durante il New Deal: in
risposta alla Grande Depressione e alle Dust Bowl [le tempeste di sabbia
che colpirono gli USA e il Canada tra il 1931 e il 1939 provocando un
terribile disastro ecologico, con conseguenze su centinaia di migliaia
di persone, ndt], emerse un governo più marcatamente attivista, che
assunse come obiettivo la risoluzione diretta della crisi economica
attraverso la creazione di posti di lavoro statali e offrendo sussidi
immediati. Se sei un economista che sostiene strenuamente il
libero mercato, capirai che quando i mercati crollano la situazione si
presta a un cambiamento progressivo in maniera molto più organica
rispetto a quando non facciano le politiche di deregulation funzionali
alle multinazionali. Di conseguenza, la dottrina dello shock è stata
sviluppata come un modo per prevenire la tendenza, durante le crisi, a
dare spazio a momenti organici in cui le politiche progressiste potevano
farsi strada. Le élite politiche ed economiche capiscono che i momenti
di crisi rappresentano la loro occasione di far emergere la loro lista
dei desideri di politiche – affatto popolari – in grado di polarizzare
ulteriormente il benessere all’interno di questo Paese e in tutto il
mondo. Al momento stiamo fronteggiando più di una crisi
contemporaneamente: una pandemia, la mancanza di infrastrutture per
gestirla e il crollo del mercato azionario. Riesci a tracciare un
profilo di come ciascuna di queste componenti si inserisce all’interno
della cornice che hai tracciato nel volume Shock economy. L'ascesa del
capitalismo dei disastri? Lo shock è proprio il virus. Ed è stato
gestito in modo da massimizzare la confusione e minimizzare la
protezione. Non penso sia un complotto, è semplicemente il modo in cui
il governo USA e Trump hanno gestito drammaticamente male la crisi.
Trump finora ha trattato la cosa come se non fosse una crisi della
salute pubblica, bensì come una crisi della percezione e un potenziale
problema per la propria ri-elezione. È il peggior scenario possibile,
soprattutto se lo si legge in relazione alla mancanza di un programma di
health care nazionale e al terribile programma di tutela dei
lavoratori. Questa combinazione di forze ha prodotto uno shock
esponenziale, che verrà sfruttato per salvare le imprese al centro delle
crisi più grave che stiamo affrontando, come quella ecologica e
ambientale: l’industria dei trasporti aerei, il settore del fossile,
l’industria crocieristica – l’obiettivo è di sostenerle tutte.
Come abbiamo assistito in passato a questo spettacolo? In
Shock economy ho parlato di come tutto ciò fosse accaduto dopo
l’uragano Katrina. I centri di ricerca di Washington come l’Heritage
Foundation se ne vennero fuori con una lista di soluzioni a favore del
libero mercato. Possiamo essere certi che la stessa tipologia di
riunioni stia avendo luogo in questo momento – in effetti, a presiedere
la commissione su Katrina fu Mike Pence [attuale vicepresidente degli
Stati Uniti, ndt]. Nel 2008, la stessa dinamica si è avuta con il
salvataggio delle banche, quando gli stati hanno emesso questi assegni
in bianco alle banche, che alla fine sono arrivati a un totale di
migliaia di miliardi di dollari. Ma i costi reali della crisi hanno
preso forma nell’austerity e nei successivi tagli ai servizi sociali. Di
conseguenza non è solo quello che sta succedendo ora, ma il modo in cui
la pagheranno giù in strada quando arriverà il conto per tutto questo. Esiste
qualcosa che le persone possono fare per limitare i danni del
capitalismo dei disastri che già scorgiamo in risposta al Covid-19? Ci
troviamo in una posizione migliore o peggiore rispetto a quella in cui
versavamo durante l’uragano Katrina o durante l’ultima recessione
globale? Quando reagiamo a una crisi o regrediamo e ci
disperdiamo o cresciamo e troviamo riserve di forza e compassione che
non credevamo di possedere. Questo sarà uno di questi test. La ragione
per cui nutro qualche speranza sul fatto che sceglieremo di evolverci è
che – a differenza del 2008 – abbiamo una reale alternativa politica che
sta proponendo una risposta diversa alla crisi, una risposta che
attacca alle radici le cause della nostra vulnerabilità e che ha un
movimento politico tanto più esteso a sostenerla. Questo è quello
che tutto il lavoro intorno al Green New Deal ha rappresentato:
prepararsi a un momento come questo. Semplicemente, non possiamo perdere
il nostro coraggio; dobbiamo combattere più forte di prima per una
sanità pubblica universale, per l’assistenza universale all’infanzia,
per i permessi per malattia pagati – è tutto strettamente legato. Se
i nostri governi e le élite globali sfrutteranno questa crisi per i
loro fini, le persone cosa possono fare per prendersi cura gli uni degli
altri? «Io mi prenderò cura di me e di me stesso, possiamo avere
la migliore assicurazione in circolazione, e se tu non ne hai accesso è
probabilmente colpa tua, non è un problema mio»: è questo che questa
specie di economia alla winners-take-all fa alle nostre menti. Quello
che un momento di crisi come questo scopre è la nostra permeabilità
reciproca. Stiamo vedendo in tempo reale come siamo, in realtà, molto
più legati gli uni agli altri di come il nostro brutale sistema
economico ci vorrebbe far credere. Potremmo pensare di essere al
sicuro, se abbiamo una buona assicurazione sanitaria, ma se le persone
che preparano il nostro cibo, che lo consegnano o che impacchettano le
nostre scatole non hanno accesso a nessuna assicurazione e non possono
permettersi il test – e figurarsi se possono rimanere a casa dal lavoro,
dato che non hanno i permessi per malattia pagati – nemmeno noi saremo
al sicuro. Se non ci prendiamo cura gli uni degli altri, nessuno di noi
può dirsi al sicuro. Siamo intrappolati. Modi diversi di
organizzare la società mostrano parti diverse di noi stessi. Se fai
parte di un sistema che sai non prendersi cura delle persone e non
redistribuire le risorse in maniera equa, allora la parte più egoistica
di te verrà sollecitata. Serve essere consapevoli di questo e pensare al
modo in cui, invece di accumulare e di pensare al modo in cui prenderti
cura di te stesso e della tua famiglia, puoi fare perno sulla
condivisione con i tuoi vicini e sull’attenzione alle persone più
vulnerabili.
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