A cura dello Slai cobas per il sindacato di classe - coordinamento nazionale
Protocollo
condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il
contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di
lavoro
Questo è il titolo del protocollo in 13 punti che è stato sottoscritto, ieri 14 marzo 2020, tra Confindustria, Confapi, Confartigianato, Cgil,Cisl e Uil, Presidente del Consiglio dei ministri, dal Ministro dell’economia, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministro dello sviluppo economico e dal Ministro della salute.
Un protocollo, dal punto di vista del diritto, «esprime piuttosto che un vincolo contrattuale una convergenza di interessi fra le parti». Inoltre, sempre dal punto di vista legale, si ha che «la realizzazione delle attività è rimandata alla stipula di apposite convenzioni. Costituisce
l’alternativa scritta al cosiddetto “accordo fra gentiluomini”, ma generalmente non ha il potere e gli effetti del contratto».
Cosa significa tutto ciò in soldoni? Significa che i padroni, non avendo nessun vincolo contrattuale che li obbliga, possono venire meno alle condizioni poste dal protocollo. E così già la prima buffonata viene in luce.
Ed infatti, dato che i ministri e i padroni sanno bene cosa vogliono, scrivono: «contiene linee guida condivise tra le Parti per agevolare le imprese nell’adozione di protocolli di sicurezza anti-contagio» . Agevolare le imprese, non obbligarle ad usare metodi chiari e inderogabili per salvaguardare la salute degli operai, posto che l’unica possibilità per la salvaguardia sia chiudere totalmente le fabbriche.
Ma prendiamo in considerazione qualche paragrafo dei 13 punti espressi.
Prendiamo un paragrafo a caso del primo punto: «rispettare tutte le disposizioni delle Autorità e del datore di lavoro nel fare accesso in azienda (in particolare, mantenere la distanza di sicurezza,
osservare le regole di igiene delle mani e tenere comportamenti corretti sul piano dell’igiene».A parte il fatto che è notoriamente assodato che anche nella vita quotidiana le distanze in questo periodo vanno rispettate, ma quando, ad esempio, gli operai della FCA verranno caricati sugli autobus come sui carri bestiame per raggiungere la fabbrica, le distanze di sicurezza chi le farà rispettare? É impensabile che il padrone possa istituire più corse e più autobus per raggiungere la fabbrica.
Nel punto «modalità di ingresso in azienda» si dice in un paragrafo: «prima dell’accesso al luogo di lavoro potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea. Se tale temperatura risulterà superiore ai 37,5°, non sarà consentito l’accesso ai luoghi di lavoro». Fa nulla se prima, sull’autobus l’operaio a cui rilevano la febbre abbia già impestato i suoi compagni di lavoro. Una logica ferrea, non c’è che dire.
Ma si raggiunge il paradosso quando si legge nel testo: «preclusione dell’accesso a chi, negli ultimi 14 giorni, abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 o provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell’OMS». Ma, accidenti a loro, se tutta Italia oramai è considerata zona rossa di cosa vanno cianciando?
Questo è il titolo del protocollo in 13 punti che è stato sottoscritto, ieri 14 marzo 2020, tra Confindustria, Confapi, Confartigianato, Cgil,Cisl e Uil, Presidente del Consiglio dei ministri, dal Ministro dell’economia, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministro dello sviluppo economico e dal Ministro della salute.
Un protocollo, dal punto di vista del diritto, «esprime piuttosto che un vincolo contrattuale una convergenza di interessi fra le parti». Inoltre, sempre dal punto di vista legale, si ha che «la realizzazione delle attività è rimandata alla stipula di apposite convenzioni. Costituisce
l’alternativa scritta al cosiddetto “accordo fra gentiluomini”, ma generalmente non ha il potere e gli effetti del contratto».
Cosa significa tutto ciò in soldoni? Significa che i padroni, non avendo nessun vincolo contrattuale che li obbliga, possono venire meno alle condizioni poste dal protocollo. E così già la prima buffonata viene in luce.
Ed infatti, dato che i ministri e i padroni sanno bene cosa vogliono, scrivono: «contiene linee guida condivise tra le Parti per agevolare le imprese nell’adozione di protocolli di sicurezza anti-contagio» . Agevolare le imprese, non obbligarle ad usare metodi chiari e inderogabili per salvaguardare la salute degli operai, posto che l’unica possibilità per la salvaguardia sia chiudere totalmente le fabbriche.
Ma prendiamo in considerazione qualche paragrafo dei 13 punti espressi.
Prendiamo un paragrafo a caso del primo punto: «rispettare tutte le disposizioni delle Autorità e del datore di lavoro nel fare accesso in azienda (in particolare, mantenere la distanza di sicurezza,
osservare le regole di igiene delle mani e tenere comportamenti corretti sul piano dell’igiene».A parte il fatto che è notoriamente assodato che anche nella vita quotidiana le distanze in questo periodo vanno rispettate, ma quando, ad esempio, gli operai della FCA verranno caricati sugli autobus come sui carri bestiame per raggiungere la fabbrica, le distanze di sicurezza chi le farà rispettare? É impensabile che il padrone possa istituire più corse e più autobus per raggiungere la fabbrica.
Nel punto «modalità di ingresso in azienda» si dice in un paragrafo: «prima dell’accesso al luogo di lavoro potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea. Se tale temperatura risulterà superiore ai 37,5°, non sarà consentito l’accesso ai luoghi di lavoro». Fa nulla se prima, sull’autobus l’operaio a cui rilevano la febbre abbia già impestato i suoi compagni di lavoro. Una logica ferrea, non c’è che dire.
Ma si raggiunge il paradosso quando si legge nel testo: «preclusione dell’accesso a chi, negli ultimi 14 giorni, abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 o provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell’OMS». Ma, accidenti a loro, se tutta Italia oramai è considerata zona rossa di cosa vanno cianciando?
«Adozione
delle misure di igiene e dei dispositivi di protezione individuale
indicati nel presente Protocollo di Regolamentazione è fondamentale e,
vista l’attuale situazione di emergenza, è evidentemente legata alla
disponibilità in commercio».«In
caso di difficoltà di approvvigionamento e alla sola finalità di
evitare la diffusione del virus, potranno essere utilizzate mascherine
la cui tipologia corrisponda alle indicazioni dall’autorità sanitaria».
Che significa disponibilità in commercio? Che significa che potranno
essere utilizzate mascherine diverse da quelle corrispondenti?
Corrispondenti non significa uguali e se il padrone per risparmiare,
supponiamo il caso, desse agli operai un inutile semplice velo di “carta
igienica” chi potrebbe contestare questa norma?
I due punti che seguono rappresentano poi una vera e propria iattura per gli operai: «L’accesso agli spazi comuni, comprese le mense aziendali, le aree fumatori e gli spogliatoi è contingentato … di un tempo ridotto di sosta all’interno di tali spazi e con il mantenimento della distanza di sicurezza di 1 metro»; «Si favoriscono orari di ingresso/uscita scaglionati in modo da evitare il più possibile contatti nelle zone comuni (ingressi, spogliatoi, sala mensa)». Come può il padrone scaglionare l’ingresso e l’uscita sia della mensa che della fabbrica? Se scagliona l’entrata in mensa o negli spogliatoi deve aumentare l’orario a disposizione per poter mangiare e per potersi cambiare e questo è del tutto impensabile: un padrone con l’occhio rivolto alla produzione non allungherà mai a dismisura gli orari senza perderci. Di conseguenza sarà sicuro che in base a questa normativa o farà ricadere sugli operai l’allungamento della giornata lavorativa, oppure non applicherà nessuno scaglionamento, con il risultato che tutto sarà come prima.
«Nel caso in cui una persona presente in azienda sviluppi febbre e sintomi di infezione respiratoria quali la tosse, lo deve dichiarare immediatamente all’ufficio del personale, si dovrà procedere al suo isolamento». Per lui è previsto l’isolamento, ma contrariamente a quanto accade per la quarantena dei normali cittadini, nella fabbrica, per i compagni di lavoro che inevitabilmente sono venuti in suo contatto, non è prevista alcuna quarantena. Il protocollo prevede l’intervento dell’Autorità sanitaria per individuare i contatti stretti … L’area dei “contatti stretti” non è definita, si parla di “locali”. Si tratta di reparti, di zone, dei capannoni? Chi lo sa! Intanto gli operai che stanno ogni giorno fianco a fianco sulle linee di montaggio devono continuare a lavorare ed a produrre. Fosse anche che per farlo si trovassero gli uni sopra gli altri. Ma già, la fabbrica è un mondo a parte, un mondo che sfugge alle normali leggi e ordini a cui sono sottoposti i normali cittadini. Una zona extra territoriale dove a comandare è solo ed esclusivamente il padrone e il suo profitto.
Con questo protocollo d’intesa i dirigenti del sindacato confederale hanno superato un punto di non ritorno nel rapporto tra operai e rappresentanti sindacali, la firma di questo accordo manda a monte tutta la arrogante pomposità con cui questi personaggi hanno straparlato di sicurezza sul lavoro ed ha rivelato come al sindacato confederale della salute ed in ultima analisi della vita degli operai non importi che un fico secco.
D’ora in avanti ogni volta che il sindacato confederale si straccerà le vesti per le morti e per gli infortuni che avvengono quotidianamente in fabbrica bisognerà ricordargli che con la firma di questo accordo, in presenza di una terribile epidemia, ha lasciato gli operai in balia dei padroni che li espongono al rischio di un contagio di massa pur di continuare a produrre profitto.
Un’ultima cosa: per tutti quelli che in questi giorni si affannano ai balconi, cantando a squarciagola: “siam pronti alla morte l’Italia chiamò”, a questi pseudo “coraggiosi” consiglio di prendere tranquillamente il posto degli operai in fabbrica, se ci tengono così tanto. Così potranno dire di aver partecipato al salvataggio degli interessi nazionali dei padroni. Si risparmierebbero così eventuali vittime operaie.
D.C. operai contro
I due punti che seguono rappresentano poi una vera e propria iattura per gli operai: «L’accesso agli spazi comuni, comprese le mense aziendali, le aree fumatori e gli spogliatoi è contingentato … di un tempo ridotto di sosta all’interno di tali spazi e con il mantenimento della distanza di sicurezza di 1 metro»; «Si favoriscono orari di ingresso/uscita scaglionati in modo da evitare il più possibile contatti nelle zone comuni (ingressi, spogliatoi, sala mensa)». Come può il padrone scaglionare l’ingresso e l’uscita sia della mensa che della fabbrica? Se scagliona l’entrata in mensa o negli spogliatoi deve aumentare l’orario a disposizione per poter mangiare e per potersi cambiare e questo è del tutto impensabile: un padrone con l’occhio rivolto alla produzione non allungherà mai a dismisura gli orari senza perderci. Di conseguenza sarà sicuro che in base a questa normativa o farà ricadere sugli operai l’allungamento della giornata lavorativa, oppure non applicherà nessuno scaglionamento, con il risultato che tutto sarà come prima.
«Nel caso in cui una persona presente in azienda sviluppi febbre e sintomi di infezione respiratoria quali la tosse, lo deve dichiarare immediatamente all’ufficio del personale, si dovrà procedere al suo isolamento». Per lui è previsto l’isolamento, ma contrariamente a quanto accade per la quarantena dei normali cittadini, nella fabbrica, per i compagni di lavoro che inevitabilmente sono venuti in suo contatto, non è prevista alcuna quarantena. Il protocollo prevede l’intervento dell’Autorità sanitaria per individuare i contatti stretti … L’area dei “contatti stretti” non è definita, si parla di “locali”. Si tratta di reparti, di zone, dei capannoni? Chi lo sa! Intanto gli operai che stanno ogni giorno fianco a fianco sulle linee di montaggio devono continuare a lavorare ed a produrre. Fosse anche che per farlo si trovassero gli uni sopra gli altri. Ma già, la fabbrica è un mondo a parte, un mondo che sfugge alle normali leggi e ordini a cui sono sottoposti i normali cittadini. Una zona extra territoriale dove a comandare è solo ed esclusivamente il padrone e il suo profitto.
Con questo protocollo d’intesa i dirigenti del sindacato confederale hanno superato un punto di non ritorno nel rapporto tra operai e rappresentanti sindacali, la firma di questo accordo manda a monte tutta la arrogante pomposità con cui questi personaggi hanno straparlato di sicurezza sul lavoro ed ha rivelato come al sindacato confederale della salute ed in ultima analisi della vita degli operai non importi che un fico secco.
D’ora in avanti ogni volta che il sindacato confederale si straccerà le vesti per le morti e per gli infortuni che avvengono quotidianamente in fabbrica bisognerà ricordargli che con la firma di questo accordo, in presenza di una terribile epidemia, ha lasciato gli operai in balia dei padroni che li espongono al rischio di un contagio di massa pur di continuare a produrre profitto.
Un’ultima cosa: per tutti quelli che in questi giorni si affannano ai balconi, cantando a squarciagola: “siam pronti alla morte l’Italia chiamò”, a questi pseudo “coraggiosi” consiglio di prendere tranquillamente il posto degli operai in fabbrica, se ci tengono così tanto. Così potranno dire di aver partecipato al salvataggio degli interessi nazionali dei padroni. Si risparmierebbero così eventuali vittime operaie.
D.C. operai contro
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