L’omicidio di Fausto e Iaio il 18 marzo 1978, a due giorni dal
sequestro Moro, è una pagina dolorosa di Milano che una parte di
questa città non ha mai dimenticato. Già nei giorni successivi
all’omicidio le vie della metropoli furono attraversate da molti
cortei e ai funerali in Casoretto parteciparono più di 100.000
persone. A Fausto e Iaio sono stati negli ultimi anni dedicati i
giardinetti di piazza Durante, a pochi metri da via Mancinelli dove
trovarono la morte e a pochi metri dalla sede storica del loro centro
sociale: via Leoncavallo 22. Gli assassini dei due giovani sono
rimasti impuniti, ma le responsabilità politiche sono stati ben
chiare sin da subito nonostante i goffi tentativi di Questura e
stampa di alzare una cortina fumogena nelle prime ore successive al
duplice omicidio (ma del resto…sempre nel ’78…le autorità
sostenevano che Peppino Impastato fosse morto non ucciso dalla mafia,
ma dilaniato mentre tentava di compiere un attentato…).
Da “Fausto
e Iaio – La speranza muore a diciotto anni” (1996,
Baldini&Castoldi) di Daniele Biacchessi.
La strada è buia. Un vento di Marzo sposta il
lampione in fondo a destra, lo fa dondolare come
un’altalena. Nel silenzio si ascolta solo la voce del telegiornale da poco iniziato. Una voce metallica che viene da qualche casa con le finestra aperte. Il conduttore parla del rapimento Moro, dell’uccisione della scorta avvenuta due giorni prima a Roma, delle inchieste iniziate in fretta e furia. Il silenzio maschera il rumore sordo di passi veloci. (…)
un’altalena. Nel silenzio si ascolta solo la voce del telegiornale da poco iniziato. Una voce metallica che viene da qualche casa con le finestra aperte. Il conduttore parla del rapimento Moro, dell’uccisione della scorta avvenuta due giorni prima a Roma, delle inchieste iniziate in fretta e furia. Il silenzio maschera il rumore sordo di passi veloci. (…)
All’altezza del portone dell’Anderson School i
passi d’improvviso si fermano. Fausto
e Iaio avvertono il pericolo, si voltano a chiedere aiuto.
Intorno a loro c’è il vuoto, la solitudine. Due giovani
dall’accento romano si avvicinano con fare sbrigativo. Li bloccano.
Ora i quattro si trovano faccia a faccia.
Si fa avanti uno con l’impermeabile bianco e il bavero alzato, avrà diciotto, vent’anni. “Siete del centro sociale Leoncavallo?” chiede con voce squillante. Lorenzo e Fausto si guardano, sono increduli.
Il senso di due vite si spegne sotto i colpi di otto proiettili Winchester 7,65 sparati da un professionista.
Un’esecuzione. (…)
Si fa avanti uno con l’impermeabile bianco e il bavero alzato, avrà diciotto, vent’anni. “Siete del centro sociale Leoncavallo?” chiede con voce squillante. Lorenzo e Fausto si guardano, sono increduli.
Il senso di due vite si spegne sotto i colpi di otto proiettili Winchester 7,65 sparati da un professionista.
Un’esecuzione. (…)
(…) Alle 21,17 Radio Popolare interrompe
bruscamente un brano musicale per dare la versione dei fatti: “Fausto
Tinelli e Lorenzo Iannucci”, dirà lo speaker, “due giovani di
diciotto anni, sono stati ammazzati questa sera in via Mancinelli a
Milano: tre individui li hanno uccisi a colpi di pistola. Per ora non
abbiamo notizie ma vi terremo aggiornati man mano che se ne
aggiungeranno altre”.
La manopola si sposta sulle frequenze di Canale 96: “Due ragazzi del Leoncavallo sono stati ammazzati con vari colpi di pistola. E’ certa la matrice di destra dell’agguato”. (…)
La manopola si sposta sulle frequenze di Canale 96: “Due ragazzi del Leoncavallo sono stati ammazzati con vari colpi di pistola. E’ certa la matrice di destra dell’agguato”. (…)
Alle 21,30 di sabato 18 Marzo 1978 via Mancinelli
è un fiume in piena. La strada è ricolma, i marciapiedi
strabordano, la metropolitana di Pasteur porta gente dai quartieri
più periferici della metropoli. Vengono da tutta la città, hanno
sguardi tristi, increduli. (…)
Si organizza una manifestazione spontanea. (…) La rabbia e la tensione fanno la loro parte. Il corteo è scomposto, non ha una testa e neppure una coda. Giovani entrano nei locali, nelle pizzerie e trattorie, gridano: “Hanno ammazzato Fausto e Iaio, hanno ammazzato due compagni, due come noi”. (…)
Quelli del centro serrano le fila. “Giù dai marciapiedi, iniziamo la manifestazione”. (…)
La manifestazione termina quando Milano dorme da un bel pezzo. Le facce sono stanche, il nervosismo è alle stelle.
Si organizza una manifestazione spontanea. (…) La rabbia e la tensione fanno la loro parte. Il corteo è scomposto, non ha una testa e neppure una coda. Giovani entrano nei locali, nelle pizzerie e trattorie, gridano: “Hanno ammazzato Fausto e Iaio, hanno ammazzato due compagni, due come noi”. (…)
Quelli del centro serrano le fila. “Giù dai marciapiedi, iniziamo la manifestazione”. (…)
La manifestazione termina quando Milano dorme da un bel pezzo. Le facce sono stanche, il nervosismo è alle stelle.
Molti si danno appuntamento a qualche ora dopo,
davanti alle scuole. Si stenderanno solo per rimediare alcune ore di
riposo. Nessuno dormirà fino in fondo. Quei due corpi sul selciato
diventeranno incubi ricorrenti, visioni notturne che turberanno
tutti. (…)
Nelle prime ore di domenica 19 Marzo si
ammucchiano sul selciato mazzi di fiori, quasi tutti anonimi.
(…)
Alle 10 al centro sociale Leoncavallo prende forma un’assemblea. (…). Ma la gente che c’è lì attorno non ha gran voglia di discutere. Piange e sta zitta. Poi inizia la manifestazione.
Sono tanti. (…) Sfilano incattiviti in una città più deserta del solito. Lì davanti c’è solo uno striscione: “Fuori i fascisti dal quartiere”. La gente si affaccia alle finestre, stringe il pugno, saluta. (…)
Arriva la sera e molti vanno a casa. Non dormono da 24 ore e li aspettano altre giornate cariche di passione.
In via Mancinelli c’è sempre chi presidia.
Alle 10 al centro sociale Leoncavallo prende forma un’assemblea. (…). Ma la gente che c’è lì attorno non ha gran voglia di discutere. Piange e sta zitta. Poi inizia la manifestazione.
Sono tanti. (…) Sfilano incattiviti in una città più deserta del solito. Lì davanti c’è solo uno striscione: “Fuori i fascisti dal quartiere”. La gente si affaccia alle finestre, stringe il pugno, saluta. (…)
Arriva la sera e molti vanno a casa. Non dormono da 24 ore e li aspettano altre giornate cariche di passione.
In via Mancinelli c’è sempre chi presidia.
Lunedì 20 Marzo tocca alle scuole: cortei
improvvisati di una marea di giovani.
Sono ventimila. La parte più dura del corteo esprime la volontà di andare in via Mancini, sede milanese del Movimento Sociale Italiano. (…) Si va avanti delle ore, poi la tensione si stempera.
Gli slogan s’interrompono soltanto quando entra in piazza il corteo della scuola di Fausto Tinelli: l’artistico Brera di via Hajech. Fragili ragazzini portano uno striscione che è grande cento volte più di loro: è una tela con i nomi e i volti di Fausto e Iaio. (…)
Sono ventimila. La parte più dura del corteo esprime la volontà di andare in via Mancini, sede milanese del Movimento Sociale Italiano. (…) Si va avanti delle ore, poi la tensione si stempera.
Gli slogan s’interrompono soltanto quando entra in piazza il corteo della scuola di Fausto Tinelli: l’artistico Brera di via Hajech. Fragili ragazzini portano uno striscione che è grande cento volte più di loro: è una tela con i nomi e i volti di Fausto e Iaio. (…)
Si prepara il giorno dei funerali, il più triste.
L’addio a Fausto e Iaio è previsto per mercoledì 22 Marzo alle
11, in Piazzale Loreto. Nelle prime ore del mattino il mondo del
lavoro si scuote: consigli di fabbrica, delegati sindacali, singoli
operai decidono di aderire alla manifestazione. (…)
Per Fausto e Iaio è stata allestita una camera
ardente, in una stanzetta spoglia. (…)
Dalla porta entrano ed escono migliaia di ragazzi, in silenzio, i compagni di scuola, gli amici, i vicini di casa, quelli del Casoretto. Non sono condoglianze prestate con noia, ma abbracci sinceri.
“Prima i compagni del Leoncavallo, un migliaio”, riferiva il giornalista di Canale 96. “Poi due bandiere della Federazione Lavoratori Metalmeccanici. Le due bare vengono portate a braccia, prima quella di Fausto e poi quella di Iaio. Poi, dietro ancora, un mare di gente”. (…)
Dalla porta entrano ed escono migliaia di ragazzi, in silenzio, i compagni di scuola, gli amici, i vicini di casa, quelli del Casoretto. Non sono condoglianze prestate con noia, ma abbracci sinceri.
“Prima i compagni del Leoncavallo, un migliaio”, riferiva il giornalista di Canale 96. “Poi due bandiere della Federazione Lavoratori Metalmeccanici. Le due bare vengono portate a braccia, prima quella di Fausto e poi quella di Iaio. Poi, dietro ancora, un mare di gente”. (…)
Chi racconta quel funerale aveva la voce rotta dai
singhiozzi. (…) Quella moltitudine di persone, 100.000 dirà la
Polizia, tutte insieme e in silenzio. Gli operai dell’officina di
riparazione dell’ATM sono su cancelli, qualcuno ha messo pure la
bandiera rossa, salutano le bare a pugno alzato.
In piazza San Materno, di fronte alla casa di Iaio, si diffondono le note dell’Internazionale.
Un gruppo di donne che avranno cinquant’anni ha deciso di portare una corona di fiori. C’è una frase: “Le madri dei compagni del Leoncavallo”. Adriana era una di loro: “Ascoltavo la radio. A un certo punto interviene Carmen, fa un appello, Ci siamo trovate ai funerali. Eravamo tante”.
In piazza San Materno, di fronte alla casa di Iaio, si diffondono le note dell’Internazionale.
Un gruppo di donne che avranno cinquant’anni ha deciso di portare una corona di fiori. C’è una frase: “Le madri dei compagni del Leoncavallo”. Adriana era una di loro: “Ascoltavo la radio. A un certo punto interviene Carmen, fa un appello, Ci siamo trovate ai funerali. Eravamo tante”.
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