venerdì 27 marzo 2020

pc 27 marzo - Speciale proletari comunisti 3 - Commento al saggio "Contagio sociale - Chuang - 1° parte

L'articolo-saggio: “Contagio sociale - guerra di classe micro-biologica in Cina” del blog Chuang - di cui in coda riportiamo la prima parte: "La fornace Wahn" - offre sin dall'inizio a noi comunisti marxisti-leninisti-maoisti elementi di analisi e lettura che permettono di guardare l'effettiva sostanza della vicenda coronavirus e il suo legame con il sistema sociale che l'ha prodotta e con l'influenza che essa ha sul sistema economico mondiale imperialista e sulle due contraddizioni principali:la contesa interimperialista e la contraddizione tra sistema imperialisti e proletariato e popoli.
Permette, vale a dire, di guardare alle cause di fondo della situazione in termini scientifici, politici ed economici, in grado di illuminare la lotta di classe necessaria, per combattere non tanto gli effetti ma le cause di tutto questo.

La “Fornace Wahan”, una delle capitali e motore dell'economia cinese, attraversata da sovrapproduzione e dal ciclo della crisi, con all'interno scioperi e proteste, è divenuta la “capitale del coronavirus”. Questo ci dice che questa epidemia non viene da un lontana passato che si riproduce ma da un presente che fa i conti con il punto alto dello sviluppo capitalista in Cina e del sistema imperialista nel mondo.
Il testo giustamente smonta ogni idea di “cospirazione”, “complotto” e riconduce tutto questo alla politica guerrafondaia dell'imperialismo principalmente Usa che utilizza nella contesa mondiale, economica, politica, geopolitica e militare, anche l'epidemia per sviluppare il suo percorso di guerra, puntando, come già è avvenuto ad Hong Kong a fomentare un movimento interno alla Cina frutto della crisi di legittimità del PCC di Xi Jinping.
Ma giustamente l'articolo, dopo aver contrastato, l'unico vero “complotto” quello imperialista anticinese, guarda all'interno della Cina e alla grande riflessione dentro le masse proletarie e popolari cinesi dello shock che coronavirus ha provocato. Uno shock profondo destinato ad avere, questo sì, un potenziale straordinario dentro il pianeta della nuova Cina del capitale.

Dopo questa sommaria descrizione, l'articolo giustamente parte all'attacco del pseudo marxismo che si limitasse a dire la “banalità” che è il capitalismo che ha causato il coronavirus, senza andare dentro al processo scientifico materialistico dialettico che partendo dal cuore del sistema, la produzione, si addentra su come l'accumulazione capitalista produce tali epidemie e come la pandemia diventi esempio contraddittorio di una crisi politica che disvela alle persone il mondo che le circonda.


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La fornace Wuhan
Wuhan è conosciuta volgarmente come una delle "quattro fornaci" (四大 火炉) della Cina per la sua opprimente estate calda e umida, che condivide con Chongqing, Nanchino e alternativamente
Nanchang o Changsha, tutte città molto trafficate con una lunga storia, situate lungo o in prossimità
della valle del fiume Yangtze. Delle quattro, Wuhan è anche letteralmente ricoperta di fornaci: l’enorme agglomerato urbano costituisce una sorta di nucleo produttivo per l'acciaio, il cemento e altre industrie legate all'edilizia in Cina, il suo paesaggio è punteggiato dagli altiforni a raffreddamento lento delle ultime fonderie di ferro e acciaio di proprietà statale, ora prostrate dalla sovrapproduzione e costrette a un nuovo controverso ciclo di ridimensionamento, privatizzazione e generale ristrutturazione, che negli ultimi cinque anni ha provocato numerosi scioperi e proteste. La città è sostanzialmente la capitale cinese della produzione per l’edilizia, il che significa che ha avuto un ruolo particolarmente importante nel periodo successivo alla crisi economica mondiale, durante gli anni in cui la crescita cinese è stata stimolata dalla concentrazione dei fondi di investimento nella costruzione di infrastrutture e di immobili. Wuhan non solo ha alimentato questa bolla, con un’offerta eccessiva di materiali da costruzione e ingegneri civili, ma, in questo modo, ha avuto essa stessa una rapidissima espansione urbana. Secondo i nostri calcoli, nel 2018-2019 l'area totale dedicata ai cantieri di Wuhan era pari alla superficie dell'intera isola di Hong Kong.
Ma adesso questa fornace, che dopo la crisi [del 2008] è stata il motore dell'economia cinese, sembra che si stia raffreddando, proprio come le fornaci delle sue fonderie di ferro e acciaio. Anche se questo processo era già iniziato, non è più una semplice metafora economica, poiché la città, un tempo così movimentata, è stata isolata per oltre un mese, con le sue strade svuotate da un ordine del governo: “Il più grande contributo che potete dare è di non riunirvi e di non provocare caos ”, è questo che si legge sulla prima pagina del Guangming Daily, un quotidiano gestito dal Dipartimento di propaganda del Partito comunista cinese. Adesso, i nuovi ampi viali di Wuhan e gli scintillanti edifici in acciaio e vetro che li contornano sono tutti freddi e vuoti, mentre l'inverno volge al termine con il Capodanno lunare e la città vegeta a causa dell’imposizione di una vasta quarantena. Isolarsi è un buon consiglio per chiunque si trovi in Cina, dove lo scoppio del nuovo coronavirus (recentemente ribattezzato "SARS-CoV-2" e la sua malattia "COVID-19") ha ucciso più di duemila persone, più del suo predecessore, l’epidemia di SARS del 2003. L'intero paese è bloccato, come durante la SARS. Le scuole sono chiuse e le persone sono confinate nelle loro case in tutto il paese. Quasi tutte le attività economiche si sono fermate il 25 gennaio per le vacanze del Capodanno lunare, ma la pausa è stata prolungata per un mese per rallentare la diffusione dell'epidemia. Le fornaci cinesi sembrano aver smesso di bruciare, o almeno sono state ridotte a carboni ardenti. In un certo senso, però, la città è diventata un altro tipo di fornace, perché il coronavirus brucia attraverso la massa della sua popolazione ovviamente come una febbre.
A torto, l'epidemia è stata incolpata di tutto, dalla fuoriuscita di un ceppo di virus dall'Istituto di Virologia di Wuhan, a causa di una cospirazione o di un incidente - una affermazione discutibile diffusa dai social media, in particolare tramite messaggi paranoici postati su Facebook da Hong Kong e Taiwan, ma ora sostenuta da organi di stampa conservatori e dagli interessi militari in Occidente - alla propensione dei cinesi a mangiare cibi "sporchi" o "strani", poiché l'epidemia virale è collegata a pipistrelli o serpenti venduti in un "mercato umido" semi-illegale, specializzato in fauna selvatica e altri animali rari (sebbene questa non sia la fonte ultima dell’epidemia). Entrambe queste spiegazioni sono una testimonianza dell'evidente atteggiamento bellicista e orientalista che caratterizza i rapporti sulla Cina [provenienti da Occidente], e numerosi articoli hanno sottolineato questo fatto fondamentale. Ma anche queste risposte tendono a concentrarsi unicamente sulla questione della percezione del virus in ambito culturale, dedicando molto meno tempo a scavare più a fondo nelle dinamiche di gran lunga più brutali che sottostanno all’accanimento dei media.
Una variante leggermente più complessa include almeno le conseguenze economiche, anche se ne ingigantisce in modo retorico le potenziali ripercussioni sul piano politico. In questo caso, troviamo i soliti sospetti, che vanno dai classici politicanti che partono alla caccia del dragone cinese fino alla finta reazione scioccata dei piani alti del liberalismo: le agenzie di stampa, dalla National Review al New York Times, hanno già insinuato che l'epidemia potrebbe provocare una "crisi di legittimità” per il PCC, nonostante nell'aria ci sia a malapena un soffio di rivolta. Tuttavia in queste previsioni c’è un fondo di verità, che sta nel comprendere le dimensioni economiche della quarantena, qualcosa che difficilmente potrebbe non essere notato da giornalisti con portafogli azionari più grossi dei loro cervelli. Perché il fatto è che, nonostante l’appello del governo a isolarsi, le persone potrebbero presto essere costrette, invece, a "riunirsi" per far fronte alle necessità della produzione. Secondo le ultime stime, già nel corso di quest'anno l'epidemia causerà un rallentamento del tasso di crescita del PIL della Cina, portandolo al 5%, al di sotto del già stagnante 6% dell'anno scorso - il tasso più basso degli ultimi tre decenni. Alcuni analisti hanno affermato che la crescita del primo trimestre potrebbe scendere del 4 per cento o anche oltre, e che ciò potrebbe innescare una specie di recessione globale. Da qui è sorta una domanda in precedenza inconcepibile: cosa succederà effettivamente all'economia globale quando la fornace cinese inizierà a raffreddarsi?
Nella stessa Cina, è difficile prevedere quale sarà la parabola finale di questa vicenda, ma quanto sta accadendo ha già prodotto a livello collettivo un processo piuttosto raro: interrogarsi sulle questioni e informarsi sui fatti della società. L'epidemia ha infettato direttamente quasi 80.000 persone (secondo le stime più prudenti), ma ha provocato uno shock nella vita quotidiana sotto il capitalismo per 1 miliardo e 400 milioni di persone, intrappolate in un momento di precaria auto-riflessione. Questo momento, anche se pieno di paura, ha indotto tutti a interrogarsi contemporaneamente su alcune questioni profonde: cosa mi succederà? I miei figli, la mia famiglia e i miei amici? Avremo abbastanza cibo? Verrò pagato? Pagherò l'affitto? Chi è responsabile di tutto questo? In un modo strano, l'esperienza soggettiva è in qualche maniera simile a quella di uno sciopero di massa - ma è un’esperienza che, nel suo carattere non spontaneo, imposto dall'alto verso il basso e, soprattutto, nella sua non volontaria iperatomizzazione, illustra i dilemmi fondamentali del nostro stesso presente politico asfissiato in maniera evidente, così come gli autentici scioperi di massa del secolo scorso hanno messo in luce le contraddizioni della loro epoca. La quarantena, quindi, è come uno sciopero ma svuotato dei suoi caratteri collettivi, e tuttavia in grado di provocare un profondo shock sia a livello psicologico, che economico. Questo fatto già di per sé la rende degna di riflessione.
Naturalmente, le speculazioni sull'imminente caduta del PCC sono delle prevedibili assurdità, uno dei passatempi preferiti di The New Yorker The Economist. Nel frattempo, i media stanno ricorrendo alle usuali procedure di insabbiamento, i cui editoriali apertamente razzisti pubblicati nei siti degli organi di stampa tradizionali sono avversati da una marea di articoli sul web che polemizzano contro l'orientalismo e su altre questioni ideologiche. Ma quasi tutta questa discussione rimane a livello descrittivo, o, nella migliore delle ipotesi, affronta la politica di contenimento e le conseguenze economiche dell'epidemia senza approfondire le questioni legate in primo luogo a come tali malattie vengono prodotte, e ancora meno a come si diffondono. Anche questo, tuttavia, non è abbastanza. Ora non è proprio il momento per esercizi stilistici da “marxisti alla Scooby-Doo”, togliendo la maschera ai cattivi per rivelare che, sì, in effetti, è stato il capitalismo che ha causato il coronavirus fin dall’inizio! Non sarebbe molto più acuto di quello che fanno i commentatori stranieri che in maniera altrettanto grossolana vanno alla ricerca di un cambio di regime. Certamente il capitalismo ne ha la colpa - ma in che modo, esattamente, la sfera socio-economica si interfaccia con quella biologica e quali lezioni più profonde si possono trarre da tutta questa esperienza?
In questo senso, l'epidemia offre due opportunità di riflessione. In primo luogo, ci dà la possibilità di riesaminare le questioni sostanziali sul modo in cui la produzione capitalistica si rapporta al mondo non umano a un livello più fondamentale: in breve, come il “mondo naturale”, compresi i suoi substrati microbiologici, non possa essere compreso senza fare riferimento al modo in cui la società organizza la produzione (perché, in effetti, i due ambiti non sono separati). Allo stesso tempo, questo ci ricorda che l'unico comunismo degno di questo nome è quello che include in sé il potenziale di un naturalismo pienamente politicizzato. In secondo luogo, possiamo usare ugualmente questo momento di isolamento per una sorta di nostra riflessione sullo stato presente della società cinese. Alcune cose diventano chiare solo quando tutto si interrompe in modo inaspettato, e un rallentamento di questo tipo può rendere visibili le tensioni fino a quel momento occultate. Andiamo quindi ad esplorare entrambe queste questioni, e a mostrare non solo come sia l'accumulazione capitalistica a produrre tali epidemie, ma anche come il momento della pandemia sia esso stesso un esempio contraddittorio di crisi politica, poiché rende visibili alle persone le potenzialità e le dipendenze invisibili del mondo che le circonda, offrendo allo stesso tempo una scusa ulteriore per estendere ancor più i sistemi di controllo nella vita di tutti i giorni.

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