dal sole 24 ore
Al Capo della Polizia Franco Gabrielli basta una nota stringata per lanciare l'allarme sul rischio di nuove rivolte nelle carceri italiane. Questa volta – rispetto a quelle scoppiate due settimane fa – con l'aggravante di un possibile appoggio esterno da parte delle famiglie dei detenuti e di gruppi anarchici.
Al Capo della Polizia Franco Gabrielli basta una nota stringata per lanciare l'allarme sul rischio di nuove rivolte nelle carceri italiane. Questa volta – rispetto a quelle scoppiate due settimane fa – con l'aggravante di un possibile appoggio esterno da parte delle famiglie dei detenuti e di gruppi anarchici.
La missiva
del Capo della Polizia, datata 20 marzo – e indirizzata ai
prefetti, ai questori, all'Arma dei Carabinieri, della Gdf, Polizia
di prevenzione e direzione centrale anticrimine ma non al
Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e ai direttori degli
istituti di pena – fa seguito alla decisione del Governo di
prolungare il divieto di colloqui tra detenuti e loro familiari. Il
divieto sarebbe scaduto il 23 marzo.
Nella nota del Dipartimento per la pubblica sicurezza del Viminale si legge che «non si può escludere che la circostanza (divieto di colloqui, ndr) possa innescare nuove eclatanti contestazioni dei detenuti, cui potrebbero aggiungersi
iniziative esterne da parte dei familiari, con il convergente interesse delle diverse anime del movimento anarchico, già protagonista di campagne anti carcerarie, culminate in manifestazioni estemporanee ed azioni improntate all'illegalità».
Il Dipartimento per la pubblica sicurezza invita prefetti e questori a dare impulso all'attività informativa al fine di acquisire notizie utili a calibrare l'attività di governo e di gestione dell'ordine pubblico. In particolare prefetti e questori sono invitati ad adottare da subito misure adeguate per prevenire assembramenti all'esterno degli istituti penitenziari (anche per rispettare le regole imposte dall'emergenza coronavirus).
Nella nota del Dipartimento per la pubblica sicurezza del Viminale si legge che «non si può escludere che la circostanza (divieto di colloqui, ndr) possa innescare nuove eclatanti contestazioni dei detenuti, cui potrebbero aggiungersi
iniziative esterne da parte dei familiari, con il convergente interesse delle diverse anime del movimento anarchico, già protagonista di campagne anti carcerarie, culminate in manifestazioni estemporanee ed azioni improntate all'illegalità».
Il Dipartimento per la pubblica sicurezza invita prefetti e questori a dare impulso all'attività informativa al fine di acquisire notizie utili a calibrare l'attività di governo e di gestione dell'ordine pubblico. In particolare prefetti e questori sono invitati ad adottare da subito misure adeguate per prevenire assembramenti all'esterno degli istituti penitenziari (anche per rispettare le regole imposte dall'emergenza coronavirus).
E intanto Bonafede e Basentini sono denunciati per procurata epidemia nelle carceri
Il reato ipotizzato è
quello di procurata epidemia colposa mediante omissione». La
denuncia è stata presentata dai dirigenti del Partito Radicale
Maurizio
Turco, Segretario; Irene Testa, Tesoriere, Rita Bernardini e Giuseppe
Rossodivita, membri del Consiglio generale.
“In contrasto con il distanziamento sociale adottato per
contenere l’epidemia, il Dap ha ordinato agli agenti penitenziari,
di «continuare a prestare servizi (ndr. a contatto con i detenuti)
anche nel caso in cui abbiano avuto contatti con persone contagiate o
che si sospetti siano state contagiate». Il ministro Bonafede
invece, «con colpa, dovuta ad imperizia ed imprudenza», «ha scelto
di proporre interventi del tutto inadeguati quanto al mondo
penitenziario – gli unici adeguati allo stato sono rappresentati
dal distanziamento sociale come la Comunità scientifica mondiale sta
da settimane ripetendo», «pur di non rinunciare all’identità
politico/elettorale del suo partito di riferimento in materia di
giustizia».
Intanto il disagio per i provvedimenti di Bonafede cresce.
Nelle carceri monta la rabbia, soffocata nella violenza. «Grande
preoccupazione per le numerose segnalazioni di violenze e abusi che
sarebbero stati perpetrati ai danni di persone detenute a noi
arrivate negli ultimi giorni». A dirlo è Patrizio
Gonnella,
presidente di Antigone.
«Le segnalazioni – sottolinea Simona
Filippi,
avvocato dell’associazione – hanno riguardato
alcune carceri, tra le quali quella di Milano-Opera. Dove ben otto
diverse persone (madri, sorelle, compagne di detenuti) si sono
rivolte ad Antigone raccontando quanto sarebbe stato loro comunicato
da congiunti o altri contatti interni.
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