Su “Il Giornale” del 24marzo Bonomi (Assolombarda) intervistato dichiara che “le imprese sono sicure”, ma guarda caso dove maggiore è la loro concentrazione, Bergamo e Brescia, i contagi e i morti non si contano più.

Su “Il Giornale” del 24 marzo, Bonomi (Assolombarda), intervistato, dichiara che “le imprese sono sicure”, ma guarda caso dove maggiore è la loro concentrazione, Bergamo e Brescia, i contagi e i morti non si contano più.



Pubblichiamo ampi stralci della intervista, il lettore troverà in rosso alcune considerazioni della redazione di Operai Contro.
«NON SIAMO UNTORI»
Bonomi (Assolombarda): «Imprese sicure, serrata irresponsabile»
Ma le tute blu del Nord sono già pronte per lo sciopero generale
Restrizioni, la Lombardia vince lo scontro col governo
Contagi, altro calo. Test sul farmaco delle polemiche
di Marcello Zacchè

Gli imprenditori non sono assassini e non se lo fanno dire da nessuno. (Nemmeno dai loro operai che lo pensano e lo dicono apertamente, scioperando per fermare le fabbriche)
Non fa sconti Carlo Bonomi. Il presidente degli industriali di Milano (oltre a Monza, Brianza, Lodi e ora anche Pavia) guida la maggiore associazione industriale territoriale d’Italia. E il 16 aprile è prevista la sua designazione al vertice di Confindustria. Dovrebbe essere lui, quindi, a guidare gli industriali italiani nei prossimi 4 anni, i più difficili che si prospettano dal Dopoguerra.
I sindacati stanno proclamando scioperi per la sicurezza nei posti di lavoro.«Noi imprenditori stiamo rispettando responsabilmente le regole e facciamo tutto quanto è necessario per garantire le forniture indispensabili alla salute degli italiani. Tutti si aspettano di trovare i medicinali nelle farmacie e negli ospedali, così come gli scaffali dei supermercati pieni. Allora, nel momento in cui le imprese devono concentrarsi su tutto questo, trovo inaccettabile e irresponsabile lo sciopero   (Ha ragione, costringere gli operai a fare sciopero per difendersi dal contagio è una vergogna che gli industriali non potranno più cancellare) in un settore come quello della chimica, che è alla base di una filiera essenziale. Non siamo assassini e non ce lo facciamo dire da nessuno».
Assolombarda è nella zona più rossa d’Italia.
«E fin da subito ci siamo dati da fare. Da oltre un mese siamo in prima linea. I medici da Cuba li abbiamo fatti arrivare noi, grazie alle nostre imprese e alla nostra rete di relazioni. Se si sta costruendo un ospedale in poche settimane è grazie anche al sostegno di tante imprese, che hanno donato attrezzature, e allo straordinario lavoro di Regione Lombardia, Fondazione Fiera e Fiera Milano, che insieme a noi non si sono risparmiati». (Che buon cuore, mentre costringevano gli operai ad uscire di casa per timbrare un cartellino e lavorare assieme a tanti altri, loro donavano attrezzature, mentre altre aziende se le facevano pagare a peso d’oro)
Si dice che qualcuno non rispetta le regole.
«Se qualche azienda non le rispetta va chiusa. Ma proclamare uno sciopero adesso non è concepibile, è irresponsabile. E noi irresponsabili non lo siamo mai stati. Abbiamo sempre messo la vita e la salute davanti a tutto. (La vostra, prima del coronavirus, siccome avete sempre pensato alla sicurezza, morivano sul lavoro 4 operai al giorno. Lasciamo stare, va)
Con l’ultimo decreto è stato deciso di prendere la temperatura ai clienti dei supermercati. Ebbene: noi avevamo già proposto di farlo nelle imprese, nonostante in un primo tempo l’Autorità garante della privacy lo avesse vietato. Allora, a chi è che sta a cuore la salute? Noi pensiamo alla vita di tutti, non solo a quella di chi ha le tessere. Ho la sensazione che qualcuno stia pensando di dare una spallata al sistema delle imprese private per favorire una insensata nazionalizzazione del sistema economico».
C’è un attacco in corso contro l’impresa privata?
«Guardi, noto un certo sbandamento nelle decisioni sotto la pressione dell’opinione pubblica: si è passati dal tutto aperto al tutto chiuso. Ma le code agli skilift, le partite di calcio con i tifosi e i lungomare pieni non le aveva certo rivendicate Confindustria. Poi siamo passati alla chiusura totale. Avevamo anche fatto gli accordi con i sindacati. (Accordo a vostro favore, bastava una mascherina e un po’ di disinfettante per continuare a costringere gli operai a lavorare col rischio di contagiarsi, solo quando si è arrivati a 50.000 contagi avete chiuso qualche fabbrica, e nemmeno tutte. Quasi il 40% ancora funzionano e sono centri di contagio. Siete solo dei moderni untori)
E ora ci vogliono fare passare da untori? A questo gioco non ci sto. Proteggere i lavoratori è diverso dal voler guadagnare il consenso politico dentro gli stabilimenti».
(L’intervista prosegue sulla stessa falsariga: tenere aperte più fabbriche possibili, con il contagio che si espande a vista d’occhio, poco importa.)