In questo periodo stiamo cercando di
mantenere i contatti con
compagne/i, lavoratori, donne dei quartieri. Riportiamo alcune questioni emerse.
Dal quartiere
Isola (quartiere
che ha subito negli ultimi anni una trasformazione urbanistica e
sociale
profonda): strade deserte; file ai supermercati, i piccoli
supermercati mancano
di tanti articoli, probabilmente perchè non
hanno a
disposizione una logistica e/o un’organizzazione che permette
loro di potersi
rifornire in poco tempo; smart working per lavoratrici di call
center, cercano
di imporre le ferie; per lavoratori, tecnici dello spettacolo,
con diverse
mansioni, già precari in tempi “normali” oggi si ritrovano senza
reddito. Difficile
riuscire ad organizzarsi in queste condizioni, anche per le
caratteristiche di
questo tipo di lavoro.
Chi riuscirà a sopravvivere? Chi convive o
vive ancora nella
famiglia d’origine. La famiglia, nelle diverse forme, si
conferma come un
anello indispensabile per la cura (vedremo meglio più avanti),
sostentamento,
soluzione di tutti problemi e, in essa, naturalmente il ruolo
delle donne. Si
evidenzia fortemente quanto affermiamo a proposito dei
femminicidi: questo sistema impone fortemente alle
donne di
stare
incatenate alla famiglia e la pandemia sembra confermarlo e
rafforzarlo
fortemente.
Le campagne ad arte da un lato, porta a diffidare, aver paura degli altri, dall’altro servono a distogliere l’attenzione dai problemi reali, oltre che infantilizzare.
Sul fronte della mobilità quanto successo a Milano gravissimo, a fronte di circa 300.000 lavoratori che si muovono ATM riduce le corse con il conseguente sovraffollamento nelle ore di punta. Altro che mantenere la distanza di un metro!
Da Baggio: se già prima dell’epidemia i
pazienti venivano
dimessi appena possibile subito dopo l’intervento, con l’epidemia
questo
processo si è accentuato: naturalmente sulle famiglie tutto il
peso della
gestione post operatoria che comporta accompagnare ai vari
controlli,
organizzare a casa la fisioterapia, la cura infermieristica, etc. con tutte le
complicazioni del caso.
Per i genitori anziani che si trovano
nelle RSA si possono solo portare vestiti o altro da
lasciare in
portineria. Il fenomeno, già tristemente noto di
persone morte in
solitudine in questa situazione si sta moltiplicando. (vedi
anche i tanti
che sono in casa in quarantena da soli). Chiusi
i servizi per i diversamente abili. D'altra parte si sta drammaticamente
abbassando l’età dei
malati.
Da S.Siro: almeno due interi nuclei familiari
trasportati in
ospedale perché ammalati. Nel quartiere non circola nessuno.
Solidarietà all’interno
del quartiere: chi si offre di portare a chi è bene limiti le
uscite il più
possibile da casa spesa. Tutto chiuso a parte alimentari. Vi è solidarietà nei condomini che intervengono a sostegno e a parziale soluzione di problemi di assistenza. Questa solidarietà viene espressa in qualche misura anche verso gli operatori della sanità: uno va a fare la spesa raccogliendo le necessità di altri condomini, per risparmiare mascherine: ”servono agli operatori sanitari, lasciamole a loro!”
Nelle
RSA (ma
riguarda le strutture sanitarie in generale) gli addetti alle
pulizie, anche
durante questa emergenza devono portarsi a casa le divise da
lavare, quando nelle
strutture ci sono le attrezzature per la sanificazione; questo aumenta
il rischio per
i familiari dei lavoratori.
Naturalmente il problema dei DPI, a
partire dalle
mascherine, dei turni di lavoro, non vengono sostituiti i
lavoratori ammalati,
il problema dei tamponi è drammaticamente comune a tutte le
strutture sanitarie
e di assistenza. Arriva anche la conferma di dimissioni
“precoci” con tutte le
complicazioni del caso, soprattutto quando il pazienze vive da
solo. Nelle farmacie, oltre a mascherine,
mancano alcune
medicine.
A proposito di accesso a forme di sostegno da
parte di
lavoratori precari, che hanno perso il posto, si rischia di
assistere a una
guerra tra poveri perché per poter accedere a questi strumenti è
necessario
avere lo spid, ma per Poste non è un servizio essenziale.
Inoltre, naturalmente
queste misure non coprono tutti i lavoratori a cominciare dai
lavoratori in
nero.
Sono spariti, in seguito alle ordinanze, le
donne rom che
all’ingresso dei supermercati etc chiedevano l’elemosina, se già era
al limite della sopravvivenza la loro condizione, oggi sarà la
fame.
Sul fronte scuola: l’epidemia e la
sospensione delle
attività didattiche pongono diversi problemi sia sul fronte dei lavoratori che degli studenti. Intanto, la chiusura dell’anno scolastico: il ministero
sembra andare
nella direzione di trovare forme di valutazioni con la didattica
a distanza, ma
questo naturalmente non fa i conti con: 1) alunni che non hanno
computer,
connessioni etc, ma anche gli insegnanti non è detto che abbiano
e/o siano in
grado di utilizzare gli strumenti informatici. Inoltre, si delinea l’uso di piattaforme a pagamento. Comunque si
determina
discriminazione.
Importante quello che sta avvenendo nei posti
di lavoro,
fabbriche con scioperi, fermate contro il mantenimento della
produzione a
scapito della salute etc.
Anche per i lavoratori della distribuzione la
situazione è
difficile; in molti sono in malattia e/o usufruiscono di
permessi di vario tipo
per cui il maggior carico di lavoro si scarica su tutti gli
altri, per non
parlare della scarsità di dispositivi di protezione individuale
che, comunque,
determinano grande preoccupazione, tensione e ansia.
Da una compagna di proletari comunisti di Milano
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